o dal Vaticano II agli scandali?
Lo studioso Dott. Ratzinger, vescovo emerito di Roma, ha pensato bene di commentare lo scandalo della pedofilia nella Chiesa postconciliare, approfittando dell’occasione del Sinodo dei vescovi tenutosi in Vaticano a febbraio scorso.
Nonostante la ricchezza di informazioni e l’indubbio valore accademico del testo scritto dal famoso professore tedesco, va detto che egli è in errore quando afferma che la causa della vergognosa crisi morale che sta infangando l’immagine della Chiesa, sta distruggendo la vita di migliaia di ragazzi e giovani, e sta portando l’amarezza dentro innumerevoli famiglie cattoliche in tutto il mondo, questa causa sarebbe la rivoluzione dei costumi e il permissivismo morale promossi dal movimento studentesco del maggio 1968.
In verità, il maggio 1968 non si sarebbe verificato, o almeno non avrebbe avuto le conseguenze dannose che ha avute, se non fosse stato preceduto dal Concilio Vaticano II con tutte le innovazioni e le riforme che ha introdotto nella vita della Chiesa.
Contro i fatti non valgono gli argomenti. A partire da Giovanni XXIII, con le sue encicliche sociali Mater et magistra e Pacem in terris, con il suo discorso di apertura del Concilio, e poi per tutto il pontificato di Paolo VI e Giovanni Paolo II, la Chiesa, sotto l’influenza delle idee politiche della democrazia cristiana propagandate da Jacques Maritain, aprì ai governi di sinistra e si allontanò dai regimi che difendevano l’ordine sociale tradizionale.
Era pubblica e notoria l’ostilità manifestata da Paolo VI nei confronti dei governi di Salazar e Franco (sembra che oggi Bergoglio lo imiti con la sua rabbia contro Donald Trump). Era manifesta la simpatia di Montini per il movimento hippie.
Gli stessi capi del movimento studentesco rivoluzionario del maggio 1968 (molti dei quali erano venuti fuori dalla FUCI e da altri gruppi della sinistra cattolica) hanno riconosciuto che il maggio 1968 sarebbe stato impossibile senza il Vaticano II.
In Brasile, ad esempio, gran parte dei capi dei ribelli del 1968 apparteneva alla sinistra cattolica, che in seguito si fuse nella fondazione del PT e di altri partiti socialisti. Basta leggere un po’ di storia delle ex scuole cattoliche delle capitali brasiliane per trovare la prova di ciò che dico. Si consultino gli archivi del Colégio Sion, del Colégio Des Oiseaux, della Facoltà Sedes Sapientiae, ecc.
Inoltre, come se non bastasse la virata a sinistra della Chiesa postconciliare (in parte frenata da Giovanni Paolo II quando censurò alcuni aspetti della teologia della liberazione e impose a Boff un silenzio ossequioso mai effettivamente imposto e realizzato), ci fu, ad opera del Vaticano II, tutta una riformulazione della dottrina tradizionale della Chiesa sui fini del matrimonio, in una prospettiva personalistica. Così, da allora, venne introdotta tra i cattolici l’idea che l’importante è essere felici, l’importante è realizzarsi come uomo in questo mondo, l’importante è il cameratismo, l’importante è godere la vita in spirito di solidarietà.
Da questa cultura edonistica alla legittimazione dell’unione omosessuale e all’accettazione della pederastia c’è solo un passo.
Il Dott. Ratzinger si lamenta che in molti seminari i suoi libri erano censurati. Confesso che se fossi rettore di un seminario, non li censurerei, ma ne farei una lettura critica per i seminaristi, soprattutto del suo famoso Introduzione al Cristianesimo, in cui il teologo della terra di Lutero dice cose che profumano di eresia:
« Se fossimo sinceri, dovremmo ammettere che vorremmo affermare che la Chiesa non è né santa né cattolica. Lo stesso Concilio Vaticano II ha avuto il coraggio di parlare non solo della Chiesa santa, ma anche della Chiesa peccatrice; se c’è una critica da fare al Concilio, è quella di essere stato anche troppo timido nella sua affermazione, tenuto conto dell’intensità dell’impressione di peccaminosità della Chiesa nella coscienza di tutti noi. (…) Oltre alla santità della Chiesa, ci sembra discutibile anche la sua cattolicità».
In realtà, queste parole suonano come un’empietà alle orecchie di un cattolico. Come un buon figlio non attribuisce mai le proprie colpe alla madre virtuosa, per la quale ha la più grande venerazione, così un buon cattolico non attribuisce mai i suoi peccati e le sue infedeltà alla Santa Madre Chiesa, dalla quale ha imparato il catechismo e la via della santità.
