Se Benedetto risponde ai dubia
Nelle ore successive alla pubblicazione della lunga dichiarazione di Benedetto XVI sulla crisi morale e teologica della Chiesa, molte persone hanno intravisto una connessione indiretta fra il documento ratzingeriano e il memoriale di monsignor Viganò dell'estate scorsa. Concetti simili ai seguenti sono stati espressi anche su la Verità.
È bello potersi abbeverare ad una fonte limpida, quando si ha sete. E dal 2013 di sete ne abbiamo avuta molta, davvero. La carrellata di scandali, di stramberie teologiche, di frasi inopportune e soprattutto di preoccupanti e perpetrati silenzi necessitava di un intervento chiarificatore. L’intervento di Benedetto XVI, esteso e meditato come una piccola enciclica, ha tutto il pregio di una sapiente riflessione sulla crisi della Chiesa ma anche il valore di un soccorso pastorale, dottrinale e teologico per questi anni di evidente crisi.
Le tematiche trattate da Benedetto XVI sono state molte – giova ricordare lo j’accuse al ’68, causa del collasso morale nella Chiesa – ma c’è la sensazione che il pontefice quasi 92enne abbia voluto, con ferma lucidità, dare quelle risposte che Bergoglio non ha mai dato. Benedetto, con il suo consueto stile pacato e gentile, ha squarciato una coltre di silenzio che ha imbarazzato e rattristato i cattolici fin da quando i quattro cardinali hanno reso pubblica la loro lettera contenente gli ormai celebri dubia. I “dubbi” sottoscritti dai cardinali Caffarra, Brandmüller, Burke e Meisner dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia del 2016 sono rimasti lettera morta: Bergoglio non ha mai risposto, mentre i quattro firmatari sono stati oggetto di un fuoco incrociato di critiche dai pasdaran del progressismo cattolico.
Benedetto risponde tra le righe. Al quarto dubium dei cardinali, collegandosi alla Veritatis Splendor di san Giovanni Paolo II, egli spiega che «ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno al di sopra anche della conservazione della vita fisica. Dio è di più anche della sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un’ultima menzogna, è una non-vita».
Ma è sull’Eucaristia che il Santo Padre emerito Benedetto riafferma con forza un atteggiamento di buon senso cristiano. Buon senso, perché quanto affermato da Ratzinger è semplice abc del cattolico che vuole accostarsi con serietà ai sacramenti, che ha rispetto per Cristo e, a dirla tutta, che ha anche rispetto per la propria anima. Constata Benedetto XVI: «L’Eucaristia è declassata a gesto cerimoniale quando si considera ovvio che le buone maniere esigano che sia distribuita a tutti gli invitati a ragione della loro appartenenza al parentado, in occasione di feste familiari o eventi come matrimoni e funerali. L’ovvietà con la quale in alcuni luoghi i presenti, semplicemente perché tali, ricevono il Santissimo Sacramento mostra come nella Comunione si veda ormai solo un gesto cerimoniale. Se riflettiamo sul da farsi, è chiaro che non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa inventata da noi. Quel che è necessario è invece il rinnovamento della fede nella realtà di Gesù Cristo donata a noi nel Sacramento».
Sempre leggendo tra le righe, queste parole rispondono inevitabilmente al primo dubium dei cardinali. Quello sull’ammissione alla Santa Eucaristia di una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive more uxorio con un’altra. No, dice papa Benedetto, non è possibile che l’Eucaristia sia concessa a tutti con leggerezza. Non è un gesto cerimoniale. Serve un «profondo rispetto di fronte alla presenza della morte e risurrezione di Cristo», cosa che non avviene al giorno d’oggi. Tanto che, aggiungiamo noi, si arriva a pretendere l’accesso al sacramento anche da parte di chi vive una situazione oggettiva di peccato grave.
È chiaro che non era nello stile di Benedetto XVI rispondere puntualmente ai quattro dubia; egli resta un professore un po’ timido, lontano da “invasioni di campo”: Amoris Laetitia è stata scritta da Bergoglio. L’intento della lettera è quello di fornire qualche «indicazione» che possa «essere di aiuto in questo momento difficile», ma, proprio per questo, è impossibile non scorgervi all’interno anche le indirette risposte ai dubia dei cardinali. Dubbi che sono del tutto legittimi e che, ahinoi, si legano ai fondamenti di una sana dottrina cattolica.
