Abusi, 21 passi per fermarli. Ma il problema resta lontano
Nel primo giorno del Summit sulla protezione dei minori nella Chiesa il Papa condivide con l'assise convocata in Vaticano 21 punti per affrontare il problema degli abusi. Ma tra valutazioni psicologiche, programmi di formazione e discernimento sui casi denunciati resta lontano il problema legato all'omosessualità, che invece viene ribadito da più parti. Il caso del cardinale O'Malley, volto simbolo della lotta alla pedofilia, ma messo ai margini dell'assise romana.
Si è concluso in Vaticano il primo giorno del Summit sulla protezione dei minori nella Chiesa. L'evento, dopo il momento di preghiera e le brevi testimonianze di alcune vittime, è stato aperto dal discorso introduttivo di Francesco. In esso, il papa ha accennato alle linee-guida formulate dalle diverse Commissioni e Conferenze Episcopali e fornite ai partecipanti come strumento d'indirizzo nel corso dei lavori. Si tratta di una sorta di elenco formato da 21 punti, da lui condivisi, in cui vengono avanzate delle proposte come quella di "dotarsi di strutture di ascolto, composte da persone preparate ed esperte, dove si esercita un primo discernimento dei casi delle presunte vittime" o quella di "stabilire protocolli specifici per la gestione delle accuse contro i Vescovi".
Tra i suggerimenti indicati ai partecipanti, anche quello di "elevare l'età minima per il matrimonio a sedici anni". Una modifica che richiederebbe un intervento sul Codice di diritto canonico nel quale l'età minima per sposarsi è fissata attualmente a sedici anni per l'uomo e a quattordici per la donna. Nei ventuno punti emerge anche la necessità di una selezione più scrupolosa nei seminari: vi si propone, infatti, di "introdurre regole riguardanti (...) i candidati al sacerdozio o alla vita religiosa. Per costoro introdurre programmi di formazione iniziale e permanente per consolidare la loro maturità umana, spirituale e psicosessuale, come pure le loro relazione interpersonali e i loro comportamenti"; effettuare per loro "una valutazione psicologica da parte di esperti qualificati e accreditati" e "formulare codici di condotta obbligatori per tutti (...) per delineare i limiti appropriati nelle relazioni personali".
Dunque, sembra che le Conferenze Episcopali abbiano voluto portare sul tavolo dell'incontro la questione di una più adeguata selezione-verifica sugli aspiranti al sacerdozio, incassando l'approvazione del Pontefice. Bisognerà vedere se, esaminando il tema della vigilanza sul discernimento relativo alla "maturità umana, spirituale e psicosessuale", i partecipanti si soffermeranno soltanto sul rispetto del voto di castità in generale o affronteranno anche l'altro grande argomento che aleggia sul Summit, quello dell'omosessualità nel clero.
Proprio ieri, in concomitanza con l'apertura dei lavori in Vaticano, Frédéric Martel ha presentato nella sede della Stampa estera a Roma il suo discusso volume "Sodoma". Un'operazione editoriale pubblicizzata con grande enfasi in questi giorni sui media nazionali ed internazionali, con anticipazioni che non hanno risparmiato allusioni denigratorie nei confronti di figure autorevoli della Chiesa cattolica. Nel corso dell'incontro con i giornalisti in via dell'Umiltà, Martel è intervenuto "a gamba tesa" anche sul Summit in corso a pochi km di distanza, sostenendo che esiste una connessione tra l'omosessualità nel clero e lo scandalo abusi.
Secondo lo scrittore, infatti, la copertura di cui i preti predatori hanno beneficato dai loro rispettivi Vescovi si dovrebbe proprio alla comune tendenza sessuale: "Questo è un fattore - ha affermato - non il solo, ma uno dei fattori chiave per cui il vescovo protegge il sacerdote". "Per questo - ha proseguito - alla fine c'è un legame". E nel dirlo, ha voluto specificare: "Mi dispiace molto, sono molto triste nel sottolineare questo fatto, perché anche io sono omosessuale, e mi dispiace dire che c'è un collegamento che esiste e la Chiesa è molto brava nel dire che non c'è alcuna connessione".
Ma a riportare d'attualità la discussione sul nesso tra abusi sessuali ed omosessualità nel clero ha contribuito anche una dichiarazione arrivata da Oltreoceano: il Cardinale Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo emerito di Caracas, infatti, esprimendo le sue attese e speranze per lo svolgimento dei lavori del Summit, ha voluto ricordare come sia "importante tenere presente che la maggior parte degli abusi sui minori sono rapporti omosessuali con adolescenti". "Ciò - ha osservato il porporato sudamericano - richiede attenzione, soluzione e correzione”.
Questi due interventi, seppur da prospettive differenti ed opposte, hanno rimesso al centro del dibattito pubblico un tema che nel cammino preparatorio in vista del Summit era emerso soltanto per essere mitigato. Lo aveva fatto il Cardinal Blase Cupich, uno dei membri del comitato organizzativo, che nella conferenza stampa di presentazione, pur riconoscendo "il fatto che nella maggioranza dei casi le vittime degli abusi siano maschi", aveva sostenuto - appellandosi a rilevazioni delle organizzazioni internazionali - che "l’omosessualità di per sé non è una causa", mentre "gli abusi sono spesso una questione di opportunità, di occasione, hanno a che fare con un basso livello di istruzione". Proprio l'Arcivescovo di Chicago sarà protagonista nella giornata di oggi con una relazione dal titolo "Sinodalità: responsabilità condivisa". E' lui l'unico esponente della Chiesa maggiormente coinvolta dallo scandalo più recente, quella statunitense, che avrà l'opportunità di tenere un intervento nella quattro giorni in Vaticano.
