Basilica di Santa Maria in Trastevere, Roma
traformata in refettorio
Non possiamo tacere la nostra indignazione nel vedere che anche quest'anno le nostre più belle chiese e cattedrali dove milioni di fedeli cattolici hanno ricevuto i Sacramenti e dove migliaia di illustri operai e artisti hanno dato il meglio di sé per onorare la maestà di Dio, sono state profanate e trasformate in ristoranti per i poveri con annessi servizi culinari e igienici per ogni necessità!!!
Siamo ormai così abituati a queste orrende novità che neppure le consideriamo vere profanazioni ma le accettiamo passivamente. Lo vuole il Papa? E così sia!!! Ma ci chiediamo qualche volta se lo vuole anche Gesù? Se Gesù ha cacciato con furia i venditori dal tempio che comunque stavano lavorando come commercianti e neppure gozzovigliando, quanto più sarà indignato adesso con questi suoi figli che stanno trasformando i luoghi di preghiera in musei o teatri o in miserabili ristoranti improvvisati alla buona dove si mangia, si suona e si balla come nelle sagre di paese.
Occuparsi dell’assistenza ai poveri è sempre stato uno dei compiti primordiali della Chiesa da oltre duemila anni e non è certo invenzione di Bergoglio, ma certe iniziative benefiche possono e devono essere realizzate senza troppa ostentazione in qualunque altro luogo pubblico o privato come in certi saloni enormi di conventi o enti o istituti religiosi che neppure si usano, o in sale civiche ma non nelle chiese consacrate.
Senza dire di certe funzioni liturgiche dove si fa solo sfoggia di retorica o di politica come se il celebrante fosse il sindaco del paese e non il “Ministro consacrato dallo stesso Dio” che ha il dovere di portare ai fedeli non solo la Parola di Dio, ma DIO STESSO attraverso i Sacramenti voluti da Gesù. È Gesù vivo e vero presente nelle Sante Ostie custodite nel Tabernacolo il centro delle Chiese cattoliche e delle celebrazioni liturgiche, Tabernacolo che purtroppo viene spesso coperto da sedie per il celebrante che gli volta le spalle per diventare egli stesso il centro della chiesa, alla stregua dei protestanti che di Gesù hanno solo il simbolo.
Non dovremmo stupirci se nei vari terremoti che purtroppo stanno dilaniando la nostra Italia, le prime costruzioni a crollare irreparabilmente sono proprio le chiese, dove perfino le statue dei Santi protettori vengono scaraventate a terra in frantumi quasi come segnale di rifiuto della loro protezione. Dio parla anche attraverso questi segni dolorosi.
Che diritto abbiamo di pretendere la protezione divina se rinneghiamo Dio col nostro comportamento agnostico o irriverente o blasfemo?
E soprattutto cosa ci guadagniamo dal rinnegare il nostro Dio che è Padre sbandierando però la nostra “buona condotta” come diritto alla sua protezione quando tutto traballa intorno a noi?
L' AIUTO DA PARTE DI DIO NEI NOSTRI CONFRONTI NON È MAI SCONTATO, COME SE FOSSE UN DOVERE DA PARTE SUA, MA BISOGNA CHIEDERLO UMILMENTE CON LA PREGHIERA E CON LA RETTA CONDOTTA DI VITA SOPRATTUTTO OSSERVANDO I COMANDAMENTI E I SACRAMENTI.
Siccome ormai crediamo che tutto ci sia dovuto grazie alla misericordia di Dio che chiude un occhio sulle nostre cattive azioni e perfino sul nostro conclamato ateismo, forse Dio vuol farci capire che non è affatto d'accordo! E ci dà i segni forti della sua disapprovazione, anche attraverso gli sconvolgimenti tellurici e altre prove dolorose.
Se non arriviamo a inginocchiarci davanti a Dio neppure quando tocchiamo con mano la nostra impotenza nel vedere la malattia che avanza inesorabile o la terra che trema e si apre sotto i nostri piedi, ma pretendiamo invece l'intervento miracoloso dei medici o dei politici come se avessero la bacchetta magica per risolvere tutto, stiamo certi che non ci convertiremo MAI!! Neppure in punto di morte.
