“L’interesse per l’eresia è morto, perché si occupa di qualcosa che oggi non viene preso sul serio da nessuno”.
Ha ragione Alessandro Gnocchi quando, nel suo articolo “Oltre la linea delle parole perdute”, cita la terra del Grande Fratello orwelliano, dove le parole non hanno più il loro significato originale. Anche Hilaire Belloc (1870-1953), nel suo saggio Le grandi eresie (edizione italiana a cura di Fede&Cultura), si interrogava nell’introduzione al libro di cosa fosse un’eresia, ravvisando la perdita di significato delle parole moderne: “Come la maggior parte delle parole moderne, “eresia” si usa in modo sia vago sia eterogeneo. Si usa in modo vago perché la mente moderna è tanto avversa alla precisione nelle idee quanto è innamorata della precisione nella misura. Si usa in modo eterogeneo perché, a seconda di chi la usa, può rappresentare cinquanta cose diverse”.
Di questo storico cattolico anglo-francese, sodale di Gilbert Keith Chesterton, ha parlato anche Paolo Gulisano nel suo Non c’è Europa senza Fede, riflessione su quello straordinario saggio del 1920. Mi permetto di consigliare a mia volta la lettura di questo grande scrittore, autore di circa 150 opere, poche purtroppo ancora tradotte in italiano. I libri di Belloc gettano luce e fanno chiarezza su parecchi temi controversi anche ai nostri giorni, come ad esempio l’eresia e il suo reale significato.
Nel 1938, in prosecuzione al saggio L’Europa e la Fede curato nell’edizione italiana da Gulisano, Belloc scriveva: “Il termine “eresia” rimanda a diatribe dimenticate nel passato…l’interesse per l’eresia è morto, perché si occupa di qualcosa che oggi non viene preso sul serio da nessuno”. Lui, al contrario, se ne occupò seriamente e da grande storico qual era chiarì in modo inequivocabile quanto fosse importante curarsene ampiamente, anche per capire la storia europea. Come lui stesso sottolineò nell’incipit del libro, era essenziale comprendere l’alta posta in gioco, l’anima e la coscienza cattolica della storia: “L’eresia nel suo significato particolare (cioè quello dell’eresia nella dottrina cristiana) è di particolare interesse per chiunque voglia comprendere l’Europa, l’indole dell’Europa e la storia dell’Europa”.
A quanti ancor oggi ripudiano l’esatta definizione, la precisione dei dogmi, magari in nome di un pastoralismo tanto apparentemente innocuo quanto realmente distruttivo, il monito coraggioso e sincero di Belloc non può rimanere isolato e va ripreso, studiato, elaborato. Così fece Chesterton, che non esitò a chiamare “eretici” (e non “compagni di viaggio” nel linguaggio oggi teologicamente corretto) gli anti-cattolici, proclamando l’ortodossia cristiana fin dagli inizi del ‘900.
Loro certamente non esitarono a gettarsi nella mischia, come più modestamente ma non meno arditamente vorremmo fare anche noi di Ricognizioni. Gnocchi ha ricordato che private del loro significato le parole non smettono di parlare, divenendo simboli impazziti che distruggono la ragione. Quello che dovremmo fare, assecondando l’insegnamento di Belloc, è continuare a delineare con chiarezza il pensiero, precisare le definizioni, dando all’eretico ciò che è dell’eretico e all’ortodossia ciò che è l’ortodossia:“Dobbiamo cominciare da una definizione, anche se definire richiede sforzo mentale…l’eresia, nella misura in cui prenderà piede, produrrà uno stile di vita e un carattere sociale in contrasto fastidioso e forse mentale per lo stile di vita e il carattere sociale prodotto dal vecchio modello ortodosso e questo è per quanto riguarda il significato e l’interesse generale di quella parola così pregnante, “eresia”. Il suo significato particolare è il deturpamento per eccezione di un intero modello, la religione cristiana”.
Crediamo che le preoccupazioni di Belloc possano essere, anche oggi, fatte nostre, così come i motivi che lo spinsero, a suo modo di vedere, a combattere l’eresia:“Perché l’eresia, il rifiuto di un dogma riconosciuto, colpisce l’individuo, colpisce tutta la società…ecco perché chiunque voglia capire come l’Europa è venuta al mondo e da cosa sono stati causati i cambiamenti al suo interno non può permettersi di considerare l’eresia non importante”. La consapevolezza di trovarsi ormai oltre la linea, in terra nemica, là dove non avremmo mai pensato di essere solo qualche anno fa, ci sollecita a preoccuparci, con questi grandi autori cattolici, delle “parole perdute”, dell’eresia e dell’ortodossia e dell’elaborare e precisare idee per uomini vivi, idee per vivere senza menzogna.
Fabio Trevisan
Maggio 29, 2019
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