Il Dott. Ratzinger dice anche di aver sentito da una sfortunata vittima di un religioso abusatore che il pervertito, durante l’atto libidinoso, le diceva le parole della consacrazione dell’Ostia secondo il rito moderno di Paolo VI: “Questo è il mio corpo che sarà dato per te”.
Francamente, questo fatto orribile riportato dal vescovo emerito di Roma mi ha fatto pensare che Dio permette tutta questa tribolazione della Chiesa come un castigo per tanta empietà commessa dai seguaci della Nuova Teologia condannata da Pio XII ed esaltata dal Vaticano II e dai papi che l’hanno attuata. Se la Chiesa è peccatrice, se la Santa Messa è un memoriale alla maniera di Lutero, ne raccoglierai i frutti - sembra dire la Sapienza Eterna -.
Sì, il tutto mi sembra una punizione per il modernismo.
Bossuet diceva al Delfino di Francia: «Oggi vi sbagliate sul posto al quale mettere le parole, Voi non mettete la parola giusta al posto giusto: quando governerete non metterete l’uomo che serve al posto giusto. Poiché la vostra testa non è in ordine, il vostro governo sarà disordinato».
La Nuova Teologia condannata da Pio XII derideva la preoccupazione della Scolastica per il rigore e la precisione delle definizioni e dei concetti teologici; voleva una teologia rinnovata sulla base della filosofia moderna, voleva una teologia “in movimento”, in dialogo con i vari aspetti della società contemporanea, voleva una Chiesa che collaborasse con l’uomo moderno che, si diceva, non avrebbe mai rinunciato alla sua autonomia.
Successe, poi, che dall’imprecisione teologica si passò a nomine disastrose, si passò all’elevazione della marmaglia ecclesiastica alle più alte dignità della Curia, mentre i buoni venivano perseguitati.
C’è posto per un Bergoglio, c’è posto per un Arns, c’è posto per Tomás Balduíno, mentre viene decretato l’ostracismo, per non parlare della condanna a morte, di un Lefèbvre, di un de Castro Mayer. Ci sono elogi e promozioni per un Kasper, per un Congar, ma il pensionamento obbligatorio per un Piolanti e un Gherardini. C’è posto per un Mons. Pestana, ma… nella tana dei leoni!
Ci sono tutt’orecchie per un Maritain, ma il disprezzo per un Júlio Meinvielle.
Le conseguenze non potevano essere diverse. E i frutti marci sono sotto i nostri occhi. Speriamo che la citata lezione di Bossuet serva a guidare le autorità, per le quali dobbiamo pregare e sacrificarci.
Nel frattempo: un pensiero di Luigi XVI che, mutatis mutandis, serve per l’autorità ecclesiastica: «Il potere del trono è assoluto, nulla può limitarlo, ma deve basarsi sulla giustizia e sulla ragione, e deve essere sempre aperto all’ammonimento e ai buoni consigli».
Virgo dolorosissima, ora pro nobis.
Anápolis, 12 aprile 2019
Venerdì di Passione, memoria della Madonna Addolorata.
La Cappella
di Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa
Padre João Batista de Almeida Prado Ferraz Costa è il parroco della Capela Santa Maria das Vitórias di Anápolis, in Brasile, dove celebra la Santa Messa tradizionale
L'articolo è stato pubblicato sul sito della Cappella
L'immagine e i neretti sono nostri
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http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2944_Padre-Ferraz-Costa_Dal_Vaticano_II_agli_scandali.html
Gli appunti di Benedetto XVI "correggono" Amoris laetitia
Riproponendo l'enciclica di San Giovanni Paolo II "Veritatis Splendor" come argine al "collasso" della morale cattolica, Benedetto XVI in realtà entra in contrasto con quanto descritto dall'esortazione apostolica "Amoris Laetitia".
Quando un testo viene reso pubblico, acquista una sua autonomia anche dal suo autore e deve essere considerato per se stesso. Anche le Note di Benedetto XVI sulla crisi della Chiesa a seguito dei fenomeni di pedofilia non sfuggono a questa regola. Esse dicono oggettivamente qualcosa: tacerne vorrebbe dire rinunciare a prendere atto dell’autonomia del testo il che, dal punto di vista delle regole dalla interpretazione, sarebbe un atteggiamento scorretto.
