ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 3 dicembre 2018

Disordo bisordinis

PADRE CAVALCOLI A CESARE BARONIO: VETUS ORDO, NOVUS ORDO, MESSE PROFANATE E LITURGISTI ERETICI.


Cari Stilumcuriali, continua il dialogo fra Cesare Baronio e padre Giovanni Cavalcoli iniziato qualche giorno fa e che verte in questo momento soprattutto sulla celebrazione della messa, Vetus Ordo o Novus Ordo. Padre Cavalcoli ci ha inviato le sue risposte alle obiezioni avanzate da Cesare Baronio. Con piacere le condividiamo con voi.

                                                                                                                                                         
                                                                                                                                                                                                                                                                  Risposta a Baronio
Caro Baronio,
ho scelto, per le mie risposte, i suoi punti che mi paiono più significativi.
Ob.1.Nel Novus Ordo è previsto un rito della Messa cum populo ed uno della Messa sine populo, come se, quando il sacerdote si volge per il Dominus vobiscumnon si rivolgesse all’intera Chiesa militante, purgante e trionfante, ma solo ai fedeli fisicamente presenti.
Risposta – Il celebrante del Novus Ordosi rivolge alla Chiesa militante, purgante e trionfante anche quando è da solo.
  1. Ciò che considero invece un hapax è l’invenzione di due forme liturgiche del medesimo rito, così come la si è avuta con il Motu Proprio Summorum Pontificumdi Benedetto XVI. In questo testo legislativo il Rito Romano viene ad avere due voci, una straordinaria ed una ordinaria, facendo sì che la Chiesa di Roma legga la sua preghiera ufficiale con due voci. In teoria, al di là della novità della soluzione adottata da Benedetto XVI, si potrebbe anche concedere che vi siano due forme nello stesso rito, così come ci sono diversi riti nella medesima Chiesa Cattolica.
  2. L’hapax in liturgia non è qualcosa che deve sorprendere, ma è un fatto che testimonia della creatività dello Spirito Santo, come per esempio i tratti unici del Triduo Pasquale o la liturgia del Mercoledì delle ceneri. Il fatto che ci siano due voci testimonia semplicemente della possibilità di esprimere la Parola di Dio più modi.
  3. Quindi, per usare un espressione propria alla disputa teologica, concedo, e sono d’accordo che in astratto sia possibile che la Chiesa dia facoltà ai fedeli di assolvere legittimamente al precetto, assistendo alla Messa celebrata in una forma o in un’altra.
Tuttavia, distinguo. I fedeli, cioè, sono liberi di scegliere o la Messa Vetus Ordo o quella Novus Ordo, se entrambe le forme sono identiche quanto alla sostanza. Questo presuppone che forma ordinaria – Novus Ordo– e straordinaria – Vetus Ordo– assolvano perfettamente alle finalità loro proprie ed allo stesso tempo esprimano la medesima fede, sia in modo prossimo che remoto. Se ciò è certissimo per la Messa antica, di istituzione apostolica, non può esser detto invece per la Messa riformata, che rispetto alla prima è gravemente lacunosa.
  1. – La Chiesa cattolica è sempre apostolica. Per questo, se decide una riforma del rito della Messa, lo fa sempre con la sua autorità apostolica. E se un Concilio ecumenico decide una riforma della Messa, non lo farà evidentemente per far fare alla Chiesa un passo indietro, ma un passo avanti. Altrimenti, che senso ha una riforma?
  2. Chi ha inventato il Novus Ordo… ha voluto mantenere il rito limitandosi a correggerne l’elemento causale, senza metter mano al risultato finale. Un’operazione che suona come un maldestro tentativo di mantenere in vita un monstrum liturgicumcon una specie di sanatio in radicepiù che discutibile.
