di Sabino Paciolla
Si discute molto della funzione del diaconato femminile nella Chiesa. Alcuni si spingono addirittura a chiedere il sacerdozio femminile, accomunando la Chiesa Cattolica a quella protestante, almeno per questo aspetto. Le voci riguardanti il sacerdozio femminile sono diventate molto insistenti l’anno scorso, tanto da spingere il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede a scrivere un articolo su l’Osservatore Romano, nel quale ribadisce la Dottrina definitiva della Chiesa sancita da “Ordinatio Sacerdotalis” di San Giovanni Paolo II. Nell’articolo dell’Osservatore Romano, si legge: “«la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» (n. 4). Infatti, la Congregazione per la dottrina della fede, in risposta a un dubbio sull’insegnamento di Ordinatio sacerdotalis, ha ribadito che si tratta di una verità appartenente al deposito della fede”.
Anche l’insistenza sul diaconato femminile continua. Alcuni, a tal proposito, ipotizzano che la proposta di istituire il “diaconato femminile”, sia in realtà un primo passo verso quello successivo rappresentato dal sacerdozio femminile. Per questo, da alcuni settori arrivano critiche ed obiezioni a questa proposta. Sembra che il diaconato femminile possa essere oggetto di approfondimento nel prossimo Sinodo dell’Amazzonia.
Per intanto, riporto una risposta data a questo riguardo dal Card. Gianfranco Ravasi, prefetto del Pontificio Consiglio della Cultura alla giornalista Stephanie Stahlhofen, di katholisch.de, il portale internet della Chiesa cattolica in Germania. La Chiesa tedesca è una di quelle che più insiste su questi temi.
Nella Intervista del 24 febbraio rilasciata a Stephanie Stahlhofen, di KNA, al cardinale Gianfranco Ravasi è stato chiesto quali opzioni veda per le donne nella Chiesa, in futuro.
Ecco la sua risposta, nella mia traduzione (confrontata anche con quella di Pray Tell):
Ecco la sua risposta, nella mia traduzione (confrontata anche con quella di Pray Tell):
“Penso che un diaconato per le donne sarebbe possibile. Ma naturalmente bisogna discuterne, la tradizione storica è molto complessa. In generale, credo che fissarsi costantemente sul sacerdozio femminile sia clericale. Perché non cominciamo a parlare di altre funzioni molto importanti delle donne in chiesa? Per esempio, la direzione di una parrocchia, da un punto di vista strutturale. O il campo della catechesi, del volontariato, della finanza, della progettazione architettonica, del design. Perché non mettere queste cose nelle mani delle donne? Potrebbe esserci anche una maggiore presenza femminile nelle autorità vaticane, anche a livelli più alti. Questo è quanto ha detto anche il Papa. Naturalmente, questo non può essere fatto immediatamente”.
Nell’intervista, si apprende che il cardinale Ravasi ha istituito un consiglio consultivo tutto al femminile per i lavori del Pontificio Consiglio della Cultura. È composto da 35 donne di ogni estrazione sociale e comprende membri di diverse tradizioni religiose. C’è una professoressa universitaria, una madre, due musulmani, una ebrea, non credenti, donne dell’industria della moda, giornalisti. E’ molto variegato. Le donne del consiglio consultivo esaminano tutto ciò che il Consiglio della Cultura fa, offrono consigli critici e aiutano a selezionare i partecipanti alle varie riunioni del Consiglio. Nell’intervista a Katholisch.de si è discusso di questa iniziativa, attualmente unica in Vaticano. Il Cardinale spera che ciò possa offrire un modello ad altri Consigli Pontifici.
Il cardinale ha poi espresso pesanti considerazioni negative su coloro che esprimono riserve su alcuni aspetti di questo papato. Ravasi parla di “ultra cattolici”, minoranze deboli ma brave ad utilizzare siti web ultra-tradizionalisti, in modo che delle loro tesi parlino tutti. Siti da lui considerati estremamente poveri dal punto di vista tematico, teologico e intellettuale. Siti che, a suo parere, spesso contengono banalità.
Si può leggere l’intera intervista su katholisch.de, il portale internet della Chiesa cattolica in Germania.