Ora, il testo di Benedetto ristabilisce senza ombra di dubbio il valore della teologia morale così come illustrata dall’enciclica Veritatis splendor di Giovanni Paolo II. Di più: attribuisce a quel documento il grande valore di aver contrastato il “collasso” della teologia morale iniziato negli anni Sessanta per tentare di trattenerne i danni. La conseguenza logica da tirare è chiara: se viene incrinato l’impianto della teologia morale della Veritatis splendor, il “collasso” della teologia morale cattolica è destinato a continuare.
Capita ora che, esaminando un altro testo, quello della Esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco, si debbano riscontrare – sempre per la fedeltà all’autonomia del testo – alcune non marginali discontinuità con la Veritatis splendor (VS). Una vasta letteratura si è interessata (e si interessa) al tema. Qui mi limito ad elencarle sinteticamente: la legge divina come “ideale” e non anche come prescrizione; nessun riferimento alla legge morale naturale a fronte dell’ampia trattazione del tema nella VS; l’inesistenza di precetti morali negativi assoluti mentre nella VS se ne sistema la dottrina; il ruolo della coscienza come co-produttiva della legge morale e non solo interpretativa o applicativa di essa come nella VS; la trasformazione delle attenuanti alla norma in eccezioni alla stessa; il peccato presentato come “fragilità” e la indistinzione tra peccato mortale e veniale; il dubbio che l’aiuto della grazia renda possibile seguire la legge morale divina nelle situazioni difficili; la concezione della misericordia divina che, secondo Veritatis splendor non significa mai adattamento del bene e del male alle circostanze mentre in Amoris laetitia permetterebbe l’accesso all’Eucarestia nonostante la perdurante situazione oggettiva di peccato.
A molti queste discontinuità non risultano. Però se fosse vero che in Amoris laetitia non c’è nessuna discontinuità dottrinale rispetto a Veritatis splendor, perché nella Chiesa si sarebbe messa in moto un’ampia iniziativa nientemeno che per per rifondare la teologia morale cattolica a partire da Amoris laetitia? Perché i teologi si starebbero mobilitando per rivedere la teologia del matrimonio a partire da questa Esortazione? Perché molte istituzioni accademiche cattoliche, prima di tutte la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, si starebbero impegnando per realizzare la cosiddetta “conversione pastorale” della teologia morale richiesta da Amoris laetitia? E perché si continuerebbe a dire che Veritatis splendor deve essere letta a partire da Amoris laetitia e non viceversa? Se la discontinuità non ci fosse, le due encicliche sosterrebbero le medesime idee di fondo e non ci sarebbe bisogno di rileggere niente né tanto meno di rifondare.
Nel testo delle Note di Benedetto XVI si dice anche un’altra cosa di grande interesse: si fa dipendere l’inizio del “collasso” della teologia morale dalla rinuncia alla prospettiva giusnaturalista, ossia del diritto naturale, pensando di riuscire a fondare la teologia morale solo su basi bibliche (faccio notare di sfuggita che il biblicismo è anche condannato dalla Fides et ratio). Ora, non si può non constatare che in Amoris laetitia non si parla mai di legge morale naturale o di diritto naturale: tali espressioni sono completamente assenti.
La Veritatis splendor, invece, approfondisce molto la nozione di legge naturale, sicché la differenza di impostazione tra i due documenti risulta lampante. Essa ribadisce che, in teoria, la ragione umana è in grado di conoscere la legge naturale anche da sola, anche se di fatto non riesce a farlo senza la rivelazione. L’ordine morale stabilito dalla legge naturale è in linea di principio accessibile alla ragione umana ma dato il presente stato di natura decaduta, la divina rivelazione è efficace anche per la conoscenza delle verità morali di ordine naturale.
Per non essere infedeli all’autonomia dei testi, credo si debba osservare che Amoris laetitia non tiene conto della prospettiva giusnaturalista, mentre Benedetto XVI, nelle sue Note, la considera fondamentale. Ed infatti per la teologia morale cattolica l’aggancio con la morale naturale è di fondamentale importanza in quanto segnala la continuità organica delle due dimensioni della natura e della soprannatura che sgorgano dal medesimo Logos Divino. La legge nuova della sequela di Cristo non contraddice ma assume e trasfigura la legge della ragione, sicché non è da considerarsi come un positivismo cristiano o come prescrizioni per gli appartenenti ad una setta. ma come verità destinata a tutti gli uomini e che interpella l’uomo in tutte le sue dimensioni. La misericordia della legge nuova nulla toglie alla giustizia della legge antica.
