Nella ridda dei commenti su chi abbia vinto e chi perso le elezioni nessuno ha fatto notare che, tra i tanti sconfitti del 26 maggio, c’è anche qualcuno che non avrebbe dovuto infilarsi nell’agone elettorale: Bergoglio. Ma invece vi è entrato, se non lui direttamente (ma certe dichiarazioni sibilline…) certo il Vaticano e la Cei, che in buona sostanza hanno fatto campagna contro Salvini. Il gesto, gravissimo, dell’Elemosiniere, con la plateale violazione della legalità (e del Concordato) è stato forse il punto più alto della sfida del Vaticano non tanto al governo in sé, quanto a Matteo Salvini.
Abbandonando il criterio tomista della prudenza, i vertici del clero e i loro giornali sono scesi in campo con una veemenza e persino con argomentazioni che ricordano i «preti neri», come li chiamava Sydney Sonnino, cioè i sacerdoti ostili allo Stato liberale nei decenni post unitari. Ma la dimostrazione di come la parte apicale, o almeno quella di «governo» del mondo cattolico conosca poco il suo stesso mondo, è venuto dallo schiaffo del 26 maggio.
Nella storia dell’Italia repubblicana, solo in occasione del referendum sul divorzio del 1974 la Chiesa cattolica finì così platealmente in minoranza. Con tutto che all’epoca non si mosse contro un partito e le sue politiche (immigratorie) ma a favore di un principio. Mentre in questo caso gli unici principi manifestati dai vescovi sono stati l’esaltazione di una accoglienza indiscriminata e la «Europa unita», qualsiasi cosa questo voglia dire.
Bisognerà attendere qualche giorno per avere la conferma che, in larga maggioranza, i cattolici praticanti hanno fatto spallucce degli anatemi della Cei dell’Avvenire e di Famiglia cristiana e nelle urne hanno dato fiducia al Capitano con il Rosario. Sono stati, davvero in questo caso, “cattolici adulti”.
Mentre Bassetti e gli altri dovrebbero interrogarsi sul fatto di avere indicato, sia pure in maniera indiretta, ai fedeli di votare per il Pd, cioè per un partito pro aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, utero in affitto e contrario all’obiezione di coscienza. E non è detto che, sia pure in maniera marginale, il loro appello non sia stato seguito.
Sapranno, i gesuiti che comandano in Vaticano, ritrovare una qualche forma di saggezza politica? Se scrivessimo di esserne convinti, mentiremmo ai nostri lettori.
Marco Gervasoni, 27 maggio 2019
Le lenzuola calate dai balconi. Gli antagonisti e i centri sociali in piazza a prendersela con le forze dell’ordine. I progressisti nei talk show a lanciare l’allarme fascismo. Le élite europeiste a fare appelli per fermare l’avanzata populista. E i vescovi dai pulpiti a tuonare contro chi affida la propria campagna elettorale al sacro rosario. Tutti contro Matteo Salvini. E tutti con le ossa rotte all’indomani delle elezioni europee.
Lo strabiliante 34% incassato dalla Lega alle elezioni europee non racconta tutto il successo di Salvini al termine di una campagna elettorale violentissima, segnata da colpi bassi e attacchi sproporzionati. A farne le spese, però, sono stati quelli che hanno pestato più duramente contro il vice premier leghista. Come i buonisti, i fan dell’accoglienza e i professionisti dell’immigrazione. Tutti a bocca asciutta. Lo dimostrano i numeri a Riace e a Lampedusa. Nella terra di Mimmo Lucano, il sindaco finito a processo per aver fatto carte false per far restare in Italia stranieri senza permesso di soggiorno, il 30,75% degli aventi diritto ha barrato il simbolo del Carroccio, mentre nell’isola “frontiera d’Europa”, simbolo degli sbarchi sulle coste italiane, si arriva addirittura al 46%. Percentuali bulgare se si pensa che dei 1.361 consensi espressi, ben 410 sono andati al vice premier leghista. A riprova del fatto che, come fa notare lui stesso, “la richiesta di una immigrazione limitata e controllata non è solo un capriccio di Salvini”.
