Preti sposati, tutto iniziò col Concilio e poi in Germania
Il problema pastorale legato alla mancanza di sacerdoti e al tentativo di ordinare dei laici sposati non nasce oggi. Ma affonda le radici negli anni '60. Al Concilio, anzitutto, con le incursioni del vescovo Koop che fece arrabbiare San Paolo VI. Per proseguire con le spinte tedesche, che andarono a influenzare negativamente l'America Latina.
“Per una popolazione di 50.000 anime a Manaos vi sono solo due sacerdoti e nel resto dell'Amazzonia cinque o sei che circolano in quell'immensa regione!”. (…) “Nessuno, da duecento anni, si occupa di questi infelici; non un missionario per evangelizzarli, per battezzarli, per salvarli!”
Questi due passaggi sono tratti dalla relazione sulle missioni cattoliche nell'Amazzonia brasiliana fatta da padre Limbour, della Congregazione dello Spirito Santo, alla fine del primo decennio del Novecento. Un documento straordinario pubblicato sul bollettino illustrato di Propaganda Fide nell'edizione di venerdì 7 gennaio 1910 e che ci trasmette intatta una realtà temporalmente lontana da noi ma molto simile a quella descritta nel corso dei lavori del Sinodo attualmente in corso.
Il problema pastorale legato alla mancanza di sacerdoti in molti luoghi della regione persiste e nel cammino sinodale è stato evocato da chi vorrebbe sopperirvi con il via libera definitivo all'ordinazione di uomini sposati di provata fede. Ma così come il problema, anche la sua possibile soluzione è tutt'altro che una novità per la Chiesa: al pari della carenza di ministri ordinati nella regione, anche quella dei viri probati è una questione che riaffiora da anni.
Fece la sua comparsa al Vaticano II grazie a Dom Pedro Paulo Koop, vescovo brasiliano di Lins, autore di un intervento che chiedeva l'ordinazione di uomini sposati. Questo testo, consegnato alla segreteria del Concilio e distribuito ai “colleghi”, riscosse il consenso di 43 padri conciliari ma non venne mai letto in aula perché incontrò la contrarietà di San Paolo VI. Il pontefice bresciano, infatti, con una lettera datata 10 ottobre 1965 al cardinal Eugenio Tisserant, presidente del consiglio di presidenza del Concilio, giudicò inopportuno un simile dibattito nell'assise conciliare. Solamente due giorni dopo, il quotidiano francese d'area progressista “Le Monde”, pubblicò il testo originale di Koop a cui non mancarono critiche da parte degli altri vescovi brasiliani, contrari alla proposta e infastiditi per il modo in cui il loro connazionale aveva indispettito il papa.
La linea dettata da Montini andò a riflettersi, poi, nel “Presbyterorum ordinis”, il decreto del Concilio sul ministero che al paragrafo 16 ribadiva il “rapporto di convenienza (del celibato) con il sacerdozio”.
Ma il 'niet' di Paolo VI ed il pronunciamento del Concilio non bastarono per archiviare una volta per tutte la questione dei viri probati: a rimettere in gioco la palla ci pensò il Sinodo collettivo delle diocesi nella Repubblica Federale di Germania iniziato nel 1971 e conclusosi nel 1975. Durante il cosiddetto Sinodo di Wùrzburg la VII commissione su carismi, servizi e uffici riaprì alla possibilità che uomini saggi di provata virtù potessero essere ordinati in caso di estrema mancanza di sacerdoti. Fu l'occasione in cui si manifestò l'ostinazione delle anime più progressiste della Chiesa tedesca che, nonostante una dichiarazione della Conferenza episcopale nazionale in cui si annunciava di voler escludere la materia dalla deliberazione dei padri sinodali, pretesero lo stesso di andare avanti su quella strada, non senza atteggiamenti di protesta nei confronti del cardinale Dofner, presidente dei vescovi e dell'Assemblea.
Recentemente, il cardinal Marx ha rivendicato con orgoglio quell'esperienza, ricordando come già al termine del Sinodo collettivo l'episcopato tedesco avesse invocato la necessità di aprire una simile discussione, inviando una richiesta in tal senso a Roma subito dopo la conclusione del Sinodo. Marx è sembrato lamentarsi del fatto che in quel caso non ci furono le risposte attese.