Mentre si fa notare la partecipazione in sordina di un porporato suo connazionale, quel Cardinal Sean Patrick O'Malley volto simbolo della lotta alla pedofilia nella Chiesa. L'Arcivescovo di Boston, infatti, è presente al Summit soltanto in quanto membro del Consiglio di Cardinali, al pari dei Cardinali Maradiaga, Bertello, Mellino e di monsignor Semeraro, ma non in qualità di presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, ruolo in cui papa Francesco lo ha confermato lo scorso febbraio. Ad oggi, però, le cose sarebbero cambiate: secondo un'indiscrezione pubblicata dal "Wall Street Journal" la scorsa settimana, infatti, le interazioni tra i due sarebbero diventate "tese e formali".
Nico Spuntoni
http://lanuovabq.it/it/abusi-21-passi-per-fermarli-ma-il-problema-resta-lontano
Per rompere il muro di silenzio
Dopo la manifestazione, nella sede della Stampa estera si è svolta una conferenza stampa a cui hanno partecipato John Smeaton (Gran Bretagna), presidente della Society for the Protection of the Unborn Child; Michael Matt (USA), direttore della rivista Remnant; Scott Schittl (Canada), rappresentante del portale Life Site News; Julio Loredo (Perù), socio fondatore di Tradicion y Accion por un Perù Mayor; Jean-Pierre Maugendre (Francia), presidente di Renaissance Catholique; Arkadiusz Stelmach (Polonia), vice-presidente dell’Istituto Piotr Skarga; Roberto de Mattei (Italia), presidente della Fondazione Lepanto.
In riferimento al summit in corso in Vaticano sugli abusi sessuali, il professor De Mattei ha detto: “Se il vertice dei presidenti delle conferenze episcopali del mondo riuniti da papa Francesco si limiterà a trattare gli abusi sui minori, come annuncia il titolo del summit, senza affrontare, ad esempio, la questione dell’omosessualità nella Chiesa, sarà un incontro destinato al fallimento, perché non risalirà alle vere cause del problema. Sarebbe ipocrisia limitare gli scandali alla pedofilia, ignorando la piaga dell’omosessualità che non è solo un vizio contro natura, ma anche una struttura di potere all’interno della Chiesa”.
Il dibattito è stato moderato dal giornalista Giuseppe Rusconi, che ne riferisce nel suo sito Rossoporpora.
E proprio al collega Rusconi ho posto alcune domande.
Qual è stato l’intento dell’iniziativa?
Gli organizzatori – gruppi di cattolici provenienti da sette Paesi diversi – si riproponevano di far sentire la propria voce alla vigilia del summit vaticano sulla “protezione dei minori nella Chiesa”. Un titolo, questo, che è stato modificato nelle ultime settimane rispetto a quello iniziale che parlava di “tutela dei minori e degli adulti vulnerabili”. E la modifica non è irrilevante, poiché nella versione odierna il titolo intende escludere che durante i lavori ci si possa occupare anche degli abusi su ultra-diciottenni, come nel caso di numerosi seminaristi. Far sentire la propria voce, dicevo, perché normalmente nei media generalisti o nei grandi media appare poco. Allora gli organizzatori hanno pensato di attirare l’attenzione mediatica dapprima con una manifestazione di silenzio eloquente (tipo Sentinelle in piedi) a piazza San Silvestro, poi con una conferenza stampa internazionale presso la Stampa estera di Roma. L’obiettivo di rompere il silenzio penso sia stato raggiunto, soprattutto tra i corrispondenti esteri.
Tu hai moderato il dibattito: che cosa ti ha colpito di più?
È stata una conferenza stampa in cui inizialmente ogni relatore si è presentato rispondendo a una domanda (a ognuno ne è stata posta una diversa) su aspetti importanti della problematica ecclesiale riguardante gli abusi sessuali. Poi c’è stato ampio spazio per le domande dei colleghi. Il tutto è durato un’ora e mezzo. Da evidenziare che la conferenza stampa è stata un’occasione insolita per molti colleghi di ascoltare le ragioni avanzate da gruppi cattolici conservatori su un tema tanto drammatico per l’intera società e ancora più drammatico – se possibile – all’interno della Chiesa. Ecco… si è potuto ascoltare. E ciò non è oggi un fatto così banale.
Qual è il contenuto più forte uscito dall’incontro?
Preoccupazione comune dei relatori è stata quella di evidenziare come il vertice convocato in Vaticano – con uno sforzo organizzativo imponente – rischi di trasformarsi in un fiasco. Il timore è che l’assemblea si riduca a discutere riduttivamente di qualche norma comune in materia di abusi sessuali, senza però affrontare il problema alla radice. È fuorviante insomma attribuire la causa di quanto è successo a un peraltro vago “clericalismo”, senza invece considerare un quadro molto più vasto caratterizzato da una crisi morale dirompente che devasta l’odierna società e ha riflessi pesantissimi su una Chiesa in cui la confusione in materia di valori regna sovrana, avviata com’è a ‘sdoganare’ comportamenti che ancora oggi catechismo e dottrina sociale considerano inaccettabili.
In silenzio per abbattere il muro di silenzio è stato il titolo. Pensi che qualche pastore, oltre ai pochi soliti, si alzerà in piedi?
Difficile dirlo. A porte chiuse può succedere di tutto. Anche se le voci più critiche non potranno essere presenti, è presumibile che non tutti saranno sulla linea riduttiva preconizzata da chi ha convocato il summit, pensato di certo come una tappa ulteriore verso una Chiesa cosiddetta “aperta”, in continuo “processo” di cambiamento – de facto se non de iure – e adattamento ai voleri dell’agenda libertaria imposta da chi governa il mondo.
Aldo Maria Valli
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