Siamo a Loreto, dove Papa Francesco si è recato per la Solennità dell’Annunciazione. Come di consueto, autorità e fedeli si sono messi in fila per salutarlo. Nel filmato di un telegiornale si vede chiaramente come il Papa, visibilmente infastidito, sfili la mano destra nel momento in cui lo sventurato di turno, seguendo le regole del protocollo, della tradizione, del doveroso rispetto per il Vicario di Cristo e della semplice buona educazione, si mette in ginocchio per baciare l’Anello del Pescatore.
L’Anello è il simbolo, d’oro massiccio, che ogni successore di Pietro indossa durante il suo Pontificato ed è uno dei più noti simboli del Santo Padre, attestato fin dal 1265, ma ovviamente risalente a ben prima. Richiama la promessa di Cristo a Pietro di farne un “pescatore di uomini”. Alla morte del Pontefice o in seguito alla sua rinuncia, il sigillo sull’anello viene annullato dal cardinale camerlengo alla presenza degli altri cardinali, utilizzando un martelletto d’argento: viene prima incisa una croce con uno scalpello e successivamente con il martello viene rotto e conservato nei musei vaticani come reperto.
Papa Francesco, per la prima volta nella storia della Chiesa, ha chiesto e ottenuto un anello in argento dorato volendo simboleggiare, seguendo la sua ideologia pauperista, un ritorno a una Chiesa “povera e semplice” (tra l’altro pura finzione storico-teologica, mai esistita storicamente); un anello che, oltre tutto, non riproduce la tradizionale figura di San Pietro Pescatore e che era già appartenuto (ma non usato come anello piscatorio cerimoniale) da Paolo VI. Così come ha rifiutato la croce pettorale d’oro, preferendone una d’argento, tra l’altro decisamente brutta.
Ora, certamente il Papa non può ignorare che “il bacio dell’anello” è un doveroso omaggio a chi incarna il ruolo di Vicario di Cristo sulla terra, a cui è stata data da Dio la potestà di “sciogliere e legare”. Omaggio quindi a ciò che il Papa rappresenta e non solo alla sua persona, che comunque è sacra, anche perché non è da dimenticare che, lo si voglia o no, il Papa è anche Re, e il corpo del Re è sempre stato considerato sacro. Rifiutare l’omaggio al Vicario di Cristo è quindi, da parte del Papa, un errore, anzi, più di un errore, perché implica una diminutio non tanto o non solo della persona, ma del sacro ruolo da questa incarnato.
Poi il Papa si è reso conto, probabilmente su suggerimento di qualcuno del suo staff, di aver commesso un atto poco apprezzabile e poco popolare (e alla popolarità questo Papa sembra badare moltissimo) ed ecco intervenire lo sventurato portavoce della Sala stampa vaticana, Alessandro Gisotti, che si è dovuto far carico di una sorta di chiarimento-giustificazione-confessione: “Il Papa mi ha detto che il motivo per cui non faceva fare il baciamano è per igiene, non per lui, ma per evitare il contagio quando ci sono lunghe file di persone”. Già: per igiene, ma non per Lui, ma per la gente; il Papa non vuole diventare veicolo di germi, anzi: Egli, rifiutando il bacio dell’anello, vuole proteggere la salute dei fedeli, coraggiosamente incurante della Sua. In Veneto direbbero: “Xe pèso el tacòn del buso”, è peggio la toppa del buco.
Maleducazione? Mancanza di buona creanza? Certo, non stiamo qui commentando possibili eresie, semi-eresie, errori teologici, discutibili affermazioni socio-politiche imputabili al Pontefice e di cui si è spesso argomentato (un testo tra tutti per completezza e organicità: José Antonio Ureta, Il “cambio di paradigma” di Papa Francesco, Istituto Plinio Corrêa de Oliveira). Stiamo parlando di atti maleducati, comportamenti inappropriati, insomma.
