Il velo per le donne in Chiesa? Meglio di sì!
Il velo muliebre: origine e significato
E’ congeniale il velo della sposa alle parole dell’Angelo a Maria: “su te stenderà la Sua ombra la potenza dell’Altissimo” e – perché no? – lo stesso significato potrebbe avere il velo muliebre (che vediamo confermato dalle parole dell’articolo a seguire: la donna rappresenta l’umanità-sposa), a prescindere, forse, dalle ragioni di modestia e di distogliere durante le celebrazioni l’attenzione dalle pettinature elaborate e ornate di un tempo…. a ricordarci come “tutto è vanità..”.
Anche nel matrimonio ebraico c’è qualcosa di simile a quello delle chiese orientali: quasi in conclusione del rito si apre l’Aron (l’armadio sacro, il Sancta Sanctorum) e dinanzi ai rotoli della Torah il Rabbino copre con il suo Talleth (lo scialle della preghiera, le cui frange -ai quattro angoli- ricordano il Nome di Dio) il capo degli sposi pronunciando la benedizione.
Comunque è più di un simbolo, se ne comprendessimo il valore, che purtroppo si è perso, e se reintrodotto aiuterebbe le Donne stesse, oggi, a vivere con più coscienza la propria adesione al Cristo-Dio-Sposo fedele della Chiesa… è bene puntare soprattutto al recupero della ‘sostanza‘: il Sacrificio della Messa (da cui solo scaturisce la mensa escatologica e la lode e la gratitudine), la grandezza del mistero, la sacralità, la solennità e tutti i significati profondi che ogni momento della celebrazione antica possiede, durante la quale, quel “capo coperto” è una testimonianza tangibile di profonda umiltà, nel riconoscere LA DIVINA PRESENZA, davanti alla quale “ci si copre”! Si pensi infine al significato del “vestire a festa”. Sarebbe il caso di studiare anche la simbologia delle nozze; nelle liturgie orientali è la coppia (maschio e femmina) ad essere avvolta dal velo: simbolizzando la Chiesa domestica, come quella universale deve essere “Sposa di Cristo”.
La donna deve portare sul capo il segno dell’autorità di Cristo sulla natura umana
di Don Alfredo Maria Morselli
Perché S. Paolo consiglia alle donne di tenere il capo coperto durante le azioni liturgiche?
Il Codice di Diritto Canonico del 1917 prescriveva alle donne di tenere il capo coperto in Chiesa, soprattutto al momento della Santa Comunione [1]. Nel nuovo Codice non c’è traccia di questa disposizione e ormai questa antica e venerabile usanza è caduta nel dimenticatoio; eppure essa era fondata su una disposizione dello stesso Apostolo San Paolo. Ma, tra l’esegesi razionalista moderna, che tende a storicizzare tutte le disposizioni particolari (“roba d’altri tempi…”), e il famigerato luogo comune per cui “l’uomo di oggi” non sarebbe più in grado di capire certe cose, anche la consuetudine, per le donne, di coprire il capo in chiesa, è andata perduta.
Per non parlare poi di molte suore, che, un tempo ben vestite (chi non ricorda i cappelloni delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli?), oggi espongono il ciuffo, per andar di pari passo con chi ha gettato tonaca e coletto bianco alle ortiche (e qui, visti i magrissimi risultati estetici, avendo tolto il velo, c’è assai spesso da stenderne subito un altro, questa volta pietoso, come si suol dire).
Ma guai se ci limitassimo a rimpiangere i tesori che ci hanno scippato: dobbiamo cercare, con l’aiuto della Vergine Santa, anche per questo caso, le ragioni della Tradizione: e allora leggiamo le parole dell’Apostolo, e vediamo come alcuni Padri della Chiesa le hanno interpretate.
- L’unica pagina biblica è questa di san Paolo 1Corinzi: [11,3] “Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. [4] Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo. [5] Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata. [6] Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.[7] L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell’uomo. [8] E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; [9] né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. [10]Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli. [11] Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo è senza la donna; [12] come infatti la donna deriva dall’uomo, così l’uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio. [13] Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto? [14] Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli, [15] mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo. [16] Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio”.