In realtà, Roma si era già espressa nel III Sinodo dei Vescovi del 1971 quando la maggioranza dei padri sinodali aveva bocciato la formula più permissiva sull'ordinazione approvando invece quella che chiudeva ad ogni possibile eccezione (“Salvo il diritto del Sommo Pontefice, l'ordinazione presbiterale di uomini sposati non è ammessa, neppure in casi particolari"). Paolo VI avallò questa decisione e fece precisare nel rescritto dell'udienza concessa al termine dei lavori al Segretario di Stato, il cardinal Villot: “Sua Santità (…) conferma, in modo particolare, che nella Chiesa latina, si continui ad osservare integralmente, col divino aiuto, la presente disciplina del celibato sacerdotale”.
Nei decenni seguenti, la crescita dell'influenza tedesca nel mondo cattolico dell'America Latina, supportato dal lavoro sul campo delle società assistenziali legate alll'episcopato e ai gruppi laicali teutonici, finì per favorire anche lì la convinzione che l'ordinazione dei viri probati fosse la migliore via percorribile per fronteggiare la carenza di sacerdoti nelle comunità più isolate.
Ma nel 1990, con la nettezza che gli era consueta, fu San Giovanni Paolo II in persona a escludere ogni possibilità di intavolare una discussione all'interno della Chiesa in merito a quest'ipotesi. Vale la pena citare per intero il passaggio del discorso pronunciato dal pontefice polacco in occasione dell'VIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi:
“È vero che altre questioni, gravi, vengono poste quando la mancanza di sacerdoti è avvertita in modo tragico (...). Alcuni si sono domandati se non sia il caso, in tali circostanze, di pensare all’ordinazione di viri probati. Questa soluzione non è da prendersi in considerazione e al problema posto occorre rispondere con altri mezzi. Come è noto, la possibilità di fare appello a dei viri probati è troppo spesso evocata nel quadro di una propaganda sistematica ostile al celibato sacerdotale. Tale propaganda trova il sostegno e la complicità di alcuni mass media. Occorre quindi cercare, senza indugio, altre soluzioni a questo angoscioso problema pastorale”.
San Giovanni Paolo II non si limitò soltanto a bocciare questa soluzione, ma arrivò persino a denunciare il tentativo di chi, strumentalizzando questa questione, cerca di 'smontare' il celibato sacerdotale. Quello dell'ordinazione di uomini sposati apparve un argomento divisivo anche laddove calato in realtà particolari, come quella dell'Oceania che condivide con l'Amazzonia spazi immensi dove vivono comunità isolate. Nel Sinodo dedicato a questo continente, infatti, anche il cardinal Thomas Stafford Williams, presidente delegato dell'Assemblea Speciale, nella sua relazione “La Chiesa in Oceania sulle orme di Gesù Cristo, Via, Verità e Vita”, lo giudicò tale, elogiando “il desiderio” dei padri sinodali di “parlare con una voce sola” che si sarebbe espresso durante l'assise proprio superando “il tentativo di mettere a votazione proposte controverse, come ad esempio, l'ordinazione dei viri probati”.
Nel pontificato di Benedetto XVI, la Chiesa tornò a ribadire il suo 'no' a quest'opzione e lo fece nel Sinodo dei Vescovi del 2005 dedicato all'Eucarestia. Pur riconoscendo la “grave mancanza di clero in alcune parti del mondo”, i padri sinodali bocciarono senza tentennamenti l'opzione caldeggiata, invece, da diversi vescovi durante l'attuale Sinodo sull'Amazzonia. Nella propositio 11 del documento finale dell'Assemblea di 14 anni fa venne ribadita la posizione fino ad allora sempre sostenuta, rilevando che, nel corso dei lavori, “certuni hanno fatto riferimento ai viri probati, ma quest'ipotesi è stata valutata come una strada da non percorrere”.