Se infatti risaliamo il periodo del suo Pontificato, esempi di maleducazione o semplicemente di atti inappropriati, considerati il Suo ruolo e il contesto, non mancano. Come non ricordare, ad esempio, quando Francesco, con gesto quasi rabbioso, staccò le mani giunte in preghiera di un pio chierichetto? Forse perché era una postura troppo “devozionale” e tradizionalista? Quale può essere stato l’effetto di quel gesto – possiamo definirlo cattivo? – sulla successiva educazione cristiana del fanciullo? Quale l’impatto di una simile violenza sulla sua Fede? In compenso, nelle messe postconciliari attuali, durante la recita del Padre Nostro, quello recentemente sconciato nella traduzione e nella dottrina, i don Chichì (ricordate Guareschi?) delle nostre parrocchie ci chiedono di alzare le braccia con le mani rivolte al cielo in un gesto “ispirato” che è, almeno per i fedeli, a-liturgico se non anti-liturgico, perché assente nella liturgia tradizionale. Di più: in alcune chiese, quale massima espressione di infantile cretinismo liturgico progressista, si ordina ai fedeli non solo di alzare le braccia, ma anche di tenersi mano nella mano con i vicini, perché questo farebbe “più comunità”. Ridicolo e grottesco.
Torniamo al Nostro. Vi ricordate quando, non molto tempo dopo la Sua elezione, Papa Francesco venne invitato ad assistere a un concerto di musica classica a Lui dedicato, facendo anche memoria di quanto il suo Predecessore amasse questo tipo di musica? Il rifiuto del Papa fu netto, sgarbato: “Non sono un Principe rinascimentale”, accampando motivi di “sobrietà” e presunti impegni di lavoro. Come un amministratore delegato qualsiasi. D’altronde che il Papa preferisca il tango, la merengue e il rock alla musica classica è dimostrato da diversi filmati su Youtube, che lo vedono piacevolmente agitarsi al suono di questi ritmi. Bene fecero, in quell’occasione, gli organizzatori a lasciare dov’era la poltrona già destinata al Papa, isolata al centro della sala, desolatamente vuota, palese dimostrazione di una papale mancanza di sensibilità, di buona educazione, di cultura e di stile.
Ancora: nel settembre 2016, quattro Cardinali (non fedeli qualunque, ma Principi della Chiesa), indirizzarono al Pontefice una rispettosissima richiesta di chiarimenti in merito alle evidenti contraddizioni dell’Amoris Laetitia rispetto a documenti dogmatici precedenti e alla Dottrina e Tradizione della Chiesa, esprimendo, in proposito, dei documentati dubia. Nessuna risposta dal Pontefice. Un vecchio adagio delle nostre nonne così recita: “chiedere è lecito, rispondere è cortesia”. I dubiavennero riproposti, con una nuova richiesta di risposta, nell’aprile 2018, in un convegno a Roma. Ancora silenzio.
Nel 2017, centinaia di vescovi, sacerdoti, teologi, docenti universitari, scrittori e intellettuali cattolici indirizzarono al Pontefice una Correctio filialis de haeresibus propagatis, in cui, sempre con tono rispettosissimo, chiedevano al Papa chiarimenti sull’Amoris Laetitiae altro. Anche in questo caso, nessuna risposta venne data da un Papa che pur è aduso a telefonare disinvoltamente a rabbini, pastori protestanti, argentine divorziate e risposate che vogliono a tutti i costi la Comunione, giornalisti come Scalfari. Ma a Cardinali e ad autorevoli fedeli che chiedono, con rispetto e devozione, chiarimenti, nessuna risposta.
D’altronde, sembra che la maleducazione della mancata risposta sia una caratteristica dei Papi progressisti. Quando, nel 1969, i Cardinali Alfredo Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio, e Antonio Bacci indirizzarono a Paolo VI una documentatissima e preoccupata missiva di critica alla “nuova messa” postconciliare, modernista e protestantizzante che distruggeva la S. Messa di sempre, il ben noto Breve esame critico del novus ordo missae, Paolo VI non si degnò di una risposta.
D’altronde è risaputo che fin dalla sua prima comparsa in Piazza S. Pietro, dopo la sua elezione, Papa Francesco si è sempre rifiutato di indossare abiti e paramenti papali: le scarpette rosse, la mozzetta, il camauro e via vestendo. Anche in questo caso, in nome di presunte e malintese “sobrietà” e “semplicità”. Certo, il Papa probabilmente ignora, contrariamente ai suoi Predecessori, il profondo significato simbolico di ciascuno di questi paramenti papali, dei loro colori, delle loro fogge, delle loro radici storiche e tradizionali. Ma ciò che deve preoccupare è, ancora, il voluto rifiuto di onorare, nel Papa, il Vicario di Cristo.
