ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 5 novembre 2019

Spiritualmente subalterni

Analisi. Perché la memoria di Franco mette alla prova l’Occidente e la Chiesa


Ricevo e pubblico, con una postilla finale. L’autore, già docente di sociologia della religione all’Università di Firenze, filosofo e storico di formazione, è da anni ben conosciuto e apprezzato dai lettori di Settimo Cielo.

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SULLA TRASLAZIONE DEL CORPO DI FRANCO
di Pietro De Marco
Penso che sfugga, a molti spagnoli anzitutto, il significato della traslazionedel corpo di Francisco Franco dal Valle de los Caídos, il quadro etico pubblico profondo in cui essa avviene. L’evento, infatti, presuppone e aggrava circolarmente la rimozione della complessità tragica, e della lezione umana, dell’evento Guerra Civile, dalle sue premesse alla lunga pace civile che vi ha fatto seguito, voluta dal Generale e, per paradosso, dovuta a lui. Con vittime e costi, ma pace, dopo il fratricidio.
La rimozione, se non della storia certo della sua rilevanza e sacralità, è l’effetto della “ricostruzione” civile post franchista e delle pedagogie ideologiche “democratiche”. Purtroppo le ricostruzioni della democrazia, necessaria alle libertà, devastano le nazioni: ma dovremmo essere più consapevoli che, in quanto democratici, preferiamo queste devastazioni alla mancanza di libertà e diritti. Saremmo più vigili.
Chi legga “Così ha inizio il male” (2014) di un narratore sapiente quale Javier Marías, generazione 1951, si scontra con una movenza di memoria vendicativa, con un paradigma del passato sorprendentemente semplificato per uno spagnolo; un paradigma che non sospetta di sé e che non casualmente pervade un romanzo recente. Non sorprenderebbe da noi, avvezzi a fare i conti con la sicumera della didattica “antifascista” cristallizzata nei libri e nell’oratoria pubblica. Si tratta però di un processo inverso. La Spagna contemporanea si è allontanata dalla coscienza, ancora viva negli anni Settanta, d’essersi lasciata alle spalle un dramma da cui vincitori e vinti uscivano con la memoria di un eroismo sporco di troppo sangue innocente e troppo assurdamente sparso. Con qualche analogia con la nostra minore guerra civile 1943-1946, di cui solo oggi, però, noi siamo consapevoli.
E in questa perdita di coscienza tragica la stessa Spagna diviene spiritualmente subalterna all’attivismo ideologico del PSOE, agli estremismi da salotto alleati alle sottoculture anticlericali. Essi vogliono ottant’anni dopo celebrare i loro processi politici (su fantasmi) e le loro epurazioni postume, compiere a distanza quello che in Italia avvenne nel 1945-46. Ma in Italia quella resa di conti suscita oggi, nei più, orrore e vergogna. Non sono cose da ripetere per farsi politicamente pubblicità, sia pure con atti simbolici.
Leggendo stampa e saggistica degli ultimi anni sul complesso monumentale del Valle de los Caídos (inaugurato nel 1959, nel ventennale della fine del conflitto, nella storica Guadarrama) si coglie bene come la dissacrazione in atto, di cui l’esumazione del corpo di Franco è segno, avvenga sotto la spinta della memoria astratta di storici e ideologi nei quali l’apatia postmoderna ha oscurato l’idea, e la plausibilità stessa, di cosa sia combattere armi alla mano, per qualcosa.
In genere, nelle narrazioni democratiche, vi sono solo vittime, i “nostri”, e carnefici, gli “altri”, poiché i “nostri” non poterono essere carnefici, al massimo dei virtuosi giustizieri. Così, idealmente, gli altri dovrebbero essere tutti cacciati dal sacrario. Anche l’ultima generazione di vescovi spagnoli sembra vivere nella semplificazione di questa nebbia sottile, in cui i martiri cattolici della Guerra Civile non sono più visibili, se visibili irriconoscibili e se riconoscibili imbarazzanti; forse anche per i vescovi una “eredità maledetta” come per i partiti politici. Non così per Giovanni Paolo II, che avviò con decisione le canonizzazioni che persino papa Francesco ha proseguito.
Eppure lo sapevano tutti. Nel nodo tragico di un conflitto tra valori ultimi, essenza della guerra civile, quei martiri trovarono i loro carnefici proprio nella “parte giusta” ed ebbero in Franco chi evitò che i martiri cattolici si moltiplicassero e che la Chiesa spagnola anticipasse la sorte di quelle dei paesi socialisti. I martiri erano dalla parte sbagliata? Perché, bolscevichi e anarchici, ognuno per la sua parte, sarebbero la parte giusta? Con quale impudicizia di giudizio storico-politico, oggi, si può adottare un tale parametro?