La Chiesa, dunque, finora ha sempre scartato questa possibilità, non ritenendola percorribile per risolvere un problema cronico che, in alcuni luoghi come l'Amazzonia, si trascina da secoli, quello della carenza di sacerdoti. Anche perché, come fecero rilevare diversi rappresentanti delle Chiese cattoliche orientali – in cui esistono già sacerdoti sposati - durante il Sinodo del 2005, il matrimonio non comporterebbe di per sé la soluzione del problema, ma potrebbe far sì che se ne presentino dei nuovi, come quelli legati al dover conciliare la vita familiare con i compiti del ministero.
Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/preti-sposati-tutto-inizio-col-concilio-e-poi-in-germania
Ma il sacerdote non è già sposato con la Chiesa? Chi è che vuole la botte piena e la moglie ubriaca?
Gesù fu celibe proprio per dare l’esempio e la testimonianza di questo intreccio, legame INDISSOLUBILE… e ha posto DUE SACRAMENTI: quello del Matrimonio fra l’uomo e la donna PER DARE LA VITA; e quello del sacerdozio ministeriale PER CUSTODIRE E FORMARE ALLA VITA ETERNA…
«Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce da secoli come fulgida gemma, conserva tutto il suo valore anche nel nostro tempo, caratterizzato da una profonda trasformazione di mentalità e di strutture. Ma nel clima dei nuovi fermenti si è manifestata anche la tendenza, anzi l’espressa volontà di sollecitare la Chiesa a riesaminare questo suo istituto caratteristico, la cui osservanza secondo alcuni sarebbe resa ora problematica e quasi impossibile nel nostro tempo e nel nostro mondo.
Noi dunque riteniamo che la vigente legge del sacro celibato debba ancora oggi, e fermamente, accompagnarsi al ministero ecclesiastico; essa deve sorreggere il ministro nella sua scelta esclusiva, perenne e totale dell’unico e sommo amore di Cristo e della consacrazione al culto di Dio e al servizio della Chiesa, e deve qualificare il suo stato di vita, sia nella comunità dei fedeli, che in quella profana». (Paolo VI – Lettera enciclica “Sacerdotalis Caelibatus”, 10 ottobre 1965)
E’ evidente, cari Amici, che in questa discussione sui “viri probati”, non nuova per la verità, ciò che si vuole è l’avere la botte piena e la moglie ubriaca… peccato però che sia gli Ortodossi (di cui nessuno parla sulla vicenda), sia nel mondo protestante, la questione dei sacerdoti sposati, non solo non ha mai avuto successo, ma – specialmente in campo protestante – ha finito per NON RICONOSCERE PIU’ LA CHIESA IN QUANTO SPOSA…. Gesù fu celibe proprio per dare l’esempio e la testimonianza di questo intreccio, legame INDISSOLUBILE… e ha posto DUE SACRAMENTI: quello del Matrimonio fra l’uomo e la donna PER DARE LA VITA; e quello del sacerdozio ministeriale PER CUSTODIRE E FORMARE ALLA VITA ETERNA…. perché, il sacerdote, non è affatto un “castrato”, ma CELIBE… ossia è SPOSATO CON LA CHIESA. Essere “celibi”, infatti, significa propriamente il contrario del concubinato e dell’adulterio, significa FEDELTA’ ed in questo caso fedeltà A LA CHIESA SUA SPOSA…. Il celibato è stato “inventato” proprio da Gesù Cristo… vedi qui.
La discussione sul fatto che questa è una legge della Chiesa E NON UNA DOTTRINA del Vangelo è cosa vera in parte, ma è falsa la strumentalizzazione che se ne vuole fare.. Gesù NON ha mai imposto nulla, se per questo NON impone neppure il discepolato e non impone neppure il martirio o i Sacramenti, tuttavia, una volta ENTRATI in un certo “meccanismo” TEOLOGICO e della Tradizione ecclesiale, diventa un PRENDERE O LASCIARE: VUOI TU? è un sì o un no, non che si possa tradurre l’esempio di Gesù come nuova norma a seconda delle mode del momento…. Il celibato OFFERTO DAL CRISTO divenne fin da subito, nella Chiesa, una necessità stabilita da Dio stesso, vedi qui. Tanto è vero che nessuno di questi che vogliono il prete con la botte piena e la moglie ubriaca, ricordano mai che – in campo ortodosso – IL VESCOVO non può sposarsi e non proviene dai preti sposati…. ma questo non si dice!! E che il pope… se è celibe e diventa appunto prete NON può sposarsi in seguito, e che se sposato e poi diventa prete, non può accedere all’alta gerarchia ecclesiastica. Come mai questo non si dice? Come mai nessuno che si domandi perché, da almeno cento anni (e prima con i protestanti), SOLO la Chiesa Cattolica subisce questo duro attacco CONTRO il celibato sacerdotale? Possibile che nessuno si ponga delle domande?
