SILVESTRINI, BERTONE E I 150MILA EURO ANNUI DALLO IOR A VILLA NAZARETH.
La scomparsa del cardinale Silvestrini (Riposi in pace) mi ha spinto a frugare fra gli appunti di tanti anni fa, quando ero ancora il vaticanista de La Stampa, o avevo appena finito di esserlo. Erano gli anni di Benedetto XVI e del cardinale Bertone, con cui c’era naturale simpatia. E avevo, ben più di adesso, rapporti frequenti con persone del suo staff, o comunque a lui vicine. Mi ricordavo vagamente di qualcosa, e frugare negli appunti – ce ne sono tanti, e molti mai pubblicati, la maggior parte – lo ha confermato. C’era una storia.
Era una notizia che lì per lì non mi aveva colpito in maniera particolare. Adesso rappresenta una curiosità; tanto più perché, come sappiamo, il Presidente del Consiglio incaricato proviene da Villa Nazareth, è organico all’istituzione; e Villa Nazareth è la scuola di formazione di élite curata e gestita dall’élite della Santa Sede, cioè la diplomazia. Silvestrini – e probabilmente prima di lui Casaroli, e dopo di lui Parolin e Celli faceva di tutto per trovare sbocchi professionali (che potessero essere interessanti per il futuro della “sua” Chiesa) agli allievi. Mi ricordo le raccomandazioni pressanti fatte a direttori di giornali perché trovassero il modo di far entrare vogliosi e fantasiosi dilettanti nelle file dei giornali. Ma questo è un altro discorso. Negli appunti ho trovato il racconto divertito di un mio referente nella Segreteria di Stato bertoniana. Divertito perché con il cinismo tipico di certi prelati si sottolineava l’ingenuità dei laici bene intenzionati…
Insomma, sembra che non appena Ettore Gotti tedeschi fu nominato Presidente dello IOR, il card. Silvestrini si affrettò ad andare a trovarlo.
Non era solo una visita di cortesia: gli chiese di continuare a contribuire, come faceva il suo predecessore (Caloia ), al mantenimento di Villa Nazareth, e gli chiese una cifra che si aggirava intorno ai 150mila euro all’anno.
Ridendo mi venne spiegato che Gotti Tedeschi rimase molto perplesso per la richiesta, che secondo lui era troppo alta, e che non gli pareva in linea con le elargizioni date normalmente alle opere di carattere religioso.
Ma si trattava della richiesta fatta da un cardinale del prestigio di Silvestrini, e decise perciò di parlarne con il segretario di Stato, il card. Bertone.
A quanto pare il Segretario di Stato si dichiarò d’accordo con le riserve espresse dal Presidente dello IOR. L’amico mi spiegò, senza che ce ne fosse bisogno, che in questo giocavano due considerazioni: Silvestrini era considerato amico del Presidente precedente e “nemico” del pontificato Ratzinger; e di Bertone, per conseguenza.
Che era stato nominato Segretario di Stato senza appartenere alla casta dei diplomatici! Bertone perciò invitò Gotti Tedeschi a trovare una soluzione dando poco.
A quanto mi hanno raccontato, Gotti Tedeschi cercò di utilizzare una via di uscita professionale: chiese al Card Silvestrini di poter consultare il bilancio, quantitativo e qualitativo di Villa Nazareth, così da valutare i bisogni e decidere in base a ciò il contributo da concedere da parte dello IOR; e che avrebbe dovuto essere comunque approvato dal Consiglio di amministrazione.
La storia per me si concluse lì. Ma qualche settimana più tardi rividi il mio referente, e dopo aver parlato di diversi altri argomenti, gli chiesi, en passant, di quanto poi era stato il contributo a Villa Nazareth. Scoppiò in una gran risata e mi disse. “Bertone ha detto al Presidente IOR di elargire l’intera somma richiesta da Silvestrini”. Chiesi ragione di un voltafaccia così radicale: “Silvestrini è molto potente, meglio tenerselo buono…”.
Ovviamente di bilanci non si parlò mai più.
