Quel Papa che amava l’Europa cristiana e le nazioni
Il 2 giugno di quarant’anni fa un Papa compiva “un pellegrinaggio in Patria”, a Varsavia, per celebrare la storia della Nazione e della Chiesa polacca, nel segno dell’Europa cristiana e in opposizione al regime comunista allora imperante. Nella sua splendida omelia dedicata a San Stanislao, Papa Giovanni Paolo II celebrava la sua patria, s’inginocchiava davanti alla tomba del Milite Ignoto, ricordava il sacrificio di martiri ed eroi, difendeva il patrimonio millenario della tradizione cristiana, lo affidava nelle mani della Madre di Dio, e infine sollevava un grido, da “figlio della terra polacca” e da pontefice: “Scenda il tuo Spirito! E rinnovi la faccia della terra”. Cominciò lì il risorgimento della Polonia e poi di altri paesi dell’est che portò alla disfatta del comunismo e alla caduta di odiosi muri e cortine di ferro. Finì il comunismo, cominciò l’Europa.
All’indomani, nel giorno della Pentecoste, Papa Woytila a Gniezno si appellò “al linguaggio degli avi” e alle “lingue slavi affini”, definendosi non a caso “il primo Papa slavo nella storia della Chiesa”. Forse proprio per questo – aggiungeva – Cristo lo ha scelto”. E seguitava: “Questo Papa porta nel suo animo profondamente impressa la storia della sua nazione e anche la storia dei popoli fratelli e limitrofi”. E ancora: “Non è un disegno provvidenziale… che questo Papa slavo proprio ora esprima l’unità spirituale dell’Europa cristiana?”. E si appellava anche ai “fratelli della Tradizione del cristianesimo orientale”, la Chiesa russa, per cooperare nell’impresa, ricordando le parole dell’Apostolo: “una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti”. Cominciava così il cammino della liberazione dal comunismo, verso l’unione europea.
Quando penso all’intensità carismatica di quei gesti e quelle parole, al volto solenne di quel grande papa, alla potenza spirituale dei suoi messaggi, mi accorgo dell’abissale lontananza dalle parole e dai contenuti del papa regnante. Eppure anche Papa Woytila tendeva la mano all’Africa, apriva all’accoglienza, si appellava alla carità. Ma il suo contesto era opposto a quello del suo odierno successore: predicava, pregava, accoglieva nel nome della civiltà europea e della tradizione cristiana, tenendo ben saldi i riferimenti all’identità religiosa dei popoli e delle nazioni. Le due omelie di Woytila mi sono state girate con animo commosso dal collega polacco, devoto e studioso, Wlodzmierz Redzioch.
Se non temessi di costringerle nel letto di Procuste dell’attualità, direi che in quelle due omelie c’è la rappresentazione più alta del sovranismo spirituale, nel nome della nazione e della tradizione.
In anni più recenti San Giovanni Paolo II denunciò il tradimento dell’Unione Europea della civiltà cristiana che rinnegava le radici cristiane e sposava il relativismo etico. Nel suo libro-testamento Memoria e Identità, risuonava l’antico messaggio di Dio, patria e famiglia; la difesa dell’amor patrio, la lingua e le tradizioni, la natura e la cultura dei popoli; il richiamo alle radici cristiane dell’Europa, dimenticate dagli eurocrati vili e smemorati; la difesa della Tradizione. C’era lo sconveniente parallelo tra il nazismo e il comunismo; la denuncia dell’ideologia radicale, ad esempio attraverso “il riconoscimento delle unioni omosessuali come forme alternative di famiglia”; la difesa della vita.
Nel 2002 il Papa entrò nell’aula di Montecitorio come un apostrofo bianco e curvo, galleggiante nel blu istituzionale dei poteri civili. La chiave del suo discorso in Parlamento fu la tradizione, “il patrimonio di valori trasmesso dagli avi”, l’impossibilità di comprendere l’Italia e l’Europa “fuori da quella linfa vitale costituita dal cristianesimo”, la necessità di “fondare la casa comune europea sul cemento di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che ha reso grande l’Europa nei secoli”, “le tracce gloriose che la religione cristiana ha impresso nel costume e nella cultura del popolo italiano”, le testimonianze d’arte e di bellezza fiorite in Italia nel nome della fede, il diritto naturale e il sentire comune tramandato; e il suo appello agli italiani a “continuare nel presente e nel futuro a vivere secondo la sua luminosa tradizione”. Un grande discorso che dista anni luce dal presente.
Cari Vescovi della Conferenza episcopale, cari giornalisti de l’Avvenire e di Famiglia cristiana, di Civiltà cattolica ricordate quando plaudivate a quel Papa e a quei principi? Siete gli stessi di allora? Brutta bestia, il clericalismo: è il conformismo opportunista in abito talare.