Eppure a sentire i soliti radical chic alla Roberto Saviano, tutto il Paese stava dalla parte di Lucano. Per lui la sinistra aveva organizzato manifestazioni e sit in, Fabio Fazio gli aveva messo a disposizione i microfoni di Che tempo che fa e l’intellighenziarossa aveva speso fiumi di parole in sua difesa. Un vero e proprio abbaglio. Che si riflette nella “tranvata” presa a Capalbio dove la Lega ha incassato il 47,25% dei voti. Più del doppio rispetto al Pd che ha dovuto accontentarsi del 21,45%. Un voto che, sebbene arrivi da una realtà piccola, ha un alto valore simbolico. E non certo perché qui è solito trascorrere le proprie vacanze estive il segretario piddì Nicola Zingaretti. Anche in quella che è da sempre la culla del progressismo italiano, lo spaccamento tra élite e popolo è ormai netto e consolidato. Nessuno ha creduto alla panzana dell’onda nera, nessuno ha abboccato all’allarme del populismo anticamera del nazismo. E così anche lì i dem sono rimasti col cerino in mano. Come è successo nelle periferie d’Italia dove erano scoppiate le rivolte contro i rom e contro i migranti. Anche in Val Susa, dove gli antagonisti scendono in piazza un giorno sì e l’altro pure, il partito più votato è la Lega col 33,48. Ancor più del Movimento 5 Stelle, che ha fatto della battaglia No Tav una delle proprie bandiere, e del Partito democratico, che a Torino ha arruolato le madamin contro il governo.
Lo schiaffo più forte, però, lo hanno preso probabilmente certi vescovi che sotto il vessillo della Cei hanno condotto una strenua campagna elettorale contro Salvini. Non accettavano che esibisse i simboli religiosi. In un’Europa, che ha fatto del laicismo il proprio motto e che ha cancellato le proprie radici cristiane per non fare torto alla minoranza islamica, la scelta di Gualtiero Bassetti & Co. è stata a dir poco inappropriata. Lo hanno fatto per colpire il leghista che aveva chiuso i porti e i rubinetti dei fondi per l’accoglienza. E così, dopo essere rimaste a bocca asciutta le varie Caritas locali, è toccato ai porporati. “Ringrazio chi c’è lassù e non aiuta Matteo Salvini e la Lega, ma aiuta l’Italia e l’Europa”, ha detto ieri notte in conferenza stampa ricordando di aver affidato al “cuore immacolato di Maria non un voto ma il destino di un Paese e un continente”.
SPALLONE: ADESSO BASSETTI SI DIMETTA. LA SCONFITTA DELLA CEI, E DEL PARTITO DEI MASS MEDIA FAZIOSI.
Cari amici e soprattutto nemici di Stilum Curiae abbiamo ricevuto e pubblichiamo con molto piacere due contributi da due amici, l’avvocato Giorgio Spallone, di Bologna, e l’avvocato Giovanni Formicola di Napoli. Entrambi hanno per tema le recenti elezioni europee, che hanno visto non solo l’affermazione della Lega, ma anche la sconfitta del Partito non eleggibile, cioè quello della maggioranza dei Mass Media, a cominciare dalla sconvolgente Repubblica (che ha titolato “Ombre Nere”! Saranno quelle presenti nella testa dei debenedettini, sconvolte dallo choc) a FC (Famiglia Cristiana o Comunista, a seconda di come preferiate sciogliere l’acronimo) di cui ricordiamo volentieri una storica copertina, profetica. Ma anche loro, come i papaveri della CEI e del Vaticano, hanno il polso della gente, e del popolo cattolico in particolare. Complimenti.
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Ora, il Card. Bassetti si dimetta!
E’ buona e doverosa consuetudine, all’esito di una tornata elettorale, che il capo di un partito che ne sia uscito pesantemente sconfitto rassegni le dimissioni.
Questo ritengo debba fare il Card. Gualtiero Bassetti: dimettersi dalla Presidenza della CEI.
Il partito del Card. Bassetti, cioè a dire: il Partito dei cattolici, rectius il Partito dei “suoi” cattolici è uscito clamorosamente sconfitto dalle votazioni di ieri.
E non solo e non già perché il principale avversario del Card. Bassetti e del suo Partito, cioè a dire la Lega di Matteo Salvini, ha vinto, quanto perché il programma del Partito del Card. Bassetti è stato respinto dagli elettori.
Il programma del Partito del Card. Bassetti era incentrato su di un unico tema: non già l’accoglienza, bensì l’immigrazionismo incontrollato, scevro da qualunque interesse alla difesa del territorio, dell’identità dell’Italia e degli italiani e delle radici cristiane del nostro Paese.
Questo programma vedeva, poi, un non meno importante e significativo capitolo omissivo: il silenzio deliberato ed assoluto sui temi etici di tutela della vita – dalla sua nascita al suo termine naturale – e della famiglia naturale, fondata sul matrimonio fra un uomo ed una donna.
Questo capitolo è stato esplicitato, durante la campagna elettorale, con i silenzi, sintomatici ed inequivocabilmente deliberati, rispetto a due eventi di portata, per l’appunto, europea: il Congresso Mondiale delle Famiglie del marzo scorso a Verona e la Marcia Nazionale per la Vita di pochi giorni fa a Roma.
Tali eventi che, in altre epoche, avrebbero riscosso il sostegno entusiasta delle gerarchie ecclesiali, hanno trovato nelle gerarchie stesse e, segnatamente, nel Partito del Card. Bassetti tra i più fieri avversari.
