A proposito della vendita delle chiese...
https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/11/a-proposito-della-vendita-delle-chiese.html
Il Papa e le chiese senza più fedeli. “Vendiamole per aiutare i poveri”
PARIGI, SAINT NICHOLAS. UNA MESSA NELLA CHIESA DI LEFEBVRE ALLE 8 DI MATTINA. QUANTI GIOVANI.
29 novembre 2018
di Marco Tosatti
come avrete forse potuto indovinare da alcune delle fotografie a piè d’articolo, chi scrive si trova a Parigi da qualche giorno, e ci resterà presumibilmente fino alla fine della settimana.
Domenica mattina ho avuto la curiosità di recarmi alla messa a Saint Nicholas du Chardonnet, la chiesa principale a Parigi della Fraternità Sacerdotale San Pio X, i seguaci di mons. Lefebvre. Era una messa presto, alle 8 d mattina, in una Parigi umida, piovigginosa, con il cielo grigio a mezzo metro da terra. Insomma, l’usuale panorama parigino di fine novembre.
La chiesa è molto bella; come potete vedere dal paio di foto che ho scattato. La messa era molto bella, anche, e seguita con estrema partecipazione dai fedeli. Per precauzione avevo scaricato la sera prima sul telefonino l’ordinario della messa in base a Summorum Pontificum, con testo latino e italiano (www.straordinaria.net, per chi fosse interessato) in modo da poter seguire; non sono troppo ferrato in materia..Lettura e omelia erano in francese.
Due le sorprese. La prima: nonostante l’orario, nonostante il tempo meteorologico tutt’altro che invitante, e le abitudini parigine (sabato e domenica soprattutto fin verso le 10 è una città semideserta…) la chiesa, che è tutt’altro che piccola, era affollata di fedeli.
E qui c’è la seconda sorpresa. Mi ero aspettato di vedere soprattutto persone anziane, nostalgiche del rito della messa di sempre, l’ordo pre-conciliare. E questi c’erano, di sicuro. Ma quello che mi ha stupito è stata la presenza di giovani; ragazzi e giovani adulti; in una proporzione, a occhio, molto superiore a quella che vedo abitualmente a Roma nelle messe che frequento. E poi famiglie, e persone di età media. Ma veramente parecchi ragazzi e ragazze. Ecco, volevo condividere con voi questa esperienza. Classi sociali molto miste; qualcuno chiaramente più fighetto, come si dice a Roma; ma anche persone di estrazione più umile, e di diverse provenienze etniche. Ma, come ho detto, parecchi giovani. Interessante, no?
https://www.maurizioblondet.it/l-papa-e-le-chiese-senza-piu-fedeli-vendiamole-per-aiutare-i-poveri/
Papa Francesco e la scelta dei “poveri”
Bergoglio vuole il pranzo con i poveri, il suo marketing lo accontenta: ma sono veri poveri?
L’organizzazione
è tutto, come ogni dittatura che si rispetti, anche l’ufficio marketing
di Bergoglio, ce la mette tutta perché ogni minimo particolare possa
essere curato a dovere. Forse è per questo che, in cima a tutto, c’è lo
“sponsor”, come vediamo nella prima foto!
I POVERI, categoria indispensabile per
l’ufficio marketing di un qualsiasi governo alla guida del quale c’è un
dittatore. In questo caso essi, questi poveri, vanno selezionati con
cura, naturalmente scelti e questo è comprensibile onde evitare che il
pranzo (che deve essere ripreso dalle telecamere come propaganda, e
dalle foto) possa riservare situazioni spiacevoli o improvvisamente
anomale. Forse è per questo che i poveri qui invitati hanno quasi tutti
un cellulare, come vediamo in queste foto!
Forse penserete che non ci sta bene mai nulla! No! Il problema non è questo, ma la pubblicità, lo sponsor e la scelta dei poveri.
Gesù, in Luca 14,15-24 racconta l’invito ad una festa (il banchetto di
Dio) che però viene rifiutato dagli invitati, e spiega come il padrone
della festa ordini: «Esci subito per le piazze e per le vie della città e
conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi», non contento
perché c’era ancora posto, dice proprio “COSTRINGILI ad entrare….”.
Infine è Gesù che raccomanda una carità
DISCRETA poiché la vera Festa si fa al vero povero, che è il peccatore,
che pentito RITORNA al Padre chiedendo perdono, così allora i veri beati
non sono quelli che “scelti” partecipano a questi “banchetti”
organizzati con il Papa, ma coloro che prestano L’INVITO ALLA
CONVERSIONE e allora fanno festa come è la parabola del figliol prodigo,
per il resto vale il detto: “la tua mano destra non sappia cosa fa la
sinistra…”
Non è solo un problema di stili diversi:
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per esempio, facevano fare spesso
questi pranzi, invitando i poveri frequentatori delle mense Caritas,
senza preferenze o scelte particolari. Qualche volta poi, loro stessi
“scendevano” nel salone adibito a mensa per salutare gli ospiti, ma
raramente troverete foto o video. Qui è palesemente chiaro ed evidente
un richiamo pubblicitario e propagandistico.