Se poi bisogna contestualizzare le speranze collettive degli anni Trenta nella rivoluzione comunista e nell’URSS, va altrettanto contestualizzata la decisione, e talora la santità, di chi vi si oppose, e la serietà politica di chi insorse nel 1936 contro una finzione di legalità e una larva di Stato in mano alla eversione. La legittimità dell’”alzamiento” è tema di cui ho sempre voluto discutere con pacatezza. Si può difenderla con buone ragioni, migliori di quelle che celebrano da sinistra l’insurrezione armata per la presa del potere, nelle Asturie (1934). Colpisce che ora l’”alzamiento” franchista appaia “ovviamente” illegittimo, come detto in un recente servizio alla TV italiana. Ciò è possibile solo nell’oblio della complessità del passato, per non dire del problema del male nella storia. Oblio di un passato dove eroi e mostri e vittime sono ovunque, su cui non è semplice riflettere; inaccettabile per il disciplinamento progressista della coscienza pubblica.
Anche il segno religioso unificante del complesso monumentale del Valle appare oggi solo sopportato. Infatti non è solo espressione di sacro civile ma è monumento esplicitamente cattolico, con la grande chiesa della Santa Croce, il corredo di arte sacra, il monastero; né poteva essere diversamente perché il perdono è sotto la croce, e l’immane crocefisso vi sospinge gli uomini, per se stessi non propensi a perdonare. La grande Pietà che sovrasta il portale della basilica è, poi, un preciso viatico. Nel sacrario tutto è inseparabile dal resto, se esso ha ancora un significato. I morti non sono separabili dagli edifici né questi dai morti, forse quasi cinquantamila. Non lo era neanche la tomba di Franco, terragna, sotto una semplice lastra, prossima all’altare maggiore, nella penombra un po’ tetra della grande navata. Il Valle de los Caídos non è lontano dall’Escuriale.
Solo una smarrita postmodernità civile alla ricerca di una qualche dignificazione può volere l’abbandono e l’alterazione di un complesso religioso-civile di tale forza e umiltà. Così, Francisco Franco, non uomo del perdono nel 1940 quando l’opera fu avviata ma protagonista della pacificazione (autoritaria, certo) fino ad oggi condivisa dagli spagnoli, è sacrificato, ovvero nascosto e normalizzato, per una “nuova” pacificazione parolaia e vendicativa. Mi chiedo e chiederò ad amici spagnoli, sicuramente occupati da altre cose, se ne abbiano consapevolezza.
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[Sulla posizione della Santa Sede si vedano in Vatican News le dichiarazioni del cardinale segretario di Stato, del nunzio in Spagna e del direttore della sala stampa vaticana - ndr].
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UNA POSTILLA
(p.d.m.) Questa riflessione su Franco non è occasionale. La mia è una vecchia, lunga battaglia – con Kojève, con Voegelin, con Besançon – contro il degrado sentimentalistico dell'Occidente, ovvero contro quell'atteggiamento di benevola apertura e comprensione per tutte le posizioni incapace andare al di là di generici appelli moralistici, tali da produrre, di fronte ai problemi, solo compromessi teoricamente e politicamente confusi, di basso livello.
L’eccesso di buoni sentimenti, suggestivo ma inconcludente, che chiamiamo buonismo, è in realtà una concezione del mondo in cui dominano da decenni non carità ma umanitarismo e nonviolenza, oggi associati a tutte le battaglie per i diritti individuali, gli status e le opzioni etiche e antropologiche, quali che siano, contro ordinamenti e sanzioni. Anche le prospettive eutanasiche sono tali. E anche le etiche della vita buona (contro quelle del dovere), tendenzialmente edonistiche, convergono su questo.
La cristologia che si oppone alla teologia del sacrificio redentivo appartiene a questo declino “nonviolento” del cristianesimo occidentale, nella progressiva falsificazione di Antico e Nuovo Testamento. Oggi questo avviene per paura di affrontare le visioni e sensibilità umanitarie della cultura dei non credenti “illuminati” e giudicanti. Si dovrebbe, come si è fatto fino al Concilio Vaticano II, affrontare e spiegare, in profondità, la profondità del mistero di Dio e del male. Sulla strada buonista – come ideologia del processo entropico dell'umanità verso pace e tranquillità, fini a sé – il cattolicesimo accoglie ai livelli profondi, senza accorgersene, le derive umanitarie, socialistiche, neobuddhistiche e neocristiane dell'Ottocento e del pacifismo più recente. Papa Francesco è già questo.
Settimo Cielo
di Sandro Magister 05 nov
La Spagna sfratta la memoria di Franco. Ma chi cancella prepara un cattivo futuro