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Marco Tosatti
LUTTO IN VATICANO (E A PALAZZO CHIGI) - NEL GIORNO IN CUI IL SUO PUPILLO GIUSEPPE CONTE RICEVEVA L’INCARICO, È MORTO ACHILLE SILVESTRINI, IL CARDINALE A CUI IL PREMIER DEVE TUTTE LE SUE ENTRATURE OLTRETEVERE - L’ESPERIENZA A VILLA NAZARETH, I RAPPORTI CON LA SINISTRA DC E LA GEOPOLITICA, MOLTO SIMILE A QUELLA DEL PREMIER: RUSSIA, CINA BERGOGLIO E NON RATZINGER – OGGI C’È STATO UN INCONTRO TRA IL PAPA E IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
"Questo pomeriggio, a margine delle esequie del Cardinale Achille Silvestrini, il Santo Padre Francesco ha incontrato brevemente per un saluto il Presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, e con lui ha ricordato con affetto la figura del Cardinale".@HolySeePress
Maria Antonietta Calabrò per www.huffingtonpost.it
Una coincidenza, un segno del destino. Nel giorno in cui Giuseppe Conte riceve l’incarico di formare un nuovo Governo, muore in Vaticano, a quasi 96 anni, il cardinale Achille Silvestrini, gigante della diplomazia vaticana, e soprattutto della Ostpolitik, che di Conte è stato il mentore dagli anni in cui frequentava il collegio di Villa Nazareth, il prelato a cui più di tutti il premier incaricato deve le sue entrature ecclesiastiche.
Fu infatti Silvestrini - cardinale romagnolo di orientamento progressista - a rilanciare Villa Nazareth come collegio universitario. Alcune decine di studenti (prevalentemente non abbienti, soprattutto provenienti dal Sud) furono scelti e sostenuti su basi di merito. Conte non ebbe una borsa di studi, proveniente da un piccolo comune pugliese (Volturara Appula, proprio a metà tra i due paesi di Padre Pio, San Giovanni Rotondo e Pietrelcina), è stato in stretti rapporti da universitario con l’Istituzione e soprattutto è rimasto fedele a Silvestrini e alla sua creatura Villa Nazareth, che ha aiutato in alcuni rapporti con gli Stati Uniti. E sicuramente fino all’inizio del suo primo governo faceva ancora parte del Comitato Scientifico di Villa Nazareth (un compendio con residenze, aule di formazione, sala conferenze e giardino che si trova a due passi dal Policlinico Gemelli).
Silvestrini, nell’arco degli anni, ha intessuto una serie di rapporti rivolti principalmente alla sinistra Dc (Sergio Mattarella e gli ex-morotei); all‘ex presidente Oscar Luigi Scalfaro (abitava vicino a Villa Nazareth). Ma anche a personalità laiche come gli ex presidenti della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Celebre la sua omelia per la morte di Federico Fellini (il cui film La strada è uno dei preferiti di Papa Francesco). Ha tra l’altro sposato l’allora sindaco di Roma, Francesco Rutelli.
Stretto collaboratore dei segretari di Stato Domenico Tardini e Amleto Giovanni Cicognani, Silvestrini accompagnò l’allora arcivescovo Agostino Casaroli nel periodo dell’Ostpolitik e guidò le trattative con le autorità italiane per la revisione del Concordato lateranense ( dal 1979 sino alla firma il 18 febbraio 1984 ) . Ha seguito come inviato speciale di Giovanni Paolo II la crisi delle Malvine-Falklands (1982); e quelle in Nicaragua e in El Salvador (1983); quella della Polonia (1983); a Stoccolma fu come capo della delegazione della Santa Sede alla sessione inaugurale della Conferenza sul disarmo in Europa (1984); si recò ad Helsinki, per la celebrazione del decimo anniversario della firma dell’atto finale della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Dal 1969, Silvestrini è diventato l’anima di una “Comunità” sorta da un gruppo di ex-alunni laureati, professionisti e amici di Villa Nazareth. Da essa nacque, nel 1986, la Fondazione “Comunità Domenico Tardini”, che prende in affidamento dalla Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth la responsabilità delle attività formative e di gestione. Di entrambe le Fondazioni il cardinale Silvestrini ha ricoperto il ruolo di presidente. Direttore di Villa Nazareth è stato anche l’attuale Segretario di Stato di Papa Francesco, Pietro Parolin.