La Nuova Bussola ha fatto un interessante excursus sul tema: Preti sposati, tutto iniziò col Concilio e poi in Germania, vedi qui. “Il problema pastorale legato alla mancanza di sacerdoti e al tentativo di ordinare dei laici sposati non nasce oggi. Ma affonda le radici negli anni ’60. Al Concilio, anzitutto, con le incursioni del vescovo Koop che fece arrabbiare San Paolo VI. Per proseguire con le spinte tedesche, che andarono a influenzare inegativamente l’America Latina...” E leggiamo ancora:
- Nei decenni seguenti, la crescita dell’influenza tedesca nel mondo cattolico dell’America Latina, supportato dal lavoro sul campo delle società assistenziali legate alll’episcopato e ai gruppi laicali teutonici, finì per favorire anche lì la convinzione che l’ordinazione dei viri probati fosse la migliore via percorribile per fronteggiare la carenza di sacerdoti nelle comunità più isolate.
- Ma nel 1990, con la nettezza che gli era consueta, fu San Giovanni Paolo II in persona a escludere ogni possibilità di intavolare una discussione all’interno della Chiesa in merito a quest’ipotesi. Vale la pena citare per intero il passaggio del discorso pronunciato dal pontefice polacco in occasione dell’VIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi:
“È vero che altre questioni, gravi, vengono poste quando la mancanza di sacerdoti è avvertita in modo tragico (…). Alcuni si sono domandati se non sia il caso, in tali circostanze, di pensare all’ordinazione di viri probati. Questa soluzione non è da prendersi in considerazione e al problema posto occorre rispondere con altri mezzi. Come è noto, la possibilità di fare appello a dei viri probati è troppo spesso evocata nel quadro di una propaganda sistematica ostile al celibato sacerdotale. Tale propaganda trova il sostegno e la complicità di alcuni mass media. Occorre quindi cercare, senza indugio, altre soluzioni a questo angoscioso problema pastorale”. - San Giovanni Paolo II non si limitò soltanto a bocciare questa soluzione, ma arrivò persino a denunciare il tentativo di chi, strumentalizzando questa questione, cerca di ‘smontare’ il celibato sacerdotale. Quello dell’ordinazione di uomini sposati apparve un argomento divisivo anche laddove calato in realtà particolari, come quella dell’Oceania che condivide con l’Amazzonia spazi immensi dove vivono comunità isolate. Nel Sinodo dedicato a questo continente, infatti, anche il cardinal Thomas Stafford Williams, presidente delegato dell’Assemblea Speciale, nella sua relazione “La Chiesa in Oceania sulle orme di Gesù Cristo, Via, Verità e Vita”, lo giudicò tale, elogiando “il desiderio” dei padri sinodali di “parlare con una voce sola” che si sarebbe espresso durante l’assise proprio superando “il tentativo di mettere a votazione proposte controverse, come ad esempio, l’ordinazione dei viri probati”.
- Nel pontificato di Benedetto XVI, la Chiesa tornò a ribadire il suo ‘no’ a quest’opzione e lo fece nel Sinodo dei Vescovi del 2005 dedicato all’Eucarestia. Pur riconoscendo la “grave mancanza di clero in alcune parti del mondo”, i padri sinodali bocciarono senza tentennamenti l’opzione caldeggiata, invece, da diversi vescovi durante l’attuale Sinodo sull’Amazzonia. Nella propositio 11 del documento finale dell’Assemblea di 14 anni fa venne ribadita la posizione fino ad allora sempre sostenuta, rilevando che, nel corso dei lavori, “certuni hanno fatto riferimento ai viri probati, ma quest’ipotesi è stata valutata come una strada da non percorrere”.