  3. – Non si tratta di nessuna sanatio in radice, perché la radice è sana. Fuori metafora: la riforma conciliare si è semplicemente rifatta alla radice, ossia alla causa efficiente della Messa, che è l’azione cultuale celeste di Cristo Sommo Sacerdote. Da questa causa evidentemente sgorgano gli effetti, che costituiscono quelli che Ella chiama «risultato finale», ossia i frutti abbondantissimi di grazia dell’azione liturgica, fons et culmen totius vitae christianae.
  4. – L’aver abolito un rito venerando che esprime perfettamente la fede cattolica, per sostituirlo con un rito che, se non eretico, quantomeno è gravemente omissorio, è un’operazione già di per sé censurabile e riprovevole.
  5. – Il Vetus Ordo, anche se non è più il rito ordinario, non é affatto abolito nella sua sublime bellezza, ma resta come monumento immortale della pietà della Chiesa, frutto di una progressiva evoluzione ideata e realizzata da pastori santi nel corso dei secoli passati.
Il Novus Ordo, però, non è per nulla «gravemente omissorio», ma in esso sono assenti elementi o parti, che, in considerazione della più sobria religiosità moderna e delle esigenze ecumeniche, potevano costituire fattori disturbanti, mentre sono stati aggiunti aspetti più consoni alle simbologie ed alla sensibilità moderne, alla mentalità comunitaria – per esempio lo scambio della pace – e alla partecipazione dei fedeli, comprese le donne, nonché una più ricca presenza della Parola di Dio. Bisogna riconoscere che il rinnovamento dell’architettura sacra, degli arredi sacri, dell’arte e della musica sacra non sempre è stato felice. Ma la colpa non è del Concilio, bensì di infiltrazioni modernistiche.
Il sacro silenzio non è stato più riservato alla recita del canone, che invece è stato visto come Parola da ascoltare assieme. Invece il silenzio è stato riservato ad alcuni momenti significativi, ossia a dopo la lettura del Vangelo, in mancanza dell’omelia, per ruminare la Parola e a dopo la Comunione, per assimilare il Pane eucaristico. Il Tabernacolo del SS.mo è stato spostato in un degno luogo, adatto all’adorazione, per far meglio capire che l’altare non è la sede del SS.Sacramento, ma è l’altare sul quale si celebra il Sacrificio e la mensa alla quale ci si nutre del Corpo di Cristo.
La maggior quantità di letture bibliche, la varietà dei canoni, dei prefazi, delle benedizioni solenni e delle Messe votive o per varie circostanze o le Messe in lingua volgare o vernacola rappresentano una grande ricchezza liturgica, che testimonia del  fatto che il formulario della Messa può variare senza che muti la sostanza della Messa. È ovvio che restano le parole essenziali ad validitatemdella Consacrazione.
  1. – Col Novus Ordo i sacerdoti hanno accettato un rito compromissorio che rende meno onore a Dio e che santifica di meno le anime, quando c’era un rito perfetto e non vi era alcuna ragione per abrogarlo.
  2. – Anche i riti della Chiesa sono perfettibili, in quanto prodotti della sapienza e dell’arte umane. Sappiamo bene come la Messa Tridentina sia il risultato di una lunga evoluzione precedente. Parlare quindi di un rito «perfetto», elaborato dall’uomo, non pare il caso. Rito perfetto è solo quello istituito da Gesù Cristo, nella fattispecie la formula della Consacrazione, che il Concilio si è guardato bene dal modificare.
Quanto al mutamento del rito della Messa introdotto dal Concilio, non credo che si abbia avuto la pretesa di elaborare un rito più perfetto, ma semplicemente adatto alle esigenze ed ai caratteri della Chiesa di oggi, così come sono state delineate dal Concilio.
Non si è dunque trattato di un rito «compromissorio», quasi a metà tra l’ortodossia e l’eresia e neppure difettoso rispetto al Vetus,ma si è trattato di un nuovo rito, un Novus Ordo, con una sua originalità e una sua propria perfezione. Lo si è sostituito al Vetus,che appariva espressione di un clima ecclesiale superato dalle nuove esigenze liturgiche e pastorali, nonchè dalla nuova ecclesiologia e sacramentaria elaborate dal Concilio Vaticano II.
