Edward Feser, scrittore e filosofo, scrive un articolo su papato ed idolatria nella storia. Riprendo il suo articolo dal suo blog.  Eccolo nella mia traduzione.
Papa Giovanni XII
Papa Giovanni XII
Quanto può diventare cattivo un papa cattivo? Abbastanza cattivo. Qui ci sono altri due esempi della storia. Marcellino è stato papa dal 296 – 304 circa.  Durante il suo pontificato, l’imperatore Diocleziano iniziò una persecuzione dei cristiani, richiedendo la consegna di testi sacri e l’offerta di incenso agli dei romani.  Marcellino e parte del suo clero a quanto pare si conformarono, anche se si dice che Marcellino si sia pentito di questo dopo pochi giorni e che abbia subito il martirio come conseguenza. Alcuni sostengono che in virtù della sua osservanza egli fu colpevole di un’apostasia formale che lo portò alla perdita dell’ufficio papale, anche se il suo presunto pentimento e martirio ha portato anche alla sua venerazione e al suo riconoscimento di santo.
Ma esattamente cosa accadde è controverso tra gli storici. Sant’Agostino negò che Marcello fosse veramente colpevole dei peccati in questione. D’altra parte, altre fonti antiche sostengono che lo fosse, e il successivo papa Damaso I omise di fare riferimento a Marcellino nel rendere omaggio ai suoi predecessori.  Né è chiaro se Marcellino abbia realmente sofferto il martirio o abbia perso il suo ufficio.
Tuttavia, che Marcellino avrebbe potuto essere colpevole di questi peccati non è stato negato dai teologi cattolici ortodossi, perché non è escluso dalle condizioni in cui un papa insegna infallibilmente.  Infatti, nel Libro 4, capitolo VIII del Pontefice Romano, San Roberto Bellarmino giudica che è “certo” che Marcellino “ha sacrificato agli idoli”. Pensa anche che Marcellino non abbia perso ipso facto l’ufficio papale, perché ha agito per paura.
Giovanni XII, che fu papa dal 955 al 964, fu uno degli uomini più debosciati che si siano mai seduti sul trono di Pietro. Si dice che abbia confiscato le offerte lasciate sull’altare per uso personale, che abbia violentato le pellegrine che si recavano a Roma e che abbia effettivamente trasformato il palazzo del Laterano in un bordello, e che sia morto a letto con la moglie di un altro uomo – da un lato a causa di un infarto, e dall’altro per mano del marito tradito che lo aveva colto sul fatto. Si diceva che Giovanni avesse invocato i nomi degli dei pagani mentre giocava d’azzardo.
Giovanni XII portò l’ufficio del papato in grande discredito, e il periodo fu segnato da un aspro conflitto di fazioni. Fu deposto da un sinodo a Roma, in parte per motivi di “sacrilegio”, e sostituito da Papa Leone VIII – anche se la legittimità di questa serie di eventi fu ampiamente contestata, dato il primato papale, e in ogni caso Giovanni fu in grado con la minaccia della forza di invertire questo stato di cose e farsi ristabilire  come papa e Leone scomunicato. Coloro che avevano accusato Giovanni furono puniti con flagellazione o mutilazioni fisiche. Dopo la morte di Giovanni, Leone fu ristabilito come papa – anche se solo dopo che un altro pretendente all’ufficio papale, Benedetto V, fu prima eletto e poi deposto. (Alla deposizione di Benedetto – alla quale apparentemente acconsentì – fu spogliato delle sue insegne papali e il suo pastorale fu spezzato sopra la testa da Leone non appena il laico Benedetto si prostrò. Essi agirono per sempre in quei giorni.)
Questi esempi illustrano alcuni punti importanti. In primo luogo, i papi possono, coerentemente con la dottrina dell’infallibilità papale, essere colpevoli anche di peccati gravi come l’idolatria. In secondo luogo, quando i loro peccati toccano questioni teologiche, come fanno in questi esempi (e come hanno fatto in modo molto diverso nel caso di Papa Vigilio), i cattolici sono stati a volte comprensibilmente spinti a mettere in discussione la loro legittimità. Questo è teologicamente problematico, e a mio avviso non si può plausibilmente sostenere che Marcello, Vigilio o Giovanni XII abbiano perso l’ufficio papale. Tuttavia, qualsiasi caos canonico abbia afflitto temporaneamente la Chiesa durante i tempi di questi papi è stata in definitiva colpa loro. Certamente si possono dare pesanti colpe agli ecclesiastici che cercarono di deporre Giovanni XII, e all’imperatore Ottone I, che ebbe un ruolo importante negli eventi in questione. Ma resta il fatto che è stato il comportamento estremamente scandaloso di Giovanni che ha spinto questa reazione esagerata. È lo stesso papa che è manifestamente il cattivo della storia.
Un’ulteriore lezione, però, è che anche questi incidenti sono degni di nota proprio per il loro carattere raro e fugace. Il caos teologico e/o canonico che papi cattivi come Vigilio, Onorio, Stefano VI, Giovanni XII, et al. infliggono alla Chiesa può essere intenso ma è anche sempre temporaneo, e la Chiesa alla fine ritorna così profondamente all’ordine tanto che il caos viene presto dimenticato da tutti ad eccezione degli storici e dei propagandisti anticattolici che lottano per trovare prove che la Chiesa ha ceduto all’errore. La Chiesa può ammalarsi parecchio per periodi di tempo relativamente brevi, ma anche che lei sempre si riprende. Apologeti papali ingenui e sicofantici rifiutano di vedere il primo fatto, e i propagandisti anticattolici rifiutano di vedere il secondo.
Di Sabino Paciolla|