- La Chiesa, dunque, finora ha sempre scartato questa possibilità, non ritenendola percorribile per risolvere un problema cronico che, in alcuni luoghi come l’Amazzonia, si trascina da secoli, quello della carenza di sacerdoti. Anche perché, come fecero rilevare diversi rappresentanti delle Chiese cattoliche orientali – in cui esistono già sacerdoti sposati – durante il Sinodo del 2005, il matrimonio non comporterebbe di per sé la soluzione del problema, ma potrebbe far sì che se ne presentino dei nuovi, come quelli legati al dover conciliare la vita familiare con i compiti del ministero.
Negli anni ’70, Padre Cornelio Fabro – vedi qui – aveva già individuato l’attacco al celibato sacerdotale non solo di quegli anni, descrivendo minuziosamente i vari problemi, ma soprattutto con voce profetica aveva denunciato anche le derive che oggi stiamo subendo…. Non vogliamo aggiungere altro se non il ricordarvi di quest’altro testo: I Viri probati ?? non sono la soluzione al calo delle vocazioni….
mentre qui... suggeriamo di ascoltare il recente appello, drammatico, di mons. Atanasius Schneider….
Il punto dolente e che non si vuole ammettere è quel pericoloso richiamo AD INVENTARE qualcosa di nuovo che, con la scusa dell’Amazzonia e della carenza (falso problema) dei sacerdoti, introduca attraverso questo sinodo-falsa non solo preti sposati ma, anche, dare alle donne un RUOLO NUOVO per loro nella Chiesa, INVENTARE NUOVI RUOLI…. Sembra davvero poter udire la beata Emmerich nella sua visione di: “una chiesa STRAVAGANTE… priva di ogni regola, strana, dove TUTTI erano ammessi ma – concluse la Beata – DIO AVEVA ALTRI PROGETTI….” Ecco spiegata la scelta della nostra cover con una immagine che non vuole essere blasfema, ma vuole far capire il grave momento storico che siamo vivendo, ma in parte anche subendo…
Se tutta questa stravaganza dovesse passare… non accusateci di essere “contro il Papa”, ma dite piuttosto, riconoscendone i fatti, che si tratterebbe proprio di una … bergoglionata, l’ennesima!
Ricorda che:
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE DECRETO GENERALE
circa il delitto di attentata ordinazione sacra di una donna
circa il delitto di attentata ordinazione sacra di una donna
La Congregazione per la Dottrina della Fede, per tutelare la natura e la validità del sacramento dell’ordine sacro, in virtù della speciale facoltà ad essa conferita dalla suprema autorità della Chiesa (cfr. can. 30, Codice di Diritto Canonico), nella Sessione Ordinaria del 19 dicembre 2007, ha decretato:
Fermo restando il disposto del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico, sia colui che avrà attentato il conferimento dell’ordine sacro ad una donna, sia la donna che avrà attentato di ricevere il sacro ordine, incorre nella scomunica latae sententiae, riservata alla Sede Apostolica.
Se colui che avrà attentato il conferimento dell’ordine sacro ad una donna o se la donna che avrà attentato di ricevere l’ordine sacro, è un fedele soggetto al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, fermo restando il disposto del can. 1443 del medesimo Codice, sia punito con la scomunica maggiore, la cui remissione resta riservata alla Sede Apostolica (cfr. can. 1423, Codice dei Canoni delle Chiese Orientali).
Il presente decreto entra immediatamente in vigore dal momento della sua pubblicazione su L’Osservatore Romano.
Il presente decreto entra immediatamente in vigore dal momento della sua pubblicazione su L’Osservatore Romano.
William Cardinale LEVADA
Prefetto
L. + S.
Prefetto
L. + S.
+ Angelo AMATO, S.D.B.
