Il Gesù “gay” su Netflix. Lo “Ecce Homo”, orrendo doppiosenso, al Maxxi di Roma…Tempo fa ci domandavamo: da dove mai viene questa sete insaziabile di profanare? Ormai non esiste più un’opinione pubblica benpensante, da scandalizzare; noi cristiani siamo rimasti in quattro gatti, derisi, senza voce né potere sociale; nemmeno la Chiesa – la furba e corriva chiesa di Bergoglio e di Bianchi – ha più nulla da difendere nell’immagine di Cristo, non si lascia offendere né irritare, non cade nella trappola mediatica che i provocatori sperano evidentemente di suscitare nelle gerarchie: farsi “condannare” per la loro “trasgressione” e “audacia”.
Siccome non c’è rimasto nessuno che si lasci irritare, offendere, men che meno turbare e sconvolgere e disgustare …. Da dove questa coazione a ripetere sempre più scipita, prevedibile e continua? Voglio dire: che gusto c’è?
Questo era il senso della domanda e non trovavo la risposta.
La risposta me l’ha data un breve e densissimo affondo di Rocco Quaglia. Da vero grande psicoterapeuta, avverte in questa coazione, un sintomo: di una grande sofferenza, e di regressione nell’infantilismo..
La dissacrazione della figura di Cristo, segnala il terapeuta, segnala un passo ulteriore nella sofferenza psichica. Perché Cristo è “il fratello buono”, l’ideale stesso di uomo quale vorremmo essere; l’uomo ad immagine di Dio, il fratello-Dio mandato dal Padre .
La reazione adolescenziale – l’adolescente che “la fa grossa” – è la provocazione di protesta contro il padre: l’ideale ridotto alla “propria immagine bambina, crudele, perversa” che è necessaria per negare che “un ideale esista”. Il terapeuta sottolinea la natura “priva di contenuto sociale, di un destinatario”: contro chi protestano, per ottenere cosa?
Chi dovrebbe rispondere, non c’è più. Sia il papà genetico (permissivo, distratto, magari con altri “amori”) sia il Padre dei cieli, ovviamente qualunque istanza di ordine paterno (non escludo lo Stato capace d’imporre obblighi, e la Chiesa furba di Bergoglio, femminea, o più precisamente eunucoide).
Una fondamentale diserzione; un enorme vuoto, senza eco, afono, nel centro stesso della vita umana occidentale: che l’adolescente continua a provocare, sperando che infine risponda, con il sacrosanto schiaffone. Ma non c’è più.
Un padre “che si rende inesistente al figlio, emotivamente non importante”, lo condanna a” un’esistenza di figlio, cioè di puer aeternus con desideri infantili, con una sessualità immatura, e un desiderio di distruggere tutto ciò che è sentito debole per realizzare quell’ideale di forza che non ha mai conosciuto”.
Quel che mi pare essenziale è l’accento messo sulla “sofferenza” immensa e ineliminabile di questi provocatori. “Quel che lo psicologo coglie in tutte queste apparenti provocazioni è la denuncia di un malessere generazionale. In varie forme e modi questa generazione chiede un rimedio”.
Tutti i giorni, la cronaca nera ci informa degli esiti letali di questo malessere: sedicenni che attraversano corso Francia di notte, sedicenni che postano sui social foto di loro “seduttive e tenebrose”, e vengono falciate dal SIUV del giovane palestrato e fatto, entrambi per “andare a divertirsi”, e la il fidanzato “personal trainer” freddato a pistolettate per la fidanzatina ucraina che forse trattava un grosso acquisto di droga; e questa voglia incoercibile di un’intera generazione a doversi “divertire” in discoteche e feste rave fino alle cinque del mattino. Dodicenni che cominciano a provare la cocaina; le tonnellate di coca che vengono periodicamente e inutilmente sequestrate, attestano un abuso abnorme di migliaia di clienti-quasi bambini negli orribili “luoghi della movida”; le trentenni che il cui corpo trovato come un rifiuto dopo una festa rave, e i quattordicenni ricoverati in coma etilico ed altre forme di “sballo” anche peggiori – codeina, oppiacei, alcol portato da casa. Quelli che muoiono a mezze dozzine, ogni sabato, in auto guidate da compagni ubriachi., all’alba durante “il ritorno” dal divertimento… Come non accorgersi del “sintomo”? Generazioni intere si stanno uccidendo sotto i nostri occhi non piu “paterni”.