Questo non vuol dire che gli aspetti del Vetus venuti meno nel Novus non mantengano un loro diritto di cittadinanza nella Chiesa. In tal senso possiamo dire che Vetus Novus si integrano a vicenda. Quindi non ha senso né accogliere solo il Novus, né accogliere solo il Vetus. Ma ognuno, potendo, scelga come preferisce. Altrimenti, si adatti. È normale, d’altra parte, che le Messe d’orario parrocchiali siano del Novus Ordo. Gli Istituti religiosi possono godere di maggiore libertà, per non parlare delle associazioni laicali.
C’è altresì chi propone che la Chiesa elabori un terzo rito, che sia la sintesi dei pregi del Vetuse del Novus. Ma a me pare un’utopia. Abbiamo bisogno di stabilità e non di mutamenti. Ognuno dei due riti ha una sua compiutezza, un suo ordine interno, una sua coerenza, una sua bellezza, che rappresenta l’effetto di un piano lungamente e sapientemente studiato, sicchè è bene lasciarli come sono. Sarebbe come voler modificare un’opera di Tiziano con una di Raffaello: che senso avrebbe? Mescolereste voi un quadro dell’uno con un quadro dell’altro?
  1. Del Novus Ordo oggi si sono visti gli amari frutti. Porre quindi sullo stesso piano il Vetus Ordo ed il Novus può esser tollerabile, se l’intenzione è di sostituire progressivamente il Vetus al Novus,agendo con prudenza di governo; ma è inaccettabile se l’operazione mira allo scopo contrario, accontentando i critici del rito riformato ma allo stesso tempo chiedendo loro di accettarlo come legittimo.
  2. – Non è pensabile che la Chiesa, dopo aver deciso il Novus Ordo per ordine di un Concilio Ecumenico, possa avere in animo di tornare al Vetus. Amari frutti non sono venuti affatto da una diligente e regolare celebrazione del Novus, chè anzi essa ha dato abbondanti frutti di santità – basterebbe pensare alle celebrazioni di S.Paolo VI o S.Giovanni Paolo II – ma dalla sua storpiatura ad opera di scriteriati celebranti modernisti, se di «celebrazione» si può parlare o non piuttosto di sciatterie o di carnevalate. Di recente – non faccio il nome – ho visto la foto di un Arcivescovo in bicicletta nella sua cattedrale rivestito degli abiti liturgici. Suppongo che avesse fatto tardi ad arrivare in chiesa.
Del resto, occorre dire con franchezza che se oggi gli amanti del Vetus Ordo curano la celebrazione con diligenza, il ricordo che ho di certe Messe ascoltate da bambino prima del Concilio è penoso. Il problema, dunque, non è quello del rito migliore o peggiore. Il problema è quello del celebrante, che oggi purtroppo è indisciplinato, per non dire eretico. Per cui la colpa di ciò non è del Novus Ordo, ma dei Vescovi, che non vigilano sulla correttezza delle celebrazioni, quando non sono loro stessi a dare scandalo.
  1. Io dico: «L’importante è che sia i fedeli che il celebrante rispettino le relative norme della celebrazione con diligenza e senza confondere le une con le altre».
Lei obietta: anche su questo punto posso esser in accordo con Lei, quindi concedo. Ma, di nuovo, distinguo. Una cosa infatti sono le modifiche arbitrarie alle rubriche che non inficiano la validità del rito. … Altra cosa è mutare sostanzialmente le parole della Consacrazione – come avviene indicativamente solo nel rito riformato, per via dell’uso della lingua vernacolare – cosa che rende la Messa invalida, e ciò è vero per entrambe le forme liturgiche.