Da questo brano – spiega Don Alfredo Maria Morselli, noi possiamo ben comprendere i motivi per cui S. Paolo consiglia alle donne di tenere il capo coperto durante le azioni liturgiche. I motivi sono, essenzialmente, quattro:
1) La simbologia delle nozze tra Cristo e la natura umana. In chiesa, durante la liturgia, l’uomo e la donna non rappresentano solo se stessi, ma l’uomo – ogni uomo – rappresenta Cristo, lo Sposo: la donna rappresenta il genere umano, la natura umana sposa del Verbo. Possiamo comprendere ciò considerando la natura sponsale della fede (Ti sposerò nella fede e tu conoscerai il Signore – Os 2,22), il contesto generale della liturgia (l’atmosfera in cui la fede è esercitata nel modo più perfetto) e l’esplicito richiamo alle nozze di S. Paolo: E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo – 1 Cor 11, 8-9. Cristo sta all’uomo (maschio e femmina) come l’uomo sta alla donna. Inoltre l’uomo, diversamente dalla donna, è “immagine e gloria di Dio”, non per se stesso, ma in quanto rappresenta Cristo: perciò egli non può stare con il capo coperto, perché in questo modo egli “disonora il suo capo” (11,4) il suo proprio rappresentare Cristo: un uomo con il capo coperto non rappresenta bene Cristo, così una donna con il capo scoperto, non rappresenta bene la natura umana e la Chiesa sposa di Cristo. In questo senso Tertulliano dice: “Poiché io sono l’immagine del creatore, non c’è posto in me per un altro capo (che non sia Cristo)” (Contro Marcione, V, 8, 1).
2) Un segno della sottomissione a Cristo. Una donna con il capo coperto dal velo, ricorda a tutti coloro che sono in chiesa che la natura umana è sposa di Cristo: perciò la donna, in quanto rappresenta la natura umana, deve avere un segno della sua dipendenza sul suo capo (1 Cor 11,10): questo segno della dipendenza è il segno dell’autorità di Cristo nei confronti della sua Sposa, la natura umana. Perciò il Concilio Gangrense chiama il velo memoriale, ricordo della sottomissione. S. Giovanni Crisostomo lo chiama insegna della sottomissione; Tertulliano giogo della sua umiltà (cf. Cornelius a Lapide, ad loc.).
3) Il rispetto del perfetto equilibrio del cosmo. L’edificio della chiesa rappresenta il cosmo (l’universo intero tanto che abbiamo la Solennità liturgica di Cristo Re dell’Universo), ricolmato della gloria di Dio, specialmente durante la celebrazione della S.Messa (I cieli e la terra sono pieni della tua gloria…). Il cosmo è perfettamente ordinato, non è frutto del “caso” e non è “caos” (Ma tu hai tutto disposto con misura, calcolo e peso – Sap 11,20). Nessuno può dimenticare la presenza, all’interno della chiesa-cosmo, della gerarchia celeste, perfettamente ordinata (Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa… – Eb 12,22). Non è quindi conveniente che in un cosmo perfettamente ordinato qual è la celebrazione liturgica, la ordinata relazione tra Cristo-Sposo e Chiesa-Sposa – la particolare relazione che la celebrazione liturgica ricrea nel modo più perfetto -, non sia mostrata (Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli – 1 Cor 11,10).
4) Un segno naturale di umiltà. Ultimo aspetto, ma non di minore importanza: “Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli, mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo” (1 Cor 11, 14-15).
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Possiamo ora aggiungere anche l’aspetto storico, ossia: alcuni membri della Comunità di Corinto provenivano dal paganesimo e praticavano costumi innaturali, cioè idolatrici come, ad esempio, uomini che portavano i capelli lunghi come quelli della donna per questioni religiose e c’erano donne che si tagliavano i capelli corti come quelli dell’uomo o addirittura si rasavano del tutto il capo…. Per questo problema però pagano, ideologico, l’apostolo Paolo impose alle donne di coprirsi la testa con un velo nell’ambito della santa assemblea anche per distinguersi dagli uomini i quali appunto, dovevano invece togliersi il cappello durante la liturgia eucaristica in rispetto alla Presenza reale del Cristo, unico Signore e Dio, davanti al quale, infatti “perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil.2,5-11)… Oggi in molti pensano che portare il velo in Chiesa sia sciocco e da bigotti, inutile ostentazione di religiosità, gesto comunque non più obbligatorio e non richiesto né da Dio né dalla Chiesa. Le cose, come abbiamo dimostrato, non stanno affatto a così. Oggi, piuttosto, ci vuole un bella dose di coraggio e di FEDE trattare il Signore da Signore, trattarlo da RE e non come un compagnone di merende o da festini, retaggio della scristianizzazione gesuitica degli Anni Sessanta!
