IL RETROSCENA
Ratzinger, imbarazzo in Vaticano per l’accusa sulle cause della pedofilia
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Il timore che gli «appunti» di Benedetto XVI siano usati dal fronte conservatore per attaccare papa Francesco: le «tifoserie» del pontefice emerito e del Papa si sono divise tra chi ha esultato e chi ha espresso fastidio
Papa Francesco e il papa emerito Ratzinger in una foto del 28 giugno 2016 |
Il testo, pubblicato in Italia dal Corriere della Sera, è uscito in contemporanea in varie lingue e Paesi del mondo, scatenando gli umori delle tifoserie, spesso opposte, dei «due Papi»: chi esulta per il «ritorno» di Ratzinger e chi non nasconde il proprio fastidio per l’uscita pubblica dell’emerito.
In Vaticano non erano a conoscenza né si aspettavano il «lancio» planetario dell’intervento, destinato ad essere pubblicato sul mensile tedesco Klerusblatt «a seguito di contatti con il Segretario di Stato e con lo stesso Santo Padre», come ha scritto Benedetto XVI. Alla sorpresa si è aggiunto un certo imbarazzo per le possibili reazioni. Così si è scelto il basso profilo: l’Osservatore Romano pubblica un articolo che ne riassume i punti salienti — lo stesso che è uscito sul sito di Vatican News — in fondo alla penultima pagina, senza richiami in prima e sotto l’articolo di apertura dedicato a un convegno organizzato da Civiltà Cattolica.
Il timore è che il testo di Benedetto XVI venga usato dalla reazione conservatrice a Francesco per opporre il «magistero» dell’emerito a quello del Papa. Che si voglia creare «confusione» tra i fedeli — il Papa è uno solo — nel tentativo di mettere in difficoltà Bergoglio.
Le tappe di questa guerra di logoramento sono note, dai «Dubia» firmati nel 2016 da quattro cardinali contro le aperture del Sinodo sulla famiglia, alla lettera nella quale l’ex nunzio negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, accusava Francesco per la gestione degli scandali pedofilia fino a chiederne le dimissioni.
Gli «appunti» rappresentano una sorta di sintesi di ciò che Joseph Ratzinger ha ripetuto nel corso degli anni, dal «Rapporto sulla fede» scritto con Vittorio Messori nel 1985 alla «Lettera ai cattolici d‘Irlanda» del 2010. Che la temperie degli anni Sessanta e il ’68 abbia rappresentato uno spartiacque, per Ratzinger, era evidente fin dalla pubblicazione di uno dei suoi libri più celebri, l’Introduzione al cristianesimo(Einführung in das Christentum) del 1967, nel quale riportava la variante d’un apologo di Søren Kierkegaard in Enten Eller I come metafora del credente nel mondo che non crede: il circo che s’incendia, il clown mandato a chiamare aiuto al villaggio vicino, la gente che «ride fino alle lacrime» alle sue grida, villaggio e circo distrutti dal fuoco.
D’altra parte è evidente la diversità di approccio. Francesco, alla radice degli abusi, ha denunciato anzitutto il «clericalismo» e «l’abuso di potere». Ratzinger punta il dito contro il «collasso» della «teologia morale cattolica» seguito alla «Rivoluzione» sessantottina, i «club omosessuali», l’«assenza di Dio» nella società occidentale. Parole rilanciate da coloro che accusano Francesco di «ambiguità» e «relativismo» dottrinale. Sul fronte opposto, si fa notare come lo scandalo pedofilia risalga a decenni prima del Sessantotto (negli Usa, ad esempio, il rapporto sulla Pennsylvania parte dagli anni Quaranta) e tra i peggiori criminali ci siano stati campioni (a parole) della Dottrina come gli ultraconservatori Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, o Fernando Karadima.
