CATACOMBE, RUINI, MELLONI, SCALFARI
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Sabato 2 novembre papa Francesco ha celebrato nelle catacombe di Priscilla. Domenica 3 novembre il ‘Corriere della Sera’ con un’ampia intervista al cardinal Camillo Ruini e ‘laRepubblica’ (Eugenio Scalfari) hanno offerto altri motivi di meditazione…
Anche nel fine settimana appena trascorso l’attualità ecclesiale ha offerto tanti spunti di meditazione: la santa messa papale nelle catacombe di Priscilla, l’intervista al Corriere della Sera del cardinale Camillo Ruini, la reazione del noto Alberto Melloni alla stessa intervista, l’editoriale domenicale di Eugenio Scalfari su “Francesco, un rivoluzionario”.
JORGE MARIO BERGOGLIO ALLA SCOPERTA DELLE CATACOMBE
A tre settimane dalla chiusura del Vaticano II 42 padri conciliari si ritrovarono nelle catacombe romane di Domitilla (sulla via Ardeatina) per una celebrazione eucaristica e per la firma di un Patto per una Chiesa “serva e povera”. A pochi giorni dalla conclusione del Sinodo panazzonico, circa 150 padri sinodali sono convenuti nella Basilica romana dei santi martiri Nereo e Achilleo (area delle Terme di Caracalla) per commemorare il Patto del 1965, rinnovarlo e aggiornarlo con un titolo ampliato: “Patto delle catacombe per la Casa comune”. A guidare i presenti il cardinale brasiliano Claudio Hummes (relatore principale del Sinodo) e il vescovo austriaco naturalizzato brasiliano Erwin Kräutler, tra i protagonisti dell’assise episcopale.
Nella memoria dei cristiani le catacombe hanno avuto sempre e giustamente un posto d’onore, richiamando la forza morale di chi nei primi secoli della Chiesa volle affermare la sua fede, la sua identità usque ad sanguinis effusionem.
Sabato pomeriggio 2 novembre abbiamo perciò appreso con stupore che Jorge Mario Bergoglio, vescovo da 27 anni e mezzo, cardinale da 18 anni e mezzo, papa da 6 anni e mezzo, non era mai entrato fino ad allora in una catacomba. L’ha detto lui stesso nell’omelia della celebrazione eucaristica per la Commemorazione dei defunti, presieduta nelle catacombe romane di Priscilla sulla via Salaria. A concelebrare i cardinali Gianfranco Ravasi (cultura) e Angelo de Donatis (cardinale vicario), presenti naturalmente le suore benedettine custodi del luogo sacro. Ecco le sue parole: “La celebrazione della festa di tutti i defunti in una catacomba – per me è la prima volta nella vita che entro in una catacomba, è una sorpresa – ci dice tante cose”.
E’ forse il caso di notare: meglio tardi che mai. Proseguendo nell’omelia (a braccio), papa Francesco ha osservato, con un doveroso e accorato richiamo all’attualità in tante parti del mondo: “Possiamo pensare alla vita di quella gente, che doveva nascondersi, che aveva questa cultura di seppellire i morti e celebrare l’Eucaristia qui dentro… È un momento della storia brutto, ma che non è stato superato: anche oggi ce ne sono. Ce ne sono tanti. Tante catacombe in altri Paesi, dove perfino devono fare finta di fare una festa o un compleanno per celebrare l’Eucaristia, perché in quel posto è vietato farlo. Anche oggi ci sono cristiani perseguitati, più che nei primi secoli, di più. Questo – le catacombe, la persecuzione, i cristiani – e queste Letture, mi fanno pensare a tre parole: l’identità, il posto e la speranza”.
La celebrazione nelle catacombe di Priscilla era stata annunciata così nel post-Angelus della Festa di Ognissanti: " Domani pomeriggio mi recherò a celebrare l’Eucaristia nelle Catacombe di Priscilla, uno dei luoghi di sepoltura dei primi cristiani di Roma. In questi giorni, in cui, purtroppo, circolano anche messaggi di cultura negativa sulla morte e sui morti, invito a non trascurare, se possibile, una visita e una preghiera al cimitero. Sarà un atto di fede”. E qui è evidente e ben condivisibile la critica papale alla deriva, non solo commerciale, della ‘festa’ di Halloween, momento annuale culminante per le purtroppo sempre più diffuse sette esoteriche e demoniache, esca criminale per depressi e sprovveduti.