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/gli-appunti-di-benedetto-xvi-correggono-amoris-laetitia
Gli appunti di Benedetto XVI "correggono" Amoris laetitia
Riproponendo l'enciclica di San Giovanni Paolo II "Veritatis Splendor" come argine al "collasso" della morale cattolica, Benedetto XVI in realtà entra in contrasto con quanto descritto dall'esortazione apostolica "Amoris Laetitia".
Quando un testo viene reso pubblico, acquista una sua autonomia anche dal suo autore e deve essere considerato per se stesso. Anche le Note di Benedetto XVI sulla crisi della Chiesa a seguito dei fenomeni di pedofilia non sfuggono a questa regola. Esse dicono oggettivamente qualcosa: tacerne vorrebbe dire rinunciare a prendere atto dell’autonomia del testo il che, dal punto di vista delle regole dalla interpretazione, sarebbe un atteggiamento scorretto.
Ora, il testo di Benedetto ristabilisce senza ombra di dubbio il valore della teologia morale così come illustrata dall’enciclica Veritatis splendor di Giovanni Paolo II. Di più: attribuisce a quel documento il grande valore di aver contrastato il “collasso” della teologia morale iniziato negli anni Sessanta per tentare di trattenerne i danni. La conseguenza logica da tirare è chiara: se viene incrinato l’impianto della teologia morale della Veritatis splendor, il “collasso” della teologia morale cattolica è destinato a continuare.
Capita ora che, esaminando un altro testo, quello della Esortazione apostolica Amoris laetitia di papa Francesco, si debbano riscontrare – sempre per la fedeltà all’autonomia del testo – alcune non marginali discontinuità con la Veritatis splendor (VS). Una vasta letteratura si è interessata (e si interessa) al tema. Qui mi limito ad elencarle sinteticamente: la legge divina come “ideale” e non anche come prescrizione; nessun riferimento alla legge morale naturale a fronte dell’ampia trattazione del tema nella VS; l’inesistenza di precetti morali negativi assoluti mentre nella VS se ne sistema la dottrina; il ruolo della coscienza come co-produttiva della legge morale e non solo interpretativa o applicativa di essa come nella VS; la trasformazione delle attenuanti alla norma in eccezioni alla stessa; il peccato presentato come “fragilità” e la indistinzione tra peccato mortale e veniale; il dubbio che l’aiuto della grazia renda possibile seguire la legge morale divina nelle situazioni difficili; la concezione della misericordia divina che, secondo Veritatis splendor non significa mai adattamento del bene e del male alle circostanze mentre in Amoris laetitia permetterebbe l’accesso all’Eucarestia nonostante la perdurante situazione oggettiva di peccato.
A molti queste discontinuità non risultano. Però se fosse vero che in Amoris laetitia non c’è nessuna discontinuità dottrinale rispetto a Veritatis splendor, perché nella Chiesa si sarebbe messa in moto un’ampia iniziativa nientemeno che per per rifondare la teologia morale cattolica a partire da Amoris laetitia? Perché i teologi si starebbero mobilitando per rivedere la teologia del matrimonio a partire da questa Esortazione? Perché molte istituzioni accademiche cattoliche, prima di tutte la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, si starebbero impegnando per realizzare la cosiddetta “conversione pastorale” della teologia morale richiesta da Amoris laetitia? E perché si continuerebbe a dire che Veritatis splendor deve essere letta a partire da Amoris laetitia e non viceversa? Se la discontinuità non ci fosse, le due encicliche sosterrebbero le medesime idee di fondo e non ci sarebbe bisogno di rileggere niente né tanto meno di rifondare.
Nel testo delle Note di Benedetto XVI si dice anche un’altra cosa di grande interesse: si fa dipendere l’inizio del “collasso” della teologia morale dalla rinuncia alla prospettiva giusnaturalista, ossia del diritto naturale, pensando di riuscire a fondare la teologia morale solo su basi bibliche (faccio notare di sfuggita che il biblicismo è anche condannato dalla Fides et ratio). Ora, non si può non constatare che in Amoris laetitia non si parla mai di legge morale naturale o di diritto naturale: tali espressioni sono completamente assenti.
La Veritatis splendor, invece, approfondisce molto la nozione di legge naturale, sicché la differenza di impostazione tra i due documenti risulta lampante. Essa ribadisce che, in teoria, la ragione umana è in grado di conoscere la legge naturale anche da sola, anche se di fatto non riesce a farlo senza la rivelazione. L’ordine morale stabilito dalla legge naturale è in linea di principio accessibile alla ragione umana ma dato il presente stato di natura decaduta, la divina rivelazione è efficace anche per la conoscenza delle verità morali di ordine naturale.