Benedetto lo psicologo che denuncia:
“Quel che lo psicologo coglie in tutte queste apparenti provocazioni è la denuncia di un malessere generazionale. In varie forme e modi questa generazione chiede un rimedio”, e avverte che con la dissacrazione della figura del Dio Fratello, questa generazione sta superando un limite ulteriore della sua disperazione.
Quale? Viene in mente l’inferno, nei suoi sotterranei afoni e nel suo mare di fuoco, bestemmiano senza posa – tanto, nessuno li ascolta.
La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che pareva che si trovasse sotto terra. Immersi in questo fuoco, i demoni e le anime come se fossero braci trasparenti e negre o color bronzo, dalla forma umana, che fluttuavano nell’incendio, trasportati dalle fiamme, che uscivano da loro stessi, insieme a nugoli di fumo e cadevano da tutte le parti, simili alle faville che cadono nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra gridi e gemiti dì dolore e di disperazione che facevano raccapricciare e tremare di spavento”..
Una condizione al di là del possibile “rimedio” psico-terapeutico e sacramentale, di cui Quaglia invoca l’intervento curativo.
Che questo confine sia stato superato lo fanno temere altri indizi.
Circola un video dove la dottoressa Theresa Deisher, ora denuncia “L’uccisione di feti sani per l’estrazione del cuore come terreno di coltura per i nuovi vaccini@MIUI| https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3138578216155555&id=100000102213711&sfnsn=scwspmo&extid=W4hciw0J1S4YfH2G&d=n&vh=i
Il video che circola su facebook non venga aperto da persone sensibili. Ciò che mi preme dire è che con questa cosa, l’industria farmaco-vaccinale ha conquistato il campo nuovo, che una volta si chiamava “necromanzia”, magia nera, l’uso “magico” di cadaveri, ben noto alle fattucchiere di secoli fa, che almeno rischiavano il rogo.
Qui sotto posto il testo di Quaglia e, più oltre, il video di una sua conferenza. Inviterei a meditarle con la necessaria profondità:
Il Foglio
Violentare la figura di Gesù è l’estrema forma di dissacrazione dell’uomo
Il ritorno dell’arte blasfema oggi nasconde la sua debolezza
di Rocco Quaglia
Di Gesù era già stato detto tutto, ma nessuno poteva immaginare che qualcuno lo “dipingesse” come pedofilo e in atteggiamento esplicito. Esposto al museo comunale di Roma è comparsa una presunta opera d’arte raffigurante un Gesù in posa eretta con un fanciullo inginocchiato. L’immagine era stata segnalata sul quotidiano Libero lo scorso dicembre, e subito rimossa con scuse per “l’errore”. Forse l’arte non deve avere limiti, ma penso che qui l’arte c’entri davvero poco; non vedo nessun messaggio artistico, piuttosto un’adolescenziale quanto sciocca provocazione, al cui confronto le vignette di Maometto diventano poca cosa. Demolire la figura di Gesù equivale a demolire, in primo luogo, tutto ciò che siamo stati e siamo, vale a dire duemila anni di storia, di civiltà, di pensiero occidentale. La figura di Gesù, infatti, è l’ultimo argine che resta come esempio di vita e come modello di uomo per non precipitare nel nichilismo di un’esistenza omogeneizzata, dove tutto è indifferenziato, indistinto, uniforme, ovvero una vita vissuta senza più un perché e senza più uno scopo. Violentare la figura di Gesù rappresenta l’ultima ed estrema forma di dissacrazione dell’uomo, sia dell’uomo come ideale e meta dello sviluppo sia dell’uomo come figura adulta e di autorità. Non per caso il titolo del dipinto è “Ecce Homo”, che si potrebbe tradurre: “Ecco chi è l’uomo”. Questa espressione blasfema è soltanto una delle tante manifestazioni che da qualche tempo hanno il sacro come obiettivo da abbattere, più precisamente l’uomo sacralizzato, cioè pensato a immagine di Dio. Quel che lo psicologo coglie in tutte queste apparenti provocazioni è la denuncia di un malessere generazionale. In varie forme e modi questa generazione chiede un rimedio. In passato si protestava contro qualcuno per ottenere qualcosa; oggi, nel mondo dei diritti e delle libertà graziosamente concesse, il malessere può essere espresso soltanto mediante la provocazione, priva sia di un contenuto sociale sia di un destinatario, poiché il malessere non ha un’identificazione. Tuttavia, faremmo male a ridurre ogni cosa a semplici atti provocatori. C’è bisogno invece di una risposta, ma per rispondere è necessario comprendere.