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di Gian Guido Vecchi
https://www.corriere.it/cronache/19_aprile_11/ratzinger-imbarazzo-vaticano-l-accusa-cause-pedofilia-testo-integrale-english-deutsch-ff40eec6-5c95-11e9-b6d2-280acebb4d6e.shtml
Si riapre il processo al Concilio Vaticano II
Ratzinger pone (erroneamente) gli anni '60 e quel Concilio all'origine della decadenza morale nella chiesa, in una evidente differenza con papa Francesco
Benedetto XVI ha rotto il proprio silenzio sugli abusi sessuali, e in modo del tutto irrituale. La sera del 10 aprile 2019, a sei settimane dalla conclusione del summit vaticano sugli abusi sessuali convocato da papa Francesco, in una fase critica per la chiesa cattolica alle prese con un scandalo di dimensioni globali ed epocali, il "papa emerito" ha fatto conoscere il proprio pensiero sulla genesi del fenomeno in un lungo saggio (oltre cinquemila parole) inviato ad alcuni mass media cattolici online, che sono da sempre vicini al suo entourage e ostili a papa Francesco.
Il saggio di Benedetto XVI si può dividere in due parti. La seconda parte, quella teologica, è una riflessione sulla natura spirituale della chiesa, che sottolinea le analogie con l'approccio di papa Francesco alla crisi degli abusi sessuali: non può essere risolta soltanto con una mentalità burocratica e giuridica, ma anche e soprattutto come lotta a un male spirituale che si rivela sotto forma di abusi sessuali di minori e nella complicità della chiesa coi colpevoli di questi atti criminali.
In tutto il resto il documento evidenzia importanti differenze rispetto alla visione di chiesa e dell'analisi del fenomeno da parte di papa Francesco. In Ratzinger, l'analisi storico-teologica del post-concilio – cosa è successo nella chiesa cattolica a partire dagli anni sessanta in poi – è concentrata sugli effetti negativi per la chiesa della rivoluzione sessuale in termini di decadenza morale nelle pratiche e del sorgere del relativismo nella teologia morale. Questa è un'analisi a dir poco problematica: pone il concilio Vaticano II all'origine della decadenza morale nella chiesa, in una evidente differenza dal modo in cui papa Francesco parla e ha sempre parlato del concilio. Ma il vero problema è che da parte di Benedetto XVI identificare negli anni sessanta l'inizio del fenomeno degli abusi sessuali è totalmente smentito da tutti gli studi scientifici disponibili in varie lingue e in tutto il mondo. La storia degli abusi sessuali nella chiesa inizia ben prima degli anni sessanta: si ritrova già negli scritti dei Padri della chiesa nei primi secoli, in termini coniati di nuovo e che non si ritrovano nel greco classico; c'è una vasta letteratura storica e giuridica sul fenomeno e sugli strumenti elaborati dalla chiesa per contrastarlo.
Questo saggio da parte di Benedetto XVI offre una caricatura del periodo post-Vaticano II, che fu un periodo estremamente complesso e contraddittorio, non privo di errori e ingenuità da parte dei cattolici presi nel tentativo di immaginare una chiesa più aperta al mondo: ma la pornografizzazione del post-concilio è cosa sorprendente da parte di uno dei teologi più importanti sia del concilio Vaticano II sia del post-concilio. Questa peculiare "tesi Ratzinger", tuttavia, non è nuova: se ne trovano tracce già nella lettera inviata alla chiesa in Irlanda nel 2010.
Questa analisi rivela anche altri punti problematici. C'è una scarsissima attenzione alle vittime. Si offre un giudizio affrettato e superficiale sulle responsabilità della chiesa istituzionale e del Vaticano tra Giovanni Paolo II e il pontificato di Benedetto XVI. Non c'è nessuna assunzione di responsabilità per i fallimenti (il caso del cardinale Bernard Law rifugiatosi a Roma per sfuggire alla legge americana) e i tragici ritardi (il caso di Marcial Maciel e dei Legionari di Cristo) – una storia in cui Joseph Ratzinger ebbe un ruolo non proprio secondario come prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. C'è un lato personale in questo saggio di Joseph Ratzinger ma solo come una delle vittime: Ratzinger vittima non degli abusi sessuali, ma degli abusi teologici da parte della teologia liberal (il riferimento, spesso presente negli scritti ratzingeriani, alla "Dichiarazione di Colonia" del 1989). La storia è più complicata. Per esempio, nel febbraio 2012, durante il pontificato di Benedetto e a ridosso della gestione vaticana della crisi degli abusi in Irlanda, si tenne alla Pontificia Università Gregoriana a Roma un convegno sulla crisi degli abusi sessuali: il tutto si svolse nel disinteresse dei media vaticani, che ricevettero ordine di non dare risalto alla notizia, e senza che papa Benedetto intervenisse o apparisse a quel convegno come invece ha fatto papa Francesco due mesi fa.