Per non essere infedeli all’autonomia dei testi, credo si debba osservare che Amoris laetitia non tiene conto della prospettiva giusnaturalista, mentre Benedetto XVI, nelle sue Note, la considera fondamentale. Ed infatti per la teologia morale cattolica l’aggancio con la morale naturale è di fondamentale importanza in quanto segnala la continuità organica delle due dimensioni della natura e della soprannatura che sgorgano dal medesimo Logos Divino. La legge nuova della sequela di Cristo non contraddice ma assume e trasfigura la legge della ragione, sicché non è da considerarsi come un positivismo cristiano o come prescrizioni per gli appartenenti ad una setta. ma come verità destinata a tutti gli uomini e che interpella l’uomo in tutte le sue dimensioni. La misericordia della legge nuova nulla toglie alla giustizia della legge antica.
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/gli-appunti-di-benedetto-xvi-correggono-amoris-laetitia
Müller: “Clericalismo diagnosi falsa”
“Più intelligente di tutti i contributi al summit sugli abusi in Vaticano e degli esperti della Conferenza episcopale tedesca”.
Il giudizio è del cardinale Gerhard Müller e riguarda il testo di Benedetto XVI uscito nei giorni scorsi. Un’affermazione netta da parte dell’ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che così si è espresso parlando al quotidiano Die Welt.
Ma Müller ha anche concesso un’intervista a LifeSiteNews, nella quale sostiene che “iI nebuloso concetto di clericalismo”, al centro del summit e delle analisi di Bergoglio, costituisce un “approccio sbagliato”. Il che, spiega, è molto grave, perché “con una diagnosi falsa non si può mai trovare la terapia giusta, ma, al contrario, la malattia peggiora”.
Il problema, dice Müller, sta nei gravi peccati commessi da chierici contro il sesto comandamento, e ci sono almeno due cardinali, ovvero Sean Ptrick O’Malley (presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori) e Luis Francisco Ladaria Ferrer (successore di Müller all’ex Sant’Uffizio) che dovrebbero saperlo bene.
Secondo Müller, nonostante alcuni documenti importanti come la Veritatis splendor di Giovanni Paolo II, negli ultimi pontificati la difesa della visione cristiana della sessualità non è stata efficace e nella “catastrofe morale” determinata dalla cosiddetta rivoluzione sessuale la Chiesa è stata debole sotto il profilo dei provvedimenti disciplinari.
Una “buona cura pastorale” può funzionare solo se c’è una “solida base dogmatica, teologica e morale”.
Quanto al summit di febbraio in Vaticano, l’ex prefetto afferma, come detto, che la categoria del clericalismo non costituisce l’approccio giusto. Se si guarda ai fatti, si deve dire che la causa del fenomeno degli abusi risiede nei gravi peccati contro il sesto comandamento, i quali a loro volta trovano origine nei “fallimenti personali” di uomini che, incapaci di distinguere tra bene e male, restano vittime, come tanti altri, dell’iper-sessualizzazione tipica del nostro tempo, per esempio mediante la pornografia.
A giudizio di Müller da parte del Vaticano sarebbe stato necessario individuare misure urgenti. In primo luogo si tratta, come dice Benedetto XVI, di tornare alle fondamenta della fede, mettendo Dio al primo posto. Il riferimento obbligato è a Paolo: “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Rom 12:2).
Da parte del cardinale anche una forte critica ai vescovi tedeschi che, mediante il sito web della Conferenza episcopale, hanno permesso la diffusione di interventi duri e non oggettivi nei riguardi della lettera di Benedetto XVI, attaccato semplicemente per aver fatto riferimento alla legge morale della Chiesa. “I nostri progressisti, dopo aver gettato a mare la morale sessuale, hanno dimenticato anche il comandamento di amare il prossimo. Qui c’è una piattaforma che veicola l’odio. Spero che i vescovi esercitino la loro responsabilità, al fine di arrivare a un cambiamento di rotta per porre fine all’uso abusivo delle tasse a favore della Chiesa”.
Aldo Maria Valli
https://www.aldomariavalli.it/2019/04/19/muller-clericalismo-diagnosi-falsa/
Prigioniero del pregiudizio
Commento dei portavoce dell'Associazione
tedesca dei teologi morali all’analisi di Benedetto XVI/Joseph Ratzinger
sugli abusi sessuali
*
Evidentemente, il papa emerito Benedetto XVI e cardinale Joseph Ratzinger ha inteso correre ad aiutare la sua Chiesa cattolica che si trova sconvolta dal recente scandalo degli abusi sessuali. L'11 aprile 2019 ha offerto i suoi pensieri in un'analisi sulle cause dei reati sessuali contro minori compiuti da sacerdoti e membri di ordini religiosi. In questo contesto, egli non esita a criticare severamente la disciplina teologica della teologia morale affermando che dagli anni Sessanta il "collasso della teologia morale cattolica ha lasciato la Chiesa priva di difesa contro certi sviluppi all'interno della società". Come portavoce eletti dell'Associazione tedesca dei teologi morali e in accordo con molti dei nostri colleghi, ci sentiamo in dovere di commentare questo rimprovero e insulto alla reputazione dei membri dell’associazione attuali e passati.