CAVALCOLI. IL PAPA, FORSE C’È UN PROBLEMA DI NON PIENO EQUILIBRIO PSICHICO.

 
Cari Stilumcuriali, ieri sera un’amica mi ha inviato il link del blog di padre Giovanni Cavalcoli, che vi consiglio di andare a leggere nella sua interezza. Qui riporto solo un parte di quello che il padre domenicano scrive: e quanti conoscono la prudenza e la fedeltà alla Chiesa e al ruolo del pontefice del teologo possono valutare sia il suo grado preoccupazione che la gravità della situazione così come la descrive.

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Ecco la parte che mi sembra particolarmente interessante:
Terzo. C’è chi si domanda se non si possa dare un fattore psicologico di non pieno equilibrio psichico. Due sintomi. Primo, in mezzo ad una condotta di usuale  e  normale autocontrollo,  si nota a volte l’eccesso del riso, salvo poi venir trovato con uno sguardo imbronciato o corrucciato, come se ce l’avesse con qualcuno. Come mai questi sbalzi di umore? Avete mai visto cose simili nel Beato Pio IX? O in Leone XIII? O in S.Pio X? O in Benedetto XV? O in Pio XI? O in Pio XII? O in S.Giovanni XXIII? O in S.Paolo VI? O in S.Giovanni Paolo II? O in Benedetto XVI?
Si ha l’impressione che questo riso sboccato sia la reazione a un forte disagio interiore. Tale riso infatti non sa di spontaneità, ma di forzatura. Lasciamo agli attori TV far ridere le folle. Un Papa, come Cristo, deve attirare per la sua carità e compassione aperte a tutti, soprattutto verso i più sofferenti e smarriti di cuore.
Secondo sintomo. Nasce il sospetto o il timore del sopravvento intermittente in Papa Francesco di occasionali momentanei lapsus mentali, che gli fanno pronunciare frasi, che, prese alla lettera, sarebbero materialmente delle eresie o prossime all’eresia. Ora, posto che un Papa non può essere formalmente e intenzionalmente eretico, non pare vi sia altra via d’uscita o spiegazione che si tratti di occasionali involontari lapsus mentali, che gli prendono la mano e gli fanno dire frasi avventate, sconsiderate, umorali e impulsive, delle quali poi in altre occasioni, ma non sempre, si corregge”.