C'è poi una seconda questione soggiacente alla pubblicazione di questo saggio, che è di metodo e costituzionale. Il testo di Benedetto XVI afferma di avere chiesto il permesso a papa Francesco e al Segretario di Stato, cardinale Parolin, che lo avrebbero concesso al fine di una pubblicazione, in tedesco, in un periodico del clero bavarese. In realtà, il lungo testo era disponibile, e in una buona traduzione in lingua inglese, fin dal pomeriggio del 10 aprile ad alcuni (ma solo alcuni) media cattolici e non-cattolici che negli Stati Uniti fanno parte dell'apparato conservatore e tradizionalista che da sempre fa propaganda contro papa Francesco. Questa cosa dovrà essere prima o poi spiegata: chi lo ha inviato a certi organi di stampa? Perché ad alcuno e non ad altri? Con quale informazione fornita ai dirigenti della comunicazione della Santa Sede? Le spiegazioni infatti non vanno cercate presso i media vaticani, che pare siano stati sorpresi dall'iniziativa, ma da quella specie di corte papale parallela che si è formata attorno al papa emerito - fin da prima diventasse emerito. La pubblicazione di questo saggio e la sua tesi di fondo sono presto diventate strumento nelle mani di coloro che, specialmente negli USA, da un anno a questa parte stanno tentando con ogni mezzo di liberarsi di papa Francesco, in un modo o nell'altro. In America c'è tentazione di scisma e la narrazione giornalistica sulla crisi degli abusi sessuali è parte integrante del disegno. Benedetto XVI forse non lo sa, ma lo sa benissimo chi ha organizzato questo lancio di stampa con tanto di embargo (prontamente violato). La scelta di privilegiare certi organi di stampa, che si sono distinti nella campagna contro papa Bergoglio dal 2013 in poi, dà l'impressione che Benedetto XVI sia organico a quegli ambienti e dà l'impressione che il papa emerito sia manipolato e manipolabile.
La questione del metodo è importante anche dal punto di vista legale: finora Joseph Ratzinger è stato, come tutti gli uomini di punta del Vaticano durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (a partire dai Segretari di Stato, i cardinali Sodano e Bertone), molto riservato circa i casi ancora aperti, e specialmente sul caso del cardinale americano Theodore McCarrick, escluso dal collegio cardinalizio da papa Francesco nel 2018 e spretato due mesi fa dopo un processo canonico. Il silenzio di un papa emerito si può giustificare come facente parte dell'immunità di cui gode l'ex sovrano dello stato vaticano, oppure anche come il tentativo di non interferire con il governo di papa Francesco. Ora Benedetto XVI scrive e pubblica lunghi testi. Nel momento in cui il papa emerito interviene sulla questione abusi sessuali, fa sorgere domande che nessuno finora aveva potuto o voluto rivolgere a chi è stato ai vertici del Vaticano sin dal 1981 come lui.
Problemi legali a parte, il problema più evidente è di natura ecclesiale. La tesi Ratzinger sugli abusi sessuali nella chiesa costituisce una contro-narrazione che va ad alimentare direttamente l'opposizione a papa Francesco e che crea confusione sul che fare in questo momento drammatico, specialmente attorno a una questione: il legame tra abusi sessuali e omosessualità. Nonostante gli studi scientifici sugli abusi abbiano smentito un legame tra orientamento omosessuale e abusi sessuali, Benedetto XVI ripropone questa tesi che si configura come una strada alternativa a quella proposta da papa Francesco e dal summit in Vaticano di due mesi fa, che vede la questione degli abusi come fenomeno di abuso di potere nella chiesa, senza collocarlo all'interno di una tesi sul ruolo chiave della rivoluzione sessuale per i destini del cattolicesimo. Un fatto importante è anche il contesto del 2018-2019: questa operazione mediatica va letta come la prosecuzione dell'operazione Viganò dell'agosto scorso. Benedetto XVI certamente non punta a far dimettere papa Francesco; ma altri, ben collocati nel complesso giornalistico cattolico oltreatlantico dotato di basi a Roma, ci stanno provando, ed è cosa di cui il segretario di Joseph Ratzinger è certamente informato.