Secondo la convinzione del papa emerito, tra il 1960 e il 1980 gli standard della moralità sessuale furono "sballati" in un modo che ha portato a una “assenza di norma”. Una società che è diventata moralmente insostenibile tollera di conseguenza anche la pedofilia - nello stesso modo in cui tollera la sessualità nell’adolescenza, la contraccezione o la condotta omosessuale. Inoltre, una teologia morale relativista non è stata in grado di opporsi a questo sviluppo perché non si sentiva più obbligata a sostenere le chiare proibizioni radicate nell'insegnamento morale tradizionale. Inoltre, la teologia morale è caduta nell'errore sostenendo che gli esseri umani possono percepire senza l'istruzione divina e senza il magistero come comportarsi in un modo (veramente) umano.
Il tentativo di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI di incolpare gli sconvolgimenti sociali degli anni '60 e '80 e le riforme nell'ambito della teologia morale di quel periodo per lo scandalo degli abusi non è affatto nuovo. In passato, ha già ritratto la Chiesa come vittima di un mondo ostile. Dichiarando ciò, tuttavia, nasconde il fatto che in molti casi sono stati gli stessi titolari di cariche ecclesiastiche che, negando e nascondendo, hanno consapevolmente protetto i perpetratori. L'altro fatto che egli trascura è che l'iniziale campanello d'allarme per il risveglio della chiesa dal suo letargo morale è venuto da un’opinione pubblica moralmente sensibile e dai suoi media. Di loro spontanea volontà, quelli che hanno autorità all'interno della Chiesa non hanno sviluppato una risposta adeguata, né hanno fatto i conti con la situazione, come molte delle vittime ci hanno ripetutamente detto.
L'analisi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI si basa su una serie di false assunzioni. È da noi ritenuto un contributo errato e improprio alla soluzione della crisi degli abusi.
(1) Le riflessioni di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sono totalmente negligenti nei confronti di qualsiasi ricerca scientifica sull'argomento nell'ambito delle scienze umane o sociali. Il suo evasivo approccio alla teologia può solo percepire in modo distorto il fenomeno più generale degli abusi nella Chiesa. Non offre una distinzione tra diversi profili criminosi. Non tutti i trasgressori possono essere classificati come pedofili in senso medico. Il problema degli abusi sessuali nella Chiesa non riguarda solo la pedofilia. Inoltre, l'omosessualità in quanto tale non è una causa di abuso sessuale.
(2) È noto che il fenomeno degli abusi sessuali pervade la storia della Chiesa. Sarebbe fuorviante insinuare che negli ambienti cattolici completamente non toccati da alcuna forma di emancipazione sessuale o di rinnovamento teologico, l'abuso non si sia verificato e non si verifichi in futuro. Una glorificazione antistorica del passato esclude necessariamente in modo cinico le vittime di strutture autoritarie o patriarcali. Di conseguenza, le strutture ecclesiali peccaminose che sono esistite in ogni momento non hanno posto nell'idea della Chiesa del non più papa.
(3) Il suo resoconto dello sviluppo del rinnovamento teologico morale testimonia una certa mancanza di sforzo intellettuale. La questione dell'abuso è strumentalizzata da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI per ribadire la sua ben nota critica di una teologia morale di cui non condivide le posizioni sull'etica sessuale. Facendo così, ovviamente gli manca la volontà di arrivare a un giudizio equo. Ad esempio, qualsiasi teologo morale che neghi che un atto omosessuale in una partnership impegnata debba sempre e in ogni caso essere considerato un peccato grave (mortale?) non legittima al tempo stesso la violenza sessuale. Un altro esempio: chiunque osasse criticare la tradizionale rigorosa condanna della contraccezione da un punto di vista teologico morale NON automaticamente sostiene un relativismo morale con il suo vuoto normativo. È a motivo della mancanza di buona volontà o della mancanza di comprensione che Ratzinger/Benedetto XVI non vede che un apprezzamento morale teologico della dignità e dei diritti inalienabili di ogni singolo essere umano non conduce affatto all'arbitrarietà morale?