R.. – È purtroppo vero che ci sono casi di celebranti del Novus Ordo che cambiano le parole della Consacrazione. Tuttavia, dovrebbe essere evidente a tutti che queste gravi profanazioni, che sconfinano nei sacrilegi, sono dei puri e semplici sfacciati tradimentidel Novus Ordo.
Ma,  più in radice, le Messe profanate dipendono  da concezioni eretiche della Messa, per le quali se ne nega il carattere di sacrificio, come in Lutero, o si sostiene con Schillebeeckx che anche un laico può dir Messa o si confonde, con il liturgista Andrea Grillo, la transustanziazione con l’impanazione o consustanziazione luterana, o perché si disprezza l’adorazione eucaristica, come fa Hermes Ronchi o perché si paragona la Comunione eucaristica al rapporto sessuale, come fa il Padre Timothy Radcliffe. È chiaro che tutte queste tesi nulla hanno a che vedere col Novus Ordo, ma sono, come Lei dice, un Novus Horror, Messe sataniche, degne del più smaccato esoterismo massonico.
  1. Ma nella Messa tridentina non è permesso ai laici toccare le Sacre Specie, né ricevere la Comunione nella mano o stando in piedi. Viceversa, questo è ammesso, ed anzi ormai divenuta prassi abituale, nel rito riformato. Ora, è evidente che non stiamo parlando di diversa sensibilità liturgica, o dell’altezza del pizzo di un camice: il rispetto che i gesti di adorazione della Messa antica esprimevano sono stati sostituiti da gesti di irriverenza nella Messa nuova.
  2. – Non mi sento affatto di qualificare i suddetti gesti ufficialmente consentiti dalla Chiesa, come «gesti di irriverenza nella Messa nuova». Non nego che l’inginocchiarsi e la Comunione in bocca conservino un alto simbolismo religioso. L’inginocchiarsi esprime la supplica e il piegare la nostra volontà alla santissima volontà di Dio, è omaggio alla sua divina maestà. La Comunione in bocca vuol dire l’atto di ricevere in noi il Signore in stato di piena sottomissione a Lui.
Il simbolo del «toccare» è indubbiamente significativo. Il toccare rappresenta un contatto diretto, una comunione, una confidenza. Può esser bene non toccare il sacro, così come può esser bene toccarlo. Il non toccarlo sottolinea la nostra indegnità o incapacità di toccarlo. Il toccarlo esprime confidenza e comunione. Il Vetus Ordo si pone sulla prima linea; il Novus, sulla seconda.
Ma anche i diversi gesti del Novus Ordo sono ricchi di significato. Stare in piedi davanti a Dio è l’affermazione consapevole della nostra dignità, della quale Egli stesso è il creatore e il garante; siamo suoi interlocutori. La Comunione nella mano significa il cibo divino a nostra disposizione. Ci viene dato, ma lo possiamo prendere. La duplice serie di gesti, dunque, serve chiaramente ad esprimere in pienezza, sotto diversi aspetti, la nostra devozione, il nostro omaggio, la nostra adorazione, la nostra riconoscenza.
  1. Le rubriche dell’antico rito prescrivono che le azioni sacre siano compiute dai Sacri Ministri, mentre nel nuovo i laici e addirittura le donne entrano ed escono dal presbiterio – che si chiama così perché vi stanno i presbyteri – e vi proclamano le letture, distribuiscono la Comunione. Non sono abusi, sia chiaro: sono tutte cose previste dalla liturgia riformata, proprio in nome di quella actuosa participatioe di quel sacerdozio comune dei fedeli che è insinuato sin dall’art. 7 dell’Institutio Generalis.
  2. – Il Vetus Ordo evidenzia la distinzione fra clero e laici, fra popolo e pastori; e ciò fa capire l’ufficio proprio del sacerdote, che è quello di offrire il sacrificio e di istruire, guidare e santificare il popolo, ufficio distinto da quello del laicato, che è quello di assistere devotamente all’azione liturgica del celebrante, assumendo il frutto del sacrificio, che è il corpo del Signore.