La terza questione è di natura costituzionale circa l'ufficio di "papa emerito" nella chiesa cattolica. Dal marzo 2013 ad oggi la coabitazione tra papa ed emerito aveva funzionato senza troppi sussulti. Ora, qualunque cosa diranno papa Francesco e i media vaticani nei prossimi giorni, è chiaro che questo episodio costituisce un vulnus: una ferita al regime dei rapporti tra i due uffici. Il problema non è tra le due persone Francesco e Benedetto, che continueranno a volersi bene come prima, ma tra i due uffici e i loro bracci operativi. Se non altro, questo incidente dimostra che poco conta cambiare il sistema delle comunicazioni vaticane, se continua ad esistere una corte papale parallela che fa tutto per dare l'impressione che ci sia un secondo papa ancora in servizio per quanti sono scontenti del papa regnante.
I papi hanno sempre potuto dimettersi. Pochi lo hanno fatto, nel medioevo, e quasi mai spontaneamente. Benedetto XVI ha innovato il papato dimettendosi in diretta, sei anni fa, e questo è probabile che si ripeta in futuro. Nel mondo dominato dai media digitali e dai social media, quella del papa emerito è un'istituzione che necessita di una regolamentazione che oggi non ha: al momento delle dimissioni, dovrebbe dimettersi assieme al papa anche la sua segreteria, che viene riassegnata; il ruolo di prefetto della casa pontificia va abolito; il papa emerito deve cessare di vestire di bianco; i suoi rapporti coi media non vanno lasciati alla discrezione di segretari che hanno tutto l'interesse a prolungare la vita di un pontificato che è cessato a tutti gli effetti (ma non dal punto di vista mediatico).
Questo saggio pubblicato ieri purtroppo danneggia l'immagine di Benedetto, che nel suo scritto dimostra una visione idiosincratica e limitata della genesi della crisi degli abusi sessuali e dello stato delle conoscenze scientifiche sul problema. Il pontificato di papa Francesco alle prese con la crisi degli abusi risentirà in modo marginale di questa manovra - architettata mediaticamente non da Benedetto XVI, ma da chi gli sta intorno. In un certo senso, questa manovra potrebbe fornire al Vaticano di Francesco degli alibi. Di sicuro dimostra quanto la chiesa abbia bisogno di una nuova generazione di leader e di un nuovo pensiero per affrontare la crisi più grave del cattolicesimo del nostro tempo.
Paolo Crepet: "Imputare al '68 il collasso della morale confonde le acque. Si cerca all'esterno la causa di un male interno alla Chiesa ed irrisolto"
Hanno fatto discutere le affermazioni del pontefice emerito Joseph Ratzinger sul fenomeno pedofilia nella Chiesa. Benedetto XVI ha parlato di un "collasso morale", che ha fatto risalire alla "fisionomia della rivoluzione del 1968".
Fu nello stesso periodo che, secondo Ratzinger, cominciò un declino "della teologia morale cattolica che ha reso inerme la Chiesa di fronte a questi processi della società". Per discutere della presa di posizione del Papa emerito, HuffPost ha ascoltato il parere dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet.
"Dalla fisionomia della Rivoluzione del 1968 fa parte anche il fatto che la pedofilia sia stata diagnosticata come permessa e conveniente" ha scritto il Papa emerito Joseph Ratzinger...
La pedofilia esisteva ed era coperta dalla Chiesa ben prima del Sessantotto. Non comprendo una simile affermazione, fatta proprio ora. Anche perché, se avesse voluto denunciare una cosa simile, Ratzinger avrebbe avuto il tempo di farlo durante il suo papato. Mi pare che anche la Chiesa tedesca, a cui lui appartiene, avesse contato numerosi casi già negli anni Cinquanta e Sessanta. Si tratta di anni in cui anche in Irlanda si sono registrati casi terribili.
Dunque, è un modo per attribuire a cause esterne un male interno a cui si è faticato a trovare rimedio?