Qualche nota su alcuni episodi purtroppo illuminanti della situazione in cui si trova oggi la Chiesa cattolica. Con una premessa sintetica sul ‘summit’ riguardante gli abusi sessuali
Per chi cerca di essere cattolico e di darne testimonianza, questa prima parte dell’anno è stata particolarmente dura. Lo diciamo certo non con allegria, ma con dolore sincero, constatando l’inquietante e ormai accelerato declino terreno dell’istituzione Chiesa cattolica in Occidente, dovuto sia a una secolarizzazione accentuata della società in cui si è sviluppata che alla questione degli abusi sessuali (da cui la pubblicistica prevalente coglie l’occasione di criminalizzare ingiustamente l’intero ‘mondo dei preti’) ed anche – in misura non certo minore – alla schizofrenia di comportamenti verificabile sui temi più delicati in una parte dei vertici ecclesiali. Se ne parlerà ampiamente qui in una prossima occasione riflettendo sul ‘caso Pell’ e sul summit del 21-24 febbraio, in primo luogo pensato a uso e consumo dei media e organizzato con sforzo inaudito (e meritevole di miglior sorte) da parte della Sala Stampa Vaticana.
Tutto sommato, per sintetizzare, il summit è stato utile per l’ascolto che i convenuti hanno dovuto prestare alle testimonianze di alcune vittime, ma inutile e anzi suscettibile di trasformarsi in boomerang micidiale per tutto il resto. Ivi compresa l’assunzione penitenziale di colpa collettiva per reati che restano individuali e di chi li ha coperti – magari addirittura spostando i colpevoli in altre parrocchie con oratorio - dando così prova di una rara incapacità di comprendere i drammi umani e di faciloneria inaccettabile anche solo sulla base del buon senso….e magari qualcuno di quei ‘chi’ è stato premiato da papa Francesco con la promozione a ordinario diocesano (ogni riferimento è voluto).
Ma veniamo ad alcuni episodi apparentemente ‘minori’ accaduti in questi ultimi giorni, che addolorano e preoccupano (molto) il cattolico che non abbia fin qui voluto mandare il cervello al macero, intruppandosi tra i turiferari del ‘politicamente corretto’.
DOVE SI PARLA DI FORMIGONI, DI UNA PREGHIERA DEGLI AMICI, DEL PRORETTORE DEL SANTUARIO DI CARAVAGGIO NISOLI E DEL VESCOVO NAPOLIONI
Primo episodio. Chi è Roberto Formigoni? Uno degli esponenti più in vista di Comunione e Liberazione, governatore della Lombardia dal 1995 al 2013, condannato in via definitiva il 21 febbraio per corruzione a 5 anni e dieci mesi in riferimento al processo riguardante la fondazione pavese Maugeri. Formigoni si è costituito il 22 febbraio presso il carcere milanese di Bollate.
In vista della sentenza definitiva un gruppo di amici, nato un paio di mesi fa, si era ripromesso di pregare per Formigoni sabato 16 febbraio (santa Messa delle ore 16.00 e Rosario delle 16.45) presso il santuario della Madonna di Caravaggio, uno dei luoghi tradizionali della devozione ciellina. E’così che Robi Ronza – uno dei fondatori del ‘Meeting di Rimini’, di cui è stato portavoce dal 1989 al 2005 e fido scudiero di Formigoni, di cui è stato delegato personale per le relazioni internazionali dal 2006 al 2010 – ha diffuso l’invito ad altri conoscenti, precisando che si sarebbe trattato di compiere un atto di “solidarietà umana” e non “politica”, un “gesto di misericordia nel senso proprio e originario della parola”. L’ha saputo anche il ‘Giornale di Treviglio’ e conseguentemente ne è venuto a conoscenza anche il pro-rettore del santuario, un certo don Aldo Nisoli.
Apriti cielo… guai ai vinti! Dopo aver letto ‘La nuova bussola quotidiana’ del 18 febbraio 2019 (per la penna del direttore Riccardo Cascioli), i due testi apparsi nel sito del santuario (a firma del già citato don Nisoli), altri due testi pubblicati dal ‘Giornale di Treviglio’, ricostruiamo la vicenda che – anticipiamo – appare veramente indegna di un santuario e di un vescovo (quello di Cremona, tale Antonio Napolioni, già di per sé noto come un curvaiolo ultrabergogliano) che ne ha avallato -se non ispirato - la reazione.