Constatare come da anni nella Chiesa vi sia un “liberi tutti”, uno sbracamento teologico deprimente ed inquietante, non può che allarmare e farci apprezzare ancora di più l’estremo tentativo di Benedetto XVI di raddrizzare il timone della barca. E qui si pone la risposta ad una domanda latente nei cattolici: che Chiesa è quella che stiamo vedendo? Benedetto analizza: «Oggi la Chiesa viene in gran parte vista solo come una specie di apparato politico. Di fatto, di essa si parla solo utilizzando categorie politiche e questo vale persino per dei vescovi che formulano la loro idea sulla Chiesa di domani in larga misura quasi esclusivamente in termini politici. La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di malriuscito che dobbiamo decisamente prendere in mano noi stessi e formare in modo nuovo. Ma una Chiesa fatta da noi non può rappresentare alcuna speranza».
Per usare un termine molto più terra-terra e già più volte impiegato da giornalisti e blogger, la Chiesa sta diventando una Ong: vicina ai bisogni degli uomini (e neanche tutti, soltanto alcune specifiche categorie) e lontana da Dio. Un organismo politico, dice Ratzinger, che guarda al futuro in termini politici. Ed è così che, travolta da una crisi dottrinale, teologica e pastorale, «la Chiesa muore nelle anime». E alla domanda latente nei cattolici, sconcertati di fronte a questa Caporetto spirituale, su quale sia la strada da percorrere per salvare la Chiesa, il papa emerito ha una risposta chiara. Per salvare la Chiesa non bisogna snaturarla. Non la si può riformare, plasmandola secondo i bisogni attuali dell’uomo: «L’idea di una Chiesa migliore creata da noi stessi è in verità una proposta del diavolo con la quale vuole allontanarci dal Dio vivo, servendosi di una logica menzognera nella quale caschiamo sin troppo facilmente. No, anche oggi la Chiesa non consiste solo di pesci cattivi e di zizzania. La Chiesa di Dio c’è anche oggi, e proprio anche oggi essa è lo strumento con il quale Dio ci salva. È molto importante contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità: sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono. Ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile. Anche oggi ci sono molti uomini che umilmente credono, soffrono e amano e nei quali si mostra a noi il vero Dio, il Dio che ama. Anche oggi Dio ha i suoi testimoni (“martyres”) nel mondo. Dobbiamo solo essere vigili per vederli e ascoltarli». Un messaggio in bottiglia per questi tempi difficili. Un vademecum per coloro che oggi hanno le redini della Chiesa, affinché indirizzino al meglio la barca di Pietro.
di Giorgio Enrico Cavallo
È bello potersi abbeverare ad una fonte limpida, quando si ha sete. E dal 2013 di sete ne abbiamo avuta molta, davvero. La carrellata di scandali, di stramberie teologiche, di frasi inopportune e soprattutto di preoccupanti e perpetrati silenzi necessitava di un intervento chiarificatore. L’intervento di Benedetto XVI, esteso e meditato come una piccola enciclica, ha tutto il pregio di una sapiente riflessione sulla crisi della Chiesa ma anche il valore di un soccorso pastorale, dottrinale e teologico per questi anni di evidente crisi.
Le tematiche trattate da Benedetto XVI sono state molte – giova ricordare lo j’accuse al ’68, causa del collasso morale nella Chiesa – ma c’è la sensazione che il pontefice quasi 92enne abbia voluto, con ferma lucidità, dare quelle risposte che Bergoglio non ha mai dato. Benedetto, con il suo consueto stile pacato e gentile, ha squarciato una coltre di silenzio che ha imbarazzato e rattristato i cattolici fin da quando i quattro cardinali hanno reso pubblica la loro lettera contenente gli ormai celebri dubia. I “dubbi” sottoscritti dai cardinali Caffarra, Brandmüller, Burke e Meisner dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia del 2016 sono rimasti lettera morta: Bergoglio non ha mai risposto, mentre i quattro firmatari sono stati oggetto di un fuoco incrociato di critiche dai pasdaran del progressismo cattolico.
Benedetto risponde tra le righe. Al quarto dubium dei cardinali, collegandosi alla Veritatis Splendor di san Giovanni Paolo II, egli spiega che «ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno al di sopra anche della conservazione della vita fisica. Dio è di più anche della sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un’ultima menzogna, è una non-vita».
