Con quel sedere all’aria fa quasi paura. Paura perchè costui non teme nulla, neanche Dio ! Un gesto simbolico esplicito, come se l’impostore argentino avesse voluto offrire il suo didietro affinché i cattolici glielo baciassero
di Francesco Lamendola
L’11 aprile 2019 segna un nuovo primato nella classifica nelle novità pastorali bergogliane e forse passerà alla storia perché, per la prima volta, un papa si è inginocchiato davanti a degli uomini: non i poveri del Giovedì Santo, per la lavanda dei piedi, ma dei politici, e precisamente i capi del Sud Sudan. Il signore argentino, quello che non s’inginocchia mai davanti al Santissimo; quello che se ne resta ritto e imperturbabile di fronte all’altare, e che soffre di dolori all’anca, a causa dei quali non può piegare le ginocchia; quello che è così umile da aver scelto, unico papa della storia, il nome del santo di Assisi, e così modesto da non aver voluto abitare nel Palazzo apostolico, ma in una residenza per sacerdoti anziani (gestita da un pezzo grosso dello IOR nonché chiacchieratissimo prelato dai trascorsi poco esemplari, monsignor Battista Ricca); quello che non voleva neppure essere chiamato papa, salvo poi farsi adorare come un dio, lasciar stampare giornali e riviste a lui dedicati, girare film sulla sua vita, circolare libri e biografie apologetici, imperversare statuine, ceri, medaglie, santini e magliette con la sua immagine sorridente; quello così inclusivo da non voler benedire la folla, per rispetto verso i non credenti, e così simpaticamente informale da non dir mai: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ma semplicemente Buongiorno e Buonasera, oppure Buon pranzo e Buona cena (perché il medioevo è finito, eh!, ma forse qualche vecchio brontolone se ne dimentica, talvolta), si è inginocchiato fino a terra per baciare i piedi dei leader politici del Sud Sudan, scongiurandoli di adoperarsi per il bene della pace nel loro Paese.
Non semplicemente in ginocchio, ma proprio con la faccia in giù, fino al pavimento, e la bocca sulle scarpe di quei signori: strano, perché pochi giorni prima aveva tirato indietro la mano davanti ai fedeli che volevano baciare l’anello piscatorio, e poi aveva spiegato di averlo fatto per motivi igienico-sanitari, volendo evitare la circolazione di pericolosi germi infettivi. Il papa che non accenna neppure a flettere leggermente le ginocchia davanti al Santissimo, ha poggiato la fronte per terra, ha impresso il suo bacio sulle scarpe di quegli uomini, e, nel far ciò, ha mostrato il sedere all’aria, in una posa esteticamente e simbolicamente molto brutta, avvilente, indecorosa. Come nel caso del mancato bacio all’anello, si è comportato come se la sua persona, o meglio il suo ego, e la sua funzione di successore di Pietro, fossero una sola ed unica cosa: l’anello non è il simbolo della sua dignità petrina, ma un normale anello di sua proprietà, che potrebbe, se baciato da troppe persone, trasmettere qualche malattia; e la sua genuflessione è cosa che riguarda lui solo, lui e il suo corpo, come la gestione dell’utero da parte delle femministe.
Col suo gesto di falsa umiltà, l’impostore argentino ha mostrato il deretano a tutti i fedeli cattolici. È stato un gesto simbolico, molto esplicito: fin troppo. Mostrare il sedere è un gesto satanico: nel sabba, il diavolo mostrava il sedere alle streghe e se lo faceva baciare. Fingendo di abbassarsi, è come se l’impostore argentino avesse voluto offrire il suo didietro affinché i cattolici glielo baciassero!
Non lo sfiora l’idea che la dignità del papa non è la stessa cosa che la dignità dell’uomo Bergoglio; e che se l’uomo Bergoglio ha voglia di umiliarsi, senza ragione, in un gesto di falsa ed esagerata umiltà che mai neppure Gesù Cristo si è sognato di compiere, la sua dignità di papa avrebbe sofferto di quel gesto, e che umiliando quella dignità, lui avrebbe ferito e umiliato la Chiesa. Oppure sì, lo sapeva perfettamente? Perché con quest’uomo furbo, calcolatore, senza scrupoli, si cade sempre nell’errore di ragionare come se in lui vi fosse ancora un barlume di buona fede, di autentico spirito sacerdotale; non ci si rassegna facilmente all’idea che la sua sola stella polare sia una smodata ambizione, e che non per fare il papa è stato eletto il 13 marzo 2013 - illecitamente, perché un gesuita non può essere eletto papa; e infatti nessun gesuita si era mai sognato di accettare una simile nomina – ma per distruggere la Chiesa e strappare via la fede dall’anima dei cattolici, falsificando la dottrina e spingendoli ad allontanarsi dalla Verità di Cristo. Se però si tiene bene a mente che questo è stato il motivo della sua elezione, da parte di un conclave di cardinali massoni e anticattolici; se ci si ricorda che costui non ha mai fatto il più piccolo gesto, non ha mai detto la più piccola cosa, se non all’unico scopo di seminare il dubbio, il turbamento, l’ambiguità e la confusione, allora anche l’atto di genuflettersi a quel modo cessa di apparire una stranezza, o una sconvenienza, e si rivela per ciò che realmente è stato: un altro anello della lunga e implacabile catena mirante a infliggere il maggior danno possibile alla vera Chiesa di Cristo, a far soffrire nella maniera più intensa milioni di credenti, sia laici che consacrati.