La Chiesa, nella sua più autentica e viva Tradizione, fece proprio il monito paolino e fu Papa San Lino, a sancire questo obbligo per tutte le Donne cattoliche:
“Lino Papa, nato a Volterra in Toscana, fu il primo dopo Pietro a governare la Chiesa. Fu di così grande fede e santità, che non solo scacciava i demoni, ma anche richiamava a vita ai morti. Scrisse gli atti del beato Pietro, in particolare e soprattutto quello che fece contro Simon Mago. Decretò che nessuna donna entrasse in Chiesa se non CON IL CAPO VELATO. Questo Pontefice fu decapitato per la costanza della sua fede, su ordine del malvagio e ingrato governatore Saturnino, la cui figlia aveva liberato dalla vessazione del demonio. Fu sepolto in Vaticano, presso la tomba del Principe degli Apostoli, il 23 Settembre. Regnò per undici anni, due mesi e 23 giorni, ordinò quindici vescovi e diciotto sacerdoti”. (dal Breviarum Romanum del 1962, nel giorno 23 Settembre, festa liturgica di san Lino Papa e Martire)
Pensate, così, come in duemila anni di storia della Chiesa, nessun Pontefice ha modificato questa Norma che proviene, come abbiamo visto, dall’insegnamento APOSTOLICO, seppur la Chiesa stessa non l’ha mai sottoposta a rigorismo e neppure a delle pene, per coloro che non l’avessero rispettata… Neppure l’ultimo concilio ha tolto questa Norma, semplicemente non ne ha più parlato finendo per toglierla dal Diritto Canonico è vero, ma questo “sgarbo” alla Tradizione Apostolica non impedisce affatto che chi volesse usare il velo non possa, oggi, usarlo. Sta a noi donne studiare le ragioni del velo in Chiesa, comprenderlo e farne buon uso… ignorando quanti ci riderebbero dietro…
Infine: di che colore deve essere il velo?
Non c’è mai stato un vero “regolamento”. Anticamente il velo bianco o color panna lo usavano le “Signorine“, donne non sposate, donne “da marito” come si diceva una volta… ma questo distinguo serviva anche a far riconoscere LE VERGINI…. di cui tanto oggi si ride, una categoria di donne rispettose del proprio corpo e della propria dignità verginale, oggi assai rara! Lo portavano fin da bambine, ben educate dalla madre in famiglia…. Il velo nero, effettivamente è sempre stato usato di più dalle donne sposate, dalle vedove… ma non c’è stata mai una regola, diremo piuttosto che è stato quel meraviglioso SENSUS FIDEI… che per duemila anni ha dato ai fedeli una regola che non soltanto non fu mai contestata, ma fu anche sostenuta da tutti i Santi – nell’educare i propri fedeli alla Messa – così come gli uomini che usavano portare il cappello, devotamente lo toglievano entrando in una chiesa oppure quando ci fermava per strada , al suono delle campane, per recitare l’Angelus Domini!
Quindi… usate pure il colore che più vi piace… c’è per esempio anche il velo azzurro, usato nelle Feste mariane… il velo bianco si indossava quasi per tutte durante la Pasqua; in alcune località – altro esempio – il velo verde per i Santi Giuseppe e Patrizio e il rosso per la Pentecoste…. Poi con le MODE e i nuovi costumi con non poca vanità purtroppo… coordinavano il colore del proprio velo con quello che indossavano, poi il velo bianco in primavera e colori più scuri in autunno e in inverno, mentre altre indossavano cappelli o sciarpe… arrivando, ovviamente, alla completa abolizione.
Noi consigliamo di fermarsi ai tre colori principali e più sobri: il bianco o panna; il nero e l’azzurro…. Grazie a Benedetto XVI che nel 2007 riportò il rito della Messa di sempre, l’uso del velo sta timidamente ritornando. Al momento è in uso nei gruppi che frequentano la Messa di sempre e le comunità delle Fraternite Sacerdotali di san Pio X e della san Pietro, ma nessuno ci impedisce di riappropriarci di un gesto, di un oggetto e di un uso squisitamente APOSTOLICO…. e tanto caro ai Santi di ogni tempo e soprattutto anche alla Beata Vergine Maria che, in tutte le Apparizioni – riconosciute o meno – non solo si è sempre presentata a noi con il velo… ma ha anche dimostrato ai Veggenti di apprezzare molto le donne che ne facevano uso.
Dobbiamo solo ricordare la regola fondamentale: il solo motivo per il quale scegliamo di indossare il velo. La nostra decisione non deve essere ideologica o di partito… deve MATURARE dalla volontà di onorare Dio in Cristo Gesù VIVO E VERO, PRESENTE REALMENTE NELL’EUCARISTIA, e non per una moda… o per il gusto di indispettire la propria comunità… o provocare un parroco che vorrebbe impedircelo. Se noi agiremo con modestia, circospezione, delicatezza, naturalezza, imparando queste nozioni di storia per essere in grado di spiegarlo a chi ci fa domande…. nessuno potrà impedirci di onorare Gesù alla Sua divina Presenza.
Laudetur Jesus Christus
P.S. dove possiamo acquistare il velo? Intanto frughiamo tra i cimeli di casa…. poi si può fare richiesta qui presso la Fraternità Sacerdotale San Pio X; oppure qui in rete; o in molti negozi di articoli religiosi.