RUINI: UN’INTERVISTA INDIGERIBILE PER TURIFERARI E CATTO-FLUIDI
Non si può non rilanciare i punti salienti dell’intervista che il cardinale Camillo Ruini ha rilasciato al Corriere della Sera, apparsa sul numero di ieri, domenica 3 novembre. A beneficio di eventuali deboli di memoria ricordiamo che l’ottantottenne presule emiliano è stato segretario generale della Cei dal 1986 al 1991 e per sedici anni presidente dello stesso organismo. Dal 1991 al 2008 è stato anche cardinale vicario di Roma.
Alcuni passi significativi dell’intervista (ma ce ne sono anche altri, per cui rimandiamo alla lettura del testo completo).
‘Cattolicesimo democratico’: Penso anch’io che il ‘cattolicesimo democratico’, in concreto il cattolicesimo politico di sinistra, in Italia abbia sempre meno rilevanza. Sarei invece più cauto a parlare di impegno diretto della Chiesa.
Impegno ecclesiale nelle recenti elezioni umbre (leggi: rimediato un cappottone, vedihttps://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/906-barreto-un-card-in-fuga-umbria-cappottone-per-cei-e-avvenire.html ): Ha riguardato solo quella parte di uomini di Chiesa che sono a loro volta orientati a sinistra.
Da presidente della Cei ha scelto di influenzare gli schieramenti politici, in particolare il centrodestra: Non mi sono pentito. Senza mitizzarla, quella strada ha portato dei frutti. Si è trattato di sottolineare contenuti molto importanti, non solo per i cattolici, e di chiedere alle forze politiche di impegnarsi su di essi, o almeno di non contrastarli. Questa linea ha avuto maggiori adesioni nel centrodestra, ma ne ha trovate anche nel centrosinistra.
Nuovo partito dei cattolici (Zamagni, Becchetti, ben visto da Avvenire, che ha titolato il primo novembre: “Un Manifesto per il pensiero forte“): “Non è questo il tempo per dar vita a un partito dei cattolici. Mancano i presupposti: per il pluralismo molto accentuato all’interno della Chiesa stessa, e per la sua giusta ritrosia a coinvolgersi nella politica. I cattolici possono però operare all’interno di quelle forze che si dimostrino permeabili alle loro istanze. È una strada oggi più faticosa di ieri, perché la scristianizzazione sta avanzando anche in Italia; ma non mi sembra unastrada impossibile”. Bocciatura senza se e senza ma.
Salvini, vade retro?: Non condivido l’immagine tutta negativa di Salvini che viene proposta in alcuni ambienti. Penso che abbia notevoli prospettive davanti a sé; e che però abbia bisogno di maturare sotto vari aspetti. Il dialogo con lui mi sembra pertanto doveroso, anche se personalmente non lo conosco e quindi il mio discorso rimane un po’ astratto. Sui migranti vale per Salvini, come per ciascuno di noi, la parola del Vangelo sull’amore del prossimo; senza per questo sottovalutare i problemi che oggi le migrazioni comportano”. Urge una dose multipla di Maalox per il direttore turiferario di Avvenire Marco Tarquinio e le propaggini mediatiche cattofluide , a partire da Famiglia (cosiddetta) cristiana. Stessa dose – tra gli altri – per il Turiferario Prezzemolo, il gesuita Antonio Spadaro e i suoi compagni dell’armata misericordiosa del disprezzo verso il segretario della Lega. Tra i quali (vedi sotto) il noto Alberto Melloni.
Salvini e il Rosario: “Il gesto può certamente apparire strumentale e urtare la nostra sensibilità. Non sarei sicuro però che sia soltanto una strumentalizzazione. Può essere anche una reazione al ‘politicamente corretto’, e una maniera, pur poco felice, di affermare il ruolo della fede nello spazio pubblico.” A questo punto dell’intervista speriamo che la dose multipla di Maalox sia stata assunta prima della lettura da Tarquinio il Superbo e compagni.