Ognuno ne tragga le conseguenze che vuole.
Chiese chiuse
Convegno a Roma sugli edifici di culto dismessi. “Diventino biblioteche, non centri estetici”
Foto Pixabay
Che fare, dunque?, si chiedeva anni fa il cardinale arcivescovo Christoph Schönborn, davanti a evidenze sempre più incontrovertibili. Si tratta innanzitutto di cogliere “i segni dei tempi”, ha scritto il Papa nel messaggio inviato al convegno che si è tenuto negli ultimi due giorni all’Università Gregoriana di Roma. Una constatazione che però “va accolta non con ansia” e che “ci invita a una riflessione e ci impone un adattamento”. Intanto si tratta di capire che i beni ecclesiastici “non hanno un valore assoluto” e quando necessario devono essere messi a disposizione “dell’essere umano e specialmente dei poveri”. Si riflette sulla domanda ormai ineludibile data al convegno: “Dio non abita più qui?”. Il rettore della Gregoriana, Nuno da Silva Gonçalves, risponde che invece “Dio abita qui perché è veramente presente nella sofferenza di una comunità cristiana che si vede costretta a chiudere al culto una chiesa”.
Il problema però si pone, anche in Italia dove manca una stima certa del numero di edifici ecclesiastici. Si tratta, ha detto padre Gonçalves, di “creare condizioni che rendano Dio riconoscibile nella sua apparente assenza, nelle chiese dismesse o sconsacrate”. Mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, ha avvertito che troppo spesso le destinazioni d’uso profane degli edifici riconvertiti risultano inappropriate. Da qui l’esigenza di stabilire “linee-guida orientative che tengano conto delle esperienze in atto”. Bene se una chiesa dismessa diventa un auditorium o una biblioteca, male se lo spazio interno viene trasformato in un ristorante. Inopportuno anche “l’uso di ex edifici di culto per la celebrazione di matrimoni civili”. Il sociologo Luca Diotallevi sottolinea che la dismissione delle chiese “è un problema scottante per la società di oggi che suscita forti reazioni anche in coloro che non partecipano alla vita ecclesiale”. Non sono pochi coloro che davanti alla chiusura di un edificio sacro provano un sentimento di “sconfitta sociale piuttosto che come un’emancipazione, come avveniva nel passato”. Le opportunità, ha aggiunto Diotallevi, però non mancano, anche perché siamo in mezzo a una trasformazione urbana che vede attivo “lo sviluppo di nuovo contesti urbani e delle città globali”; una questione “che si riflette nelle chiese mentre emergono nuove società senza stato”. Da qui il bisogno di “sviluppare un approccio pastorale che possa apprezzare le società aperte”.
Forse, “la chiusura delle chiese è una provocazione a costruire scialuppe anziché torri di pietra e a inventare una teologia della città”. Papa Francesco l’aveva intuito già anni fa, quando a New York domandò come fosse possibile “trovare Dio che vive con noi in mezzo allo smog delle nostre città? Come incontrarci con Gesù vivo e operante nell’oggi delle nostre città multiculturali?”. Dio, aveva risposto il Pontefice “vive nelle nostre città; la chiesa vive nelle nostre città e vuole essere fermento nella massa, vuole mescolarsi con tutti, accompagnando tutti”. Una sfida enorme: nella sola Germania, dal 2000 in poi, sono state chiuse più di cinquecento chiese cattoliche. Un terzo è stato demolito, due terzi venduti o destinati ad altri scopi. In Olanda non va meglio: cinquecento chiese chiuderanno i battenti entro il prossimo decennio. I numeri sono ufficiali, snocciolati da Pawel Malecha del Supremo tribunale della Segnatura apostolica. Non si può far nulla, se non contenere il danno, il che significa prevedere un uso “compatibile” con ciò che l’edificio sacro era stato. Una chiesa, insomma, non può diventare “officina, ristorante, pub o night club, centro estetico, locale commerciale o abitazione civile”.
https://www.ilfoglio.it/chiesa/2018/12/01/news/chiese-chiuse-227128/
Papa Francesco: "Nessuna ansia per la chiusura delle chiese"
Il fatto che molte chiese vengano chiuse dovrebbe essere accolto nella Chiesa "non con ansia" ma come un "segno dei tempi" che ci invita a "riflettere" e a cui "ci dobbiamo adattare" - questo ha detto papa Francesco a una conferenza alla Pontificia Università Gregoriana (29 novembre) in un messaggio scritto.
Non è chiaro però in che ambito andrebbe fatta questa "riflessione".
Francesco scrive che le chiese erano necessarie "fino a qualche anno fa" ma che non lo sono più "per carenza di fedeli e clero".
Francesco suggerisce che le chiese possano anche essere chiuse per una diversa distribuzione della popolazione tra le città e le aree rurali. Questa teoria implicherebbe che da qualche altra parte ci sia una grande necessità di costruire nuove chiese. Ma questo non succede.
Ci sono pochi dubbi che l'attuale declino della Chiesa Cattolica sia la principale ragione per la chiusura delle chiese. Francesco non ne fa menzione nemmeno con una parola.
#newsRybdnkehwb
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