Forse in risposta al comportamento troppo libero dei fedeli durante le assemblee, Paolo Indirizza alla giovane e vivace comunità di Corinto la celebre esortazione (1 Corinzi 11, 1-16) a non abbandonare i suoi insegnamenti: «Conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse». Quando il canone delle Scritture deve ancora formarsi, le prime normative cristiane, in materia di fede, di liturgia e di disciplina, sono infatti affidate alla “tradizione”, seguita, dopo Nicea, dalle formulazioni conciliari. Nel seguito della lettera, l’apostolo richiama alcuni capisaldi della teologia della coppia: la questione del velo muliebre inizia da qui.
Alle origini c’è dunque un problema di disciplina, come conferma la chiusura del brano: «Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio». Paolo cerca di ricondurre all’ordine una comunità eterogenea e problematica come quella di Corinto, in situazioni di tensione e di inosservanze che rendono conto delle sue severe istruzioni, con cui sembra collocare la donna in posizione subordinata all’uomo sulla base di una duplice gerarchia, di tipo cronologico («Non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo») e ontologico («Né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo»). E «per questo deve avere sul capo un segno di autorità a motivo degli angeli», cioè il velo.
La base teologica dell’enunciato è molto più complessa, coinvolge anche la pratica della profezia e non è esente da retaggi di purità rituale e religiosa, che confluirono nelle usanze delle prime comunità cristiane. Paolo d’altronde è uomo di tradizione giudaica, educato nelle scuole rabbiniche, pur essendo nato in ambiente ellenistico.
Ma qui interessa la risposta esegetica di alcuni padri della Chiesa, che hanno calcato sul tasto della subordinazione femminile, peraltro confacente all’antica società giudaico-ellenistica. Il non semplice enunciato «a causa degli angeli» è spiegato dai più intransigenti con il timore di risvegliare le brame sessuali degli angeli che sarebbero caduti per essersi innamorati delle donne, secondo il racconto di Genesi 6, 4 poi sviluppato in testi apocrifi. Ulteriore colpa da imputare alla responsabile della caduta dell’uomo, «immagine e gloria di Dio» a differenza della donna solo «gloria dell’uomo» (1 Corinzi 11, 7).
Il velo della donna, nelle parole dei padri della Chiesa, diviene quindi il «fardello della sua costituzionale sottomissione» o il suo «giogo» o il «simbolo di soggezione». Le donne cristiane pertanto «dovrebbero coprire non solo il capo ma tutta la faccia», imitando «quelle d’Arabia» che a malapena vedono con un solo occhio attraverso il velo.
Nell’antichità non tutte le Chiese seguono la medesima tradizione, per cui sorge il problema di seguire la consuetudine più confacente con le norme insegnate da Dio. Per la soluzione della questione del velo, Tertulliano si appella all’autorità delle Chiese orientali: i corinzi, dopo la contestazione, hanno recepito e trasmesso l’insegnamento di Paolo, quindi le altre Chiese devono adeguarsi alla norma liturgica paolina. Ben presto si impone opuscolo catechetico di Tertulliano Il velo delle verginiche, pur in odore di montanismo, diviene un manuale di riferimento per le future istituzioni monastiche femminili, pur stabilendo, nonostante il titolo, la norma del velo nella preghiera non solo per le vergini, ma per tutte le donne, comprese le coniugate («donne di una pudicizia di second’ordine»).
L’esigenza di conferire alla norma l’autorevolezza della Chiesa istituzionale trapela nel tardo Liber pontificalis, in cui si attribuisce a Papa Lino, su ordine proprio di san Pietro suo predecessore, la conferma dell’obbligo per le donne di partecipare alla celebrazione eucaristica col capo coperto.
È certo che l’insegnamento paolino, passato al vaglio della tradizione, è riformulato nel concilio di Gangra (324 circa), in cui il velo è definito «memoriale di sottomissione», e giunge con impronta attenuata al Codex iuris canonici del 1917 che ancora distingue tra gli uomini a testa nuda e le donne con il velo e in abbigliamento di modestia.
Dopo la riforma conciliare non sussistono più specifiche indicazioni. La consuetudine, nel rispetto della tradizione, sembra superata nella Gaudium et spes («La Chiesa non è legata in modo esclusivo e indissolubile […] a nessuna consuetudine antica o recente»), che tra le forme di discriminazione condanna al primo posto quelle «in ragione del sesso», riconoscendo che i diritti fondamentali della persona «non sono ancora e dappertutto garantiti pienamente (…) quando si nega alla donna la facoltà di scegliere liberamente il marito e di abbracciare un determinato stato di vita, oppure di accedere a un’educazione e a una cultura pari a quelle che si ammettono per l’uomo». Non c’è più spazio per quel segno di sottomissione, troppo frainteso, o strumentalizzato, nel suo significato originario.
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