Abbiamo ancora davanti agli occhi gli indimenticabili fotogrammi del fu direttore dell’UNAR, Francesco Spano, mentre scappa via saltellando, avvolto nella sua svolazzante redingote arancione, quando l’intervistatore delle “Iene” si fa un po’ troppo insistente nel chiedergli conto degli allegri finanziamenti pubblici disposti dal suo Ufficio a vantaggio di accolite arcobaleno dedite, dietro il paravento della promozione sociale e culturale, a pratiche monosessuali con annessa prostituzione. Era il febbraio 2017. Emerse alla luce del sole tutt’un giro di localini per soli maschi – l’esclusione dell’altra metà del cielo suona vagamente sessista, specie in seno a un organismo che si qualifica come antidiscriminatorio, ma il mito della fluidità permanente riesce sempre a fare miracoli – dove gli avventori potevano praticare lo sballo libero e ogni genere di esperimento lato sensu sessuale sotto l’alto patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri presso cui, in seno al dipartimento delle Pari Opportunità, gravita appunto l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.
ENTI INUTILI, ENTI DANNOSI L’Ufficio – ricordiamolo – è stato istituito nel 2003 con il compito di garantire l’attuazione pratica del principio di non-discriminazione per motivi razziali già sancito dalla Costituzione all’art. 3, al fine di combattere le “forme di razzismo a carattere culturale” (della cui natura, entità ed urgenza non si ha invero una chiara percezione). Tale generica dicitura ha consentito di estendere senza particolari formalità il raggio di azione dell’ente alle discriminazioni dovute a motivi sessuali o di identità di genere, la cui entità gravità e urgenza ancora una volta sfuggono a immediata comprensione.
Per adempiere al meglio questa irrinunciabile funzione di garanzia, l’UNAR svolge “inchieste” autonome avvalendosi di un apposito “centro” che raccoglie “segnalazioni” relative a presunti fenomeni discriminatori.
Ciò significa quindi che, benché l’ordinamento contempli una tutela di grado costituzionale per le violazioni di cui all’art. 3 della Carta fondamentale, è stato predisposto un apparato ad hoc parapoliziesco atto a conferire ai soggetti che se ne possono avvalere rationemateriae una posizione particolarmente privilegiata, tale da porre seri dubbi sulla sua compatibilità proprio con quel medesimo art. 3 che in teoria dovrebbe giustificare la sua esistenza.
A tacere, in ogni caso, del conflitto conclamato tra questo inusitato potere repressivo e quel fondamentale diritto di critica e di libera manifestazione del pensiero che la stessa Costituzione salvaguarda fino a quando non siano lesi l’onore o la reputazione di chi, avendone titolo, ne invochi tutela ai sensi delle rispettive norme penali (le quali norme notoriamente mirano non a garantire a chicchessia un generico e arbitrario “rispetto sociale e culturale”, bensì a impedire la violazione di beni giuridici definiti, riconosciuti meritevoli della massima guarentigia prevista dall’ordinamento a specifiche condizioni di legge).
Con l’UNAR ci troviamo di fronte, insomma, a un grande palco, elastico e variopinto, montato nel cuore dello Stato per evidenti motivazioni ideologiche indissolubilmente legate al piano eversivo dei potentati mondialisti; un palco a cui si aggrappano pletore di personaggi in cerca di autore, di prestigio a buon mercato (guadagnato sull’onda dei ritornelli mediatici), di stipendio garantito (dagli oboli dei contribuenti e dalle mance dei filantropi della finanza internazionale). Un palco che lucra lo straordinario credito conferitogli dalla sede istituzionale in cui si trova a essere incardinato.
GIRI DI GIOSTRA Ma torniamo a Spano. Al malcapitato, dopo quel servizio, non restò che dimettersi dalla direzione dell’ente e mettere in soffitta il cappottino arancione. Ma l’UNAR, lungi dal subire una qualche ripercussione dalla surreale vicenda che aveva messo a nudo il suo vero volto, ha continuato ad essere nutrito e accudito con ogni riguardo dalla mano amorevole della burocrazia statale e superstatale imperturbabile a ogni apparente rivolgimento o stravolgimento politico. L’Ufficio viaggia infatti sulla propria corsia privilegiata, non teme urti di sorta perché esegue le consegne di Bruxelles emanate secondo il decalogo della religione onusiana universale alla quale oggi si è definitivamente e felicemente convertita la stessa chiesa di Roma, con tutte le sue maestranze centrali e periferiche.
Così Spano fu sostituito da Luigi Manconi, e l’associazione travolta dallo scoop delle “Iene” cambiò a sua volta soprabito, e da Anddo divenne ARCO, nome nuovo vita nuova, riconquistando in tal modo, oltre alla verginità, il proprio posto riservato nel tavolo istituzionale permanente dell’UNAR (al numero 25) dove siedono altre 42 associazioni tra cui, quinto in lista, il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. Bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga come prima.