La vigilia della preghiera, l’avvocato Peppino Zola (ciellino, già vicesindaco di Milano) inviava una mail al santuario chiedendo che la Messa del sabato potesse essere concelebrata dall’arcivescovo emerito di Ferrara Luigi Negri, ciellino storico, molto schietto e vigoroso nella difesa della dottrina sociale della Chiesa. Il prorettore Nisoli rispondeva telefonicamente di no, dopo essersi consultato col vescovo Napolioni. Il motivo andava ricondotto (citiamo) al fatto che “il nome di Formigoni e la sua triste vicenda giudiziaria non possono passare inosservati”. Inoltre “il desiderio di un Vescovo di concelebrare, il desiderio di Roberto Formigoni di partecipare rischiavano di trasformare ciò che nelle intenzioni degli amici era l’intento sincero di pregare per un amico in una manifestazione di solidarietà umana, che poteva prestarsi a diverse interpretazioni non difficilmente immaginabili”. Se Molière risuscitasse, ah… non gli mancherebbe la materia per riscrivere certe sue commedie!
Nel comunicato ufficiale apparso sul sito del santuario sabato 16 febbraio si leggeva che “l’iniziativa non è stata concordata”. Ma quando mai capita questo… se un gruppo di amici vuol partecipare in un santuario a una Messa e al Rosario con l’intenzione di pregare per qualcuno che è in difficoltà occorre forse fare la domanda in carta bollata? A meno che, come ha osservato pungente Riccardo Cascioli, “forse più semplicemente, siccome le intenzioni delle Messe si pagano, magari la direzione del santuario vuole evitare intenzioni a sbafo. Non sia mai che ci sia gente che va a pregare gratis, lucrando sulla fama di grazie che questo santuario ha”.
Non solo: sempre nel comunicato si affermava che “non si può correre il rischio che (la Messa) venga trasformata in occasione per un gesto di solidarietà umana”. Ahi ahi don Nisoli, che scrive? … Guardi che papa Francesco in persona ha spiegato che “l’Eucarestia è scuola di carità e solidarietà umana”!
Poi. A proposito di “solidarietà umana” non è lo stesso santuario di Caravaggio che il 18 novembre scorso ha ospitato un “tavolo di dialogo tra le diocesi lombarde e le realtà cattoliche lgbt”? Quello dal titolo: “Quale posto per i giovani lgbt nella Chiesa?”. Per l’occasione il solito vescovo di Cremona Napolioni aveva voluto mettere a disposizione il santuario, presumiamo per “solidarietà” (o per comunità d’intenti); è poi lo stesso vescovo che ha di nuovo negato pochi giorni fa – prevaricando la Summorum Pontificum di Benedetto XVI - il permesso a un gruppo di cattolici cremonesi di celebrare la messa nella forma straordinaria dell’unico rito romano. Insomma: niente ‘messa in latino’ sotto il Torrazzo, per la decisione abnorme di uno che dovrebbe aver cura del suo gregge.
In conclusione: un centinaio di amici di Formigoni sono accorsi ugualmente sabato pomeriggio 16 febbraio per la Messa e il Rosario, che si sono svolti regolarmente (senza monsignor Negri e Formigoni, che hanno desistito dopo la reazione della coppia prorettore-vescovo). Ma don Nisoli e monsignor Napolioni si sono ben guadagnati un posto in prima fila. Dove? Nella curva cattofluida di coloro che, per compiacere al mondo, si prostrano al pensiero unico, politicamente corretto, che mira proprio a rendere la Chiesa irrilevante. Tristissimo, ma vero.
DAVANTI A UNA SPILLA IL PAPA DIVENTA CAPO DI UNA ITALICA FAZIONE
Secondo episodio. La reazione di papa Francesco alle richieste di chi lo vuole salutare è non raramente molto istintiva oppure molto ingenua. Anche ambedue le cose, con tutte le (spiacevoli) conseguenze del caso.
Vediamo un po’ quel che è successo venerdì 15 febbraio 2019 a Sacrofano, al termine della Messa di apertura del meeting “Liberi dalla paura”. Tra i convenuti un parroco non certo ingenuo, ideologicamente un curvaiolo dell’accoglienza come don Nandino Capovilla, già coordinatore nazionale di Pax Christi. Ai saluti lo scaltro don Nandino ha mostrato con un gran sorriso al Papa una spilla non minuscola con scritto “Apriamo i porti”. Per Jorge Mario Bergoglio è stato come capita all’orso quando si avvicina al miele: “Apriamo i porti! Certo che è giusto. Cominciamo a ringraziare i rifugiati! Invece noi rinunciamo all’incontro e questo è disumano. La paura è l’origine di ogni schiavitù e di ogni dittatura. Sulla paura del popolo cresce la violenza dei dittatori”.