Oggi, il capo è monsignor Claudio Celli, romagnolo pure lui, come Silvestrini, una carriera coronata - dopo essere stato capo dell’Apsa, Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica - dal nuovo deal concluso da Papa Francesco con la Cina, che ha portato nei giorni scorsi alla nomina d’intesa tra il Vaticano e il Governo cinese dei due primi vescovi, con l’ok comune. Secondo indiscrezioni, Celli nelle settimane della crisi agostana del Governo gialloverde si è molto speso a favore di Giuseppe Conte, il pupillo del cardinale Silvestrini.
Silvestrini è stato uno dei cardinali e vescovi che si sono incontrati ogni anno dal 1995 al 2006 a San Gallo, in Svizzera, per discutere di riforme in merito alla nomina di vescovi, collegialità, conferenze episcopali, primato del papato e moralità sessuale. La cosiddetta “Mafia di San Gallo”, cosi battezzata da uno dei suoi partecipanti. Differivano tra loro, ma condividevano l’opinione che il cardinale Joseph Ratzinger non fosse il tipo di candidato che speravano di vedere eletto dopo Giovanni Paolo II. Troppo vecchio per partecipare al conclave del 2005 per scegliere il nuovo Papa, Silvestrini fu tuttavia un vigoroso oppositore anche pubblico di Ratzinger, e invitava i giornalisti a guardare al cardinale di Canterbury O’ Connor ( che fu uno dei grandi elettori di Papa Francesco) . Evidentemente anche su questo fronte Giuseppe Conte e Matteo Salvini (che ha indossato la maglietta, “Il mio Papa è Benedetto” ) si sono ritrovati su sponde opposte.
GIUSEPPE CONTE RICEVE L'INCARICO PER LA FORMAZIONE DEL SUO SECONDO GOVERNO 1ACHILLE SILVESTRINI CON PAPA FRANCESCO 1VILLA NAZARETH ROMA 1ACHILLE SILVESTRINI 4ACHILLE SILVESTRINI CON PAPA FRANCESCO 3ACHILLE SILVESTRINI 2VILLA NAZARETH ROMA 2ACHILLE SILVESTRINI 3ACHILLE SILVESTRINI 1
Da Dagospia: i rapporti fra Conte, Renzi e Boschi, così come narrati nel libro di Jacoponi. Conte infiltrato renziano
VI presentiamo, da Dagospia, un estratto del libro di Jacopo Jacoboni, giornalista de La Stampa,
Lasciamo ai lettori valutare quale sia la profondità dei rapporti fra Renzi e il “Presidente del popolo” Giuseppi Conte, prima che questo diventasse l’Idolo dei Pentastellati e, per un po’ , facesse finta di essere super partes.
Buona lettura!
Personaggi nella commedia:
Guido Alpa: noto professore di diritto dominus di Giuseppi Conte
Maria Elena Boschi: giovanissima, all’epoca, avvocato fiorentino di grandi ambizioni
Giuseppi Conti: avvocato omnipresente che ottennel’abilitazione all’insegnamento da una commissione in cui era presente Alpa
Matteo Renzi: sindaco piddino di Firenze, poi Presidente del Consiglio, segretario del PD, ed ancora attualmente conducator assoluto dei gruppi parlamentari.
Tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014 Guido Alpa, avvocato e prestigioso giurista genovese, presidente per tanti anni del Consiglio nazionale forense, un elenco infinito di incarichi nel board di importanti società, è assai incuriosito dall’ascesa di un giovane politico fiorentino che ha appena vinto le primarie del Partito democratico, diventandone segretario, e che ormai punta chiaramente a Palazzo Chigi, imbracciando la narrativa della «rottamazione» spesso anche nei confronti del governo in carica presieduto da un altro democratico, Enrico Letta.