Negli ultimi tempi è spuntato il successore di Manconi. Uno che ad ascendenze elleniche unisce amicizie influenti. Non è un caso che la fresca nomina di Triantafillos Loukarelis abbia fatto commuovere Vincenzo Spadafora, grande sostenitore delle rivendicazioni LGBT (compresa quella per la cosiddetta omogenitorialità) e sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega alle pari opportunità e alle politiche giovanili dell’estinto governo gialloverde. I due hanno una lunga consuetudine alle spalle: Loukarelis era già stato a capo della segreteria tecnica del sottosegretario pentastellato, dopo avere collaborato con lui prima all’Ufficio di Garante per l’infanzia e l’adolescenza (carica ricoperta da Spadafora dal 2011 al 2016) poi all’Unicef Italia (di cui Spadafora è stato presidente dal 2008 al 2011). Sinora, cioè, Loukarelis di mestiere ha fatto l’angelo custode del suo mentore; oggi è stato ripagato con una carica tutta sua, nella quale può riversare a beneficio della collettività l’esperienza maturata dalle frequentazioni pregresse.
Siamo sempre infatti dentro quel mondo, quello che batte bandiera arcobaleno e parla l’esperanto inventato nelle centrali di potere a scopo egemonico, dove le stesse devote pedine si rigirano i soliti strapuntini in modo da far tornare il teorema del Gattopardo. Del resto, c’è un sistema imponente dietro tutto ciò, un sistema radicato, brulicante, inamovibile, prodigo di privilegi per i suoi adepti a dispetto di qualsiasi crisi.
OBIETTIVO BAMBINI Il Giornale, nel commentare l’ultimo avvicendamento ai vertici dell’UNAR, fa due più due: «Insomma, così a primo acchito, la situazione sembra quasi presagire il “governo di Bibbiano”. Sopratutto se teniamo conto che Triantrafillos era presente all’autorità Garante dell’Infanzia quando a Spadafora arrivarono segnalazioni pubbliche sullo strano andamento del sistema degli affidi».
E infatti allorché, dopo la deflagrazione dello scandalo degli affidi, Di Majo era scattato prontamente a chiedere al ministro Fontana di fare chiarezza, qualcuno non ha mancato di lucidamente osservare: «Un’uscita che fa ridere se non piangere quando al leader pentastellato bastava chiamare l’amico e compagno di partito Vincenzo Spadafora che conosce bene l’ambiente, essendo stato Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza dal 2011 al 2016, nonché Presidente Unicef Italia fino al 2011. Vincenzo Spadafora infatti sa tutto, avendo ricevuto negli anni centinaia di segnalazioni, sollecitazioni, memorie, strazianti spezzoni di intercettazioni telefoniche, audio e video… ma non ha mai dato peso ai tanti allarmi che in questi anni sono stati lanciati da più parti».
L’industria legata ai minori – dove, in modo sempre più inquietante, emerge come l’apparente protezione dell’infanzia si sovrapponga a un oggettivo sfruttamento – è intimamente collegata a quell’apparato teorico e pratico eretto sopra il grande imbroglio dell’inclusione, della antidiscriminazione, della lotta agli stereotipi e alla violenza di genere che fa capo al proteiforme organismo mitologico comandato ora, non per nulla, dall’ex angelo custode dell’ex garante per l’infanzia ed ex direttore dell’Unicef, lo stesso che, incidenter tantum, è stato pure artefice con la Bongiorno della legge cosiddetta “Codice Rosso” contro la violenza sulle donne. Giusto per completare il repertorio.
Anzi, resta un altro tassello per chiudere il cerchio. In seno all’UNAR vengono partoriti i progetti con cui le associazioni iscritte al tavolo, attraverso i loro emissari “esperti” sguinzagliati in tournée nelle scuole di ogni ordine e grado, puntano a indurre una precoce erotizzazione degli scolari e la familiarizzazione col fenomeno omosessuale e genderista. È lì dentro che sono elaborate le strategie per conquistare alla causa nuovi cultori della materia: è lì dentro che è stato confezionato il famigerato documento firmato dalla Fornero nel 2013 (la Strategia LGBT, alias Strategia Fornero) dal quale si è sprigionata la valanga di provvedimenti legislativi e amministrativi ispirati all’etica antinaturale e confluiti infine nella fantasmagorica “buona scuola”. Guardacaso proprio Spadafora, nell’accogliere con moderata soddisfazione la nomina al sottosegretariato, dichiarò di ambire al ministero dell’Istruzione.
Per far funzionare a dovere e senza intoppi il sistema Bibbiano, si sa, c’è bisogno di un lavoro capillare e profondo. La rete deve essere gettata nelle scuole perché la pesca sia fruttuosa. Ma siamo a buon punto.
A casa di Spadafora, aspirante al dicastero dell’istruzione, è stato celebrato il fidanzamento tra Cinque Stelle e PD. La candidata alle Pari Opportunità, la signora che si dice madre dei propri animali, si scalda i muscoli a bordo campo per il governo che verrà, nel segno della lotta all’omotransnegatività. Dalle parti del Vaticano si brinda. E con questo è detto tutto.
lisabetta Frezza Agosto 30, 2019
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