Un ingannevole rifuggire da un presunto sfarzo, dovuto alla sacralità del ruolo, che costituisce una negazione dell’omaggio a Colui che questo ruolo rappresenta. San Carlo Borromeo visse sempre con grande semplicità e sobrietà, nonostante la sua nascita in una delle più grandi famiglie principesche, ma riempì le chiese della sua Diocesi di meravigliosi paramenti liturgici intrecciati d’oro, opere d’arte, calici e vasi sacri d’oro e ingemmati, architetture splendide, tutto ciò ad maiorem Dei gloriam, e non certo a gloria sua. Anche la scelta di non risiedere in Vaticano e di preferire la suitedi un residence di lusso è significativo, da parte di questo Papa, di una rottura con le scelte dei suoi predecessori, di una “presa di distanza” dal suo altissimo ruolo, di un rifiuto della Bellezza, della storia della Chiesa, dell’Arte o anche solo dei suoi doveri di rappresentanza. Per non parlare dell’ostentata, vantata e ipocrita preferenza per una vettura utilitaria, al limite del ridicolo.
Dovrebbe essere meditata anche la scelta del Papa di non inginocchiarsi durante la Santa Messa, che alcuni difensori afflitti da papolatria attribuiscono a problemi artritici, prontamente smentiti dal suo profondo inginocchiarsi, invece, durante la “lavanda dei piedi” di carcerati, tra i quali anche immigrati musulmani.
Ma certo, dice il Papa, costoro, per rispetto, non vanno neppure più chiamati con il pur falsificante termine di “migranti”, ma “persone migranti”. E giù una dotta dissertazione sulla natura del sostantivo e dell’aggettivo. Insomma, si può essere maleducati con Dio, rifiutandosi di inginocchiarsi quando la liturgia lo prevede, ma non con gl’invasori afro-musulmani, di fronte ai quali bisogna prostrarsi. E come dimenticare il suo gesto, incongruo, ridicolo se non semplicemente insano (in tutti i sensi), dell’inginocchiarsi per baciare i piedi (calzati) del Presidente e dei Vicepresidenti del Sud Sudan (che comunque dovrebbero essere cristiani)?
Qualcuno, per negare la “scortesia” del Papa, potrebbe ricordarci i furbetti “buongiorno”, “buonasera”, “buon pranzo”. Nulla di più sbagliato. Ciò che è opportuno, se non semplicemente educato, in una buona famiglia, può essere totalmente fuori posto e inappropriato se compiuto dal Pontefice, che è tenuto al rispetto del suo ruolo, alla forma, a uno stile che non può negare la distanza, che è ontologica per il sommo Carisma ricevuto, tra Lui e i fedeli. Invece, questi banalizzanti convenevoli vogliono anche significare il collusivo e demagogico messaggio: “sono uno di voi, sono uno come voi”.
È poi paradossale che l’attuale Pontefice abbia persino dedicato un’omelia alla buona educazione familiare (quella sul “permesso?”, “grazie”, “scusa”). Una contraddizione in mezzo ad altre contraddizioni. Infine, ci siamo poi dimenticato degli insulti rivolti da Francesco ai fedeli rispettosi della Dottrina e della Tradizione? “Rigidi”, “tristi”, “cuori di pietra”, “pelagiani” (ma il monaco Pelagio e le sue eresie non c’entrano proprio nulla).
Questi, e molti altri, gli sconcertanti comportamenti del Papa, improntati al disprezzo della forma (che, non dimentichiamolo, è garanzia della sostanza), all’indifferenza, se non all’astio, verso ciò che è Bello, verso lo stile, la compostezza, la ieraticità che devono caratterizzare un ruolo unico al mondo istituito da Gesù Cristo e anche a un’assenza di rispetto verso i suoi Predecessori, oltre che verso tutti i fedeli.
Il filosofo Enrico Maria Radaelli ha recentemente scritto un interessante libro, Street Theology, nel quale, tra l’altro, si descrive la temperie, il clima, il linguaggio, l’anti-stile imposto da Francesco: “…il fenomeno mediatico-religioso più dirompente del nuovo secolo, la tutta nuova storytellingcon cui un Papa (un Papa!) si ripromette di parlare al mondo, anzi di parlare colmondo […] la tutta nuova “Teologia di strada”, effimera, provocatoria, “a effetto”, in perenne controtendenza, ingenua e iper kitsch, e sempre molto ma molto underground”.