Non è stata una esumazione. È stata una profanazione. Quel che è avvenuto il 24 ottobre, alle ore 10, all’interno della Basilica del Valle de los Caidos appartiene alla historia negra di questi anni capovolti. Ci hanno messo un paio d’ore per tirar su dalla tomba, a terra, la bara con le spoglie di Francisco Franco y Bahamonde, colui che ha governato la Spagna dal 1939 fino al 1975. Forse l’unico dittatore morto nel suo letto. Poi lo hanno condotto nel cimitero del Pardo-Mingorrubio, dove è sepolta la vedova, Carmen.
Per il premier socialista Sanchez dovrebbe essere una pratica archiviata. Per la gente di buon senso è una follia oscena. Mi viene in mente quel che, alla morte di Franco, scrisse Jean-Paul Sartre su Libération. Parole inequivoche di uno dei santoni più celebrati e più squallidi della sinistra. Sentitele: “Il giorno della sua morte è un giorno di festa, un vero giorno di festa che conto di celebrare bene. Penso che la migliore maniera di far venire ai francesi voglia di vederlo morire, è di pubblicare il suo ritratto. Ha un collo che evoca un colpo di coltello o di ghigliottina. La sua testa contiene circa quaranta anni di assassinii. Mussolini era un maiale, Hitler aveva un collo antipatico ma essi non avevano questo orrendo collo di porco latino”.
L’odio degli antifa di ieri e di oggi per questo militare diventato politico, per questo gregario diventato capo nasce da un fatto enorme e semplice: Franco sconfisse il sinistrume internazionale non solo con le armi ma anche con la politica. Guidò l’Alzamiento e lo fece diventare “la Victoria”. E la sigillò costruendo un monumento alla Civiltà unico al mondo, nel quale sono sepolti, in un unico abbraccio di pietà cristiana, un combattente nazionalista e uno internazionalista, un falangista e un comunista, un soldato regolare e un irregolare: 33.872 corpi. E sopra di loro la più grande croce del mondo, alta 150 metri, visibile fino a 40 chilometri di distanza.
Franco non ha mai riscosso la mia simpatia. Ho amato svisceratamente Primo de Rivera, la sua vita e la sua morte, le sue opere e i suoi scritti, il suo mito e la sua umanità. Ma non faccio fatica a riconoscere a Franco i meriti che la Storia, quella vera, già gli riconosce.
Ha tenuto la Spagna, appena uscita da una spietata guerra civile, fuori dalla Seconda Guerra mondiale. E questo non è piaciuto a tutti coloro, io fra questi, che leggevano quella guerra come la guerra definitiva, quella del sangue contro l’oro, e avremmo voluto, ragazzi, una penisola iberica accesso saldamente antibritannico del Mediteraneo. Ma lui, Franco, su questo desiderio “di parte” fece prevalere la ragion di Stato che gli consigliava di starsene fuori, di fare prima di tutto gli interessi del suo Paese economicamente e moralmente stremato dal conflitto interno. Ebbe ragione? I fatti non gli dettero torto. La Spagna nel giro di pochi anni divenne, grazie a lui, una importante potenza industriale.
Non ho mai amato l’imborghesimento del suo regime che, anno dopo anno, accantonò la Rivoluzione nazionalsindacalista che era il contenuto vero, la sostanza ideale e dottrinaria dell’Alzamiento. Il Movimiento nacional era tutto Pnf e niente Pfr, tanto per fare una paragone superficiale.
Ma il risultato di aver sconfitto la sinistra mondiale, che in realtà era un “centrosinistra” mondiale (nelle Brigate internazionali non c’erano solo comunisti e anarchici, c’erano anche democristiani, repubblicani, azionisti, radicali, progressisti di tutti i colori e le sfumature), resta come un Fatto della Storia. Alla Storia, e non solo a quella della Spagna, Franco, col carisma eccezionale del generale più giovane d’Europa qual era, ha regalato l’eroismo purissimo dell’Alcazar di Toledo, una delle pagine più luminose della millenaria Storia del Vecchio Continente.
Ma la data del 24 ottobre 2019 passerà alla Storia della Spagna anche perché ha segnato il tempo degli eroi e dei vigliacchi, di coloro che, come il Priore della Abbazia, ha avuto il coraggio di opporsi, da solo alle decisioni del Governo socialista e per questo gli hanno impedito, a lui e ai suoi monaci, di scendere nella Chiesa per celebrare i riti consueti e gliela hanno fatta presidiare, dentro e fuori, da soldati in armi violando la sacralità del luogo e i protocolli che da sempre regolano i rapporti fra lo Stato spagnolo e la Chiesa di Spagna. Insomma una vergogna dentro la vergogna. Segnatevi il suo nome: Fray Santiago Cantera Montenegro, è l’eroe solitario di oggi. Un prete controvento, vivaddio!
E segnatevi i nomi dei vigliacchi: Pedro Sáchez Pérez-Castejón, presidente socialista del Consiglio, che ha voluto a ogni costo la profanazione, la gerarchia della Chiesa cattolica, codarda come sempre, i sei magistrati della Terza Sezione del Tribunal Supremo che hanno emesso la sentenza definitiva, il Re Filippo II e l’ex-Re Juan Carlos (dimentico, quest’ultimo, che divenne Re solo per volontà di Franco), il Comune di Madrid gestito dai “moderati” del Partido popular.
Tutto questo mentre la Spagna, unita da poco più di 500 anni, sta scoppiando per il separatismo catalano. L’antifascismo insomma è buono sempre, soprattutto quando c’è da dimenticare la realtà.
Massimo Magliaro Ottobre 25, 2019

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