Il vero problema è che la Chiesa non sa come uscire dalla questione. Si tratta di uno scandalo immondo ed immorale, perpetrato da parte di coloro che si ergono a dispensatori di morale. Io credo che siano necessarie chiarezza e silenzio in segno di rispetto per le vittime. Il Papa attuale è stato il primo ad agire concretamente per fare luce sui fatti. Cercare di imputare a qualcosa di esterno un male interno ed irrisolto mi pare irrispettoso. Il Sessantotto può avere avuto molti difetti, ma non certo quello di aver generato una degenerazione morale di questo tipo.
In generale il Sessantotto è stato un periodo di liberazione, anche sessuale.
Certo e attribuire al Sessantotto la causa di un declino morale della società è un modo come un altro per confondere le acque. Se c'è stato un periodo davvero libero e felice dal Dopoguerra in poi, quello è stato proprio il Sessantotto, come gli anni Sessanta in generale. In quel periodo tutti – e in particolar modo le donne – abbiamo conquistato la gioia della sessualità. Ma gioia della sessualità non presuppone di certo la giustificazione di certi atti. Atti che invece sono avvenuti in ambienti legati alla Chiesa e nei seminari, in un silenzio di cui i responsabili dovrebbero vergognarsi.
In Vaticano c'è un problema Ratzinger dopo l'uscita sugli abusi
Francesco preso in contropiede. Nessun cenno agli insabbiamenti. E dettagli su una Chiesa boccaccesca. Perché il testo che associa rivoluzione sessuale del '68 e pedofili ha creato un terremoto.
Contrordine fratelli, la pedofilia nella Chiesa non è colpa degli abusi di potere, del clericalismo, del mostruoso deficit formativo su affettività e sessualità nei seminari come ripetono Francesco e i suoi collaboratori; no, secondo Joseph Ratzinger all’origine del problema c’è la rivoluzione sessuale e dei costumi del 1968 dintorni.
Il nemico è fuori della Chiesa che è stata corrotta dal mondo, dal diavolo sempre in agguato; fino a un certo punto però, perché in quel clima libertino e immorale creatosi negli Anni 60, è maturato pure il Concilio Vaticano II che - male interpretato - ha messo in soffitta la teologia morale- “la tradizione” - e con essa la differenza certa fra bene e male; di sicuro dalle società senza Dio nasce anche la pedofilia, perché tutto è autorizzato e permesso. Così almeno la pensa il tedesco, papa emerito, per 24 anni - dal 1981 al 2005 - a capo della Congregazione per la dottrina della fede e dal 2005 al 2013, per altri otto anni, alla guida della Chiesa di Roma come Benedetto XVI fino al gesto clamoroso delle dimissioni.
IL PAPA EMERITO NON SI È RITIRATO: E INTERFERISCE CON FRANCESCO
Ratzinger doveva ritirarsi in Vaticano a vita privata per non interferire con il papa in carica, ma di tanto in tanto in tanto sente nostalgia del suo ruolo pubblico, non resiste e si mette a scrivere lettere, testi, piccoli pamphlet. Come quello dedicato al tema degli abusi sessuali del clero e destinato alla pubblicazione sulla testata tedesca Klerusblatt, mentre in Italia l’ha diffuso il Corriere della sera.
VATICANO CHOC: GLI UOMINI DELLA COMUNICAZIONE PRESI ALLA SPROVVISTA
Ratzinger afferma di aver avuto «contatti con il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e con lo stesso Santo padre» per la stesura e, pare, la pubblicazione o diffusione delle 18 pagine, anche se il passaggio in merito è piuttosto vago. Eppure il Vaticano, pur dotato di un articolato apparato comunicativo per altro di recete rinnovato negli uomini chiave, è stato preso completamente alla sprovvista; in poche parole i responsabili della comunicazione e dei media non erano stati informati e sono stati presi in contropiede. La cosa ha destato sconcerto soprattutto considerato l‘impatto mediatico inevitabile che avrebbe avuto un intervento scritto del papa emerito su un tema così scottante. Avrà giocato un ruolo nella pubblicazione per esempio monsignor Georg Gaenswein, fedele amico e tuttora segretario particolare di Ratzinger? È una domanda che è legittimo porsi.
JOSEPH CAPO DELL'OPPOSIZIONE TRADIZIONALISTA AL RIFORMATORE FRANCESCO?