Dopo questo lucido excursus storico-politologico a beneficio di don Nandino, Francesco ha voluto posare per un selfie con la spilla e tenerla poi, tutto compiaciuto. Ecco un caso in cui Jorge Mario Bergoglio si trova a suo agio, poiché riesce ad esprimere quello che pensa senza le cautele diplomatiche che ogni tanto gli sono imposte dalla Segreteria di Stato. Un Papa che si conferma interventista, un capo-fazione in funzione anti-Salvini, un politico che per lui dev’essere una delle forme con cui il diavolo si presenta agli umani (un’altra è probabilmente impersonata dall’arcivescovo Viganò). Un Papa ‘peronista’ che non esita a gettarsi nell’arena politica e dunque non può stupirsi se lo sconcerto per i suoi atteggiamenti continua a crescere tra i cattolici praticanti. L’attivismo politico papale pro-migranti non ha soste: Francesco ha per esempio ricevuto l’8 febbraio scorso in udienza privata, per parlare di ‘migranti’, anche Manuela Carmena e Ada Colau, prime cittadine di Madrid e di Barcellona, ambedue rosso-libertario, oltre al fondatore della nota Open Arms Oscar Camps. (quando vuole, si fa subito… altro che preoccuparsi dei cardinali dei dubia… ).
E L’AVVENIRE SCIOGLIE OGNI INIBIZIONE: ORMAI E’ LA NUOVA UNITA’
A tale attivismo papale corrisponde un crescere esponenziale di quello turiferario. L’ultimo esempio lo si evince dalla prima pagina del cattofluido Avvenire di oggi, domenica 3 marzo. Titola così con grande evidenza la ruota di scorta di Repubblica o la nuova Unità che dir si voglia a proposito della manifestazione sinistrina super-‘politicamente corretta’di ieri, sabato 2 marzo, a Milano: “Un no al razzismo”. E nella prima riga del sommario: “Decine di migliaia in piazza a Milano con 1200 associazioni. Sala (NdR: sindaco di Milano grazie a un grave errore politico di Berlusconi): è svolta”. Nell’occhiello anche “Critiche alle politiche del governo che negano l’accoglienza” (com’è pudico il quotidiano di Tarquinio il Superbo e nel contempo com’è impudico – ovvero disonesto, molto scorretto – nello scrivere che “le politiche del governo negano l’accoglienza”).
Dentro, nel “Primo piano” a pagina 7, grande titolo a tutta pagina, truffaldino come d’abitudine: “Va in piazza l’Italia antirazzista”. Come dire: chi è veramente antirazzista doveva essere in piazza a Milano o appoggiare la manifestazione sostanzialmente piddina di Milano. E così l’Avvenire si conferma indegno portavoce del mondo cattolico, sempre più indegno.
Ancora una nota su Avvenire che il 26 febbraio ha bacchettato duramente Lorenzo Fontana, ministro per la Famiglia e le Disabilità, per aver detto in un incontro leghista a Pisa (22 febbraio) che secondo la dottrina cattolica bisogna cercare prima di tutto il benessere della propria comunità. Spiega tra l’altro Fontana: “Migranti? Ci dicono che siamo cattivi cristiani (…) Come ha detto sempre Salvini, vanno aiutate le persone che effettivamente scappano dalla guerra, in particolar modo le donne e i bambini. Per quelle persone, grazie anche alle associazioni umanitarie, massima accoglienza e massimo aiuto. Ma quelli che vengono usati nella tratta degli schiavi vanno aiutati in un solo modo: bloccare la tratta e aiutarli nei loro territori (…) Immagino che, come me, voi tutti vediate ogni tanto anche le pubblicità che mostrano chi veramente muore di fame in Africa. E vedete che non sono quelli che arrivano qui. Quindi, ama il prossimo tuo, quello della tua prossimità”, perché “chi governa ha innanzitutto il dovere di far star bene la comunità che, appunto, governa”.