Invece il Novus Ordo, senza affatto negare la distinzione di grado e di essenza fra sacerdozio ministeriale e sacerdozio dei fedeli, concepisce il popolo di Dio come popolo sacerdotale, sicchè il fedele non solo assiste all’azione del celebrante, ma vi concorre attivamente con l’offerta di se stesso.
L’idea dell’assistere alla Messa, oggi trascurata o dimenticata, è invece ancora valida, Assistere e partecipare alla Messa non si escludono affatto, ma rappresentano i due atti essenziali del fedele presente alla Messa. Noi assistiamo a qualcosa che non possiamo fare. Ed è precisamente l’atto del fedele, che non ha il potere di consacrare le oblate: questo è ciò che sottolinea il Vetus Ordo. Il partecipare esprime invece il sacerdozio comune dei fedeli, perché è la comunità che compie il sacrificio insieme col celebrante: «il mio e il vostro sacrificio». Ed è ciò che esprime il Novus..
  1. Nella Messa cattolica si celebra in forma incruenta il Sacrificio di Cristo sulla croce, mentre quella conciliare è «la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote». Presieduta, ossia in cui con una visione tipica della mentalità moderna il celebrante diventa presidente dell’assemblea, e il suo ruolo di alter Christus è offuscato dal sacerdozio comune dei fedeli, su cui il Vaticano II ha insistito sin troppo a danno del sacerdozio ministeriale, per compiacere ai Protestanti.
  2. – La definizione della Messa come «sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote» non è sbagliata, ma è troppo generica e si presta ad essere confusa con la Cena luterana. Indubbiamente la definizione precisa ed inequivocabile è quella tradizionale: «celebrazione in forma incruenta del Sacrificio di Cristo sulla croce». La prima definizione è nata da uno sforzo ecumenico, ma non mi pare consigliabile.
  3. E’ evidente che il rito riformato è stato redatto sulla falsariga del rito antico, ma privato di parti importantissime. Il rito riformato si dimostra lacunoso ed omissorio rispetto all’antico, e questo lo rende de facto meno buono del Vetus Ordo. La liturgia tridentina è migliore di quella conciliare.
  4. – Il rito riformato è uno sviluppo dell’antico. È stato ottenuto, certo, sostituendo alcune parti ovviamente non essenziali alla validità della Messa, con altre parti, come per esempio le preghiere dei fedeli o lo scambio del segno di pace. Non è giusto parlare di «omissorio» riguardo il Novus Ordo, perché le parti omesse – per esempio preghiere del sacerdote da solo – si giustificano col fatto che il Novus Ordo non è un Vetus difettoso, ma è semplicemente un altro rito, con una regola diversa da quella del Vetus.
Omissioni illecite commetterebbe il sacerdote che, celebrando nel Vetus, omettesse ciò che in esso è prescritto. Così, per esempio, non diciamo che un’auto a due posti è difettosa perchè ne mancano due, dal momento che essa è stata volutamente costruita così. Similmente, il valore del Novus Ordo non va giudicato in riferimento al Vetus, come se ne fosse una brutta copia, ma va giudicato in riferimento alla regola propria del Novus, diversa ed altrettanto legittima di quella del Vetus.
  1. Che la Messa sia sostanzialmente la stessa di sempre in entrambi casi, cambiando solo forme cerimoniali e le rubriche, va precisata.
Quindi: distinguo. Essa è vera, se Ella intende che la Messa del Novus Ordo è valida, e che realmente vi si rinnova il Sacrificio di Cristo e vi si consacra validamente il Corpo e il Sangue di Nostro Signore. In questo senso, entrambe le forme sono sostanzialmente identiche. Gli elementi essenziali per la validità della Messa sono il ministro ordinato, l’intenzione del ministro, la materia (pane e vino), la formula della Consacrazione.