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Già in altre occasioni, delicatamente abbiamo toccato questo problema; e in particolare tre anni orsono, proprio su Stilum Curiae, allora agli inizi. 
Il collega Maurizio Blondet ha poi toccato questo argomento, delicato ma fondamentale, i almeno altre due occasioni: in questo articolo, e anche in questo.
Abbiamo poi tutta una serie di comportamenti che se non vogliamo attribuirli a un cinismo impressionante, da parte di un Pontefice, possono essere ascritti in maniera più caritatevole a uno scarso equilibrio comportamentale. Per esempio: ha dato mandato, più volte, al cardinale George Pell, verbalmente, di procedere senza guardare in faccia nessun nella sua riorganizzazone delle finanze vaticane, in base al Motu Proprio che istituiva la famosa Segreteria dell’Economia, salvo poi smentirlo a più riprese, firmando rescritti che toglievano dalla sua competenza settori sempre più ampi, fino a lasciarlo come un torsolo di carciofo senza foglie. Ha appoggiato inizialmente il card. Burke, e il Gran Maestro Matthew Festing nell’operazione che vedeva Malteser International responsabile della distribuzione di materiale anticoncezionale, salvo poi obbligare a far dimettere il secondo e a svuotare il primo di ogni potere. Ha autorizzato – lui, non il card. Parolin – il generale Giani nell’operazione di indagine e sequestro nella Prima Sezione della Segreteria di Stato, per il caso dell’investimento sospetto a Londra, salvo obbligarlo poi alle dimissioni, ingiustificate, e poi pentirsi, e offrirgli – se quanto ci dicono è vero, come abbiamo motivo di credere – un incarico importantissimo, che però, visto che non rientrava nelle sue specifiche competenze e capacità, il generale Giani avrebbe con estrema coerenza rifiutato. E di sicuro la lista potrebbe continuare…
Abbiamo poi altre informazioni, che sono altrettanto inquietanti. E che vanno nella stessa direzione dei commenti di padre Cavalcoli, che d’altronde forse ha saputo qualche cosa di più di quello che scrive in questo senso. Che Dio aiuti noi, e la Chiesa. 
 Marco Tosatti
12 Novembre 2019 Pubblicato da  6 Commenti --

Non habemus Papam. Il dramma di Papa Francesco.


Non habemus Papam
Il dramma di Papa Francesco

La Chiesa è finita?



Il titolo reboante non spaventi il lettore. Non sono un sedevacantista o un donminutelliano, ma un ex-officiale della Segreteria di Stato di S.Giovanni Paolo II e Accademico pontifico. Dico subito pertanto che Papa Francesco conosce bene il suo dovere di Papa e lo pratica. Eppure il titolo dell’articolo, per quanto scioccante, non l’ho scelto a caso. Il lettore non interrompa subito la lettura e lasci che mi spieghi. 

Da tempo, nell’indicare come dobbiamo comportarci col Papa e come accordare tra di loro le opposte fazioni che stanno dilaniando la Chiesa, mi trovo a percorrere una strada quasi solitaria, insieme con pochissimi amici; eppure è quella che indica la via della pace sotto la guida del comune pastore, che è il Papa, Vicario di Cristo. Senonchè i modernisti mi disprezzano e mi ignorano scambiandomi per un lefevriano. Questi ultimi, dal canto loro, visto che critico il Papa, mi si avvicinano sperando di accalappiarmi, ma quando si accorgono che con me il trucco non funziona, mi si volgono contro con ogni genere di improperi. 

Che sta succedendo infatti da anni? Che molti osservatori e studiosi informati, obiettivi ed imparziali, ma anche comuni fedeli, sensibili al bene della fede, delle anime e della Chiesa, oggi constatano che in questi anni di pontificato, Papa Francesco, non scarso di doti, ma per desiderio, come pare, di successo, attratto dal riformismo modernista e da un malinteso dialogo col mondo, si è lasciato andare, adulato dai collaboratori e dalle folle mondane, a tali imprudenze pastorali, che adesso si trova in tali strettezze, da  dover gestire, come sembra, una situazione ecclesiale così caotica, che si presenta pressochè  ingovernabile. 

Certo il Papa c’è. Ma a noi suoi figli angosciati pare di essere in qualche modo privi del padre. Questo è il senso di questo mio articolo. Dunque non il tono del giudice,  come certi farisei saccenti e inveleniti, ma il tono accorato e franco del figlio affezionato, supplicante, sofferente e fiducioso. E per questo la conclusione sarà, come è doveroso che sia, ottimista. Intanto però guardiamo alla realtà in faccia. Francesco si dà certo moltissimo da fare, in modo anzi prodigioso, data la tarda età, con i suoi viaggi, i suoi documenti, i suoi incontri, i suoi continui discorsi, le decisioni  pastorali. 

Predica l’apertura verso i poveri, gli immigrati  e gli emarginati, ma poi in pratica mantiene contatti amichevoli con tutti i grandi poteri internazionali tradizionali nemici della Chiesa cattolica, senza far loro alcuna critica: il mondo protestante, il mondo comunista, il mondo ebraico, il mondo islamico, la massoneria. E con quale risultato? Sarebbe questo il Papa di tutti?