Non è paradossale, contraddittorio e ipocrita che sia stato questo stesso “papa di strada” a citare le parole di San Francesco di Sales: “la buona educazione è già mezza santità”?
Antonio de Felip
https://www.riscossacristiana.it/della-forma-e-della-buona-educazione-antonio-de-felip/
Esperti come il cardinale Raymond Burke e il vescovo Athanasius Schneider stanno dando l’allarme riguardo una sconvolgente proposta fatta in Vaticano di considerare di cambiare la sostanza dell’Eucaristia.
Una tale mossa, avvertono i critici, invaliderebbe il Sacramento e creerebbe, in effetti, una “nuova religione”.
Il teologo gesuita padre Francisco Taborda la scorsa settimana ha sollevato la possibilità che il prossimo Sinodo dell’Amazzonia previsto per il prossimo ottobre possa prendere in considerazione la possibilità di cambiare la sostanza dell’Eucaristia, permettendo l’uso di un vegetale del Sud America chiamato yuca invece del pane di grano.
Padre Taborda ha detto a Crux il 28 febbraio che le questioni climatiche e l’inculturazione giustificano il cambiamento. L’umidità intensa durante la stagione delle piogge amazzoniche trasforma l’ostia fatta di grano in una poltiglia pastosa, ha detto, aggiungendo che “in Amazzonia, il pane è fatto di yuca”,un arbusto originario del Sud America da cui deriva la tapioca.
Taborda, professore di teologia all’università gesuita di Belo Horizonte, Brasile, è stato uno dei relatori di un seminario di studio tenutosi in Vaticano il 25-27 febbraio, in preparazione del Sinodo di ottobre su “Amazzonia: Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”.
Tra i protagonisti dei due giorni di seminario, il cardinale italiano Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il cardinale brasiliano Claudio Hummes, uno dei principali fautori dei sacerdoti sposati di rito latino. Erano presenti anche i presidenti delle conferenze episcopali pan-amazzoniche e altri “prelati ed esperti” provenienti dall’Amazzonia e da altre regioni geografiche.
Mentre padre Taborda ha riconosciuto che un cambiamento nella sostanza dell’Eucaristia è una “questione molto complessa”, ha detto di ritenere che dovrebbe essere decisa dai vescovi locali.
In Vaticano proposta per cambiare l’Eucaristia significherebbe creare nuova religione
Esperti come il cardinale Raymond Burke e il vescovo Athanasius Schneider stanno dando l’allarme riguardo una sconvolgente proposta fatta in Vaticano di considerare di cambiare la sostanza dell’Eucaristia.
Una tale mossa, avvertono i critici, invaliderebbe il Sacramento e creerebbe, in effetti, una “nuova religione”.
Di seguito un articolo di Diane Montagna, nella mia traduzione.
Esperti come il cardinale Raymond Burke e il vescovo Athanasius Schneider stanno dando l’allarme riguardo una sconvolgente proposta fatta in Vaticano di considerare di cambiare la sostanza dell’Eucaristia.
Una tale mossa, avvertono i critici, invaliderebbe il Sacramento e creerebbe, in effetti, una “nuova religione”.
Il teologo gesuita padre Francisco Taborda la scorsa settimana ha sollevato la possibilità che il prossimo Sinodo dell’Amazzonia previsto per il prossimo ottobre possa prendere in considerazione la possibilità di cambiare la sostanza dell’Eucaristia, permettendo l’uso di un vegetale del Sud America chiamato yuca invece del pane di grano.
Padre Taborda ha detto a Crux il 28 febbraio che le questioni climatiche e l’inculturazione giustificano il cambiamento. L’umidità intensa durante la stagione delle piogge amazzoniche trasforma l’ostia fatta di grano in una poltiglia pastosa, ha detto, aggiungendo che “in Amazzonia, il pane è fatto di yuca”,un arbusto originario del Sud America da cui deriva la tapioca.