E se Dio permette certe tragedie dolorose in vita che passa in fretta, lo fa per risparmiarci quelle eterne nell’inferno. Torniamo a Dio finché siamo in tempo chiedendo l’aiuto a Lui prima che alla Protezione Civile. Dio di solito arriva prima a salvarci corpo e anima contemporaneamente.
di Patrizia Stella
Le immagini sono nostre
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2737_Stella_Distinguere_sacro_da_profano.html
L'ANALISI/4
Chiesa liquida e senza identità, ecco il perché
Concludiamo il nostro breve viaggio alla scoperta delle conseguenze che il rifiuto della metafisica in ambito morale sta provocando in seno alla Chiesa: non esiste una meta, non esiste la verità, e anche il magistero diventa allora "narrante", non "definitorio". Da qui la recente allergia dei documenti ecclesiali per le definizioni.
Concludiamo il nostro breve viaggio alla scoperta delle conseguenze che il rifiuto della metafisica in ambito morale sta provocando in seno alla Chiesa. Empirismo, storicismo, situazionismo, etica del discernimento, utilitarismo, fenomenologia etica, idealismo, democraticisimo, progressismo sono alcuni dei figli che il connubio tra una fede senza trascendenza e una morale senza metafisica ha generato in casa cattolica, come abbiamo evidenziato nelle precedenti puntate. Me vi sono altri figli che appartengono a questa famiglia per niente cattolica. Vediamo quali potrebbero essere.
Relativismo. La dinamica dialettica rivoluzionaria non arriva mai alla meta, non esiste non esiste un punto fermo (l’importante è il viaggio, non la meta, direbbe qualcuno). Anzi, in tale prospettiva filosofica, la meta, a ben vedere, non esiste, perché non esiste un punto di arrivo definitivo, un traguardo da superare. E se esiste è solo una meta provvisoria, perché quella stessa meta diventa punto di partenza per un nuovo viaggio: non è una meta, ma una tappa. Esiste quindi solo il movimento incessante e non finalizzato, non ordinato ad una meta ultima: esiste solo il viaggio, solo una evoluzione senza fine. Tale visione filosofica dell’esistenza e dell’esistente è in netto contrasto con la dottrina cattolica, secondo la quale tutto è finalizzato, perché tutto ordinato da Dio verso Dio e dunque tutte le nostre azioni devono tendere a tale fine ultimo. Inoltre questa visione progressista che interpreta il mondo in costante divenire, rigettando qualsiasi “punto fermo”, non può che rigettare lo stesso concetto di verità – scadendo così nel relativismo etico - perché la verità, per definizione, non muta e non può fondersi con il suo esatto opposto che è l’errore (l’antitesi) in una verità a loro superiore (sintesi). Invece nella Chiesa, nonostante questa evidenza, è in atto il tentativo impossibile di conciliare gli opposti. Si vedano ad esempio certi sforzi ecumenici verso i seguaci di altre religioni. Inoltre non esistendo la verità, non si può certo avere la pretesa di proporre la conversione a chicchessia, perché si verrebbe tacciati di proselitismo.
Il mistero. Ma se non c’è verità, si deve privilegiare il dubbio, la domanda, il mistero. E così non possiamo sapere cosa ha detto realmente Gesù, parimenti la sofferenza è avvolta solo dalle nubi del mistero e nulla possiamo dire di valido su di essa, la stessa missione della Chiesa è imperscrutabile e lei interroga più che dare risposte. Una precisazione: vero è che l’intelletto non può abbracciare perfettamente e quindi completamente tutto il reale, ma con certezza può dire qualcosa del reale. L’impossibilità di dire tutto (prerogativa solo di Dio), non significa che non possiamo dire niente.