In ogni caso il portale Vatican news e L’Osservatore romano hanno riportato la notizia dell’intervento dell'emerito come fosse una news fra le tante, senza minimizzare e soprattutto però senza enfatizzare. Ambienti ultra-ratzingeriani, del resto, negli ultimi anni, hanno cercato di accreditare, un po’ fantasiosamente, la figura dell’ex pontefice tedescocome capo di un’opposizione tradizionalista al papato attuale giudicato troppo riformatore e per questo detestato e giudicato eretico in ambienti “ultrà”. Non è il primo caso in cui si creano tensioni legate alla persona di Ratzinger, magari usata un po’ strumentalmente da alcuni; di certo però l’ex prefetto della dottrina della fede ci mette del suo, se non altro per il gusto alla disputa teologica che lo caratterizza. Ma, al di là dell’episodio, Oltretevere resta sempre aperto li capitolo "comunicazione istituzionale": è infatti su questo terreno che si giocano complesse partite di potere e conflitti interni.
Nel merito del testo in oggetto, tuttavia forse c’è una nota personale in più - pure accennata da Ratzinger - circa le responsabilità da lui a lungo ricoperte al vertice della Chiesa. Date le dimensioni raggiunte dallo scandalo, infatti, che hanno pure indotto papa Francesco a convocare un summit straordinario in Vaticano fra tutti i capi delle conferenze episcopali del mondo per affrontare il problema, Ratzinger ci tiene a sottolineare che lui e Giovanni Paolo II avevano in realtà cominciato a intraprendere un cammino per arginare il fenomeno (favorendo la procedura di riduzione allo stato laicale); non erano insomma rimasti inerti mentre la metastasi corrompeva il corpo della Chiesa.
NESSUN RIFERIMENTO A INSABBIAMENTI, COPERTURE E COMPLICITÀ
Di fatto, però, quella dell’ex arcivescovo di Monaco resta una trattazione prevalentemente sociologica, puntellata di osservazioni personali, a volte curiose e bizzarre, che non fa i conti fra l’altro con la gigantesca opera di insabbiamento e copertura dei crimini messa in atto da decine di diocesi e vescovi in tutto il mondo non di rado con la complicità del Vaticano.
Ratzinger scivola sulle date: migliaia di abusi sono avvenuti negli Anni 50 per proseguire fino agli Anni 2000. Dunque c’erano prima della rivoluzione sessuale del '68 e anche parecchio tempo dopo
Il fenomeno delle “coperutre” non è praticamente toccato nel pamphlet, eppure è proprio su questo punto - la protezione offerta dall’istituzione ai pedofili - che esplode lo scandalo e che gli anni del pontificato wojtyliano risultano decisivi. Inoltre Ratzinger scivola sulle date e fa partire gli scandali dagli Anni 60, ma in realtà migliaia di abusi - come è emerso ormai da diverse indagini giudiziarie e rapporti di commissioni d’inchiesta governative - sono avvenuti negli Anni 50 e anche prima, per proseguire fino a tutti gli Anni 2000. Dunque le violenze sui minori c’erano prima della rivoluzione sessuale e anche parecchio tempo dopo.
IL COLLASSO SPIRITUALE CHE AVREBBE PORTATO «VIOLENZA» E «AGGRESSIVITÀ»
Scrive poi il papa emerito: «Tra le libertà che la rivoluzione del 1968 voleva conquistare c’era anche la completa libertà sessuale, che non tollerava più alcuna norma. La propensione alla violenza che caratterizzò quegli anni è strettamente legata a questo collasso spirituale». E aggiunge: «In effetti negli aerei non fu più consentita la proiezione di film a sfondo sessuale, giacché nella piccola comunità di passeggeri scoppiava la violenza. Poiché anche gli eccessi nel vestire provocavano aggressività, i presidi cercarono di introdurre un abbigliamento scolastico che potesse consentire un clima di studio». Insomma sotto accusa c’è tutta un’epoca. «Della fisionomia della Rivoluzione del 1968 fa parte anche il fatto che la pedofilia sia stata diagnosticata come permessa e conveniente», afferma Ratzinger che aggiunge: «Quantomeno per i giovani nella Chiesa, ma non solo per loro, questo fu per molti versi un tempo molto difficile».