(4) Dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo assistito a livello globale a un profondo cambiamento nelle credenze normative, ma non alla loro completa scomparsa. Da lì deve essere compreso che sia la "nuova" come la "vecchia" etica riconoscono obblighi morali assoluti!. La controversia piuttosto permane su quali azioni rientrino in questa categoria e per quali ragioni. Con la sua nuova valutazione della pena di morte nel 2018, papa Francesco ha dimostrato come un cambiamento nell'insegnamento morale sia reso possibile da una reinterpretazione delle implicazioni normative della dignità umana.
(5) Se oggi proibiamo moralmente e legalmente ogni forma di violenza sessualizzata, questo può essere attribuito ai recenti cambiamenti nelle riflessioni morali sulla sessualità e sulle questioni di genere piuttosto che al risorgere dei cosiddetti "valori tradizionali". Lo status legale dell'autodeterminazione sessuale non è un'invenzione della Chiesa cattolica. La tradizione glorificata da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI in generale non ha condannato gli abusi sessuali dal punto di vista delle vittime. Era più spesso interessata alla "purezza" sessuale del clero che all'integrità sessuale di bambini e adolescenti.
(6) È sempre stata la principale preoccupazione di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI quella di non lasciare che la fede si separasse dalla ragione nella Chiesa cattolica. Purtroppo, la sua recente "analisi" minaccia questa coesione, perché rifiuta di apprezzare senza pregiudizio gli sforzi della teologia morale per stabilire un'etica cristiana della libertà e della responsabilità, nonché le scoperte scientifiche sull'abuso sessuale.
Prof. Dr. Christof Breitsameter,
Prof. Dr. Stephan Goertz
Monaco/Magonza, 14 aprile 2019
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/04/14/prigioniero-del-pregiudizio/
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Evidentemente, il papa emerito Benedetto XVI e cardinale Joseph Ratzinger ha inteso correre ad aiutare la sua Chiesa cattolica che si trova sconvolta dal recente scandalo degli abusi sessuali. L'11 aprile 2019 ha offerto i suoi pensieri in un'analisi sulle cause dei reati sessuali contro minori compiuti da sacerdoti e membri di ordini religiosi. In questo contesto, egli non esita a criticare severamente la disciplina teologica della teologia morale affermando che dagli anni Sessanta il "collasso della teologia morale cattolica ha lasciato la Chiesa priva di difesa contro certi sviluppi all'interno della società". Come portavoce eletti dell'Associazione tedesca dei teologi morali e in accordo con molti dei nostri colleghi, ci sentiamo in dovere di commentare questo rimprovero e insulto alla reputazione dei membri dell’associazione attuali e passati.
Secondo la convinzione del papa emerito, tra il 1960 e il 1980 gli standard della moralità sessuale furono "sballati" in un modo che ha portato a una “assenza di norma”. Una società che è diventata moralmente insostenibile tollera di conseguenza anche la pedofilia - nello stesso modo in cui tollera la sessualità nell’adolescenza, la contraccezione o la condotta omosessuale. Inoltre, una teologia morale relativista non è stata in grado di opporsi a questo sviluppo perché non si sentiva più obbligata a sostenere le chiare proibizioni radicate nell'insegnamento morale tradizionale. Inoltre, la teologia morale è caduta nell'errore sostenendo che gli esseri umani possono percepire senza l'istruzione divina e senza il magistero come comportarsi in un modo (veramente) umano.
Il tentativo di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI di incolpare gli sconvolgimenti sociali degli anni '60 e '80 e le riforme nell'ambito della teologia morale di quel periodo per lo scandalo degli abusi non è affatto nuovo. In passato, ha già ritratto la Chiesa come vittima di un mondo ostile. Dichiarando ciò, tuttavia, nasconde il fatto che in molti casi sono stati gli stessi titolari di cariche ecclesiastiche che, negando e nascondendo, hanno consapevolmente protetto i perpetratori. L'altro fatto che egli trascura è che l'iniziale campanello d'allarme per il risveglio della chiesa dal suo letargo morale è venuto da un’opinione pubblica moralmente sensibile e dai suoi media. Di loro spontanea volontà, quelli che hanno autorità all'interno della Chiesa non hanno sviluppato una risposta adeguata, né hanno fatto i conti con la situazione, come molte delle vittime ci hanno ripetutamente detto.
L'analisi di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI si basa su una serie di false assunzioni. È da noi ritenuto un contributo errato e improprio alla soluzione della crisi degli abusi.
