FINANZE E POTERE
Caso Giani, in Vaticano è guerra tra bande
Secondo il Corriere il generale Giani, capo della sicurezza del Vaticano, sarebbe in procinto di lasciare il suo incarico, come conseguenza dello scandalo causato dalla perquisizione nella Segreteria di Stato. Chi lo conosce, descrive Giani come una persona fedele ai superiori. L’impressione è che sarà ancora un laico onesto, dopo Gotti Tedeschi e Milone, a pagare per faide tra ecclesiastici.
Che cosa sta succedendo in Vaticano, intorno alla Segreteria di Stato, all’Apsa, allo Ior e in generale intorno alle finanze? Il Corriere della Sera riportava ieri in un articolo di Fiorenza Sarzanini, normalmente bene informata per quanto riguarda magistratura e servizi, che il capo della sicurezza del Vaticano, il generale Domenico Giani, sarebbe in procinto di lasciare il suo incarico per andare a ricoprire un ruolo in qualche istituto internazionale. Lo spostamento del generale Giani, e la sua sostituzione con l’attuale vice, Gianluca Gauzzi Broccoletti, sarebbero una conseguenza dell’ultimo scandalo che ha colpito la Santa Sede, con la perquisizione (e il sequestro di documenti e computer) addirittura nella Segreteria di Stato, alla terza Loggia, sullo stesso piano di quelli che erano gli appartamenti pontifici.
Subito dopo l’Espresso pubblica l’immagine di una nota interna firmata da Giani, recante le foto delle cinque persone sospese dal servizio: “I suddetti - riporta la nota - potranno accedere nello Stato esclusivamente per recarsi presso la Direzione Sanità ed Igiene per i servizi connessi, ovvero se autorizzati dalla magistratura vaticana. Monsignor Mauro Carlino continuerà a risiedere presso la Domus Sanctae Marthae”.
Sembra che qualcuno abbia in una certa misura incolpato Giani non di aver passato la nota all’Espresso, ma di non aver sorvegliato abbastanza per impedire “fughe”. Il che, se fosse vero, suonerebbe come un pretesto. Da anni l’Espresso, dai tempi del cardinale Pell, dispone di fonti, quasi certamente ecclesiastiche e di alto livello per le sue informazioni. E in particolare di persone che potrebbero gravitare nell’area “affari”, in cui era così attento l’ex Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, con alcuni dei suoi uomini più fidati; che peraltro ancora ricoprono ruoli di primo piano.
Domenico Giani è entrato in Vaticano nel 1999, e dal 2006 è il capo della sicurezza, a cui ha dato un fortissimo contributo di modernizzazione e aggiornamento, grazie anche alla sua esperienza professionale (proveniva dalla Guardia di Finanza e dal Sisde). Chi lo conosce e ha lavorato con lui per molti anni in posti di responsabilità lo definisce un ufficiale, e un soldato: vale a dire qualcuno che agisce esclusivamente in base a un ordine del suo superiore. Il suo superiore è il Segretario di Stato; o, al limite, in casi straordinari in cui la catena di comando regolare sia interrotta o bypassata, il Pontefice.
Così è stato di sicuro anche nel caso più recente, l’irruzione dei gendarmi nella Segreteria di Stato. Per agire il generale Giani, su input del promotore di giustizia del tribunale, Gian Piero Milano e dell’aggiunto Alessandro Diddi, ha certamente ottenuto il via libera “superiore”. Da chi? Dal cardinale Parolin, Segretario di Stato, o dal Pontefice? L’incursione riguarda – o è stata originata – dalla richiesta allo Ior di una copertura straordinaria avanzata dal Sostituto alla Segreteria di Stato, il venezuelano Peña Parra, per portare a termine o limitare i danni derivanti da un affare finanziario a Londra . E ha colpito anche monsignor Carlino, che da poche settimane era stato nominato alla delicata posizione di responsabile della Sezione economica della Segreteria di Stato.
La denuncia è partita dallo Ior, l’istituto finanziario della Santa Sede; e questo porta, dopo Parolin e Parra e Carlino (che era il segretario del Sostituto precedente, il cardinale Becciu, in carica quando l’affare londinese fu avviato), a identificare un altro protagonista nella nebbiosa vicenda, in cui, fra l’altro, non è ancora chiaro se e quale eventuale atto criminoso sia stato commesso. A parte, naturalmente, l’opportunità che soldi inviati alla e per la carità del Pontefice vengano immessi in affari immobiliari, magari anche a rischio. Ma questo fa parte di quell’isola felice che è la Sezione economica della Segreteria di Stato, ricchissima (c’è chi dice più dello stesso Ior) e sottratta a ogni controllo.
L’impressione è che stiamo assistendo, in questa fase autunnale, se non invernale, del pontificato, a una guerra per bande, tese a ritagliarsi spazi di potere (e i soldi sono fondamentali, per il potere), e in cui i protagonisti tendono a eliminare gli uomini non “arruolabili”, e a sostituirli con persone diverse, magari più attente ai sussurri dei loro padrini e più manovrabili. Nell’esperienza di chi l’ha conosciuto e ha lavorato con lui il generale Giani è una persona leale – ai superiori – e trasparente. Non vorremmo che ancora una volta un laico onesto e capace, dopo Gotti Tedeschi e Milone, pagasse il prezzo di faide fra ecclesiastici. Magari con la benedizione pontificia, preparata da opportuni sussurri e consigli.
Marco Tosatti
https://lanuovabq.it/it/caso-giani-in-vaticano-e-guerra-tra-bande
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