Ma è sull’Eucaristia che il Santo Padre emerito Benedetto riafferma con forza un atteggiamento di buon senso cristiano. Buon senso, perché quanto affermato da Ratzinger è semplice abc del cattolico che vuole accostarsi con serietà ai sacramenti, che ha rispetto per Cristo e, a dirla tutta, che ha anche rispetto per la propria anima. Constata Benedetto XVI: «L’Eucaristia è declassata a gesto cerimoniale quando si considera ovvio che le buone maniere esigano che sia distribuita a tutti gli invitati a ragione della loro appartenenza al parentado, in occasione di feste familiari o eventi come matrimoni e funerali. L’ovvietà con la quale in alcuni luoghi i presenti, semplicemente perché tali, ricevono il Santissimo Sacramento mostra come nella Comunione si veda ormai solo un gesto cerimoniale. Se riflettiamo sul da farsi, è chiaro che non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa inventata da noi. Quel che è necessario è invece il rinnovamento della fede nella realtà di Gesù Cristo donata a noi nel Sacramento».
Sempre leggendo tra le righe, queste parole rispondono inevitabilmente al primo dubium dei cardinali. Quello sull’ammissione alla Santa Eucaristia di una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive more uxorio con un’altra. No, dice papa Benedetto, non è possibile che l’Eucaristia sia concessa a tutti con leggerezza. Non è un gesto cerimoniale. Serve un «profondo rispetto di fronte alla presenza della morte e risurrezione di Cristo», cosa che non avviene al giorno d’oggi. Tanto che, aggiungiamo noi, si arriva a pretendere l’accesso al sacramento anche da parte di chi vive una situazione oggettiva di peccato grave.
È chiaro che non era nello stile di Benedetto XVI rispondere puntualmente ai quattro dubia; egli resta un professore un po’ timido, lontano da “invasioni di campo”: Amoris Laetitia è stata scritta da Bergoglio. L’intento della lettera è quello di fornire qualche «indicazione» che possa «essere di aiuto in questo momento difficile», ma, proprio per questo, è impossibile non scorgervi all’interno anche le indirette risposte ai dubia dei cardinali. Dubbi che sono del tutto legittimi e che, ahinoi, si legano ai fondamenti di una sana dottrina cattolica.
Constatare come da anni nella Chiesa vi sia un “liberi tutti”, uno sbracamento teologico deprimente ed inquietante, non può che allarmare e farci apprezzare ancora di più l’estremo tentativo di Benedetto XVI di raddrizzare il timone della barca. E qui si pone la risposta ad una domanda latente nei cattolici: che Chiesa è quella che stiamo vedendo? Benedetto analizza: «Oggi la Chiesa viene in gran parte vista solo come una specie di apparato politico. Di fatto, di essa si parla solo utilizzando categorie politiche e questo vale persino per dei vescovi che formulano la loro idea sulla Chiesa di domani in larga misura quasi esclusivamente in termini politici. La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di malriuscito che dobbiamo decisamente prendere in mano noi stessi e formare in modo nuovo. Ma una Chiesa fatta da noi non può rappresentare alcuna speranza».
Per usare un termine molto più terra-terra e già più volte impiegato da giornalisti e blogger, la Chiesa sta diventando una Ong: vicina ai bisogni degli uomini (e neanche tutti, soltanto alcune specifiche categorie) e lontana da Dio. Un organismo politico, dice Ratzinger, che guarda al futuro in termini politici. Ed è così che, travolta da una crisi dottrinale, teologica e pastorale, «la Chiesa muore nelle anime». E alla domanda latente nei cattolici, sconcertati di fronte a questa Caporetto spirituale, su quale sia la strada da percorrere per salvare la Chiesa, il papa emerito ha una risposta chiara. Per salvare la Chiesa non bisogna snaturarla. Non la si può riformare, plasmandola secondo i bisogni attuali dell’uomo: «L’idea di una Chiesa migliore creata da noi stessi è in verità una proposta del diavolo con la quale vuole allontanarci dal Dio vivo, servendosi di una logica menzognera nella quale caschiamo sin troppo facilmente. No, anche oggi la Chiesa non consiste solo di pesci cattivi e di zizzania. La Chiesa di Dio c’è anche oggi, e proprio anche oggi essa è lo strumento con il quale Dio ci salva. È molto importante contrapporre alle menzogne e alle mezze verità del diavolo tutta la verità: sì, il peccato e il male nella Chiesa ci sono. Ma anche oggi c’è pure la Chiesa santa che è indistruttibile. Anche oggi ci sono molti uomini che umilmente credono, soffrono e amano e nei quali si mostra a noi il vero Dio, il Dio che ama. Anche oggi Dio ha i suoi testimoni (“martyres”) nel mondo. Dobbiamo solo essere vigili per vederli e ascoltarli». Un messaggio in bottiglia per questi tempi difficili. Un vademecum per coloro che oggi hanno le redini della Chiesa, affinché indirizzino al meglio la barca di Pietro.
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