(1) Le riflessioni di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI sono totalmente negligenti nei confronti di qualsiasi ricerca scientifica sull'argomento nell'ambito delle scienze umane o sociali. Il suo evasivo approccio alla teologia può solo percepire in modo distorto il fenomeno più generale degli abusi nella Chiesa. Non offre una distinzione tra diversi profili criminosi. Non tutti i trasgressori possono essere classificati come pedofili in senso medico. Il problema degli abusi sessuali nella Chiesa non riguarda solo la pedofilia. Inoltre, l'omosessualità in quanto tale non è una causa di abuso sessuale.
(2) È noto che il fenomeno degli abusi sessuali pervade la storia della Chiesa. Sarebbe fuorviante insinuare che negli ambienti cattolici completamente non toccati da alcuna forma di emancipazione sessuale o di rinnovamento teologico, l'abuso non si sia verificato e non si verifichi in futuro. Una glorificazione antistorica del passato esclude necessariamente in modo cinico le vittime di strutture autoritarie o patriarcali. Di conseguenza, le strutture ecclesiali peccaminose che sono esistite in ogni momento non hanno posto nell'idea della Chiesa del non più papa.
(3) Il suo resoconto dello sviluppo del rinnovamento teologico morale testimonia una certa mancanza di sforzo intellettuale. La questione dell'abuso è strumentalizzata da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI per ribadire la sua ben nota critica di una teologia morale di cui non condivide le posizioni sull'etica sessuale. Facendo così, ovviamente gli manca la volontà di arrivare a un giudizio equo. Ad esempio, qualsiasi teologo morale che neghi che un atto omosessuale in una partnership impegnata debba sempre e in ogni caso essere considerato un peccato grave (mortale?) non legittima al tempo stesso la violenza sessuale. Un altro esempio: chiunque osasse criticare la tradizionale rigorosa condanna della contraccezione da un punto di vista teologico morale NON automaticamente sostiene un relativismo morale con il suo vuoto normativo. È a motivo della mancanza di buona volontà o della mancanza di comprensione che Ratzinger/Benedetto XVI non vede che un apprezzamento morale teologico della dignità e dei diritti inalienabili di ogni singolo essere umano non conduce affatto all'arbitrarietà morale?
(4) Dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo assistito a livello globale a un profondo cambiamento nelle credenze normative, ma non alla loro completa scomparsa. Da lì deve essere compreso che sia la "nuova" come la "vecchia" etica riconoscono obblighi morali assoluti!. La controversia piuttosto permane su quali azioni rientrino in questa categoria e per quali ragioni. Con la sua nuova valutazione della pena di morte nel 2018, papa Francesco ha dimostrato come un cambiamento nell'insegnamento morale sia reso possibile da una reinterpretazione delle implicazioni normative della dignità umana.
(5) Se oggi proibiamo moralmente e legalmente ogni forma di violenza sessualizzata, questo può essere attribuito ai recenti cambiamenti nelle riflessioni morali sulla sessualità e sulle questioni di genere piuttosto che al risorgere dei cosiddetti "valori tradizionali". Lo status legale dell'autodeterminazione sessuale non è un'invenzione della Chiesa cattolica. La tradizione glorificata da Joseph Ratzinger/Benedetto XVI in generale non ha condannato gli abusi sessuali dal punto di vista delle vittime. Era più spesso interessata alla "purezza" sessuale del clero che all'integrità sessuale di bambini e adolescenti.
(6) È sempre stata la principale preoccupazione di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI quella di non lasciare che la fede si separasse dalla ragione nella Chiesa cattolica. Purtroppo, la sua recente "analisi" minaccia questa coesione, perché rifiuta di apprezzare senza pregiudizio gli sforzi della teologia morale per stabilire un'etica cristiana della libertà e della responsabilità, nonché le scoperte scientifiche sull'abuso sessuale.
Prof. Dr. Christof Breitsameter,
Prof. Dr. Stephan Goertz
Monaco/Magonza, 14 aprile 2019
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/04/14/prigioniero-del-pregiudizio/
Come al solito un certo tradizionalismo (sudamericano sedevacantista?) si accoda ai titoli dei giornali progressisti quando c'è di mezzo Ratzinger. Nel documento egli non dice infatti che tutto è cominciato col '68 ma fissa l'attenzione su un periodo che va dagli anni '60 ai primi anni '80. Vi erano infatti fermenti già presenti anche prima dell'indizione del Vaticano II e che sono successivamente esplosi col '68, anche nella Chiesa. Attribuire tutto al Concilio e non all'ostracismo che la sana dottrina ricevette significa ribaltare causa ed effetto.
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