L’ira funesta di Avvenire per le parole del ministro prende spunto da una lettera indignata e si concretizza nella risposta di Tarquinio il Superbo a pagina 2 nell’edizione del 26 febbraio. Già il titolo la dice lunga sulla volontà di bastonare da parte del turiferario direttore: “Umilia soltanto se stesso il politico che riscrive il Vangelo della prossimità”. E nella risposta accusa tra l’altro Lorenzo Fontana di “imboccare la strada impossibile della riscrittura confusa e confusionaria degli insegnamenti di Gesù, imitando il leader del suo partito e ingegnandosi a sua volta per porre un respingente argine di comodo all’amore di Dio”. Ci tortura il dubbio atroce che il bacchettatore d’Assisi san Tommaso d’Aquino (in materia di ‘prossimo’) non l’abbia mai letto.
SI VUOLE RENDERE L’ARIA IRRESPIRABILE PER IL PROSSIMO CONGRESSO MONDIALE DELLE FAMIGLIE A VERONA – IL GRAVE EPISODIO DI FIRENZE CON LE MINACCE A MASSIMO GANDOLFINI
Terzo episodio, meglio un insieme di episodi che riguardano un’altra conferma: l’intolleranza della nota lobby lgbt e compari verso chi la pensa diversamente da lei in materia di famiglia. Sono sempre pronti a gridare all’omofobia, in un Paese che la stessa lobby - piagnona per calcolo - già domina culturalmente: basta vedere quel che succede in tv, alla radio, nei cinema, nelle scuole di ogni ordine e grado – vedi ad esempio nel comune piddino di Bergamo – addirittura alla Disney, nei settimanali più o meno patinati come l’indecente Vanity Fair che nell’ultimo numero presenta compiaciuto un ampio servizio dedicato a quattro adolescenti che hanno intrapreso lo sciagurato percorso per cambiare sesso. Eppure la nota lobby continua a dirsi vittima e, incattivita, è ormai passata agli insulti e ai tentativi di tappare la bocca anche con la violenza. Vittime privilegiate i cattolici, che perdipiù si sentono de facto emarginati da una Chiesa in cui i cattofluidi ormai prendono sempre più potere e ormai sono ben radicati anche nei vertici (esemplari in questo senso i cardinali Cupich e Farrell, cui papa Francesco ha affidato recentemente incarichi di potere non irrivelanti).
Giovedì 28 febbraio al teatro Remis di Firenze si è concretizzata un’iniziativa pro-life e pro-family intitolata “Ripartiamo dalla famiglia e dalla vita”, che annoverava tra i relatori il cattolico Massimo Gandolfini, coordinatore dei Family Day e del comitato “Difendiamo i nostri figli”. Non poteva mancare un presidio con decine di attiviste e attivisti di sinistra estrema e del femminismo più radicale. Che, tenute a bada dalla polizia (anche in tenuta antisommossa) hanno innalzato per tutta la durata del convegno uno striscione su cui stava scritto: “Contro la violenza di genere e confini, abbattiamo il patriarcato, appendiamo Gandolfini” (c’è da scommettere che, come con Salvini, gli striscioni delinquenziali si moltiplicheranno anche per il leader pro-famiglia). Solo la protezione della polizia ha poi consentito a Gandolfini, pur uscito da una porta secondaria, di raggiungere incolume la macchia. Così ha detto a La Verità: “Prima di raggiungere la macchina sono stato ricoperto di insulti e solo il pronto intervento della polizia ha evitato che venissi a contatto con i contestatori”. Osservando: “Dentro il teatro ci siamo chiesti perché veniva tollerato tutto questo (NdR: il disturbo continuo dei sedicenti ‘democratici’) e perché non venissero dispersi i centri sociali. Probabilmente la polizia ha voluto evitare che il clima si surriscaldasse ulteriormente”. Aggiunta: “Pensate se facessimo noi una contestazione con scritto ‘Appendiamo Luxuria’. Il giorno dopo la magistratura scioglierebbe il Family Day”.