I fanatici del Papa lo presentano come grande rinnovatore e profeta, mentre in pratica egli lascia correre tutte le vecchie eresie riverniciate cristologiche, trinitarie, ecclesiologiche, antropologiche e morali. 

Nella Chiesa concede spazio ai modernisti e tollera corrotti di vario genere, mentre bastona i conservatori. Poco si cura dell’area del cattolici normali, i quali però, vista la condotta del Papa, si sentono smarriti e non da lui aiutati, sicchè alcuni si sentono tentati di spostarsi a sinistra, mentre altri sono tentati di passare tra i seguaci di Mons.Lefebvre o Don Minutella o Mons.Viganò. 

Io direi a Papa Francesco: Francesco, non t’importa che succedano queste cose? Non ci tieni ai tuoi figli? Prima della Chiesa «in uscita» c’è Chiesa in casa propria. Una famiglia i cui membri litigano fra di loro, che cosa va ad insegnare alle altre famiglie? Fermati un attimo a riflettere. Fa’ di meno e fa’ meglio. Noi tuoi figli ti domandiamo: risolvi le questioni? Chiarisci i nostri dubbi? Dissipi gli equivoci? Confuti gli errori? Punisci i ribelli? Converti i cuori? Fai crescere la Chiesa? La difendi dai nemici? Conforti e consoli i nostri animi sofferenti, sconcertati e scandalizzati? Con questo non ignoriamo tutto il bene che fai.

Però la tua è vera misericordia o negligente debolezza? La tua è vera umiltà o è spregio della tua autorità apostolica e rinuncia alla tua responsabilità di Vicario di Cristo? La tua apertura a tutti è vera larghezza di cuore, vera universalità franca ed evangelica o è un barcamenarti opportunistico tra posizioni opposte? Il cambiamento che tu predichi è una conversione, è una metanoia o è cambiar rotta al mutar del vento? Sai distinguere la rigidezza del conservatorismo dalla stabilità ed immutabilità dei princìpi? Il moderno dal modernismo? Vogliamo credere di sì, ma non sempre lo dai a vedere.

Cosa sta succedendo a Papa Francesco?

Proviamo a chiederci se riusciamo ad applicare a Papa Francesco queste parole che troviamo nell’ufficio divino del breviario romano nell’inno per i Santi Pastori: «Maestro di sapienza, e padre nella fede, tu splendi come fiaccola nella Chiesa di Dio».  Vi riconosciamo Francesco? 

Bisognerebbe capire che cosa sta avvenendo nell’animo di quest’uomo. Dopo anni di riflessione, sono giunto a questa conclusione: secondo me giocano nell’animo di Francesco quattro fattori, che disturbano e rendono controproducente o illusoria la sua pur intensa azione apostolica. 

Primo. C’è un fattore morale, che secondo me potrebbe costituire colpa: è troppo preoccupato di contattare chiunque, di piacere al mondo e troppo poco di accettare l’insuccesso e di piacere a Dio. Francesco dovrebbe chiedersi: quali frutti sto ricavando da tutto questo darmi da fare? Sto migliorando o peggiorando la Chiesa? Tutta questa gente che mi applaude e mi esalta, chi vede in me? Cristo o Bergoglio?

Secondo. C’è un fattore culturale. Si nota un’insufficiente preparazione teologica. Ma questo sarebbe ancora poco, se non si notasse una vera e propria irragionevole ripugnanza nei confronti dell’attività astrattiva, unificante, universalizzante e speculativa del pensiero. Non c’è una volta che Francesco, accennando all’astrazione, non ne parli male, dimenticando che il concreto è applicazione dell’astratto ed è un caso particolare dell’astratto. Sono gli animali che non sanno elevarsi all’astratto. 

Non argomenta, non definisce, non spiega, non precisa, non chiarisce, non distingue, non smentisce, non confuta, ma si limita alla semplice affermazione, all’appello, allo slogan, alla frase ad effetto, allo slancio emotivo, all’ironia, al dileggio, alla battuta, all’aneddoto, alla ripetizione, fino allo scherzo, peraltro arguti e intelligenti, ma insufficienti per una completa e persuasiva didattica pastorale.