RESPONSABILITÀ DEL CONCILIO, UN CLASSICO DI RATZINGER
Inoltre, spiega, si assiste al «collasso della teologia morale cattolica» figlio del Concilio Vaticano II. Del resto che la riforma conciliare sia, almeno in parte, responsabile dello scandalo delle violenze sui minori, è una vecchia teoria di Ratzinger già enunciata dall’allora Benedetto XVI nella celebre “lettera ai cattolici d’Irlanda” del 2010 dedicata allo scandalo cha aveva devastato la chiesa irlandese. «Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano II», scriveva, «fu a volte frainteso e in verità, alla luce dei profondi cambiamenti sociali che si stavano verificando, era tutt’altro che facile valutare il modo migliore per portarlo avanti. In particolare, vi fu una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, a evitare approcci penalinei confronti di situazioni canoniche irregolari».
Secondo il pensiero del papa emerito la Chiesa post-conciliare è stata lassista e poco propensa a processare i colpevoli
Benedetto XVI aggiungeva: «È in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt’altro che piccola all’indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti». La Chiesa post-conciliare è stata quindi lassista e poco propensa a processare i colpevoli, concetto che, secondo la ricostruzione offerta nel pamphlet, fu reintrodotto dallo stesso Ratzinger da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, anche se poi, aggiunge, vi furono ritardi nell’applicazione.
ANEDDOTI SUI FILM PORNOGRAFICI MOSTRATI AI SEMINARISTI
Ratzinger, in definitiva, se l'è presa ancora una volta con il «processo di dissoluzione della concezione cristiana della morale», ricordando nel suo nuovo intervento, a riprova, che «in non pochi seminari, studenti sorpresi a leggere i miei libri venivano considerati non idonei al sacerdozio. I miei libri venivano nascosti come letteratura dannosa e venivano per così dire letti sottobanco». Quindi descrive un clima dissoluto nella Chiesa tedesca e rileva come «in diversi seminari si formarono club omosessuali che agivano più o meno apertamente e che chiaramente trasformarono il clima nei seminari», poi regala aneddoti pruriginosi come questo: «Un vescovo, che in precedenza era stato rettore, aveva mostrato ai seminaristi film pornografici, presumibilmente con l’intento di renderli in tal modo capaci di resistere contro un comportamento contrario alla fede. Vi furono singoli vescovi, e non solo negli Stati Uniti d’America, che rifiutarono la tradizione cattolica nel suo complesso mirando nelle loro diocesi a sviluppare una specie di nuova, moderna "cattolicità"».
UNA SORTA DI CHIESA BOCCACCESCA TRA SESSO E DIAVOLO
Una sorta di Chiesa boccaccesca dove finalmente, dopo secoli, il sesso e il diavolo impazzavano. In realtà, al di là di qualche spigolatura, il testo dimostra come vi sia una pluralità di interpretazioni su una crisi che ha scosso la Chiesa nelle fondamenta. Nel frattempo in Vaticano, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, sono allo studio linee guida destinate a tutte le chiese nazionali per toccare il delicato e nevralgico nodo della denuncia dei vescovi che hanno insabbiato i casi di abuso e violenza.
Il corto circuito di un Papa emerito
«Ratzinger ha un grande limite: è senza dubbi! E coloro che non hanno dubbi non sono aperti al dialogo, né sono capaci di apprendere dagli altri» e soprattutto, aggiungiamo noi, non inseguono la verità, ma soltanto la riaffermazione dell'autorità.
Così ebbe a dichiarare il teologo brasiliano Leonardo Boff di Benedetto XVI all'indomani della sua elezione al soglio pontificio.
Prendiamo questa cruda dichiarazione come chiave di lettura del documento del pontefice emerito card. Ratzinger: "La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali".
Più che documento, in realtà, si tratta, come lui stesso tiene a precisare, di un "insieme degli appunti con i quali fornire qualche indicazione che potesse essere di aiuto in questo momento difficile".
