Dopo che l’ufficio stampa del Sinodo dell’Amazzonia ha utilizzato un brano del Card. San John Henry Newman per giustificare l’uso della dea Pachamama e dei riti pagani svolti nei giardini vaticani, nella processione della Basilica di San Pietro e nella chiesa di Santa Maria in Traspontina, il prof. Michael Pakaluk verga un articolo che spiega che non è affatto così, e che si tratta di un vero e proprio travisamento del pensiero del santo cardinale .
Ecco il suo articolo, pubblicato su Crisis Magazine, che vi proponiamo nella traduzione di Riccardo Zenobi.
“Considerata in sé stessa, l’idolatria è il più grande dei peccati mortali”. Così comincia nella vecchia Enciclopedia Cattolica la voce sul tema. Sono stato sorpreso nel leggere che questo è il più grande dei peccati mortali. E’ peggiore dell’omicidio? Ancora peggio dell’abuso sessuale su minore?
“Perché è, per definizione,” continua la voce,
una intromissione nella sovranità di Dio sul mondo, un attentato alla Sua divina maestà, un mettere una creatura sul trono che appartiene solo a Lui. Anche la simulazione dell’idolatria, fatta per evitare la morte durante le persecuzioni, è un peccato mortale, per via della perniciosa falsità che involve e lo scandalo che causa. Di Seneca il quale, contro la sua migliore sapienza, prese parte in adorazioni idolatriche, sant’Agostino disse: “Doveva essere condannato più per aver mendacemente fatto ciò che le persone credevano facesse sinceramente”.
Bene (ho pensato), questo è sensato.
Ciò che viola il Primo Precetto della Carità, e il Primo Comandamento, è ragionevolmente il peggior peccato. È così male, e così scandaloso, che anche la sua apparenza, mentre interiormente non si consente ad esso, è un peccato grave, secondo sant’Agostino. Migliaia e forse milioni di cristiani sono morti pur di non rendere offerte ad un idolo. È giusto che loro lo abbiano fatto. La Chiesa insegna che dobbiamo evitare l’idolatria anche al costo della nostra vita.
Questa verità stabilisce – se non un onere della prova per dimostrare il contrario – almeno una ragionevole richiesta al diritto di chiarificazione da parte di un cattolico laico. Mi riferisco all’inizio del Sinodo Amazzonico, quando un oggetto che sembrava un idolo è stato portato nei giardini vaticani e posto al centro di quella che sembrava una cerimonia religiosa con offerte e prostrazioni. La stessa immagine è stata poi messa in una chiesa. Inoltre, qualcosa che sembrava un’offerta a questa immagine – una ciotola con piante – è stata portata all’altare durante l’Offertorio, durante la Messa di chiusura del Sinodo, e posta sull’altare, dove è stata lasciata fino alla fine della Messa.
Nessuno che conosco ha preso parte a nulla di simile. Non è stata né mia iniziativa né dei miei conoscenti. Stavamo pensando ai nostri affari ma trovare queste scene e queste cose è stata una stoccata verso di noi. È sembrato che avessimo diritto di chiedere: cosa stava succedendo? Sembrava che un idolo fosse coinvolto in qualche modo. Per favore spiegateci perché quello non era un idolo.
“Considerate in sé stessa, l’idolatria è il più grande dei peccati mortali”. Prendete ogni altro peccato mortale, meno serio, e immaginate una cerimonia nella quale sembrava che tale peccato fosse commesso – per esempio, una non menzionabile pratica da un culto pagano inclusa in un rito non cristiano nei giardini Vaticani. Nessuno sarebbe disapprovabile se trovasse anche la sola apparenza di questa cosa oltraggiosa; se chiedesse una spiegazione sul perché non sarebbe, dopo tutto, ciò che sembrava; o se volesse sapere perché qualcosa che sembrava così oggettivamente sbagliato è stato ciononostante tollerato. Nessuna buona spiegazione è ancora stata offerta. Durante il Sinodo Amazzonico, il servizio informativo Vaticano si è riferito ad un paragrafo in Newman che suggeriscono giustifichi l’uso delle “Pachamama”. In un articolo della scorsa settimana su Crisis, ho esposto come quel paragrafo di Newman non dica nulla del genere. Semplicemente osservava, contro il protestantesimo della Chiesa Bassa, che la Chiesa Cattolica nel corso dei secoli ha incorporato vari tipi di pratiche religiose trovate nel paganesimo, come le candele, l’aspersione dell’acqua, e le figurette sul ciglio della strada. Newman stava argomentando contro l’idea che l’antica cristianità non aveva queste pratiche. Il suo punto di vista era che lo “sviluppo” della Chiesa ha incorporato vari tipi di pratiche pagane. Ovviamente, credeva anche che la Chiesa non lo avesse fatto quando ci fosse stata la possibilità di confusione tra il culto pagano e il culto cristiano, o se qualcuno potesse usare le pratiche cristiane per invocare divinità pagane. Come sempre, le pratiche sono state ricreate con un significato completamente differente nel cristianesimo.