Un cattolico che non si è imbergoglito, il vaticanista del tg1 Aldo Maria Valli – che perciò sembra quasi desaparecido, per dirla all’argentina – ha pubblicato libri molto critici su Bergoglio; uno s’intitola Come la Chiesa finì. In un dialogo con Aurelio Porfiri – Sradicati. Dialoghi sulla Chiesa liquida (ed. Chora) – Valli critica “la papolatria imperante”, “Bergoglio ha immiserito la Misericordia sottraendola alla giustizia”. E confessa: “Non ne posso più delle prediche ormai quotidiane sulle questioni sociali. Quelle le trovo ovunque. Chiedo alla Chiesa, ai pastori, di tornare alle cose ultime. Voglio che mi parlino della salvezza dell’anima. Voglio che mi confermino nella fede. È loro dovere”. E conclude: “Cari pastori, poche storie: non fate i sindacalisti, i sociologi, gli economisti, i tuttologi. Tornate ad essere ciò che siete”. Si tratta di convertire e magari di riconvertirsi, non di riconvertire la Chiesa in una Ong pauperista.
MV, La Verità 2 giugno 2019
Le élites, generatrici della crisi economica e morale dell’Occidente, negano ai popoli e agli individui la loro libertà e la loro identità - Danilo Quinto - 03.06.’19
Chissà cosa si saranno detti i partecipanti alla 67ma riunione del Gruppo Bildeberg, della scorsa settimana. Lo sanno i partecipanti italiani - come hanno raccontato i giornali: Lilly Gruber, Matteo Renzi e Stefano Feltri, il vice-direttore del “Fatto Quotidiano” - e gli altri invitati di questi incontri secretati. Noi non lo sapremo mai. Forse potremo immaginarlo, osservando quello che accadrà nelle prossime settimane e mesi, che è facile prevedere saranno sempre più influenzati dalle strategie delle élites, che si muovono su molti piani e sono di variegata natura, accomunate dall’obiettivo – perseguito, ad esempio, da George Soros da vari decenni – di ‘dettare’ le loro strategie ai popoli e di considerare gli individui esseri manipolabili.
I risultati delle elezioni europee del 26 maggio determineranno certamente un nuovo assetto politico dell’Europa. In tutti i Paesi europei – nonostante l’informazione mainstream lo neghi – è emersa dal voto una fortissima volontà di cambiamento. La “partita” si giocherà sulla nomina del successore di Mario Draghi alla Banca Centrale Europea e sulla costituzione della nuova Commissione, che è lo strumento di governo dell’Europa.
Sul piano interno, la straripante vittoria di Matteo Salvini contribuirà a sciogliere molti nodi, che fino ad ora sono restati “nascosti”. Il “punto di caduta” della situazione politica non è – come apparentemente potrebbe sembrare – superare i vincoli imposti dall’Europa rispetto alla necessità degli investimenti, che hanno come pre-condizione la diminuzione del carico fiscale per le imprese e per le famiglie. Su questo, non solo in Italia, ma in molti Paesi europei, che attraversano una fase di recessione dell’economia, se ne sente l’esigenza e il nostro Paese potrà quindi far valere le sue buone ragioni, in accordo con chi il deficit l’ha già sfiorato (la Francia, ad esempio) e di chi dei numeri non può più e preferisce interessarsi dell’economia reale, della vita delle persone.
L’alternativa sarebbe quella di prendere atto del fallimento, non solo politico – già acclarato – ma anche economico dell’Unione europea e trarne le conseguenze.
Il vero “punto di caduta” della situazione politica italiana è costituito dalla data del 2022, quando è prevista l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. La candidatura di Draghi è attualmente sostenuta dall’establishment che ancora conta e sarebbe assai compromessa se dovesse rimanere in carica il Governo, pur sostenuto da una maggioranza eletta un anno fa, che non rispecchia gli attuali rapporti di forza tra Lega e M5S.
Questa è la ragione in base alla quale l'intero sistema d'informazione manovra alla luce del sole per chiedere le elezioni anticipate - come vuole il fratello di Montalbano – e determinare un nuovo assetto di potere, che sostituisca un’esperienza di Governo certamente anomala, ma l’unica possibile dopo le elezioni politiche di un anno fa.
Salvini sa bene che il suo avversario vero non sono i Cinquestelle – destinati, ormai, se non lo assecondassero nelle sue proposte concrete di riforma, ad una scissione o a dissolversi – ma l’ideologia di sinistra, comunista e post-comunista, che è alleata alle élites tecniche e burocratiche e Bruxelles e dintorni e che non muore mai, ma soffoca qualsiasi speranza di libertà, di dignità e di sovranità di un grande Paese di 60 milioni di persone che vogliono essere rispettate in Europa e nel mondo.
