Papa Francesco e il Vangelo secondo Soros
Papa: “bene Global Compact, solidarietà verso migranti”. Dal Vangelo secondo Soros. Il Global Compact non mira a difendere i migranti, ma a favorirne la deportazione in vista del loro sfruttamento e in vista del generale abbassamento delle condizioni delle classi lavoratrici.
«Volgiamoci dunque al nostro passato, (...) per fare di questa nostra italianità, quale si venne realizzando lungo la nostra storia particolare, il nostro problema presente ed urgente, il segreto della nostra vita spirituale». (G. Gentile , "Il carattere storico della filosofia italiana")
Il Natale si avvicina e porta con sé tutte le possibili strumentalizzazioni in salsa migratoria da parte di una Chiesa – quella italiana – che insieme ad altri soggetti egualmente interessati vede ridursi l’area economica intorno al business. Giuseppe a Betlemme c’è andato da cittadino ebreo di una provincia romana, Gesù è nato ebreo di una provincia romana, è andato in Egitto con la famiglia per evitare la sorte degli altri bambini nati in quel periodo, e non sembra si sia integrato, tanto che sono tornati a Nazareth, e lì da ebreo ha vissuto, ha pregato, e – a Gerusalemme – da ebreo è morto. Cioè da membro di una comunità e di una religione che del legame con QUELLA terra fanno un punto centrale della loro vita. Ma come abbiamo visto su VaticanNews anche ieri: “Papa Francesco: anche Gesù Bambino è stato profugo, facciamo rete con l’educazione”.
“Fare rete con l’educazione”, dunque, precisa Papa Bergoglio nel discorso, “è una soluzione valida per spalancare i cancelli dei campi-profughi, consentire ai giovani migranti di inserirsi nelle società nuove, incontrando solidarietà e generosità e promuovendole a loro volta”.
“Fare rete con l’educazione, prima di tutto, per istruire i più piccoli fra i migranti, cioè coloro che invece di sedere fra i banchi di scuola, come tanti coetanei, passano le giornate facendo lunghe marce a piedi, o su mezzi di fortuna e pericolosi. Anche loro hanno bisogno di una formazione per potere un domani lavorare e partecipare da cittadini consapevoli al bene comune. E nello stesso tempo si tratta di educarci tutti all’accoglienza e alla solidarietà, per evitare che i migranti e i profughi incontrino, sul loro cammino, indifferenza o, peggio, insofferenza”.
Impietosi potremmo osservare che l’assassino islamico di Strasburgo era nato a Strasburgo. Ma se si fosse integrato, magari diventando cristiano, forse oggi non ne parleremmo. Quindi qualche discorso su questa tanto blablablata integrazione forse sarebbe il caso di farlo, invece di usarla verbalmente come un placebo.
E ci è capitato di leggere quello che ha scritto sul suo profilo FB Francesca Chaouqi, che di tutto può essere accusata salvo che di non essere super-bergogliana. Vedete un po’.
Ero a Cagliari ieri sera per lavoro. Ho cenato e poi ho percorso a piedi la strada fra il ristorante e l’albergo. 1 km in pieno centro alle 22. Non un anima viva. Io e basta praticamente. Vedo spuntare un gruppo di ragazzi di colore. Mi si avvicinano, ci incrociamo. Iniziano a seguirmi. Mi giro e mi rivolgo al più vicino: che volete? “Beviamo una birra” risponde uno ubriaco.
Gli dico di levarsi e lo minaccio di spaccargli la faccia.
Vanno sul marciapiede opposto e continuano a seguirmi fino all’albergo. Io resto calma. Ubriachi, gracili e stupidi, neutralizzabili immediatamente. Arrivo in albergo e sono ancora lì tutti e tre. Posso confessarvi la voglia di farli a pezzi? Per quei 500 mt percorsi a disagio e per quelle donne che invece hanno paura, per quelle vittime per cui l’epilogo è sempre altro.
Mio nonno mi ha insegnato a non avere paura di nessuno. Il judo mi ha dato la capacità di misurare le mie forze e di potermi permettere il privilegio di andare a piedi.
Però io credo che l’Italia non sia questa. Mi sono sentita di non appartenere a questo stato ieri sera, lì a non sentirmi libera di fare 4 passi alle 22 . Perché se questi ceffi ieri mi avessero fatto qualcosa sarebbero rimasti impuniti. Sembra una considerazione superficiale ma purtroppo credo che l’accoglienza come è stata fatta fino ad adesso abbia portato ad una società dove non si è più liberi di non aver paura.
Più regole, più integrazione vera, più rispetto.
Ieri sera Salvini l’ho capito un po’ di più.
Poi siamo capitati su Twitter su un paio di messaggi. Il primo era di Damian Thompson, direttore di @catholicherald, e titolare di @holysmoke. Scriveva: “Lo so che è cinico, ma è sempre divertente a Natale vedere il clero liberal che non crede nelle narrazioni dell’infanzia (di Gesù, n.d.r) e tuttavia insiste che la Sacra Famiglia erano ‘rifugiati’”.
E subito dopo ne abbiamo incrociato un altro, questa volta dall’Italia. In risposta a un messaggio Ansa dell’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, quello in quota Sant’Egidio una delle più possenti macchine immigrazioniste della Chiesa. Ecco il messaggio:
“(ANSA) – BOLOGNA, 13 DIC – Il presepe “non è mai da usare come fosse una clava”, perché “non ne abbiamo bisogno”.
Piuttosto deve “aiutare tutti a sentire la vicinanza degli altri e la presenza misteriosa di Dio”. Così l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, durante l’inaugurazione dell’abituale presepe ospitato dal palazzo comunale. “Per i cristiani tutti è il senso della nostra fede e della nostra identità”, ha spiegato Zuppi, che ha anche lasciato un pensiero nel libro delle dediche: ‘Il mistero del Natale sia luce per tutte le genti e accoglienza per ogni uomo’”.
Gli rispondeva su Twitter l’avvocato Giorgio Spallone: “L’arcivescovo Zuppi è male informato. Nessuno usa il presepe come una clava. Al contrario molti fra cui anche presbiteri usano la clava contro il presepe. Zuppi abbandoni il politiche e dica, a fedeli e non, se è bene fare il presepe in Chiesa, case e luoghi pubblici”.
E infine, perché siamo in argomento, dalla cortesia del blog OpportuneImportune rubiamo questa vignetta, dedicata ad Avvenire, l’organo dell’Ufficio Affari Anche Religiosi (UAAR, già CEI).
15 Dicembre 2018 Pubblicato da wp_7512482 15 Commenti --
Marco Tosatti
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