Questo semplice fatto merita molta osservazione. È come se un cristiano dicesse che, come è vero, l’intercorso sessuale tra marito e moglie nel santo matrimonio ha un significato completamente nuovo. Supponete che prima fossero promiscui. La loro relazione casta significa qualcosa di diverso. Il sesso tra di loro (di per sé) non evoca i “falsi dèi” di amanti passati. – Poiché Dio è un Dio geloso, e qualsiasi cosa che includa lealtà a falsi dèi è completamente vietata da Lui. Ecco perché qui voglio dare seguito e sottolineare che il passaggio di Newman concretamente non dice nulla sugli idoli. Menziona “immagini”, ma ciò significa certamente che la Chiesa Cattolica, invece di rigettare le immagini scolpite come facevano gli Israeliti, ha fatto uso di immagini di Nostro Signore, della Beata Vergine, e dei santi.
La ragione è che Newman prende la storia di sane pratiche cristiane per riflettere sul proprio orrore dell’idolatria. Per Newman ed altri del movimento di Oxford, ogni cosa si incardinava sul se la Chiesa Romana fosse idolatra o no. Bisognava mostrare che aveva incorporato modelli pagani di culto, mentre in nessun modo flirtava con l’idolatria pagana. Allora, come per molti protestanti oggi, il fatto che la Chiesa a Roma si mostrasse indulgente verso l’idolatria era un argomento decisivo contro il diventare cattolico.
Uno dei più attraenti ricordi personali di Newman fu quello di William Lockhart, che, dopo la sua morte nel 1891, scrisse le sue memorie degli anni da studente ad Oxford cinquanta anni prima. “Quando Newman legge le Sacre Scritture dal leggio di St. Mary o a Littlemore”, rammenta Lockhart, “sentivamo più che mai che le sue parole erano le parole di un Veggente, che vedeva Dio, e le cose di Dio”.
C’era solo una particolare memoria a riguardo che Lockhart includeva nella sua collezione di ricordi: la reazione di Newman contro l’idolatria. “Ricordo la sua lettura del passaggio nel Libro della Sapienza riguardo la costruzione di idoli”, scrive Lockhart, “ed il sublime disprezzo con il quale leggeva dell’‘intagliare il blocco di legno e verniciarlo di vermiglione’ mi impressionava con la semplice stupidità di tentare di mettere l’idea di Dio sotto una forma materiale”.
Il “sublime disprezzo” di Newman verso gli idoli si trova acutamente espresso in contesti dove uno potrebbe antecedentemente aspettarsi qualche simpatia. Per esempio, nel suo sermone “La festa del Vangelo”, argomenta che la Scrittura ha sempre usato una festa come immagine della nostra relazione con Dio. Anche l’offerta pagana agli idoli della natura e del raccolto testimonia questa verità, e dice: “Questa sembra essere stata la comune nozione di comunione con Dio in tutto il mondo, comunque sia stata ottenuta; ossia che arriviamo al possesso dei Suoi doni invisibili con la partecipazione in Lui visibile”.
Ancora, Newman in nessun modo ammette che i pagani stiano facendo le stesse cose dei cristiani. Hanno testimoniato la verità, è molto chiaro, solo nella misura in cui, attraverso una festa, riescono a comunicare con i diavoli, proprio come i cristiani ora comunicano con Dio::
San Paolo sembra riconoscere che in quel modo [i pagani] comunicavano, anche se miseramente e timorosamente, con quegli idoli e con gli spiriti maligni che rappresentavano. “Le cose che i Gentili sacrificano, sacrificano ai diavoli e non a Dio; e non vorrei che tu mantenga la comunione con i diavoli ”. (1 Cor. x. 20) Qui, come prima, si parla di una festa come mezzo per comunicare con il mondo invisibile, sebbene, quando la festa era idolatra, essa era la compagnia degli spiriti maligni..