Banalmente. Il silenzio di chi dovrebbe parlare è più eloquente delle tante parole spese, peraltro falsamente, secondo copione dai vessilliferi di quell’ideologia radicale e del politicamente corretto, imperante molto sui media e molto meno nel paese reale.
Sempre in termini politici, il Card. Bassetti, oltre alla sconfitta del suo personale Partito, ha condotto la Conferenza Episcopale Italiana, come si dice, “a sbattere”, cioè a dire: a dover prendere atto della distanza siderale fra le dottrine politiche di, grazie a Dio, non tutti i propri componenti e, non già il “mondo cattolico”, bensì il Popolo di Dio.
Popolo che richiederebbe, invece, ai Pastori, di sentirsi dire: di Dio e della Santissima Trinità.
Così come il Card. Bassetti da Presidente della CEI, dal loro seggio politico devono dimettersi anche tutti i responsabili locali del suo Partito, sostanzialmente coincidenti con molti titolari di Diocesi dei capoluoghi di regione.
Per conoscenza e competenza territoriale, ne cito uno per tutti, quello della mia Diocesi, il Vescovo Mons. Matteo Zuppi, dal quale ovviamente non avrò risposta, così come avvenuto per la lettera aperta del 22 dicembre 2018, che anche il Curatore di questo Blog ha avuto l’amabilità di pubblicare.
Lettera che, oggi, grazie all’instancabile ed accresciuto attivismo del Vescovo che ne era destinatario, nel sostegno ad una parte politica e soprattutto nell’avversarne un’altra, ha trovato l’avverarsi delle, peraltro facili, previsioni qui formulate.
A Mons. Zuppi rivolgo, oggi, la domanda: se neppure a vincere le elezioni, cui prodest aver diviso e frantumato, tenacemente ed incurante di ogni critica, il clero ed la porzione del Popolo di Dio che gli è stata affidata?
La stessa domanda dovrà porsi il successore del Card. Bassetti.
O, almeno, dovrebbe.
Giorgio Spallone
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Piccole grandi soddisfazioni
Una persona importante, un vero “pezzo grosso”, m’ha chiesto, chissà perché, un parere sul risultato elettorale. Gli ho risposto così, e poi ho pensato che magari potesse interessarvi.
“Brevemente, due cose.
1. I media e la magistratura contano sempre di meno, per non parlare degl’imbecilli delle foto “a tradimento” e dei centri sociali. E’ stato un attacco furioso, continuo, bavoso, e ora la bava alla bocca scorre copiosa. Dalla prof. di Palermo ai casi giudiziari, etc. Ma, nonostante un po’ molto autolesionismo, più di nove milioni d’italiani li hanno votati. I cinquestelle, come il Di Pietro dei tempi che furono, hanno il fiato corto costitutivamente, sia perché monotematici, sia perché fondamentalmente stupidi, per dirla gentilmente. Speriamo che gli odierni vincenti, soprattutto per la pochezza altrui (chi lo regala più un leader concorrente con gli agnellini in braccio, e circondato dalle Brambilla, Pascale, Prestigiacomo e Carfagna?), ricordino d’essere monocoli, e non pretendano di fare come la famosa rana.
2. I partiti – per “noi” -, quelli buoni (in realtà, i meno cattivi: il mio criterio è “voto per il peggior nemico eletto dal mio peggior nemico”) devono essere considerati come dei rompighiaccio, che aprono una scia in cui possiamo far navigare le nostre canoe. Se ci sono, dobbiamo approfittarne, sapendo che non saranno loro a fare quello che dobbiamo fare “noi”. Se non lo facciamo, se non ci buttiamo in questa scia non per farci accogliere a bordo, ma solo per raggiungere qualche lido in cui fare missione, allora non lamentiamoci. Dice, “siamo pochi”. Il punto non è quanti siamo, ma quello che dobbiamo fare. Se lo facciamo, e se è giusto farlo, c’è sicuramente Qualcuno che saprà moltiplicare alla bisogna questi cinque pani e questi due pesci che portiamo.
Credo”.
Giovanni Formicola
Marco Tosatti
Se si vuole che tale sconfitta cominci a dare i suoi frutti,sarebbe opportuno che si tagliassero anche i fondi alla CEI evitando di versare come sempre si è fatto un pò per inerzia,un pò per " paura atavica"l'otto per mille a questa neochiesa che non ha più nulla di cattolico!!L'orgoglio mussulman-gesuita, è ferito ma solo colpendo nelle tasche dei traditori della Chiesa di Cristo potremmo cominciare a riappropriarci delle nostre chiesa,della nostra fede,della nostra patria,cristiana cattolica apostolica romana sempre devota a Maria Santissima e sempre onorata e celebrata in ogni occasione da nord fino all'estremo sud della nostra amata Italia:cacciamo via gli anticristi,che sono tra noi ma non sono dei nostri!!
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