Sa anche che quell’ideologia - sulla quale non a caso ancora puntano le èlites globaliste, a cominciare da quella rappresentata da Soros – non ha che da rallegrarsi quando lo spread sale ed evoca lo “spettro” della Grecia, per impoverire ulteriormente il popolo, impedire la crescita e gli investimenti, provocare la disoccupazione, come ha fatto con i Governi, tecnici e no, degli ultimi 10 anni, quando il debito pubblico italiano è aumentato di oltre 650 miliardi.
Salvini sa, infine – perchè l’ha compreso, altrimenti non si spiegherebbe la sua testimonianza di fede cattolica – che quell’ideologia tende ad usare tutte le armi a sua disposizione: la denatalità, innanzitutto, con la diagnosi di selezione prenatale, i divorzi e gli aborti di massa, perchè un Paese tanto è più povero in quanto non fa più figli; la sostituzione della popolazione e il meticciato, facendo credere che masse di uomini e donne estranee alla nostra cultura, alla nostra storia e alla nostra tradizione, possano determinare la rinascita del nostro Paese; la difesa degli animali invece della difesa degli esseri umani; i matrimoni omosessuali; il cambio di sesso dei bambini; il consumo della droga; la pubblicità e il consumismo; le campagne idiote e menzognere sui cambiamenti climatici; lo sterco del diavolo (l'arma di seduzione piu’ micidiale dell'angelo che si ribellò a Dio), con l'immanentismo di questa “citta’” che abitiamo, in attesa di vivere in quell'altra “citta’”, che appartiene a chi ha fede per volontà e dono divino.
Che cosa possono e devono fare i singoli, gli uomini e le donne di buona volontà, che credono in Dio, di fronte a questo contesto?
Se vogliono vivere nell'eternità, nell'altra “città”, in questa devono considerare la politica come qualcosa che gli appartiene e devono operare in base alla Parola del Verbo Incarnato, inginocchiarci davanti alla Croce e condurre una battaglia quotidiana. Istante dopo istante della loro vita. Usare come armi la Liberta’ e la Verità, perchè Cristo, con il Suo martirio, ci ha già liberato e ci ha donato la Sua pace e la Sua libertà. Essere testimoni e proclamare il Suo SI’ SI’ NO NO ci conforterà sempre e per sempre.
Agli occhi del mondo saranno considerati pazzi, perchè non seguiranno le “onde” delle sirene ammaliatrici che li richiamano, per far loro vendere l'anima e portarli dritti dritti nelle grinfie di Lucifero. Si armino, allora, della stessa “arma” di cui si avvalse Ulisse: la volontà. Si facciano legare al palo della barca che li trasporta in questo viaggio temerario, pieno di insidie. Ascoltino le sirene, ma resistano, forti delle loro idee e della loro fede.
I cristiani hanno il dovere di tradurre anche in politica la loro fede, perchè non sono “del mondo”, ma sono “nel mondo”. Hanno il dovere di contrastare il tiepidume che li avvolge e la desolazione prodotta da una Chiesa divenuta anticristica – che celebra il Ramadan insieme ai mussulmani e prega insieme a loro e che si accinge, anche formalmente, a trasformare la Messa cattolica in celebrazione protestante - con la fermezza e la nettezza dei forti, di coloro che non hanno timore degli uomini, ma solo di Dio.
Ci ha detto Gesù che la nostra fede può spostare le montagne, perchè coloro che amano Suo Padre, sono in Lui divinizzati, già su questa terra. Allora, quale paura, quale timore possonono avere i cristiani? In Cristo e con Cristo non mancherà loro mai nulla, nè i beni spirituali nè quelli materiali. Saranno da Lui protetti in ogni circostanza della loro vita, anche se saranno disprezzati, derisi, umiliati da quello stesso mondo che duemila anni rifiuto Dio, che si era fatto carne ed era venuto ad abitare in mezzo a noi.
I cristiani amano una Persona. Non amano un'ideologia. Per questa ragione, quando Salvini, da peccatore - come lui stesso si dichiara di essere - bacia pubblicamente il Crocifisso, compie un gesto catechetico enorme, inusuale e “blasfemo” rispetto alla realtà che ci circonda.
Che questa consapevolezza ci spinga, quindi, a fare sempre meglio il nostro dovere di patrioti, di mariti, di genitori, di uomini e donne di buona volontà, che hanno ben chiaro il gioco delle élites e sappiano sconfiggerlo, costruendo su questa terra la “città di Dio”.
Danilo Quinto
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