L’episodio non è minore, ma – a ben guardare – è grave e già lascia intuire che clima si stia preparando per il XIII Congresso mondiale delle famiglie promosso a Verona dal 29 al 31 marzo prossimi (si concluderà con una grande marcia delle famiglie nel centro della città scaligera). Tra i temi del congresso “la bellezza del matrimonio, i diritti dei bambini, ecologia umana integrale, la donna nella storia, crescita e crisi demografica, salute e dignità della donna, tutela giuridica della vita e della famiglia, politiche aziendali per la famiglia e la natalità”.
Nel 2017 l’evento si è tenuto a Budapest, l’anno scorso a Chisinau (Moldova) dal 14 al 16 settembre: in tale occasione l’ultimo giorno si è avuta anche la relazione del Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin. Coordinati nell’organizzazione da Toni Brandi (presidente, Pro Vita onlus) e Jacopo Coghe (vice-presidente, Generazione Famiglia), i lavori vedranno la partecipazione annunciata tra gli altri del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, del ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana, del governatore dl Veneto Luca Zaia, del sindaco di Verona Federico Sboarina, di Antonio Tajani, del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Marco Bussetti, di Giorgia Meloni, di Massimo Gandolfini e di tutta una serie di rappresentanti esteri.
IL CASO PENOSO E INQUIETANTE DI DUE SOTTOSEGRETARI GRILLINI, BUFFAGNI E SPADAFORA
Dicevamo del clima che si va surriscaldando attorno al Congresso ad opera dell’ultrasinistra e delle femministe radicali: le minacce non si contano ormai più. E Firenze ne è stata solo un esempio.
Alla congrega dei contestatori si sono però aggiunti nelle ultime ore due sottosegretari grillini di enorme spessore come tale Stefano Buffagni che così esterna: “C’è stato un tempo in cui le donne più emancipate e gli omosessuali venivano bruciati sui roghi. Pare che qualcuno abbia nostalgia di quel periodo oscuro. Non io! Le famiglie sono il fondamento della nostra società, le donne sono una risorsa inestimabile della nostra società e chi non le vuole lavoratrici vuole tornare al Medioevo”. L’altro è il conosciuto Vincenzo Spadafora, referente della nota lobby all’interno addirittura del Ministero per la famiglia, che ha protestato per un presunto patrocinio del governo all’iniziativa (ma Palazzo Chigi ha smentito, rilevando con indubbia e raffinata, amichevole eleganza che “si tratta di una iniziativa autonoma del ministro Fontana”). Spadafora era indignato, ma proprio di brutto: “Ciò che mi fa arrabbiare è il tentativo di accomunarci alla Lega, ma io rigetto tutti i tentativi di accomunarci alle loro posizioni. Noi sui temi dei diritti siamo diversi da loro, che portano avanti delle idee che non sono le nostre e che non avranno mai il M5S dalla loro parte. Finché ci sarà questo governo, con questo contratto di governo, non si dirà mai sì ad un arretramento culturale del Paese”. Si noti che lo Spadafora tonitruante ha partecipato l’anno scorso, da sottosegretario, al Gay Pride come minimo di pessimo gusto svoltosi nei pressi del santuario della Beata Vergine di Pompei…
Centri sociali, femministe radicali, sottosegretari grillini (con diversi deputati al seguito), alcuni parlamentari piddini, ‘Europa+’ con la Bonino, oltre naturalmente alla maggior parte dei media: alcuni minacciosi, tutti indignati, tutti contro il XIII Congresso mondiale delle Famiglie nell’odiata Verona leghista. Democratici – è indiscutibile - nella versione più pura (quella leninista). Cercheranno di rendere l’aria irrespirabile, di spaventare chi è intenzionato a recarsi a Verona per il Congresso. Motivo di più per sostenerlo e per possibilmente partecipare: almeno alla Marcia del 31 marzo (ore 12.00, ritrovo a piazza Bra).
DODICESIMO CONFRONTO ACCATTOLI-RUSCONI SU PAPA FRANCESCO: ANAGNI, VENERDI' 15 MARZO, ORE 17.30
Luigi Accattoli e Giuseppe Rusconi si confronteranno pubblicamente su papa Francesco per la dodicesima volta venerdì 15 marzo 2019. Il dibattito sarà ad Anagni, nella Sala delle Conferenze della Biblioteca comunale, con inizio alle 17.30, promotrice l'associazione culturale 'Anagni viva'.
SU CARAVAGGIO, SPILLE, AVVENIRE, GANDOLFINI, VERONA/FAMIGLIA - di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 3 marzo 2019
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.