Scriveva Georges Sorel, il massimo mistico dello sciopero: «Lo sciopero generale costituisce il mito nel quale si racchiude tutto intero il socialismo, ossia un’organizzazione d’immagini capaci di evocare istintivamente tutti i sentimenti corrispondenti alle diverse manifestazioni della guerra ingaggiata dal socialismo contro la società moderna. Gli scioperi hanno prodotto nel proletariato i sentimenti più nobili, più profondi e più dinamici che egli possieda; lo sciopero generale li unisce in un quadro d’insieme, e, attraverso il loro accostamento, dà a ciascuno il massimo d’intensità».
Lo sciopero era, fino a poco tempo fa, la nobile arma che il debole usa contro il potere. Non è più così. Lo sciopero, nell’era del totalitarismo demo-plutocratico, lo indìce e lo organizza lo stesso Potere. Con la partecipazione unanime della stampa di regime. E tutti devono obbedire, soprattutto i le nuove generazioni. Non è un caso che i messaggi promozionali abbiano come testimonial i bambini (preferibilmente in maglietta rossa) e le scuole siano, materialmente, la rampa di lancio della manifestazione: temi in classe, lavori di gruppo, proiezioni di video, incentivi speciali per partecipare al corteo durante le ore di scuola (interrogazioni spostate, verifiche annullate, eccetera eccetera). La macchina della propaganda è lanciata a tutto gas.
Ce la vogliono servire come la Crociata dei bambini, sperando che tutti quanti ce la beviamo d’un sorso così. E hanno piazzato una ragazzina con la sindrome di Asperger e lo sguardo triste a guidare la Crociata, candidandola persino al Nobel per la Pace, e non è uno scherzo. Del resto, la piccola Greta Thunberg è figlia d’arte: il padre attivista ambientalista, regista ed ex attore (tale Svante Thunberg) ora è il produttore della moglie (Marlene Ernman), cantante e fervida attivista LGBT. Dietro di loro, ovvio, il solito apparato ecomondialista al soldo delle solite élite transnazionali che dettano le solite agende ONU e organismi affiliati (Unicef, Unesco, Save the Children, UNHCR, ma anche Greenpeace, WWF, eccetera).
Cose così, vien da pensare, succedevano a Cuba, ai bei tempi di Fidel. Ma, a pensarci un po’ di più, siamo ben oltre le calorose marcette caraibiche del dittatore cubano. Siamo alla plateale manipolazione infantile tipica dei peggiori totalitarismi. Però c’è una differenza sostanziale rispetto alle oceaniche sfilate della gioventù in epoca totalitaria: quelli erano ragazzini indottrinati che marciavano per la prosperità del loro popolo e, in qualche modo, pur perversamente, costituivano (dovevano costituire) una celebrazione dell’infanzia. Nell’era della necrocultura invece i bambini, e i cosiddetti “adulti” che gli vanno dietro, stanno marciando per la loro morte. Sappiamo bene – non siamo babbei – che il fine dell’ecologismo, ingegnerizzato e diffuso da soggetti come Aurelio Peccei e ambienti come il Club di Roma, è uno soltanto: fare meno figli, fare più aborti. Cioè, diminuire il numero dei bambini. L’obiettivo è sempre lo stesso, il chiodo fisso dei poteri forti che vogliono dominare il mondo espugnando i cervelli delle masse stordite: il decremento demografico, la riduzione della popolazione sul pianeta.
In pratica dunque, i bambini sono mandati a scioperare contro se stessi. Loro non lo sanno, ma sono carne da cannone telecomandata dalla necrocultura al comando. «Noi, i ragazzi che non vogliamo morire di clima» era l’urlo che “Repubblica”di ieri metteva in bocca ai piccoli ecocrociati. Ebbene, cari bambini, state proprio servendo questo progetto: l’uso del clima (e dell’allarmismo costruito intorno) per eliminare voi stessi.
