ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 8 maggio 2019

Scindimus corda?

Uomini giusti ai posti giusti / 21


http://www.ilgiornale.it/sites/default/files/styles/large/public/foto/2018/07/11/1531308311-omosex.jpg(immagine aggiunta)
Cari amici, affezionati lettori della rubrica, come non essere felici per la notizia che a Torino si è tenuto (e finalmente!) il ritiro spirituale sulla “fedeltà di Dio come fondamento della fedeltà nei rapporti umani”, aperto a una quarantina di single, gay e lesbiche?  Come forse saprete, l’iniziativa, partita dal delegato ufficiale dell’arcivescovo per la “pastorale degli omosessuali”, l’anno scorso fu incredibilmente bloccata a causa delle critiche mosse dai soliti tradizionalisti ultraconservatori ipocriti e duri di cuore, ma adesso ha potuto andare in porto!

Spiega dunque un gesuita il quale, da uomo giusto al posto giusto, è stato tra i partecipanti, che si è trattato di “un ritiro quaresimale sull’amore, per convertirci all’amore, oggi quanto mai necessario non solo per le persone omosessuali, ma anche per gli etero”.
Bene! Evviva l’amore! E che bello il retroscena raccontato da un attivista gay presente: “È stata una bella sorpresa: oltre ad ospitarci, le suore hanno partecipato agli incontri con noi”. Meraviglioso! Un evviva anche per le suore giuste al posto giusto!
Il ritiro, apprendiamo inoltre, “non aveva intenti moralistici” (ça va sans dire!) ma “intendeva spiegare che Dio è fedele, continua a fidarsi dell’uomo, e dunque anche i rapporti umani, dall’amicizia all’amore, meritano fedeltà e rispetto”. Ecco perché “in tanti nella Chiesa sentono l’esigenza di aggiornare la dottrina”.
Come dite? Che il Catechismo della Chiesa cattolica però afferma che gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati e quindi non si vede come un vescovo possa permettere che si insegni il modo di essere fedeli a un disordine? Ebbene, lasciate che  ve lo dica: se muovete questa obiezione dimostrate di essere proprio inguaribili ipocriti ultra-tradizionalisti duri di cuore! Non sapete che l’importante è l’amore e che la Chiesa deve avviare processi? Tocca proprio spiegarvi tutto!
Andiamo avanti e restiamo in zona. Siamo a San Cassiano di Grugliasco, dove (qui la foto), al momento di scambiarsi il segno della pace, durante la Santa Messa, è stata fatta passare una corda.
Un corda? Sì, una corda. Una bella corda robusta, di quelle che usano gli alpinisti per arrampicare.
Come dite? Che c’entra una corda con il gesto della pace? Ma insomma, è chiaro: tenersi tutti legati, mediante la corda, è segno di unione!
Come dite? Che poi magari la corda si attorciglia alla caviglie di qualcuno o, peggio ancora, può provocare strangolamenti?
Suvvia, non siate profeti di sventura! La corda (nonostante certe rimembranze forcaiole) è un simbolo bellissimo, e giustamente tanti uomini giusti (e donne giuste) ai posti giusti hanno pensato bene di mettersi in cordata. Che bella immagine! D’altra parte, durante la Messa, non si dice forse sursum corda?
Come dite? Che quel sursum corda lì è latino e non ha niente a che fare con la corda? E vabbè: non solo  siete proprio ipocriti ultra-tradizionalisti duri di cuore, ma avete pure la fissa del latino!
E ora, per favore, non venite a dirmi che di fronte a certe Messe vi vien voglia di tagliare la corda!
Ma concludiamo in bellezza e armonia. Ovvero con il simpatico, istrionico vescovo canterino che anche nella solenne Messa di Pasqua ha deliziato i fedeli, nel finale, con un piccolo assaggio delle sue qualità musicali. Vero uomo giusto al posto giusto, ha così trasformato l’omelia: da stanco discorsetto ad autentico  show. Bene così! E poteva forse mancare l’applauso da parte del pubblico? Certo che no.  Se show deve essere, che lo sia fino in fondo!