Gli attacchi alla figura di Gesù non sono casuali; Gesù è una figura che rappresenta un ideale nel mondo occidentale. Sono attacchi di aggressività maligna, volta a distruggere, come dicevo, l’idea stessa di uomo, cioè quella idea, o ideale di uomo, che ogni bambino fantastica di essere un giorno con riferimento al proprio padre. In uno sviluppo soddisfacente è intorno all’immagine del padre che si forma e si sostanzia la personalità del figlio. Quando l’ideale del bambino si frantuma, per cause varie, di fronte alla delusione provata per il fallimento della figura paterna, nell’animo del piccolo resta un angoscioso vuoto. In altre parole, “un modello” è quel padre che si presenta al figlio (maschio e femmina) come colui che è “forte”, ossia accogliente, protettivo, rassicurante, ma anche un padre che limita e resiste alle richieste straordinarie del figlio, ponendo condizioni da soddisfare. Inutile ricordare che è la madre a presentare il padre ai figli. Al contrario, un padre accondiscendente e permissivo si rende inesistente al figlio, emotivamente non importante, condannandolo a un’esistenza di figlio, cioè di puer aeternus con desideri infantili, con una sessualità immatura, e un desiderio di distruggere tutto ciò che è sentito debole per realizzare quell’ideale di forza che non ha mai conosciuto. Un padre sentito forte è temuto, ammirato, rispettato, e questo attiva i processi di identificazione. Un padre debole è disprezzato, poiché disillude. In tale condizione il figlio può manifestare una chiusura depressiva alimentata da un senso di inadeguatezza per un fallimento vissuto come proprio, oppure può sperimentare odio verso quell’ideale che ha tradito le proprie attese. Per far cessare la sofferenza c’è un solo modo: negare che un ideale esista. Da questo deriva che ogni “immagine” simbolo di un qualsiasi ideale vada schernita, dissacrata e ridotta alla propria immagine bambina, piccola, crudele e perversa. In assenza di ideali, di valori, di dover essere, viene meno il confronto tra “l’ideale domanda di essere” e la realtà di vita che si vive. La più grande sciagura dell’occidente è la perdita del padre. Era rimasto solo Dio come “Padre nostro”, un “padre” in unione con il “figlio”.
La figura di Gesù costituiva l’ultimo ideale per l’occidente, un ideale che se non è amato nella giovane età, non eserciterà mai alcuna attrattiva.
Gesù ha perduto oggi gran parte del suo fascino, di lui non si parla più in termini di forza, di colui che sferza i mercanti del tempio, che tiene testa ai capi del popolo, ai suoi giudici, e infine ai suoi carnefici, affrontando stoicamente il supplizio della croce. Questo ideale è stato degradato e ridotto alla nostra “altezza”: oggi si parla di un Gesù debole, effeminato, mammone, omosessuale e per finire pedofilo. Se Lui è come noi, non c’è colpa a non essere come Lui.
Comunque quel che preoccupa maggiormente non è una tale rappresentazione, per quanto indecente e sconcia possa essere, ma l’assenza di una risposta da parte di tutti, se pure tutti, in altra occasione, abbiano dichiarato il rispetto per il sentimento religioso. Mantenere il silenzio è indice di un’assoluta indifferenza, come se non ci fosse più nulla da salvare, o peggio come se tacitamente si avallasse un tale degrado morale. Può darsi che nessuno voglia accorgersene, ma con la raffigurazione del Redentore in quell’atteggiamento si cerca, forse inconsapevolmente, una giustificazione della stessa pedofilia. In ogni caso, la provocazione ha sempre tratti infantili e non è mai fine a sé stessa, poiché ha il “padre” come riferimento per motivarlo a reagire con “forza”, in vista di un confronto e infine di una rappacificazione. Senza la risposta, la provocazione diventerà sempre più aggressiva fino alla rassegnazione completa. Oggi, nel nostro mondo, tecnologizzato e magico, ci sono generazioni in balia di loro stesse senza più adulti da ammirare e imitare, ma anche da odiare e da mettere alla prova.
Queste provocazioni, ideologicamente presentate, sono attacchi all’età adulta, un’età di impegno, di responsabilità, di consapevolezza, in favore di un’infanzia da trascorrere nel paese dei balocchi. Oggi, nel nostro mondo, tecnologizzato e magico, ci sono generazioni in balia di loro stesse senza più adulti da ammirare e imitare, ma anche da odiare e da mettere alla prova””.
https://www.maurizioblondet.it/la-sofferenza-dietro-la-dissacrazione/
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