Se invece Ella sostiene che la Messa tridentina e la Messa riformata siano uguali quanto al loro contenuto – che in certo qual modo ne costituisce anche l’essenza – allora devo respingere la Sua affermazione. Solo una persona inesperta e completamente a digiuno dei rudimenti di teologia e di liturgia può sostenere che la differenza tra i due riti consista solo nelle forme cerimoniali e nelle rubriche. Non è vero infatti che l’unica differenza consista nelle cerimonie, essendo evidentissimo anche ad una semplice lettura cursoria dei due testi che moltissime parti del Vetus Ordo sono state cancellate dal Novus.
  1. – Nella Messa io distinguo una struttura essenziale o sostanziale, che io chiamerei con Lei «contenuto», immutabile; ed un rivestimento accidentale, contingente, variabile e mutevole, dato dalle cerimonie e dalle rubriche. Ritengo che la sostanza o strutturadel rito della Messa debba essere distinta dalla validità della Messa. La sostanza della Messa non può esistere senza i suoi accidenti, perché essi ne sono la manifestazione sensibile. La sostanza della Messa comprende in sé la sua validità; ma per la validità non è necessaria tutta la sostanza con i suoi accidenti, ossia una Messa completa, ma basta la Consacrazione.
Per quanto riguarda la validità, concordo con Lei nel definirne le condizioni. Definisco invece come «completa» la Messa – sostanza e accidenti – che risulta dall’insieme delle sue parti essenziali: 1. L’atto penitenziale; 2. Le letture bibliche; 3. L’offerta delle oblate da consacrare; 4. La consacrazione della Vittima; 5. L’offerta al Padre della Vittima consacrata; 6. La Comunione eucaristica.
Ora io Le domando: se Lei riconosce che la Messa Novus Ordo è valida, come poi viene a dire che il «contenuto, che in certo qual modo ne costituisce anche l’essenza della Messa» non è lo stesso nei due Ordo? Se la Messa Novus Ordo è essenzialmente diversa dalla Vetus, che certo è valida, come può esser valida anche la Novus Ordo? Mi fa piacere che Lei la consideri valida. Però mi domando: se è valida, come fa ad essere essenzialmente diversa dalla Vetus?
  1. Ho espresso il mio sdegno nel vedere che su una questione tanto importante e vitale per le anime si possa pensare di metter insieme vero e falso, fedeltà e tradimento. O anche solo un rito venerando e perfetto com’è quello custodito per millenni dalla Chiesa, con la sua grottesca parodia, la sua diminutio fatta per favorire quel dialogo interreligioso che costituisce l’anima del Vaticano II e che rappresenta la pietra tombale della missione apostolica della Sposa di Cristo. Al punto che lo stesso Bergoglio può affermare che l’apostolato è «una solenne sciocchezza».
  2. – R. – Ella ha appena detto di riconoscere la validità della Messa Novus Ordo. E allora da dove salta fuori la falsità e il tradimento? Quanto alla diminutio, Le ho già sopra  come e perchè la Novus Ordo non va giudicata come diminutiodella Vetus, ma semplicemente come Messa sostanzialmente identica benché accidentalmente diversa. Cioè non va commisurata in rapporto alla Vetus, ma in rapporto alla propria regola intrinseca e costituiva, stabilita dal Concilio.
Non c’è da far questione di più perfetto o meno perfetto, così come, davanti a un giglio o una rosa non ci chiediamo qual è il fiore più perfetto, ma semplicemente apprezziamo il profumo dell’uno e dell’altra. Similmente, apprezziamo i due tipi di Messa olezzanti del profumo dello Spirito Santo, che ha ispirato la Chiesa nell’istituirli e entrambi.
Quanto all’affermazione del Papa, non ha parlato di «apostolato», ma di «proselitismo», che è ben altra cosa, L’apostolato è espressione a livello della predicazione evangelica dell’apostolicità della Chiesa; per «proselitismo» il Papa intende certamente un modo indiscreto e imprudente di diffondere il messaggio evangelico, fatto di indebite pressioni, di mezzi sleali, di espedienti disonesti, tutte cose evidentemente da scartarsi come antiproducenti.
