L'ultima di don Biancalani: "Accogliere fascista in chiesa? Se si redime"
Intervento del parroco di Vicofaro alla trasmissione "Agorà" di Rai3: "Sono un prete ma ho dei principi etici fondamentali. Accolgo un fascista nella misura in cui questa persona fa con me un percorso di riflessione"
Intervento del parroco di Vicofaro alla trasmissione "Agorà" di Rai3: "Sono un prete ma ho dei principi etici fondamentali. Accolgo un fascista nella misura in cui questa persona fa con me un percorso di riflessione"
Tornato agli onori della cronaca dopo la sua ultima provocazione – cantare “Bella Ciao” in chiesa al termine della Messa di domenica scorsa – don Massimo Biancalani è ormai scatenato, e dinanzi ai microfoni della trasmissione televisiva “Agorà", in onda su Rai 3, fa un'altra delle sue uscite.
Una risposta, forse, al messaggio di biasimo inviato dalla diocesi pistoiese, che non ha affatto approvato il gesto di Biancalani. "Un comportamento provocatorio assolutamente inopportuno e oltretutto controproducente, che arriva dopo ripetuti richiami a una maggiore attenzione all'uso dei social. Le manifestazioni o le prese di posizione personali richiedono altri contesti e altri luoghi ", aveva infatti commentato la Curia.
La discussione si sposta poi sul fascismo, nei confronti del quele il religioso prende una posizione netta, dopo aver inizialmente tentennato quando gli viene fatto notare che lui è un prete e dovrebbe occuparsi di chiesa. "Sono un prete ma ho dei principi etici fondamentali", spiega. "Il fascista, quello che fa riferimento a quella ideologia, è la negazione dell'umanità, della democrazia e della libertà. Quindi, in questo senso, è anche la negazione della religione, del vangelo. Perché il vangelo è il vangelo dell'umanità. Ed io accolgo un fascista nella misura in cui questa persona fa con me un percorso di riflessione sui valori evangelici, valori di giustizia di pace e di libertà", conclude con decisione.
Nessun passo indietro, dunque.
Intervistato da "Avvenire", il vescovo di Pistoia, monsignor Fausto Tardelli ha ammesso di provare grande amarezza per l'operato del parroco di Vicofaro.
"Accolgo un fascista in chiesa se fa un percorso di redenzione, con ideali di pace, giustizia e libertà " Don Biancalani, il parroco che canta Bella Ciao con i fedeli a Vicofaro (Pistoia) #agorarai
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http://www.ilgiornale.it/news/cronache/biancalani-ad-agor-accogliere-fascista-chiesa-se-si-redime-1790502.html
Don Biancalani canta "Bella Ciao" a messa e i fedeli gli voltano le spalle
Dopo il siparietto provocatorio di domenica mattina in cui Don Biancalani ha deciso di cantare "Bella Ciao" al termine della funzione religiosa, siamo andati a sentire come i fedeli hanno interpretato questa iniziativa
Dopo il siparietto provocatorio di domenica mattina in cui Don Biancalani ha deciso di cantare "Bella Ciao" al termine della funzione religiosa, siamo andati a sentire come i fedeli hanno interpretato questa iniziativa
Don Massimo Biancalani torna a far discutere. Il prete di Vicofaro che da sempre non ha fatto mistero del suo astio nei confronti delle idee politiche della destra populista di Matteo Salvini ha deciso di sbandierare ancora una volta la sua posizione.
Con una differenza. Sì, perchè a questo giro, il parroco pistoiese, ha cercato di coinvolgere anche i fedeli, organizzando un coro sulle note di "Bella Ciao" proprio al termine di una funzione regligiosa. Un’opposizione all’opposizione. Cavalcando l’onda delle sardine.
La canzone diventata simbolo dei partigiani per don Massimo Biancalani meritava di essere citata tra le mure della casa di Dio perché "è un momento della nostra storia importante". Sui motivi di questa iniziativa il prete ci ha risposto di aver utilizzato quelle note per tramandare un messaggio di lotta e resistenza contro le ingiustizie. "Anche noi stiamo ogni giorno lottando contro le ingiustizie accogliendo i migranti. Siamo dei resistenti della solidarietà". ha dichiarato a due passi dal sagrato di Santa Maria Maggiore. Sì, ma tutto questo poco ha a che fare con la la parola del Signore. Sarà forse stata una provocazione nei confronti di qualcuno? "Non è un capriccio, né una provocazione"- aveva sottolineato alla AdnKronos don Massimo. Che con noi invece ritratta: “Predicare il Vangelo è sempre una provocazione”.
E questa volta la proprosta a fine messa non è piaciuta neanche ai fedeli. All’invito a partecipare al siparietto provocatorio hanno aderito in pochi. "Anche dei suoi adepti non c’era quasi nessuno. C’erano una decina di giornalisti, qualche curioso come me e una ventina di partecipanti", racconta un signore della zona. Che poi confessa di non aver gradito: "Non mi è piaciuto, non era né il luogo, né il momento adatto". Eh già. Così aveva spiegato anche la Diocesi pochi giorni addietro e subito dopo l’annuncio dell’iniziativa sulla pagina Facebook di don Massimo, in una nota. "Quanto pubblicamente dichiarato da un presbitero di questa diocesi sui social in questi giorni - si legge nella nota - ci chiama a dire con molta chiarezza che in chiesa nelle celebrazioni liturgiche non si possono eseguire canti inadeguati alla liturgia, come del resto il buon senso dovrebbe già far capire. Alla manifestazione pubblica di una posizione non corretta in campo ecclesiale purtroppo non si può che rispondere con un’altra pubblica e netta presa di posizione di biasimo nei confronti di un comportamento provocatorio assolutamente inopportuno e oltretutto controproducente, che arriva dopo ripetuti richiami a una maggiore attenzione all’uso dei social".
Richiamo a cui il parroco non ha dato ascolto pur di tirare avanti nella sua lotta politica. Ma d’altronde non ne fa mistero e quando gli domandiamo se la parola di Dio non debba essere esente dai colori della politica ricorre ad una nuova intepretazione: "Se politica si intende come servizio al bene comune la Chiesa deve occuparsene eccome". Ma se davvero con il canto tipico delle sinistre il prete di Vicofaro voleva far passare un messaggio che abbraccia i principi del Vangelo, una cosa è certa: non ha saputo spiegarlo ai parrocchiani. Che, del movente, hanno tutt’altra idea. “Lo chiamano don ego, ecco, credo che sia così” ci dicono in piazza.
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