Arcivescovo titolare di Sila
Segretario
Arcivescovo titolare di Sila
Segretario
In Congr. pro Doctrina Fidei tab., n. 337/02
Si legga anche: LETTERA APOSTOLICA DI GIOVANNI PAOLO II
ORDINATIO SACERDOTALIS
AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA SULL’ORDINAZIONE SACERDOTALE DA RISERVARSI SOLTANTO AGLI UOMINI
ORDINATIO SACERDOTALIS
AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA SULL’ORDINAZIONE SACERDOTALE DA RISERVARSI SOLTANTO AGLI UOMINI
di Massimo Lapponi
Il Logos creatore è la sorgente divina del sacerdozio, come celebrazione delle opere meravigliose del Padre e come elargizione dei benefici celesti ad ogni creatura. Quando l’uomo, novellamente creato, dà il nome ad ogni essere vivente, mentre ne assume regalmente il governo, con la sublimazione della creazione inferiore nella luce della sapienza partecipata dall’eterna Parola di Dio e con l’opera benefica che da ciò scaturisce, incomincia ad esercitare il suo sacerdozio, quasi delegato dal Logos divino. Ma egli non trova un essere simile a sé, che possa dare un senso alla sua vita, finché Dio non gli presenta la donna. Anche a lei egli dà il nome, ma si tratta del suo stesso nome – Ish (uomo), Isha (donna) – perché veramente ella è carne della sua carne e osso delle sue ossa. Il nome conferito alla donna non è dunque segno di governo regale, allo stesso titolo di quanto avveniva per la vita inferiore. E’ piuttosto un conferimento di senso – scambievole, perché in lei egli ha trovato la rivelazione dello scopo della sua vita e in lui ella ha trovato il senso della sua missione: “e i due saranno una sola carne.”
“Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.”
L’immagine di Dio non poteva essere realizzata se non dall’unione dell’uomo e della donna: il “Primo Amore” non poteva rispecchiarsi adeguatamente se non nell’amore da cui inizia e per cui si perpetua e si eleva verso la sua apoteosi la storia umana, e il lavoro creativo dell’uomo non poteva rispecchiare adeguatamente il Logos se non quando diveniva generazione della vita, ad esempio della generazione eterna del Figlio di Dio. E’ solo in questo amore fecondo, dunque, che si esercita compiutamente il sacerdozio umano: sacerdozio “ascendente” nella gioia inesprimibile della lode per le opere meravigliose di Dio, e sacerdozio “discendente” per la partecipazione alla creazione e alla generazione della vita e alla diffusione di ogni celeste benedizione.
Fin dall’inizio il sacerdozio dell’uomo è segnato dalla parola, che, riflettendo il Logos, diffonde sul mondo la luce della sapienza. Ma già all’inizio l’uomo sembra smarrirsi nelle opere del mondo inferiore ed è la donna a riportarlo allo scopo più alto di amare e servire la vita umana, immagine della vita divina. Così il sacerdozio della donna, quale consacrazione celeste della parola e dell’opera dell’uomo, sembra fungere, insieme al sacerdozio dell’uomo con cui si compone in un’unica realtà, da culmine di tutta la creazione visibile.
Se dopo il peccato il sacerdozio si tinge di sangue, ciò rappresenta la necessaria purificazione della vita umana dal ripiegamento su se stessa conseguente al distacco da Dio. Nella dinamica del peccato l’uomo cerca se stesso in tutte le sue opere, e se nei confronti del mondo inferiore da re santo e giusto egli diventa tiranno, nei confronti della donna diventa possessore violento, che si avvale della sua superiorità fisica per ridurre colei che doveva essere la guida amorosa della sua vita verso il suo vero fine a strumento di perversa ebbrezza di auto-appagamento. Ma immediatamente ciò fa scattare nella donna, come arma di difesa del fisicamente più debole, lo sfruttamento della propria superiorità psicologica, fondata sulla propria irresistibile attrattiva, per rinnovare all’infinito il tentativo – spesso riuscito – di rovesciare le sorti e di sottomettere l’uomo al proprio perverso appagamento.