Taborda, professore di teologia all’università gesuita di Belo Horizonte, Brasile, è stato uno dei relatori di un seminario di studio tenutosi in Vaticano il 25-27 febbraio, in preparazione del Sinodo di ottobre su “Amazzonia: Nuovi cammini per la Chiesa e per un’ecologia integrale”.
Tra i protagonisti dei due giorni di seminario, il cardinale italiano Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e il cardinale brasiliano Claudio Hummes, uno dei principali fautori dei sacerdoti sposati di rito latino. Erano presenti anche i presidenti delle conferenze episcopali pan-amazzoniche e altri “prelati ed esperti” provenienti dall’Amazzonia e da altre regioni geografiche.
Mentre padre Taborda ha riconosciuto che un cambiamento nella sostanza dell’Eucaristia è una “questione molto complessa”, ha detto di ritenere che dovrebbe essere decisa dai vescovi locali.
Yucarista: Una nuova religione
LifeSite si è rivolta a numerosi eminenti teologi ed ecclesiastici cattolici per chiedere loro se un tale cambiamento sia addirittura concepibile. Hanno risposto all’unanimità e con veemenza in senso negativo.
“Sarebbe del tutto improprio per il Sinodo in Amazzonia discutere il cambiamento della sostanza della Santa Eucaristia“, ha detto il cardinale Burke a LifeSite. “Allontanarsi da quella che è sempre stata la sostanza del sacramento della Santa Eucaristia ha implicazioni molto gravi”, ha detto.
“Questo è del tutto impossibile perché è contro la legge divina che Dio ci ha dato”, ha risposto al cambiamento proposto il vescovo Athanasius Schneider, ausiliare di Astana. “Celebrare l’Eucaristia con yuca significherebbe introdurre una sorta di nuova religione”.
Padre John Saward, ricercatore senior presso Blackfriars Hall, Università di Oxford, ha detto che sostituire il pane di grano con lo yuca sarebbe contrario alla testimonianza della Tradizione, a San Tommaso d’Aquino, e al Codice di Diritto Canonico.
E un importante teologo, parlando in condizione di anonimato, ha detto a LifeSite:
LifeSite si è rivolta a numerosi eminenti teologi ed ecclesiastici cattolici per chiedere loro se un tale cambiamento sia addirittura concepibile. Hanno risposto all’unanimità e con veemenza in senso negativo.
“Sarebbe del tutto improprio per il Sinodo in Amazzonia discutere il cambiamento della sostanza della Santa Eucaristia“, ha detto il cardinale Burke a LifeSite. “Allontanarsi da quella che è sempre stata la sostanza del sacramento della Santa Eucaristia ha implicazioni molto gravi”, ha detto.
“Questo è del tutto impossibile perché è contro la legge divina che Dio ci ha dato”, ha risposto al cambiamento proposto il vescovo Athanasius Schneider, ausiliare di Astana. “Celebrare l’Eucaristia con yuca significherebbe introdurre una sorta di nuova religione”.
Padre John Saward, ricercatore senior presso Blackfriars Hall, Università di Oxford, ha detto che sostituire il pane di grano con lo yuca sarebbe contrario alla testimonianza della Tradizione, a San Tommaso d’Aquino, e al Codice di Diritto Canonico.
E un importante teologo, parlando in condizione di anonimato, ha detto a LifeSite:
Se il Papa dovesse portare avanti questa concessione sulla base dello “sviluppo della dottrina”, aiutando e favorendo i teologi eterodossi di Roma (o del Brasile o della Germania o di qualsiasi altro luogo) che l’hanno proposto, allora autorizzerà un cambiamento della sostanza del Sacramento come determinato dall’azione di Cristo nostro Signore nell’Ultima Cena. Le “Messe” celebrate con il pane “yuca” non sarebbero Messe; non ci sarebbe Presenza Reale, nessun Sacrificio.
Intervengono teologi e prelati di spicco.
Abbiamo chiesto a queste autorità di spiegare più dettagliatamente perché è semplicemente impossibile che si verifichi un simile cambiamento.
Il cardinale Burke ha spiegato che “secondo la fede della Chiesa romana, la sostanza del sacramento della Santa Eucaristia è il pane di grano e il vino naturale tratto dall’uva”.
“Se si usa qualsiasi altra materia, il sacramento della Santa Eucaristia non è fatto validamente”, ha detto.