Questa è la sua religione: la religione, diabolica, di se stesso: guardate come sono umile, adoratemi! Negli esorcismi, talvolta il posseduto si rotola a terra in pose laide, oscene: e laida e oscena era anche la posa assunta da Bergoglio davanti ai governanti del Sud Sudan. Pareva che volesse adorarli, ma in realtà voleva essere lui adorato: adorato da milioni di cattolici che avrebbero visto quelle immagini!
Dobbiamo confessare che quel suo sedere per aria, quella prosternazione inaudita, ci hanno provocato dei sentimenti piuttosto forti. Oltre al disgusto per l’offesa al senso del pudore e oltre al disagio e all’imbarazzo per l’umiliazione che stava infliggendo alla Chiesa, abbiamo provato un sentimento molto simile alla paura. Sì, paura: paura davanti all’evidenza che costui non teme nulla, neanche Dio; non si vergogna di nulla, non arretra di fronte a nulla, non conosce la vergogna, non esita davanti all’infamia e all’indecenza: insomma, è pronto e disposto a qualsiasi cosa, a qualsiasi bruttura, a qualsiasi bestemmia, nella sua opera sistematica di distruzione della Chiesa. Il primo Comandamento recita: Io sono il Signore Dio tuo; non avrai altro Dio fuori che me. Ne consegue che solo davanti a Dio il cristiano si deve inginocchiare, si deve prostrare, si deve umiliare; davanti a Dio e a nessun altro, meno che mai davanti a degli esseri umani. Un papa che non s’inginocchia davanti a Dio, ma si inginocchia fino a terra davanti a un essere umano, è un papa che vuol mandare un segnale molto forte a tutti i credenti: smettetela di aspirare al Cielo, pensate alla terra; non perdete tempo con un Dio trascendente, gli altri uomini siano le vostre divinità; pregate e supplicate gli uomini per la pace, per l’ambiente, per il clima, e attenti a non prendevi qualche infezione, baciando i simboli sacri. Questo è stato il messaggio, non verbale, ma assai eloquente, specie per chi conosce almeno l’ABC del credo massonico, di quel bruttissimo atto di coricarsi fino a terra per posare le labbra sulle scarpe di alcuni uomini politici africani: un atto che si aggiunge a cento altri, un gesto che si somma a mille altri del medesimo tenore. Non bisogna considerare quel singolo atto in se stesso, ma vederlo come una tessera inserita nel grande mosaico dell’eresia e dell’apostasia di questo papa che non è un papa; di questo uomo malvagio, cinico, bugiardo, che sta trascinando i cattolici fuori dal cattolicesimo, dicendo, oltretutto, che Dio non è cattolico; impugnando, alla santa Messa, una ferula che non è un crocifisso, ma un simbolo sciamanico e satanico; perseguitando i religiosi e le religiose più buoni, devoti e pieni di fede, i francescani e le francescane della Immacolata, e ostentando il fatto di non rispondere alle domande su questioni di fede che gli vengono da quattro eminenti cardinali.
Dobbiamo confessare che quel suo sedere per aria, quella prosternazione inaudita, ci hanno provocato dei sentimenti piuttosto forti. Oltre al disgusto per l’offesa al senso del pudore e oltre al disagio e all’imbarazzo per l’umiliazione che stava infliggendo alla Chiesa, abbiamo provato un sentimento molto simile alla paura. Sì, paura: paura davanti all’evidenza che costui non teme nulla, neanche Dio!