A questa situazione di peccato cerca di portare rimedio un sacerdozio purificatore, che, se nella donna si esprime attraverso la verginità della Vestale o l’ispirazione della Pizia, nell’uomo aspira, attraverso la mortificazione della carne, alla limitazione della nativa arroganza, fino all’eroismo del rinnegamento di sé.
Il sangue del capro espiatorio e dell’agnello pasquale trova la sua perfezione nel sacrificio di Cristo, che se da una parte imprime indelebilmente nell’uomo la presenza viva della vera e definitiva realizzazione di quella oscura aspirazione all’annientamento del suo io peccatore che da sempre lo aveva accompagnato, dall’altro risveglia nella donna l’incontenibile aspirazione ad esercitare finalmente il suo vero ruolo di guida celeste della vita umana, attraverso l’amore, alla superiore comunione spirituale.
Se è vero – come sostengono alcuni filosofi – che il rapporto dell’uomo con la natura adombra il rapporto dell’uomo con al donna, e quest’ultimo adombra il rapporto di Cristo con la Chiesa e con il genere umano, bisogna dire che il sacrificio di Cristo, purificando con il suo sangue l’empio orgoglio dell’uomo, ristabilisce la sua santa regalità nei confronti del mondo e l’amore sponsale nei confronti di colei che doveva condurlo, e da lui essere condotta, alla vera felicità condivisa, mentre nello stesso tempo celebra il mistero nuziale di Cristo con il mondo, creato “in vista di lui”, attraverso l’umanità redenta e raccolta nella santa unità della Chiesa.
Ora, come il sacerdozio della parola fin dall’origine segnò l’opera dell’uomo, così in Cristo, uomo e sposo che si sacrifica per la sua sposa, opera il sacerdozio del sangue. Sembra infatti che la purificazione della donna debba passare necessariamente attraverso l’annientamento sulla croce dell’orgoglio maschile, annientamento che risveglia la latente ma inesauribile auto-donazione dell’amore muliebre, liberato, attraverso il sacrificio del suo sposo, dal perverso ripiegamento sulla propria vanità.
“Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.”
E’ straordinario come, nella festa dell’Immacolata Concezione di Maria, la liturgia – senza un esplicito richiamo – riecheggi questo testo della lettera agli Efesini: “O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato…”
Se Maria rappresenta la Chiesa, anch’essa purificata dalla croce di Cristo, ambedue rappresentano ogni donna, purificata dall’amore santificato dell’uomo che, ad imitazione di Cristo, ha crocifisso il suo io arrogante e orgoglioso.
Così, attraverso il sacerdozio cristico dell’uomo – caratterizzato dal sangue purificatore e dalla parola rinnovatrice – e il sacerdozio mariano della donna – che riscopre nel volto del Crocifisso il vero volto, non più sfigurato dal peccato, dello Sposo a lei destinato da Dio fin dall’eternità e nella com-passione sul Calvario a lui si unisce in pura donazione, a lode della gloria del Padre e per mostrare nei secoli la straordinaria fecondità della nuova unione sponsale – viene gloriosamente rinnovato il sacerdozio originario dell’immagine trinitaria impressa nell’uomo e nella donna, uniti nella celebrazione delle grandi opere di Dio attraverso la parola e l’amore, il lavoro creativo e la generazione della vita, la comunione sponsale e la comunione con la vita infinita delle Persone Divine.
Così, attraverso il sacerdozio cristico dell’uomo – caratterizzato dal sangue purificatore e dalla parola rinnovatrice – e il sacerdozio mariano della donna – che riscopre nel volto del Crocifisso il vero volto, non più sfigurato dal peccato, dello Sposo a lei destinato da Dio fin dall’eternità e nella com-passione sul Calvario a lui si unisce in pura donazione, a lode della gloria del Padre e per mostrare nei secoli la straordinaria fecondità della nuova unione sponsale – viene gloriosamente rinnovato il sacerdozio originario dell’immagine trinitaria impressa nell’uomo e nella donna, uniti nella celebrazione delle grandi opere di Dio attraverso la parola e l’amore, il lavoro creativo e la generazione della vita, la comunione sponsale e la comunione con la vita infinita delle Persone Divine.
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