L’identità liquefatta. Se il paradigma di riferimento è il fattuale empirico, questo muta. La verità sia quella pratica, cioè la morale, che quella speculativa, ossia riferita all’essere, diventa liquida, transeunte: infatti io sono un uomo, ma poi diventerò polvere. Così anche l’identità della Chiesa diventa liquida. Quindi è impossibile predicare una qualsiasi verità (duratura) anche sull’esistenza delle cose. Ora se tutto muta ciò significa che nulla ha una sua identità, perché l’identità, volendo semplificare, è una peculiarità irripetibile di un ente che lo fa essere quello che è nel tempo. Noi, nonostante il ricambio cellulare, rimaniamo noi stessi negli anni. Dunque la realtà delle cose, privata di una sua natura metafisica o divina immutabile, diventa liquida e perciò perde la sua identità. Togli l’identità e gli enti si assomiglieranno tra loro, anzi si identificheranno gli uni con gli altri. Ecco la volontà di dare valore più a ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci divide, perché tra due enti dove le identità sono smussate le somiglianze aumentano. Da qui tutti i tentativi di dialogo con i non credenti, con gli appartenenti ad altri credo religiosi, etc.
L’analisi vs la sintesi. Il flusso degli eventi quindi rende liquida la realtà e dunque per rappresentare questo flusso, come abbiamo accennato in precedenza, è preferibile usare un magistero narrante, più che definitorio: il primo è analitico, si perde nel particolare e ha un andamento fluviale, inoltre è per forza di cose prolisso e verboso perché deve descrivere tutto; il secondo è sintetico perché non descrive, ma prescrive dopo aver individuato la definizione, perché ha individuato l’identità, la natura di un ente o di una condotta. Da qui l’allergia di molti recenti documenti ecclesiali per le definizioni perché vogliono imbrigliare la multiforme vita, formalizzare l’informale.
Conclusioni. La chiave di lettura proposta all’inizio di questa analisi – “una morale senza metafisica” – meriterebbe, banale a dirsi, moltissimi distinguo e precisazioni. Ma il tentativo era solo quello di indicare una visione d’insieme che riuscisse a sintetizzare, trovando un unico fil rouge, le molte vicende, di ordine dottrinale e pastorale, che stanno interessando la vita della Chiesa in questi ultimi anni.
Tommaso Scandroglio
http://www.lanuovabq.it/it/chiesa-liquida-e-senza-identita-ecco-il-perche
L'ANALISI/4
Chiesa liquida e senza identità, ecco il perché
Concludiamo il nostro breve viaggio alla scoperta delle conseguenze che il rifiuto della metafisica in ambito morale sta provocando in seno alla Chiesa: non esiste una meta, non esiste la verità, e anche il magistero diventa allora "narrante", non "definitorio". Da qui la recente allergia dei documenti ecclesiali per le definizioni.
Concludiamo il nostro breve viaggio alla scoperta delle conseguenze che il rifiuto della metafisica in ambito morale sta provocando in seno alla Chiesa. Empirismo, storicismo, situazionismo, etica del discernimento, utilitarismo, fenomenologia etica, idealismo, democraticisimo, progressismo sono alcuni dei figli che il connubio tra una fede senza trascendenza e una morale senza metafisica ha generato in casa cattolica, come abbiamo evidenziato nelle precedenti puntate. Me vi sono altri figli che appartengono a questa famiglia per niente cattolica. Vediamo quali potrebbero essere.