Il cardinale ha osservato che “l’antica usanza della Chiesa, secondo la quale solo il pane di grano può essere usato per il sacrificio eucaristico, è stata confermata al Concilio di Firenze (Bolla di unione con gli armeni Exsultate Deo, 22 novembre 1439)”.
“La questione dei sacramenti rispetta ciò che viene insegnato nelle Sacre Scritture”, spiega anche il cardinale Burke. “Il racconto dell’Istituzione della Santa Eucaristia specifica che Cristo prese il pane di grano, non il pane d’orzo o qualsiasi altra forma di pane, durante l’Ultima Cena e ne trasformò la sostanza nella sostanza del Suo Corpo. La parola greca artos significa quasi sempre pane di grano”.
Il vescovo Athanasius Schneider è d’accordo, e dice: “Nostro Signore Gesù Cristo ha preso il pane di grano e il vino naturale dell’uva, e la Chiesa ha insegnato costantemente e nello stesso senso per oltre duemila anni che solo il pane di grano è la sostanza del sacramento dell’Eucaristia. Questo è un insegnamento infallibile del Magistero Ordinario Universale”.
L’ausiliare di Astana ha aggiunto che il Catechismo del Concilio di Trento afferma che la sostanza della Santa Eucaristia è solo il pane di grano. Si legge nel passaggio relativo:
Abbiamo chiesto a queste autorità di spiegare più dettagliatamente perché è semplicemente impossibile che si verifichi un simile cambiamento.
Il cardinale Burke ha spiegato che “secondo la fede della Chiesa romana, la sostanza del sacramento della Santa Eucaristia è il pane di grano e il vino naturale tratto dall’uva”.
“Se si usa qualsiasi altra materia, il sacramento della Santa Eucaristia non è fatto validamente”, ha detto.
Il cardinale ha osservato che “l’antica usanza della Chiesa, secondo la quale solo il pane di grano può essere usato per il sacrificio eucaristico, è stata confermata al Concilio di Firenze (Bolla di unione con gli armeni Exsultate Deo, 22 novembre 1439)”.
“La questione dei sacramenti rispetta ciò che viene insegnato nelle Sacre Scritture”, spiega anche il cardinale Burke. “Il racconto dell’Istituzione della Santa Eucaristia specifica che Cristo prese il pane di grano, non il pane d’orzo o qualsiasi altra forma di pane, durante l’Ultima Cena e ne trasformò la sostanza nella sostanza del Suo Corpo. La parola greca artos significa quasi sempre pane di grano”.
Il vescovo Athanasius Schneider è d’accordo, e dice: “Nostro Signore Gesù Cristo ha preso il pane di grano e il vino naturale dell’uva, e la Chiesa ha insegnato costantemente e nello stesso senso per oltre duemila anni che solo il pane di grano è la sostanza del sacramento dell’Eucaristia. Questo è un insegnamento infallibile del Magistero Ordinario Universale”.
L’ausiliare di Astana ha aggiunto che il Catechismo del Concilio di Trento afferma che la sostanza della Santa Eucaristia è solo il pane di grano. Si legge nel passaggio relativo:
Esistono, tuttavia, vari tipi di pane, sia perché sono costituiti da materiali diversi – come grano, orzo, legumi e altri prodotti della terra; sia perché possiedono qualità diverse – alcuni lievitati, altri del tutto senza lievito. Va osservato che, per quanto riguarda le prime specie, le parole del Salvatore mostrano che il pane dovrebbe essere di grano, perché, secondo l’uso comune, quando diciamo semplicemente pane, siamo sufficientemente compresi per indicare il pane di grano. Questo è dichiarato anche da un passo dell’Antico Testamento, perché il Signore ha comandato che i pani dell’offerta, che significa questo sacramento, fossero fatti di farina fine.
Egli ha quindi sostenuto che “cambiare la sostanza dell’Eucaristia dal pane di grano a un altro tipo di materia equivarrebbe a inventare un sacramento, estraneo a quello stabilito da Nostro Signore, che è stato conservato immutato dalla tradizione bimillenaria di tutta la Chiesa in Oriente e in Occidente”.