Sinodo panamazzonico, ordinare sacerdoti certi diaconi permanenti in ‘zone remote’ dell’Amazzonia? “In Amazzonia, e anche in altre parti del mondo, c’è una grave carenza di sacerdoti, e le comunità cristiane rimangono spesso prive della messa. È comprensibile che vi sia una spinta a ordinare sacerdoti dei diaconi sposati, e in questo senso si è orientato a maggioranza il Sinodo. A mio parere, però, si tratta di una scelta sbagliata. E spero e prego che il Papa, nella prossima Esortazione apostolica post-sinodale, non la confermi”.
Perché ‘scelta sbagliata’? “Le ragioni principali sono due. Il celibato dei sacerdoti è un grande segno di dedizione totale a Dio e al servizio dei fratelli, specialmente in un contesto erotizzato come l’attuale. Rinunciarvi, sia pure eccezionalmente, sarebbe un cedimento allo spirito del mondo, che cerca sempre di penetrare nella Chiesa, e che difficilmente si arresterebbe ai casi eccezionali come l’Amazzonia. E poi oggi il matrimonio è profondamente in crisi: i sacerdoti sposati e le loro consorti sarebbero esposti agli effetti di questa crisi, e la loro condizione umana e spirituale non potrebbe non risentirne”. Chiaro, no?
LA REAZIONE DI ALBERTO MELLONI
Può darsi che il corriere non abbia consegnato per tempo la dose multipla di Maalox prescritta per Alberto Melloni. Lo deduciamo dal tweet che il noto intellettuale cattofluido ha scritto nella stessa mattinata di domenica 3 novembre: “Per una beffa della storia quel che Ruini dice oggi sul Corriere delle possibili ‘prospettive’ di Salvini è identico a quel che von Papen diceva di Hitler a Roncalli nel 1941 (P.S. Roncalli lo zittì citando i ‘milioni di ebrei’ uccisi ‘nelle camere a gas’). Von Papen, cattolico, fu cancelliere tedesco, poi vicecancelliere di Hitler, in seguito anche ambasciatore in Turchia, dove trovò quale delegato apostolico Angelo Giuseppe Roncalli, molto impegnato nella salvezza del maggior numero possibile di ebrei. A parte il tanto delirante quanto oltraggioso paragone tra Hitler e Salvini, il Melloni dimostra scarsa lucidità anche nella citazione di colloqui e di date: gli orribili strumenti di morte chiamati camere a gas entrarono in funzione nel 1942.
NON SCHERZA NEANCHE SCALFARI IN FATTO DI CULTURA…
Sempre ieri, domenica 3 novembre 2019, laRepubblica ci ha offerto la lettura del consueto editoriale di Eugenio Scalfari. Sotto il titolo “Quel rivoluzionario del mio amico Francesco” il Fondatore ci ragguaglia anche su numerosi contatti avuti con il card. Carlo Maria Martini e con papa Bergoglio (“per lettera, per telefono e soprattutto negli incontri che ho avuto finora nella Sala di Santa Marta”).
Due perle:
. La proliferazione degli evangelisti: “Chiesi al cardinal Martini quale fosse il racconto degli evangelisti e soprattutto di quei pochi, sette od otto, che la Chiesa ufficiale aveva scelto”. Sette, otto evangelisti? Questa sì che è una notizia!
. Amicizia Martini-Bergoglio: “Il cardinale Carlo Maria Martini fu molto amico di papa Francesco”. Presa alla lettera, l’asserzione è perlomeno imprecisa, dato che il porporato torinese è morto nel 2012, dunque alcuni mesi prima dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio a Sommo Pontefice. Ma c’è dell’altro. Per quanto ne sappiamo da fonti certe, parlare di ‘amicizia’ di Carlo Maria Martini per il gesuita argentino appare quantomeno esagerato. Sempre per quanto ne sappiamo, Martini- così rigoroso, misurato, di profonda cultura biblica - non apprezzava granché i comportamenti del confratello. Può essere che ci sbagliamo – e si sbagli la nostra fonte – ma..
CATACOMBE, RUINI, MELLONI, SCALFARI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 4 novembre 2019
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