  1. E poi, chi ha mai detto che «Cristo ci vuole uniti, seppur nella diversità»? La diversità nella fede è eresia.
  2. – Parlando di «diversità», non mi riferivo certo ai contenuti della fede – Dio me ne scampi e liberi -, ma a quelle diversità accidentali che si trovano fra il Novus e il Vetus Ordo.
  3. Rimane da comprendere come a un Papa sia concesso di peccare contro tutte le virtù, ad eccezione della fede: mi par di ricordare che il Concilio Vaticano – il primo, ovviamente – avesse definito che l’infallibilità dei Romani Pontefici è garantita dallo Spirito Santo solo quando essi parlano ex cathedra, nel solo ambito di questioni inerenti la fede e i costumi, e con l’intenzione esplicita di impartire un insegnamento vincolante per i fedeli. Poiché se un Papa potesse essere infallibile in materia di fede anche quando è interpellato da un giornalista o fa una delle sue esternazioni a braccio, si aprirebbero questioni molto delicate.
Di eresie ne abbiamo sentite parecchie, dette non solo da Bergoglio, ma anche dai suoi Predecessori: per grazia di Dio, questi errori dottrinali erano da loro espressi come dottori privati, e non imposti a credersi da tutti i fedeli in forza della loro Autorità Apostolica né tantomeno sotto l’assistenza dello Spirito Santo. Tuttavia, reverendo padre, sentir affermare una cosa del genere da un Domenicano mi lascia a dir poco sgomento. Se l’avessi fatto io col mio professore di Dogmatica, mi avrebbe rispedito al Seminario Minore.
R, – Il Papa non può peccare contro la fede, perché gode dell’assistenza che Cristo ha concesso a Pietro: confirma fratres tuos. Il Concilio Vaticano I non dice «solo» ex cathedra, ma semplicemente «ex cathedra», come dire che il Papa, quando ci insegna il Vangelo, non sbaglia e non fa sbagliare, anche se concede un’intervista in aereo  o trasmette un twitter. «Dottore privato» non vuol dire che può dire eresie, ma che si tratta di opinioni personali, sempre, s’intende, nell’ambito dell’ortodossia. Un Papa può esprimere errori storici, scientifici o filosofici, ma non può insegnare eresie. Papa Francesco sembra a volte eretico per l’ambiguità o equivocità o avventatezza o imprudenza  di certe sue espressioni. Ma se ci sforziamo di fare un’interpretazione benevola, ci accorgeremo che non sbaglia e non ci inganna.
P.Giovanni Cavalcoli
Varazze, 30 novembre 2018
Marco Tosatti

Oggi è il 99° giorno in cui il Pontefice regnante non ha, ancora, risposto.

“Quando ha saputo che McCarrick era un uomo perverso, un predatore omosessuale seriale?”

“È vero, o non è vero, che mons. Viganò lo ha avvertito il 23 giugno 2013?”

Joseph Fessio, sj: “Sia un uomo. Si alzi in piedi e risponda”.

3 dicembre 2018 Pubblicato da wp_7512482 16 Commenti --http://www.marcotosatti.com/2018/12/03/padre-cavalcoli-a-cesare-baronio-vetus-ordo-novus-ordo-messe-profanate-e-liturgisti-eretici/

Novus Horror Missae (Civitanova Marche): Avvento 2018. Dove sta andando la Chiesa?


A.D. 2018 
 Tempo di Avvento
Civitanova Marche (Arcidiocesi di Fermo) 
Chiesa parrocchiale di San Gabriele dell'Addolorata 
Ad perpetuam rei memoriam 
RM
http://blog.messainlatino.it/2018/12/avvento-2018-dove-sta-andando-la-chiesa.html

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