Relativismo. La dinamica dialettica rivoluzionaria non arriva mai alla meta, non esiste non esiste un punto fermo (l’importante è il viaggio, non la meta, direbbe qualcuno). Anzi, in tale prospettiva filosofica, la meta, a ben vedere, non esiste, perché non esiste un punto di arrivo definitivo, un traguardo da superare. E se esiste è solo una meta provvisoria, perché quella stessa meta diventa punto di partenza per un nuovo viaggio: non è una meta, ma una tappa. Esiste quindi solo il movimento incessante e non finalizzato, non ordinato ad una meta ultima: esiste solo il viaggio, solo una evoluzione senza fine. Tale visione filosofica dell’esistenza e dell’esistente è in netto contrasto con la dottrina cattolica, secondo la quale tutto è finalizzato, perché tutto ordinato da Dio verso Dio e dunque tutte le nostre azioni devono tendere a tale fine ultimo. Inoltre questa visione progressista che interpreta il mondo in costante divenire, rigettando qualsiasi “punto fermo”, non può che rigettare lo stesso concetto di verità – scadendo così nel relativismo etico - perché la verità, per definizione, non muta e non può fondersi con il suo esatto opposto che è l’errore (l’antitesi) in una verità a loro superiore (sintesi). Invece nella Chiesa, nonostante questa evidenza, è in atto il tentativo impossibile di conciliare gli opposti. Si vedano ad esempio certi sforzi ecumenici verso i seguaci di altre religioni. Inoltre non esistendo la verità, non si può certo avere la pretesa di proporre la conversione a chicchessia, perché si verrebbe tacciati di proselitismo.
Il mistero. Ma se non c’è verità, si deve privilegiare il dubbio, la domanda, il mistero. E così non possiamo sapere cosa ha detto realmente Gesù, parimenti la sofferenza è avvolta solo dalle nubi del mistero e nulla possiamo dire di valido su di essa, la stessa missione della Chiesa è imperscrutabile e lei interroga più che dare risposte. Una precisazione: vero è che l’intelletto non può abbracciare perfettamente e quindi completamente tutto il reale, ma con certezza può dire qualcosa del reale. L’impossibilità di dire tutto (prerogativa solo di Dio), non significa che non possiamo dire niente.
L’identità liquefatta. Se il paradigma di riferimento è il fattuale empirico, questo muta. La verità sia quella pratica, cioè la morale, che quella speculativa, ossia riferita all’essere, diventa liquida, transeunte: infatti io sono un uomo, ma poi diventerò polvere. Così anche l’identità della Chiesa diventa liquida. Quindi è impossibile predicare una qualsiasi verità (duratura) anche sull’esistenza delle cose. Ora se tutto muta ciò significa che nulla ha una sua identità, perché l’identità, volendo semplificare, è una peculiarità irripetibile di un ente che lo fa essere quello che è nel tempo. Noi, nonostante il ricambio cellulare, rimaniamo noi stessi negli anni. Dunque la realtà delle cose, privata di una sua natura metafisica o divina immutabile, diventa liquida e perciò perde la sua identità. Togli l’identità e gli enti si assomiglieranno tra loro, anzi si identificheranno gli uni con gli altri. Ecco la volontà di dare valore più a ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci divide, perché tra due enti dove le identità sono smussate le somiglianze aumentano. Da qui tutti i tentativi di dialogo con i non credenti, con gli appartenenti ad altri credo religiosi, etc.
L’analisi vs la sintesi. Il flusso degli eventi quindi rende liquida la realtà e dunque per rappresentare questo flusso, come abbiamo accennato in precedenza, è preferibile usare un magistero narrante, più che definitorio: il primo è analitico, si perde nel particolare e ha un andamento fluviale, inoltre è per forza di cose prolisso e verboso perché deve descrivere tutto; il secondo è sintetico perché non descrive, ma prescrive dopo aver individuato la definizione, perché ha individuato l’identità, la natura di un ente o di una condotta. Da qui l’allergia di molti recenti documenti ecclesiali per le definizioni perché vogliono imbrigliare la multiforme vita, formalizzare l’informale.
Conclusioni. La chiave di lettura proposta all’inizio di questa analisi – “una morale senza metafisica” – meriterebbe, banale a dirsi, moltissimi distinguo e precisazioni. Ma il tentativo era solo quello di indicare una visione d’insieme che riuscisse a sintetizzare, trovando un unico fil rouge, le molte vicende, di ordine dottrinale e pastorale, che stanno interessando la vita della Chiesa in questi ultimi anni.
Tommaso Scandroglio
http://www.lanuovabq.it/it/chiesa-liquida-e-senza-identita-ecco-il-perche
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