In fondo, mica è una novità. Il “New York Times” lo scorso 6 di marzo impagina uno strano articolo di taglio storico-scientifico che parla di un ritrovamento archeologico in Perù: 140 scheletri di bambini, morti, secondo la datazione al Carbonio 14, circa 5 secoli fa. Uccisi tutti contestualmente, tutti con lo sterno perforato, a riprova che si è trattato di un assassinio di massa. Cioè, di un sacrificio umano. Nemmeno questa è una novità: sappiamo che prima che arrivassero i cattivissimi cattolici, in Mesoamerica e in Sudamerica il sacrificio umano era più popolare di quanto lo siano ora da quelle parti il gioco del calcio o il protestantesimo pentecostale.
La novità è che gli archeologi parrebbero voler avanzare serie ipotesi sulle motivazioni di questa ecatombe. Racconta il NYT:«un indizio importante per capire perché il Chimú ha sacrificato i bambini è venuto sotto forma di uno spesso strato di fango preservato sulla sabbia dove sono state seppellite le vittime. Poiché l’area è un deserto, lo strato di fango indicava che c’era stato un periodo di pioggia intensa, come quella vista durante un El Niño, o un riscaldamento naturale delle acque di superficie dell’Oceano Pacifico che ha effetti a cascata sul tempo». Quindi: «Quello che sembra esserci stato a Huanchaquito-Las Llamas è un sacrificio per fermare piogge torrenziali, inondazioni e colate di fango»; «le uccisioni, suggeriscono gli autori, sono state fatte per ordine dello stato Chimú come appello ai loro dei o spiriti ancestrali per mitigare le piogge»; «il quadro che inizia a emergere è che in condizioni di grave disastro climatico, il sacrificio dei bambini potrebbe essere stato il mezzo più potente di comunicazione con il soprannaturale».
Il NYT intervista archeologi ed esperti vari e trae queste conclusioni: si tratta di un rito propiziatorio celebrato per ragioni di clima. Non manca la nota aggiornata, laddove si sottolinea con soddisfazione che nel massacro è stata rispettata la parità di genere, particolare fondamentale nell’era dell’indifferentismo: «erano presenti sia ragazzi che ragazze, il che significa che il sacrificio non era specifico per genere».
La bibbia dell’informazione globale forse ci dà involontariamente una mano a capire meglio la chiave per interpretare il vero volto dello spettacolo di oggi, nelle piazze del mondo ipercivilizzato, dietro la maschera colorata del perbenismo politicamente corretto: quei bambini mandati oggi per le strade d’Italia, con la benedizione di Mattarella e del Vaticano (il cui ecomanifesto è l’enciclica Laudato si), non sono altro che i volenterosi carnefici di se stessi, operatori inconsapevoli del ritorno a un paganesimo suicida in veste civile e paludata. Agenti del ritorno al sacrificio umano del Ventunesimo Secolo.
Gli dei del male hanno cambiato faccia, ma sono sempre all’opera: un tempo erano Baal, Moloch, Kali, Quetzalcóatl. Oggi si chiamano Sovrappopolazione, Sviluppo Sostenibile, Decrescita felice, Global Warming, Climate Change, Agenda 21. Ladivinità dai tanti nomi ma dall’unico volto: la guerra contro la riproduzione umana, cioè contro l’uomo immagine del suo Creatore.
Oggi, nessuno perfora sterni di bambini sul tempio del dio. Oggi i bambini li frullano direttamente nel ventre materno, li disintegrano con la spirale, li espellono con la RU486 nel bagno di casa, tagliano loro la colonna vertebrale nel momento in cui vedono la luce (la partial birth abortion è sempre più legale in USA), li eutanasizzano se la loro vita non corrisponde agli standard di qualità prescritti dalla legge.
Cari ecobambini in piazza, tranquilli, non morirete di clima: in nome del clima vi stanno già suicidando.
Dedichiamo queste righe a colui che più di ogni altro ha lottato nella sua lunga vita contro la follia ecologista, Lyndon Larouche, scomparso proprio questo mese. Riposa in pace, Lyndon.
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