Terzo. C’è chi si domanda se non si possa dare un fattore psicologico di non pieno equilibrio psichico. Due sintomi. Primo, in mezzo ad una condotta di usuale  e  normale autocontrollo,  si nota a volte l’eccesso del riso, salvo poi venir trovato con uno sguardo imbronciato o corrucciato, come se ce l’avesse con qualcuno. Come mai questi sbalzi di umore? Avete mai visto cose simili nel Beato Pio IX? O in Leone XIII? O in S.Pio X? O in Benedetto XV? O in Pio XI? O in Pio XII? O in S.Giovanni XXIII? O in S.Paolo VI? O in S.Giovanni Paolo II? O in Benedetto XVI? 

Si ha l’impressione che questo riso sboccato sia la reazione a un forte disagio interiore. Tale riso infatti non sa di spontaneità, ma di forzatura. Lasciamo agli attori TV far ridere le folle. Un Papa, come Cristo, deve attirare per la sua carità e compassione aperte a tutti, soprattutto verso i più sofferenti e smarriti di cuore.

Secondo sintomo. Nasce il sospetto o il timore del sopravvento intermittente in Papa Francesco di occasionali momentanei lapsus mentali, che gli fanno pronunciare frasi, che, prese alla lettera, sarebbero materialmente delle eresie o prossime all’eresia. Ora, posto che un Papa non può essere formalmente e intenzionalmente eretico, non pare vi sia altra via d’uscita o spiegazione che si tratti di occasionali involontari lapsus mentali, che gli prendono la mano e gli fanno dire frasi avventate, sconsiderate, umorali e impulsive, delle quali poi in altre occasioni, ma non sempre, si corregge.

Papa Francesco è tentato dal demonio

Quarto. A differenza dei Papi precedenti, Francesco parla spesso del demonio e non sotto un profilo dottrinale, ma squisitamente pastorale, nella linea della spiritualità ignaziana del discernimento degli spiriti e della lotta personale contro Satana. Si direbbe che il Papa parli per esperienza. Egli ci dà quindi indicazioni utili e concrete su come il demonio agisce, si insinua nel nostro spirito, ci spaventa, ci inganna, ci seduce, ci tenta al peccato e su come riconoscerlo e scacciarlo. Ma sembra che Francesco qualche volta ceda lui stesso. È qui il tragico, per cui alcuni lo prendono calunniosamente per l’Anticristo. Occorre qui che applichiamo i suoi stessi insegnamenti contro il diavolo. 

Probabilmente questi fattori spiegano il perché Francesco non riesce a tenere le redini della Chiesa. Sembra essere sopraffatto, ma nel contempo pare che egli stesso non faccia abbastanza per fermare il disastro. Non riesce a sanare i conflitti interni, ma con la sua parzialità, li esaspera. Sembra che la conversione sia solo per i cattolici, ma non per i non-cattolici. Insiste troppo sulla diversità e troppo poco sull’unità. Predica la misericordia e il dialogo, salvo a scagliarsi in toni offensivi contro i tradizionalisti. Predica la comunione, la carità e la fratellanza, ma non chiarisce sulla base di quali  verità comuni devono fondarsi questi valori. 

Ottiene successo non come Papa, ma come personaggio brillante che sa accontentare i gusti, le idee e gli interessi delle folle influenzate dai modernisti, dai mondani, dai rahneriani, dai freudiani, dai comunisti, dai massoni, dai luterani, dagli islamici e dagli agnostici e – ultima scoperta – dai maghi, dai fattucchieri e dagli idolatri dell’Amazzonia. 

Sembra che la Chiesa di Papa Francesco, sotto pretesto dell’«accoglienza», del dialogo e della costruzione di ponti, non è una società gerarchizzata e ben ordinata, per appartenere alla quale occorrono precise condizioni; non è una città ben difesa dalle mura, ma coincide col mondo stesso, dove può entrare tutto e il contrario di tutto. Salvo poi ad emarginare o a redarguire quei pochi che fanno presenti quelle che sono le condizioni minime e necessarie per appartenere alla Chiesa.

Francesco ha detto di recente che la Chiesa «non è una roccaforte, ma una tenda». Ora, tutti sanno che la recinzione di una casa non serve per stare chiusi in casa, ma per difenderla dai ladri; la roccaforte di una città non serve a vietare l’ingresso ai benintenzionati, ma a difenderli dalle  truppe nemiche. 