Sì, lo ripetiamo: vedere il vicario di Cristo in terra, o colui che pretende di essere considerato tale, in quella posa grottesca, sconcia, ributtante, rotolarsi a terra in quella pantomima follemente demagogica, per mostrare a tutti quanto è umile, quanto è disposto a farsi piccolo pur di favorire la pace, pur di riconciliare gli uomini; vedere quel sedere per aria di un uomo più che ottantenne, e quella veste bianca prona sul pavimento, e quelle labbra brancicare fra le scarpe degli astanti, come un cane che lecca i piedi dei suoi padroni, ci ha turbati, indignati, nauseati. Ci siamo chiesti: fin dove sarà capace di arrivare, costui? Quale ostacolo riuscirà a fermarlo, se vi sia un pur minimo residuo di pudore e di rispetto della sua funzione che riusciranno a incutergli il senso del limite? Senza dubbio nessuno. Ormai si è spinto troppo avanti: non tornerà indietro, non farà ammenda, non riconoscerà mai di aver esagerato. Se dice cose assurde, irragionevoli, offensive, come quando ha asserito che la mafia è una invenzione tutta italiana e che, pertanto, non si dovrebbe parlare della mafia nigeriana, inutilmente si è poi cercato il testo esatto di quel discorso, nella versione fatta pubblicare sul sito internet del Vaticano. E quando ha ripetuto che Gesù è stato un migrante, non si troverà più quella frase nel testo ufficiale distribuito dalla Santa Sede. Quando le spara troppo grosse, semplicemente i suoi discorsi vengono manipolati a piacere dai suoi; e nessuno reagisce, nessuno protesta. Così, quando ha detto di non aver mai ricevuto i dubia di monsignor Caffarra e degli altri tre cardinali, mentiva in maniera spudorata, ma nessuno lo ha messo alle strette: nessun giornalista, nessun osservatore: egli ha sempre potuto contare sul complice silenzio e sulla vera e propria omertà del novantanove per cento dei mass-media. Sempre, fin dal primo giorno: specie quando attacca la dottrina, quando denigra la Chiesa, quando bestemmia Gesù e la Santissima Trinità, quando parla in maniera irrispettosa della Vergine Maria. Tutto gli è concesso: mentire, calunniare, deridere, infangare: perché mai nessun papa, misericordioso o non misericordioso, ha parlato con tanto disprezzo di quelli che lo criticano, li ha insultati così atrocemente (cani selvaggi, per esempio: e nella omelia della santa Messa!); nessuno ha mai diviso i credenti in due partiti, i suoi fautori, che sarebbero i veri cristiani e quelli che dissentono da ciò che fa e che dice, che sono dei pessimi cattolici, gente meschina, rancorosa, rigida, egoista, fredda, insincera, velenosa… E anche quando lui e i suoi turiferari le combinano troppo grosse, non si peritano di mentire: quando fu manipolata smaccatamente una lettera di Benedetto per far sembrare che questi aveva magnificato la sapienza teologica di Bergoglio, mentre dal testo completo veniva fuori press’a poco l’opposto, a quei signori fu risparmiato anche il disturbo di porgere le scuse ai lettori e allo stesso Benedetto: tanto, anche sorpresi in flagrante reato di mistificazione, nessuno spinge le domande scomode troppo a fondo, anzi, nessuno fa domande scomode. Ai sostenitori del signore argentino è concessa qualsiasi cosa, come al loro capo; e tanto peggio per chi non ci sta.
Non bisogna considerare questo singolo atto in se stesso, ma vederlo come una tessera inserita nel grande mosaico dell’eresia e dell’apostasia di questo papa che non è un papa; di questo uomo malvagio, cinico, bugiardo, che sta trascinando i cattolici fuori dal cattolicesimo!
Con quel sedere all’aria, fa quasi paura…
di Francesco Lamendola
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Di vergogna in vergogna!
Domenica della Palme. Siamo così abituati alle sortite imbarazzanti di Bergoglio, che ormai facciamo persino fatica a rintuzzarle. Una cosa è certa: le élites sembrano farlo bell'apposta a far perdere credibilità nei loro servitori. Alla commissione europea ci mettono un ubriacone che non sta in piedi, e nel Vaticano ci mettono un ciarlatano (rima non voluta) e commediante. Il sor Pampurio argentino discetta di tutto e su tutto, fuorché di Fede e di Cristianesimo. Parla di sesso, di telefonini, di bullismo, di femminicidi... Ma l'argomaento più ripetitivo e, detto fuori di metafora, scassapalle, sono i "migranti". Immigrati, migranti, profughi, rifugiati, "il diversamente etnico" è bello, la cultura si arricchisce degli apporti dei diversamente etnici, e via con il glossario ONUcomunistasull'accoglienza e degli accoglioni che dovremmo essere tutti noi, pena, la scomunica. Ogni volta che sembra superare la soglia della sopportazione creando un voluto sconcerto, tira fuori una bestialità ancora peggiore della precedente. E il bello che nessuno dentro e fuori le mura vaticane, lo ferma. Se non ci sono parole, bastano le immagini a lasciarci di stucco: alza le corna nelle Filippine, genuflessioni e prosternazioni fino a baciare i piedi a due sudanesi (ci sono le foto), lavaggio di piedi ai mussulmani, pollice alzato alla rivista Rolling Stone quasi a fare il rockettaro che dice "All Right", senza contare il fatto che secondo lui "la mafia nigeriana non esiste", perché saremmo stati noi a insegnarla agli africani. E via delirando, proprio come i veri mafiosi per cui la mafia non esiste. Si può errare, non si deve aberrare. Ma ne dobbiamo vedere ancora? E ne dobbiamo sentire ancora? Faccio perfino fatica a tenere il conto delle sue ben meschine figure.