L’assunzione base del romanzo di Newman ambientato nel terzo secolo, Callista, è che l’ostinato rifiuto dell’offerta agli idoli è la pietra di paragone del vero cristianesimo. I magistrati lo sapevano molto bene: “era solo in tempi critici, quando qualche atto idolatrico era insistito da parte dei magistrati, che la natura specifica del cristianesimo era controllata e testata. Così, alla lunga, sembrava differire da tutte le altre varietà religiose con quella irrazionale e disgustosa ostinazione, come si sentiva, che avrebbe preferito soffrire tormenti e perdere la vita che sottomettersi a qualche graziosa, o toccante, o alla fine insignificante osservanza che la tradizione dei tempi ha sanzionato”. Callista arriva a comprendere questo; non dirò altro per evitare spoiler.
In tali materie, Newman era molto informato nei suoi studi sui Padri e i “primi cristiani”. Osservando i seguaci di sant’Antonio, per esempio, dice, “Consideravano che la natura bruta fosse largamente sotto il potere degli spiriti; e, dall’altra parte, c’è stato un tempo quando lo stesso Spirito Creatore ha condisceso a manifestare Sé Stesso nella forma corporale di una colomba. Le loro nozioni riguardo le influenze demoniache locali esistenti negli oracoli e negli idoli, che erano sanzionate dalla Scrittura, confermava questa credenza”. Non c’è l’ottimistica celebrazione degli ‘spiriti’ venerati tra le tribù Amazzoniche, che uno trova nel documento finale del Sinodo.
Sant’Atanasio, scrivendo la sua Storia degli Ariani¸ un testo che Newman ha editato, prende l’introduzione di idoli nelle chiese nell’Egitto del quarto secolo come la peggiore malvagità possibile: “Quando mai è stato udita una simile iniquità? Quando mai un simile male è stato perpetrato, anche in tempo di persecuzioni? Erano i pagani che perseguitavano precedentemente; ma non portavano i loro idoli nelle chiese…Questo è un nuovo pezzo di iniquità. Non è semplice persecuzione, ma più che una persecuzione, è un preludio e la preparazione all’arrivo dell’Anticristo”.
Così pensavano; cosi, penso possiamo affermare, pensava Newman.
Newman aborriva così tanto l’idolatria che, nel suo più ampio pensiero, influenzato da Francesco Bacone, usa la parola “idolo” in un senso metaforico, per significare una falsa credenza mantenuta in materie importanti. Finiamo per servire questa menzogna – questo idolo – come se servissimo un falso dio. Se ci aggrappiamo a questo “idolo”, ci impedisce di avvicinarci al vero Dio.
È comunemente riconosciuto che Newman nel suo “discorso del Biglietto” alla fine della sua vita identifica il “liberalismo” nella religione come l’errore contro il quale ha speso la sua intera vita. Questo suo impulso è veramente l’elemento unificante nel suo pensiero. O, più semplicemente, l’elemento unificante è l’opposto del “liberalismo” – ossia, il suo impegno a ciò che chiama “il principio dogmatico”. Questo principio significa il credere che vi sia una sola verità nella religione, che cerchi con coraggio e tenacia, e che abbracci completamente quando la trovi, anche a costo della vita se necessario (nel caso di Newman, rinunciò alla sua posizione ad Oxford e alla sua reputazione nella società inglese).
Se vedi qualche analogia tra il Primo Comandamento e il “principio dogmatico” da una parte, e l’idolatria e il “liberalismo” nella religione, sei nel giusto. Un altro modo di dire le cose è che per Newman, il relativismo nella religione era lo stesso che il politeismo, e il politeismo è un tipo di relativismo. La sua battaglia co il liberalismo, e il suo odio dell’idolatria, erano una sola cosa.
Oppure si può dire che il “sublime disprezzo” di Newman verso l’idolatria, che ha imparato dai Padri, trovava espressione nella “ostinazione irrazionale e disgustosa” di questo grande vittoriano nell’affermare la verità assoluta nella religione. In ogni caso, non è facile trasformare un passaggio di Newman in una spiegazione di apparente idolatria.
Michael Pakaluk è professore ordinario di etica e filosofia sociale presso la Catholic University of America. Studioso di Newman, sta lavorando ad un libro su Newman come filosofo. Il suo ultimo libro è Le Memorie di San Pietro: Una nuova traduzione del Vangelo secondo Marco (Regnery, 2019).
Di Riccardo Zenobi
NON C’È PIÙ IRRELIGIONE.
