L'immensa mistificazione della parola di Cristo:«Non prego per il mondo ma per quelli che m’hai dato». Nell'ultima Sua preghiera Gesù non prega per le anime del mondo per i figli della perdizione: il loro destino è irrevocabile
di Francesco Lamendola
Nel cenacolo di Gerusalemme, poco prima dell’arresto e della Passione, Gesù rivolge al Padre celeste la sua ultima, toccante preghiera per affidargli quelli che hanno creduto in Lui e accolto la sua parola. Alzando gli occhi al Cielo (e non verso i poveri, non verso i migranti, non verso le tribù dell’Amazzonia, coi loro stregoni e il loro animismo; e neppure verso l’ecologia, le specie in estinzione e la questione del mutamento climatico; no, ma verso il Padre celeste) dice testualmente, con un fervore straordinario (Giov., 17, 1-25):
«Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità. Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».
Io non prego per il mondo: è una frase severa, molto severa; possiamo anche dire che è terribile. Gesù si rifiuta di pregare per qualcuno, per qualcosa; ciò significa che, per Lui, quel qualcuno o quel qualcosa è già condannato: Non si prega per le anime dell’inferno, il loro destino è irrevocabile!
Si noti che Gesù, in quest’ora suprema, presagio di quel sarebbe successo di lì a pochi momenti, questa volta non prega il Padre misericordioso, ma il Padre giusto (v. 25): perché l’attributo cardinale di Dio è, accanto all’amore, la giustizia; non l’uno contrapposto all’altro, ma entrambi come un tutto unico, come le due facce di una stessa medaglia. Dio è misericordioso perché è anche giusto, ed è giusto perché è anche misericordioso. Chi tenta di separare i due attributi, chi tenta di stabilire una priorità della misericordia sulla giustizia, compie un’operazione abusiva e fraudolenta: mira a costruire un vangelo tutto suo, fatto ad immagine dell’uomo: perché è una debolezza umana quella di credere che la misericordia, non accompagnata dalla giustizia, possa risolvere tutto e mettere a posto ogni cosa. Ma se Dio non fosse anche somma giustizia, oltre che sommo amore, non sarebbe Dio: se ne ricordino i buonisti troppo misericordiosi – e sempre a senso unico, cioè misericordiosi con gli altri, con i non cristiani e specialmente con gli anticristiani, e poco o niente affatto con i cristiani e specialmente coi cattolici. La questione esiste ed è all’ordine del giorno: monsignor Robert Barron, vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Los Angeles, ha recentemente dichiarato: In un certo senso, siamo diventati una Chiesa troppo misericordiosa. Meno male che qualcuno se ne sta accorgendo.
Nel cenacolo di Gerusalemme, poco prima dell’arresto e della Passione, Gesù rivolge al Padre celeste la sua ultima, toccante preghiera e non verso i poveri, non verso i migranti, non verso le tribù dell’Amazzonia, coi loro stregoni e il loro animismo; e neppure verso l’ecologia, le specie in estinzione e la questione del mutamento climatico; no, ma verso il Padre celeste!