E aggiunge:
«Il mio lavoro è suddiviso in tre parti. In un primo punto tento molto brevemente di delineare in generale il contesto sociale della questione, in mancanza del quale il problema risulta incomprensibile. Cerco di mostrare come negli anni '60 si sia verificato un processo inaudito, di un ordine di grandezza che nella storia è quasi senza precedenti. Si può affermare che nel ventennio 1960-1980 i criteri validi sino a quel momento in tema di sessualità sono venuti meno completamente e ne è risultata un'assenza di norme alla quale nel frattempo ci si è sforzati di rimediare.
In un secondo punto provo ad accennare alle conseguenze di questa situazione nella formazione e nella vita dei sacerdoti.
Infine, in una terza parte, svilupperò alcune prospettive per una giusta risposta da parte della Chiesa».
Ad una prima, diciamo anche, affrettata, lettura del testo ci sembra doveroso rilevare alcuni punti che sono stati una costante del discorso di Ratzinger nel suo pontificato e che con l'età non è che abbiano subìto uno sviluppo nel senso di una crescita e di una maturazione, ma si sono come incancreniti in una cortocircuitazione che non fa onore né all'intelligenza del filosofo, né alla fede del credente.
Mi riferisco in particolare al difficile rapporto con la Modernità e, di conseguenza, alla deficitaria lettura dei fatti (nel caso nostro dello scandalo della pedofilia nella Chiesa) e della conseguente ricomprensione della fede nel "Nuovo Areopago" del terzo millennio.
Quanto alla "Modernità", pur riconoscendo le dure critiche che da Illich a Latouche sono state portate contro tutti gli ismi che la accompagnano, (efficientismo, tecnicismo, secolarismo, egocentrismo, automatismo, spettacolarismo, consumismo) non si può non apprezzare l'emancipazione che essa ha apportato per quanto riguarda il vivere e l'agire degli uomini e delle donne. Emancipazione che ha favorito, in particolare, lo spostamento dell'asse morale dall'ambito della legge all'ambito della coscienza. E scandalizza che proprio un papa rimpianga, come si evince dal documento, questo perduto connubio. Il 68, in particolare, ha sottratto i comportamenti umani dal potere delle legge e li ha ricondotti sotto la forza della coscienza personale.
A questo punto si pone una domanda: non dovrebbe essere proprio questo il compito della Chiesa? Quello di lavorare per educare le coscienze, invece che logorarsi in rivendicazioni legalitarie?
Di questo sembra che Ratzinger non se ne avveda.
E' riprovevole, inoltre, il tentativo sporco di criminalizzare il 68, identificato con i suoi aspetti più vistosamente deleteri, così da poter meglio condannarlo!
Lascia l'amaro in bocca l'addebitare il fenomeno della pedofilia nella Chiesa agli sconvolgimenti sessantottini piuttosto che agli ambienti estranei, se non contrari alle conquiste del 68, ambienti chiusi che sono stati imposti nei seminari dalla "controriforma" Woytilana che ha stroncato le esperienze più belle, aperte e avanzate. Da questi "nuovi" seminari, purtroppo, oggi escono più funzionari che servitori, più celebranti che testimoni, più affariste che operatori.
Assente ogni pur minima coscienza autocritica, mancano anche i necessari tentativi di soluzione per la fuoriuscita dallo scandalo!
Quanto poi alle vocazioni di cui si lamenta la forte diminuzione, non possiamo non biasimare la miopia di veduta. Le vocazioni sono diminuite perché sono venute meno molte delle motivazioni che ne stavano a fonte: famiglie numerose, mancanza di prospettive, difficolta di proseguire negli studi, una religiosità diffusa più per convenzione che per convinzione, ecc.; grazie a Dio, oggi si presume che chi sceglie di andare in seminario lo faccia spinto da motivazioni più dignitose e nobili.
In ultimo, last ma non least, ci sembra doveroso denunciare un vuoto di fondo che pervade, sotto sotto, tutto il discorso: l'incapacità a intravvedere, avvertire e sentire la possibilità di una morale di base che sgorghi dall'umanità stessa più che dal patrimonio teologico della chiesa. Insomma sembra che si voglia imporre la necessità in dio anche per chi non crede: un dio che non importa se sia una finzione, purché abbia un funzione.
In conclusione, il documento ci sembra molto settario, mutilato nelle analisi e orfano di prospettive di soluzione.
Documento, quindi, inutile.
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