Non so se l'ultima riflessione di papa Ratzinger sulla crisi del sacerdozio, sulla sodomia nel clero, le lobby omosessuali, fino allo scandalo della pedofilia nella chiesa, contaminata dal permissivismo sessuale diffusosi nel '68, sia solo un dignitoso tentativo di voler raddrizzare la barra del timone, salvandola da questa deriva. Non è escluso che qualche anima pia mossa a pietà per come il Pampero sta conciando per le feste la chiesa, abbia chiesto il suo supporto teologico. Fatto si è che dev'essere stato consultato da qualcuno che lo ha pregato di dire "qualcosa di cristiano", dato che non se ne può più di eresie e castronerie d'ogni tipo. Non concordo con chi si limita a credere che Benedetto XVI abbia scritto su ordinazione di Bergoglio. Sarebbe come umiliare Ratzinger a "ghost writer" dell'argentino, ignorando che il primo ebbe già a scrivere e a impartire un documento alto come la lectio magistralis a Ratisbona sull'islam, religione incapace di coniugare "fede e ragione". Con tutte le conseguenze che si tirò addosso da parte del mondo islamico, ma anche di alcune élites ebraiche nonché della stessa sinistra che sempre gli diede addosso, dileggiandolo con quello spregevole sopranome di "pastore tedesco".
Poi, se anche ambienti della chiesa non propriamente organici a Bergoglio lo avessero consultato per fargli scrivere "qualcosa di cristiano", è la dimostrazione pratica che l'Argentino non sa parlare, non sa scrivere e mostra di essere pure di un'ignoranza sesquipedale non solo teologico-filosofica, ma pure di quegli argomenti politici di cui si picca essere competente, e che invece tratta rozzamente, privo di ogni cognizione di causa. Come quella sortita sul "Gesù Cristo migrante". Giuseppe e la sua famiglia che riparano a Betlemme per sottrarsi al censimento non è un "migrante", ma al contrario tornò a casa propria: chiunque lo sa, ma c'è chi mistifica banalmente pro domo sua, persino le sacre scritture.
Papa Ratzinger con la palma intrecciata (i parmureli di San Remo) |
Benedetto XVI è tornato a impugnare la penna con la sua consueta chiarezza cristallina e con un testo mirabile contro il '68 e i suoi effetti nefasti tra i religiosi (ma anche tra i laici). Altro che "formidabili quegli anni"! Terribili, semmai e capaci di corrompere con ogni mezzo la gioventù col dogma imperativo di sesso, droga e rock 'n roll, con l'aggiunta di ideologie radicali e marxiste (altre droghe!) che si protraggono fino ai nostri giorni.
Qui sulla Nuova Bussola una sintesi della sua riflessione in 18 pagine scritte per un periodico bavarese e rilanciata e tradotta in italiano per il Corriere della Sera. E qui il suo testo integrale. I suoi punti cardinali tornano ad essere quelli di sempre, già presenti in altre sue scritture.
Fede e ragione, equilibrio e saggezza, lotta al relativismo e al nichilismo, sono ancora i motivi che lo hanno sospinto a riprendere in mano la penna (cosa che non ha mai abbandonato) insieme alle sue letture. I fautori della chiesa "progressista", pare non abbiano gradito. Si va dal teologo Andrea Grillo, che ha parlato di "appunti confusi", alla giornalista Stefania Falasca, giornalista vaticanista di "Avvenire", che ha twittato ricordando come un "vescovo emerito" non debba "interferire in nulla nella guida della diocesi...".
Va bene però per il giornale della CEI, "interferire" per portarlo via in elicottero, sbarrare il portale delle stanze vaticane e pensionarlo prima del tempo, lasciando irrisolto un giallo che rimarrà negli annali di Storia e impresso nelle nostre coscienze.
E' ormai chiaro che il pretesto della vecchiaia con i suoi affaticamenti fisici (ingravesciente aetate) nascondesse dell'altro. Qualche storico dovrà pur dipanarci questa matassa in modo credibile.
Ma intanto, buona domenica delle Palme!
Pubblicato da Nessie
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