In quel periodo, e già da alcuni anni, Alpa è il dominus di un avvocato di cinquant’anni di origini pugliesi, Giuseppe Conte, talmente lontano dal momento in cui sarà indicato come candidato premier da Luigi Di Maio (in pieno accordo con Matteo Salvini) da adoperarsi per favorire un incontro di conoscenza, di quelli che si usa fare nel mondo a cavallo tra politica, professioni, studi e imprese, tra l’anziano luminare del diritto e Matteo Renzi. Il sindaco di Firenze in quei giorni appare a tutti — non occorre un particolare acume nella lettura della fase politica — sulla rampa di lancio verso Palazzo Chigi. E Alpa vorrebbe conoscerlo.
Conte in quegli anni si è trovato in un contatto diretto, assiduo, col mondo renziano. E la via maestra è rappresentata da una delle figure chiave nel renzismo, Maria Elena Boschi, anche lei avvocato, di una generazione più giovane di Conte, la stessa di Alfonso Bonafede (che sarà ministro della Giustizia del governo M5S-Lega), pure lui avvocato a Firenze.
La futura ministra delle Riforme, che sarà uno dei bersagli preferiti di una campagna d’odio violentissima della propaganda pro-M5S, è stata assieme a Conte e al futuro vicecapo di gabinetto del ministro Bonafede, Leonardo Pucci, in una commissione d’esame nella scuola delle professioni legali a Firenze. La conoscenza con Bonafede è anch’essa antica, e per nulla ostile alla futura ministra da parte di Bonafede; un contatto che risulterà utile nelle fasi in cui — ciclicamente — Movimento e Pd tenteranno abbozzi di dialogo su questioni politiche specifiche, dagli assetti nelle commissioni parlamentari a quelli fuori dal Parlamento.
Quando, almeno a Firenze, comincia ad apparire evidente l’ascesa di Renzi, il giovane avvocato Boschi è una delle poche figure che mettono in piedi il network renziano e la convention della Leopolda; ed è proprio questo filo a distanza tra la Boschi e Conte che consente a quest’ultimo, a un certo punto, di facilitare l’incontro tra Alpa e Renzi. Dopo alcuni tentativi in cui Conte si adopera per questo colloquio, l’incontro avviene. Cordiale, una chiacchierata con conte-nuti contingenti e legati agli scenari del potere in quel momento.
Alpa si presenta dinanzi al neosegretario del Pd accompagnato proprio da Conte, che nessuno onestamente immaginerebbe futuro premier. È un dialogo di conoscenza che fila via senza che lì per lì nessuno nei media se ne interessi particolarmente. I due, Alpa e Conte, appaiono assai ben disposti verso Renzi in quella stagione, in fondo non così lontana. In quell’occasione Conte resta rispettosamente taciturno. Assiste spettatore al dialogo del suo mentore giuridico con il capo del renzismo: ossia, di lì a poco, il nemico numero uno della Casaleggio e della campagna elettorale di Luigi Di Maio.
Renzi racconterà a Gian Antonio Stella: «Ci ricordiamo i grandi complimenti che [Conte] ci faceva quando eravamo al governo noi». «Vuol dire che conoscevate già lo sconosciuto?», chiede Stella. «Sconosciuto? Conserviamo ancora i messaggini di lode per il nostro governo».
L’Italia è un paese in cui reti di relazioni e incroci professionali possono risultare così sorprendenti che alla fine tutti se ne dimenticano e nessuno se ne sorprende. Il quotidiano «la Repubblica», nell’ottobre del 2018, ha sollevato la questione del potenziale conflitto d’interesse esistente tra Conte e Alpa: i due avevano da poco svolto un incarico professionale assieme nel 2002, quando Alpa fu il professore ordinario che giudicò Conte nel concorso universitario vinto dal premier all’Università Vanvitelli di Caserta.
by Giuseppina Perlasca
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