Non c’è più irreligione
Siamo inondati di strazianti reportages sulle gerarchie cattoliche che si flettono e cinguettano
davanti a bizzarri idoli francamente brutti, il Web e pieno di fotografie di suore che mettono fiori
davanti alla statua di Budda, che, per carità, degnissima persona, ma sulla Bibbia c’è scritto Non
avrai altro Dio all’infuori di me e sul Vangelo c’è scritto Io sono la Verità e la Via e al di fuori di me
non c’è né Verità né Via il grosso uomo. Sulla Bibbia di queste signore si deve essere perso il Primo
Comandamento. Quando i paramenti sono rossi è perché si ricorda un Santo Martire. I martiri sono
quei rigidi bigotti, scortesi e poco inclusivi che hanno preferito farsi ammazzare, spesso con sistemi
molto creativi, che non tenere fede al Vangelo: al fuori di Me non c’è nè Verità nè via. Tra l’altro se
bastava mettersi sotto un sicomoro e fare ooooom, perché le frustate, la corona di spine e tutto il
resto? Il cristianesimo o è l’unica vera religione o è la più disfunzionale: il minimo risultato col
massimo sforzo.
Non c’è più irreligione scriveva desolato Louis Boyer, presbitero e teologo francese, convertito dal
luteranesimo, nel 1984.
Il cattoprogressista oggi al potere crede di amare i suoi nemici. O finge di
amare i suoi nemici. Se li amasse davvero un cristiano li convertirebbe. Se un cristiano non converte
qualcuno o non crede al cristianesimo o detesta questo qualcuno al punto tale da dannare la propria
anima per convertirlo. Il cattoprogressismo si schiera a fianco dei suoi nemici. Anzi. Il
cattoprogressista non ha nemici e per dimostrarlo si schiera a fianco dei nemici di Cristo. I gesuiti
francesi ripubblicano le vignette anticattoliche, almeno facessero ridere, ma sono uno strazio.
Avvenire ha pubblicato le vignette del vignettista Staino, con Cristo degradato a una specie di
sindacalista di non fulgida intelligenza, e Staino è un altro che non ricordo abbia mai disegnato
qualcosa che possa strappare un sorriso. Non c’è limite a quanto sei mediocre, se sei anticristiano la
nuova Chiesa 2,0 ti adora e se può ti assume. E ti paga. Fiumi di soldi ad architetti atei che hanno
fatto chiese non solo orrende, ripugnanti. La cattedrale di Terni è stata sconciata da un affresco,
pagato carissimo, che sarebbe bruttino anche in una dark room gay, e che in una Chiesa diventa un
terrificante esempio di umorismo involontario, con monsignor Palma che con spettacolare sprezzo
del ridicolo si fa dipingere in perizoma e zuccotto da vescovo, adorabile, mentre il delizioso
monsignor Fabio è dipinto con gli occhioni chiusi per il piacere e con il tatuaggio love con freccia
di Cupido proprio sul cuore! L’affresco, con un strano Cristo senza barba, e con un grossi genitali
che si intravedono sotto la tunica è anticristico: Cristo porta in cielo trans e gay. Che si salvino, ce
lo auguriamo tutti, ma si salvano senza guardare verso Cristo e questo contraddice Cristo, nega
quanto Lui afferma nel Vangelo: solo chi guarda verso di Lui sarà salvato. Quanti quattrini sono
stati tolti a una delle più indebitate diocesi italiana per questo gioiello?
La nuova Chiesa 2.0 che adora la signora Bonino ( 10000 cittadini di meno), celebra riti pagani e
imbarazzanti, con una corsa senza Cristo verso l’antropologia del buon selvaggio che era già
ridicola negli anni ‘60.
“E’ un fatto che i cristiani di oggi non possono sopportare l’idea di avere nemici. Vorrebbero essere
contro tutto ciò che è contro e a favore di tutto ciò c
he è a favore. Non c’è più modo, attualmente, di
essere non credenti. Se pure vi ingegnaste a sgranare parole blasfeme sarebbe tempo sprecato.
Foste pure Nietzsche, Proudhon o perfino il marchese De Sade, trovereste di certo un ecclesiastico
illuminato per scrivere un libro nel quale sareste amabilmente sollecitato, generosamente
interpretato, accortamente assimilato
“.. da allora è peggiorato.
È soprattutto la nuova Chiesa 2.0 adora gli immigrati islamici purché maschi soli e in età militare
(18/45 anni), e non li converte.
Non è vero, un nemico i catto progressisti ce l’hanno. La povera gente che guarda con orrore la sua
cattedrale sconciata da un affresco più ridicolo che orrendo, la povera gente che osa lamentarsi
perché non può più portare i bimbi ai giardinetti perché ci sono gli spacciatori nigeriani, la povera
gente uccisa ai mercatini di Natale, negli stadi, nelle strade.