“Celebrare l’Eucaristia con lo yuca significherebbe introdurre una sorta di nuova religione“, ha sostenuto Schneider. “Se introducessero la yuca come materia per l’Eucaristia, non sarebbe più il sacramento della religione cattolica. Sarebbe una nuova religione amazzonica con decorazioni cattoliche, ma non sarebbe più il sacramento dell’Eucaristia della Chiesa Cattolica Apostolica”.
Anche il vescovo Schneider ha sottolineato:
“Celebrare l’Eucaristia con lo yuca significherebbe introdurre una sorta di nuova religione“, ha sostenuto Schneider. “Se introducessero la yuca come materia per l’Eucaristia, non sarebbe più il sacramento della religione cattolica. Sarebbe una nuova religione amazzonica con decorazioni cattoliche, ma non sarebbe più il sacramento dell’Eucaristia della Chiesa Cattolica Apostolica”.
Anche il vescovo Schneider ha sottolineato:
Il Concilio di Trento, Papa Pio XII e Giovanni Paolo II ha insegnato che la Chiesa non ha il potere di cambiare la sostanza dei sacramenti. La Chiesa può cambiare solo ciò che ha istituito Lei. Tuttavia, la Chiesa non ha istituito la sostanza dell’Eucaristia. È stata istituita da Nostro Signore Gesù Cristo stesso, che ha anche stabilito che l’acqua è la materia del Battesimo.
LifeSite ha anche chiesto all’autore e teologo inglese, padre John Saward, di spiegare perché è impossibile introdurre un cambiamento nella sostanza dell’Eucaristia. Egli ha detto:
La testimonianza della Tradizione è molto chiara: l’unica sostanza valida dell’Eucaristia è il pane di grano (panis triticeus). È l’insegnamento del Concilio di Firenze ed è sostenuto da San Tommaso nel suo trattato sull’Eucaristia nella Summa: “Noi crediamo che Cristo ha usato questo tipo di pane quando ha istituito l’Eucaristia” (3a q. 74, a. 3). “Senza pane di grano”, continua san Tommaso, “il sacramento non è validamente fatto” (sine quo non perficitur sacramentum) (3a q. 74, a. 4).
Il Codice di diritto canonico del 1983 è altrettanto inequivocabile: “Il pane deve essere fatto solo di grano” (can. 924/2)”, ha aggiunto.
Saward ha sostenuto che una vaga nozione di “sviluppo della dottrina” non può essere invocata per giustificare questa rottura con la Sacra Tradizione. I limiti di tale sviluppo, ha detto, sono accuratamente definiti dal Concilio Vaticano I: “Quel significato dei dogmi sacri va mantenuto perennemente, che la nostra Santa Madre Chiesa ha dichiarato una volta, e non ci deve mai essere una deviazione da questo significato sulla base di un fallace ragionamento e sulla denominazione di una comprensione più profonda”. (Costituzione dogmatica Dei Filius sulla fede cattolica, cap. 4).
Il teologo inglese ha osservato che “Il beato John Henry Newman ha spiegato lo stesso punto in questo modo: ‘Non c’è nulla che la Chiesa ha definito o definirà, se non ciò che un apostolo, se richiesto, sarebbe stato pienamente in grado di rispondere e avrebbe risposto’. (Lettera a Flannigan). In altre parole, se tu avessi chiesto a San Pietro: ‘Qual è l’unica sostanza valida dell’Eucaristia’, egli avrebbe risposto: ‘Pane di frumento'”.
Padre Saward ha anche osservato che, in tempi recenti, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha insistito che i sacerdoti celiaci “devono consacrare e consumare pane per l’altare di grano, anche se il contenuto di glutine è ridotto”.
Già nel 2017, infatti, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha emanato anche linee guida per i vescovi sul pane e sul vino da utilizzare per la Santa Eucaristia.
Saward ha sostenuto che una vaga nozione di “sviluppo della dottrina” non può essere invocata per giustificare questa rottura con la Sacra Tradizione. I limiti di tale sviluppo, ha detto, sono accuratamente definiti dal Concilio Vaticano I: “Quel significato dei dogmi sacri va mantenuto perennemente, che la nostra Santa Madre Chiesa ha dichiarato una volta, e non ci deve mai essere una deviazione da questo significato sulla base di un fallace ragionamento e sulla denominazione di una comprensione più profonda”. (Costituzione dogmatica Dei Filius sulla fede cattolica, cap. 4).