Aldo Maria Valli
Corsi sull’omosessualità presso la diocesi di Torino
Testo dell'audio
L’ambiguità permanente effettiva creata e alimentata dal Pontefice regnante ha fatto sì che nella diocesi di Torino un sacerdote particolarmente sensibile e attivo sul fronte dell’omosessualità – e dell’accettazione dei rapporti omosessuali, il che dovrebbe sen altro essere problematico, per un prete che si dice cattolico – ha organizzato e condotto un corso di due giorni per parlare di questo a una quarantina di persone dello stesso sesso legate in unione civile e qualche loro parente. Il tema era: «La fedeltà di Dio come fondamento della fedeltà nei rapporti umani». Perché? Secondo il quotidiano locale di Torino per dare “una risposta a una lacuna della legge Cirinnà sulle unioni civili che alla fine non ha previsto, tra i diritti e i doveri delle coppie, l’obbligo di fedeltà. Molti gay si offesero per questa mancanza, è stato questo lo spunto del ritiro: «Anche voi siete degni di fedeltà, cioè meritate un amore esclusivo e unico».
Fra le molte domande da farsi c’è quella sulla gestione della diocesi di Torino, dei suoi rapporti interni, del clima che si respira in ambienti chiave, per esempio il Seminario. Ma dovrebbe farseli Roma, cioè la Chiesa universale, quella che ha per compito anche quello di vigilare sulle Chiese locali, e su ciò che in esse accade e si insegna. Come è possibile che un vescovo, anzi un arcivescovo, permetta che un sacerdote insegni e approvi comportamenti che non solo contrastano con il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma con il suo Magistero di sempre, con quello insegnato da tutti i papi senza eccezioni?
Un corso che invita persone omosessuali a essere fedeli a un partner nei rapporti sessuali può essere una cosa ragionevole da un punto di vista medico (si riduce il rischio di malattie, certamente) e umano; ma non da un punto di vista di un sacerdote, che dovrebbe chiedere, e insegnare a queste persone, se realmente vogliono essere cristiane, ad astenersi dai rapporti. Anche perché ci sono persone (e organizzazioni che le aiutano) che tendono con fatica e sofferenza e amore a questo scopo. Giustamente ha commentato un lettore di Aleteia, della diocesi e del prete: “Adesso si mette a fare anche dei corsi per invitare queste persone alla fedeltà di coppia omosessuale. Cioè lei invita ad essere fedeli al peccato. Un intento diabolico, direi. Un uomo che cerca di essere casto, un omosessuale che cerca Dio, come dice il Papa, se ogni tanto cade – anche in rapporti occasionali – se si pente e si confessa può accedere all’eucaristia. Uno che ha come programma di vita quello di peccare tutti i giorni finché morte non lo separi, no”.
Non fa una piega, si direbbe. Mons. Nosiglia ha risposto che questa iniziativa vuole “aiutare le persone omosessuali a comprendere e realizzare pienamente il progetto di Dio su ciascuno di loro. Ciò non significa approvare comportamenti o unioni omosessuali, che restano per la Chiesa scelte moralmente inaccettabili: perché tali scelte sono lontane dall’esprimere quel progetto di unità fra l’uomo e la donna espresso dalla volontà di Dio Creatore come donazione reciproca e feconda. Questo però non significa non prendersi cura dei credenti omosessuali e della loro domanda di fede”. Cioè si invitano coppie omosessuali a vivere fedelmente la vita di coppia (omosessuale) ma questo non vuol dire approvarle? Ma veramente pensano che la gente creda a questi attorcigliamenti illogici? Resta da capire quali siano i meccanismi interni e gli equilibri che reggono la diocesi di Torino.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.