La giustizia di Dio emerge dalla frase di Gesù: Io non prego per il mondo: è una frase severa, molto severa; possiamo anche dire che è terribile. Gesù si rifiuta di pregare per qualcuno, per qualcosa; ciò significa che, per Lui, quel qualcuno o quel qualcosa è già condannato. Non si prega per le anime dell’inferno, il loro destino è irrevocabile; ora, coloro per i quali Gesù si rifiuta di pregare il padre suo non sono dei morti, ma dei vivi; quindi, sono dei vivi che è come se fossero già morti, giudicati e condannati all’inferno. È un giudizio terribile, quello della frase: Io non prego per il mondo, che smentisce i buonisti a un tanto il chilo, i quali hanno sempre in bocca la parabola del figlio prodigo (che peraltro essi svuotano di significato, perché sorvolano sul particolare che il figlio prodigo si è poi profondamente pentito e si è umiliato davanti al padre, domandandogli umilmente perdono e chiedendogli di essere trattato non più come figlio, ma come l’ultimo dei servi), e mai le tante, tantissime ammonizioni di Gesù, come ad esempio questa (Mt 18, 6, 7): Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! E che dire delle parole che indirizza al traditore, Giuda Iscariote? Dice testualmente (Mc 14, 21): Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Sarebbe stato meglio per quell'uomo se non fosse mai nato! E poi c’è qualcuno che ipotizza che Giuda si sia salvato. Come dunque può essersi salvato colui del quale Gesù dice: Sarebbe stato meglio per quell'uomo se non fosse mai nato? Se dice così, questo significa che la sua anima è perduta. Solo di un’anima persa si può dire una cosa del genere: che sarebbe stato meglio se quel tale uomo non fosse neanche venuto al mondo. E non basta ancora. In un altro passo, Gesù è ancora più esplicito, laddove afferma (Giov., 17, 12): Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Gesù, quindi, chiama Giuda Iscariota il figlio della perdizione, e invoca la Scrittura a conferma di tali sue parole: chi è quell’uomo che osa contraddire una espressione così chiara del nostro Signore Gesù Cristo? È un uomo che se ne va in giro vestito da papa, che sfrutta il nome e l’autorità del papa, ma non è papa; se fosse papa, si atterrebbe a ciò che Gesù ha detto e confermerebbe ciò che la Chiesa ha sempre insegnato al riguardo; ma no, egli pretende di cambiare tutto. Lui e i suoi. Il suo braccio destro per gli ordini regolari, Braz de Aviz, ha detto che d’ora in poi bisognerà che i religiosi e le religiose cambino il loro modo di vestire e il loro modo di pregare. Ma chi è costui per dire una cosa del genere? Come osa, con quale diritto? Chi gli dà l’autorità per dire che, finora, i religiosi e le religiose non hanno pregato nel modo giusto?
Oggi viviamo in un'immensa mistificazione della parola di Cristo: vi è un’assoluta incompatibilità fra il mondo e il Regno di Dio. Se si ama il mondo, non si ama Cristo; e viceversa!
Infine, che cos’è questo “mondo”, per il quale Gesù si rifiuta di pregare? Il Vangelo di Giovanni adopera il vocabolo greco Kosmos, ma con due sfumature diverse. Quando Gesù dice, ad esempio (Giov., 3, 16-17): Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui, lo fa per designare l’umanità suscettibile di redenzione. Ma quando, subito dopo, dichiara (id., 18-19): Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie, appare chiaro che il “mondo”, per Gesù, è l’insieme degli uomini e delle forze che si oppongono al Vangelo, che rifiutano la sua Persona e che “preferiscono le tenebre alla luce”. Per il “mondo” in questa seconda accezione del vocabolo, cioè per l’umanità che rifiuta scientemente e deliberatamente Cristo, e che lo fa per tenere nascoste le proprie opere malvagie, dal momento che le tenebre le nascondono mentre la luce le renderebbe palesi, Gesù non si attarda in inutili buonismi. “Quel” mondo, infatti, è già condannato: e si è condannato da se stesso, con le proprie mani, attraverso le sue opere malvagie. Non c’è bisogno che Gesù lo condanni: il mondo che odia la luce è condannato automaticamente. Gesù è venuto nel mondo per portare la luce; ma chi rifiuta Lui, rifiuta anche la luce, perché Gesù è la luce del mondo. Eppure, si noti che Gesù non giudica in blocco, secondo le apparenze; mai la sua delicatezza, la sua misericordia, vengono meno: neppure sulla croce. Mentre già lo stanno inchiodando al legno dei malfattori, ha ancora la forza e la lucidità di dire (Luca, 23, 34): Padre, perdona loro questo peccato, perché non sanno quello che fanno! Gesù, quindi, distingue fra coloro che peccano per inconsapevolezza e coloro che peccano per lucida e deliberata malvagità: e il rifiuto di pregare per il “mondo” si applica a questa seconda categoria di peccatori. Per la prima, come si vede, Gesù non cessa di essere misericordioso nemmeno dopo aver subito la flagellazione e in procinto di venire appeso alla croce.
«Non prego per il mondo, ma per quelli che m’hai dato»
di Francesco Lamendola
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