Il teologo inglese ha osservato che “Il beato John Henry Newman ha spiegato lo stesso punto in questo modo: ‘Non c’è nulla che la Chiesa ha definito o definirà, se non ciò che un apostolo, se richiesto, sarebbe stato pienamente in grado di rispondere e avrebbe risposto’. (Lettera a Flannigan). In altre parole, se tu avessi chiesto a San Pietro: ‘Qual è l’unica sostanza valida dell’Eucaristia’, egli avrebbe risposto: ‘Pane di frumento'”.
Padre Saward ha anche osservato che, in tempi recenti, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha insistito che i sacerdoti celiaci “devono consacrare e consumare pane per l’altare di grano, anche se il contenuto di glutine è ridotto”.
Già nel 2017, infatti, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha emanato anche linee guida per i vescovi sul pane e sul vino da utilizzare per la Santa Eucaristia.
Questioni serie sollevate
Per tutte queste ragioni, il cardinale Burke ha detto che “sarebbe del tutto improprio per il Sinodo in Amazzonia discutere il cambiamento della sostanza della Santa Eucaristia”.
“Significherebbe [avanzare] qualche dubbio sulla Tradizione ininterrotta con cui la Santa Eucaristia continua ad essere l’azione di Cristo in mezzo a noi, infatti, la manifestazione più alta e perfetta della Sua Presenza con noi”, ha affermato.
“Uscire dall’uso di quello che è sempre stato il tema del sacramento della Santa Eucaristia ha implicazioni più gravi“.
Il cardinale ha aggiunto: “Ci si chiede perché, dopo secoli di celebrazione della Santa Eucaristia in Amazzonia, ora c’è così tanta difficoltà nell’uso delle ostie di pane di grano”.
“C’è qualcosa di più importante che un problema di freschezza delle ostie”, osserva il cardinale Burke. “L’uso di alcuni cibi locali, che sono come il pane ma non è il tipo di pane che Nostro Signore ha usato nell’Ultima Cena, riflette una visione totalmente orizzontale della Santa Eucaristia, nella quale la Santa Eucaristia è l’azione della comunità che si riunisce invece che l’azione di Cristo che riunisce la comunità”.
Se, come suggeriscono queste autorità, la proposta di cambiare la sostanza dell’Eucaristia da pane di grano a yuca rappresenta una chiara e manifesta rottura con la Fede cattolica, sorge la domanda: un vescovo ortodosso dovrebbe persino rifiutarsi di partecipare al Sinodo amazzonico, fosse un argomento del genere all’ordine del giorno?”
Per tutte queste ragioni, il cardinale Burke ha detto che “sarebbe del tutto improprio per il Sinodo in Amazzonia discutere il cambiamento della sostanza della Santa Eucaristia”.
“Significherebbe [avanzare] qualche dubbio sulla Tradizione ininterrotta con cui la Santa Eucaristia continua ad essere l’azione di Cristo in mezzo a noi, infatti, la manifestazione più alta e perfetta della Sua Presenza con noi”, ha affermato.
“Uscire dall’uso di quello che è sempre stato il tema del sacramento della Santa Eucaristia ha implicazioni più gravi“.
Il cardinale ha aggiunto: “Ci si chiede perché, dopo secoli di celebrazione della Santa Eucaristia in Amazzonia, ora c’è così tanta difficoltà nell’uso delle ostie di pane di grano”.
“C’è qualcosa di più importante che un problema di freschezza delle ostie”, osserva il cardinale Burke. “L’uso di alcuni cibi locali, che sono come il pane ma non è il tipo di pane che Nostro Signore ha usato nell’Ultima Cena, riflette una visione totalmente orizzontale della Santa Eucaristia, nella quale la Santa Eucaristia è l’azione della comunità che si riunisce invece che l’azione di Cristo che riunisce la comunità”.
Se, come suggeriscono queste autorità, la proposta di cambiare la sostanza dell’Eucaristia da pane di grano a yuca rappresenta una chiara e manifesta rottura con la Fede cattolica, sorge la domanda: un vescovo ortodosso dovrebbe persino rifiutarsi di partecipare al Sinodo amazzonico, fosse un argomento del genere all’ordine del giorno?”
Fonte: LifeSiteNews
By Sabino Paciolla
Marzo 6th, 2019
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