E poi noi cattolici bigotti integralisti col Rosario e il santino di San Michele Arcangelo.
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e qua
BY SILVANA DE MARI
Nella Citykirche (“chiesa cittadina”, una sorta di luogo di culto di respiro ecumenico che vuole offrire agli abitanti un punto di incontro sia spirituale che culturale soprattutto per non credenti e chi è lontano dalla Chiesa, NdR.) “Alter Markt” a Mönchengladbach (diocesi di Aquisgrana) nell’ufficio del direttore spirituale Christoph Simonsen è appesa una croce, sulla quale al posto del corpo è raffigurata una carcassa animale, un tronco a quattro arti, ma senza testa. (Vedi foto) Questa croce è visibile dalla chiesa, perché l’area di lavoro del direttore è separata dalla chiesa solo da una porta di vetro.
Un cattolico della diocesi di Aquisgrana (nome noto alla redazione dell’articolo originale) ha inviato per prima cosa una e-mail critica al parroco, alla cui parrocchia appartiene la Citykirche, il quale l’ha poi girata proprio al direttore Christoph Simonsen, responsabile della stessa chiesa.
L’uomo considera questo crocifisso una rappresentazione molto blasfema che insulta Dio, denigra il sacrificio della croce e “disturba nel modo più disgustoso i miei sentimenti personali e la mia fede”. Per questo ha esortato “insistentemente” il sacerdote a rimuovere la croce il più presto possibile, ha scritto il cattolico indignato.
Il pastore Simonsen rispondendogli si è dichiarato dispiaciuto che l’uomo si fosse sentito turbato e denigrato nella sua fede. Ma secondo lui questo “punto di vista è solo uno dei tanti” e “molto unilaterale, anche se indubbiamente personale”.
Gli artisti che hanno creato questa croce sarebbero entrambi cristiani credenti. Avrebbero cercato “di riflettere l’indescrivibile crudeltà della sofferenza di Gesù, ma allo stesso tempo la verità miracolosamente divina della nostra fede nella storia della salvezza”, dicendo “che nell’umiliazione più profonda di Dio il più grande miracolo della nostra redenzione è diventato realtà”.
La croce, di cui noi facciamo memoria nella celebrazione eucaristica, simboleggia l'”Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” e il fatto che tutto ciò che vive è “lavato e reso pulito nel sangue dell’Agnello”. Secondo lui, la croce non è un “ornamento o un oggetto di culto esteticamente purificati”, ma un “segno che ricorda il fatto che Dio nell’Incarnazione, così come nella sua morte in croce, si è completamente intrecciato alle tragiche ingiustizie di questo mondo”.
Questa croce come qui è rappresentata, continua il direttore, è continuamente occasione per “riflessioni e conversazioni in tema di fede molto profonde” con i visitatori della “Citykirche”. Una rimozione della croce sarebbe quindi fuori questione. Simonsen ha scritto letteralmente: “Per questo non rispetterò certamente il vostro desiderio di far scomparire nell’oblio questo segno profondo della mia e della nostra fede”.
L’uomo si è rivolto quindi a Helmut Dieser, il vescovo di Aquisgrana, al quale ha chiesto di indagare sull’incidente e di porre fine a questa ” indegna rappresentazione ” di Cristo.
Dal Vicariato Generale ha ricevuto la risposta che l’arte “può servire anche come azione di disturbo verso ciò che noi percepiamo come qualcosa già stabile e fisso”. La raffigurazione della croce nell’ufficio del pastore Simonsen era quindi “certamente” una “provocazione”. Ma la stessa rappresentazione del Dio crocifisso, si legge nella risposta, è già di per sé una provocazione per il popolo, “del cui significato dobbiamo ricordarci ogni volta dobbiamo ricordarci”. A suo parere la rappresentazione è “provocatoria, ma non indegna”, ha scritto letteralmente l’impiegato responsabile. Egli ha concluso la sua risposta facendo sapere che il Vescovo Dieser vuole che la Commissione per l’Arte Ecclesiastica approfondisca la domanda su “come l’arte possa servire al dibattito in tema di fede mettendo mano alle abituali percezioni”.
L’uomo ha poi cercato un colloquio personale con la leadership della diocesi di Aquisgrana, ma il colloquio è stato rifiutato.
Scalfari, gli Avatara indiani e la Pachamama inclusa nel rito dell'eucaristia.
Continuano in ogni parte del mondo i rituali new age della Pachamama inseriti nella Santa Messa.
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