È chiaro che la Chiesa è pronta ad accogliere tutti, perché tutti sono chiamati alla salvezza e non ci si salva se non appartenendo consapevolmente o inconsapevolmente alla Chiesa. Ma a un patto: che chi entra desideri veramente salvarsi e non voglia distruggerla dall’interno, come da tempo purtroppo sta avvenendo. Oggi invece il cattolico sveglio non può che far proprio il lamento del Salmista a proposito della vigna del Signore: «Perché hai abbattuto la sua cinta e ogni viandante ne fa vendemmia? La devasta il cinghiale del bosco e se ne pasce l’animale selvatico» (Sal 80, 13-14).

La Chiesa di Papa Francesco, inoltre, non sembra avere mire religiose, spirituali, ultraterrene, soprannaturali e celesti, di vita eterna, ma solo economiche, sociali, politiche, populistiche, ecologiche, terrene, umanistiche del tutto immerse nel divenire della storia.  

Non pare offrire al mondo un messaggio verbale e concettuale divino, rivelato, custodito infallibilmente dalla Chiesa, universale, assolutamente ed immutabilmente vero, formulato in dogmi o articoli di fede, obbligatorio per tutti in vista di una salvezza eterna, ma deve solo «ascoltare» il mondo, rendersi attraente al mondo, apprezzare il mondo o, come si dice, la «modernità», amalgamarsi col mondo, prendere e ricevere dal mondo, convivere con le altre religioni senza pretesa di superiorità, di correggerle e di condurne gli adepti al cattolicesimo.
Ci mancava anche l’Amazzonia

Per Papa Francesco sembra non esistere una cultura o una filosofia razionale, certa, universale perennemente vera, comprensibile da tutti, eminente sulle altre per sapienza, particolarmente adatta fra le altre ad interpretare il Vangelo e il dogma, ma per lui tutte le culture sono di pari livello; quella greco-romana non ha niente di più della sapienza ancestrale degli indigeni dell’Amazzonia, per cui non conviene iniziarli alla cultura greco-romana, che non è universale, ma appartiene solo all’occidente, sicchè essi possono benissimo e anche meglio vivere il Vangelo utilizzando i loro miti, i loro dèi, il «dialogo con gli spiriti» e le loro pratiche sciamaniche.  Platone ed Aristotele, Seneca e Cicerone non sanno niente di più dello sciamano della foresta.

Anzi questi indigeni sono già «cristiani anonimi», secondo la teoria di Rahner, per cui l’apprendimento concettuale del Vangelo non aggiunge nulla all’esperienza trascendentale atematica preconcettuale di Dio, che essi già possiedono, espressa nella loro religione e mitologia indigena. Anzi questa ne é una migliore espressione, per cui il missionario, nell’annunciare il Vangelo, deve astenersi dal pretendere dall’evangelizzando che accetti quelle parti del Vangelo che sono incompatibili con la sua religione nativa.

Si può scendere più in basso?

Considerando l’assommarsi e il moltiplicarsi, dall’inizio del pontificato di Papa Francesco, di  suoi atti che sembrano non essere in vari modi e misure conformi ai suoi doveri di Pastore universale della Chiesa, in un crescendo impressionante che culmina con la sua recente acquiescenza alla presenza sacrilega dell’immagine della dea Pachamama nei Giardini Vaticani, in S.Pietro e nella chiesa romana di S.Maria in Traspontina, con un annesso culto ad essa reso dal popolo, sembrerebbe opportuno che un forte richiamo al Santo Padre non venisse da gruppi lefevriani o ultraconservatori, i quali, sulle basi di un rifiuto o fraintendimento delle dottrine del Concilio, non hanno le carte in regola per azioni del genere. 

E d’altra parte non si comprende per quale motivo un appello argomentato, nobile ed autorevole, in piena linea col Concilio e con il pontificato dei Papi del postconcilio, e in piena comunione col Papa regnante, debba provenire soltanto da pochissimi degnissimi prelati, vescovi e cardinali, e non piuttosto essere espressione di una larga o cospicua porzione del collegio cardinalizio ed episcopale mondiale, dal momento che evidente è stato da parte del Papa l’essersi scostato, col gesto compiuto, dal suo supremo dovere di Sommo Sacerdote, supremo  officiante, promotore, custode, vindice e difensore del retto culto divino, essendo, come è noto, la liturgia fons et culmen totius vitae christianae.

Perché tacciono?

Che cos’è che trattiene tanti prelati, vescovi e cardinali, dal far sentire pubblicamente la loro autorevole voce di Successori degli Apostoli, in appoggio ai pochissimi coraggiosi Confratelli, che si sono opportunamente espressi con tanta sapienza e al contempo filiale ed accorato rispetto del Vicario di Cristo, per il conforto e l’illuminazione dei fedeli e per il bene dell’anima dello stesso Sommo Pontefice? 

Pensano di aver ragione loro per il fatto di essere una larghissima maggioranza rispetto agli appellanti? Ma forse che la saggezza e la prudenza stanno sempre dalla parte della maggioranza? Forse che non sono stati in grado di giudicare di quanto è avvenuto? Ma allora chi li ha promossi vescovi e cardinali? Per giudicare di che cosa? Delle partite di calcio o del gioco in borsa?

Perché tacciono? Di che cosa hanno paura? Dell’ira del Papa? Di essere degradati? Di perdere la berretta cardinalizia o la sede episcopale? E l’ira divina non esiste? Temono la disapprovazione dei modernisti? Temono che la massoneria tagli i fondi o sospenda i finanziamenti? Tutti motivi abbietti e meschini, ammesso che siano veri, come, almeno in parte, temo che lo siano.

Finale colpo di scena

 Non cessiamo di sperare. Occorre fare uno sforzo di comprensione alla luce della fede. Dove Francesco sta conducendo la barca della Chiesa? Viene in mente il racconto evangelico di Cristo, il Quale, a bordo di una  barca insieme con gli apostoli in un mare n tempesta, sta dormendo, mentre la barca è squassata dai flutti. Questa scena rappresenta con esattezza la situazione della Chiesa di oggi, come ebbe già a suo tempo a dire il Card.Burke, il quale però si spinse troppo in là, dicendo che mancava  il nocchiero. Al che il Papa lo degradò da Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica ad assistente spirituale dell’Ordine di Malta, successivamente maltrattato dallo stesso Papa Francesco.

Ci verrebbe voglia di fare come gli Apostoli: «Maestro, non t’importa che moriamo?” (Mc 4,38). Tuttavia, una domanda del genere è indiscreta. Si potrebbe mai temere che Cristo cessi dal compiere la sua opera salvifica mediante la Chiesa e nella Chiesa? E se un Papa non obbedisse a Cristo? 

Questa è l’angosciosa domanda che i migliori fra noi oggi si pongono. Ma purtroppo non sempre c’è chiarezza nel distinguere dove il Papa può sbagliare e quindi può essere criticabile e dove non può sbagliare, per cui contestarlo o contraddirlo in questo campo sarebbe disobbedienza, scisma o eresia. Ad alcuni infatti il Papa va bene così com’è non perché credano nell’infallibilità pontificia, ma perchè a loro pare che il Papa li accontenti nelle loro voglie mondane. Alcuni invece trovano da ridire su tutto quello che fa perché sono dei piantagrane. Ma coloro che vedono oggettivamente la situazione, sono i veri cattolici, e sanno quali sono i limiti dell’autorità del Papa, non possono non soffrire proprio perché vogliono bene al Papa e alla Chiesa.

È vero che Cristo scandalizza, ma chi scandalizza? I farisei, gli ipocriti, il mondo. Ma il suo messaggio è in realtà divina saggezza. Invece il guaio è che Francesco scandalizza i buoni fedeli.  E ciò non è effettivamente educativo. Resta tuttavia che quando effettivamente ci rappresenta Cristo, egli diventa, per così dire, «scandaloso» come Cristo e allora ci siamo. 

Lo stesso dobbiamo dire in riferimento a Gesù che dorme. Se è Gesù che dorme in Francesco, ben venga il sonno di Francesco! Invochiamolo pure Francesco che si svegli. Ma se abbiamo fede e Gesù in Francesco dorme, dobbiamo  lasciarLo dormire. Non sta a noi svegliarlo. Francesco è come Gesù nella barca. Si sveglierà da solo al momento giusto. Anzi, Egli è già sveglio. Siamo noi che abbiamo bisogno di essere svegliati. 

P.Giovanni Cavalcoli

Fontanellato, 8 novembre 2019