ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 1 febbraio 2020

Il buffetto

IL PRINCIPE DI QUESTO MONDO


E adesso, pover’uomo? La limpida "Verità" dalle parole stesse di Gesù Cristo. Ecco secondo il Vangelo, chi realmente si cela dietro le manovre della "Massoneria" fuori e dentro la Chiesa cattolica: "il Principe di questo mondo" di Francesco Lamendola  

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E adesso, pover’uomo?, è il titolo di un romanzo (allora) molto noto dello scrittore tedesco (allora celebre) Hans Fallada, pseudonimo di Rudolf Wilhelm Friedrich Ditzen (Greifswald, sulle coste del Mar Baltico, 1893-Berlino, 1947), apparso nel 1932 col titolo originale Kleiner Mann, was nun?, e tradotto in italiano l’anno dopo. Nel nostro Paese quest’opera è stata conosciuta da un vasto pubblico grazie alla riduzione televisiva di uno sceneggiato in 5 puntate, mandate in onda dalla RAI nel 1960-61 con la regia di Eros Macchi e il titolo Tutto da rifare, pover’uomo; il cast comprendeva Carla Del Poggio, Ferruccio De Ceresa, Luigi Vannucchi, Camillo Pilotto, Fanny Marchiò, Renzo Palmer, Carlo Romano, Laura Betti e Paolo Poli; gli ultimi due narravano, in veste di cantastorie, le vicende dei due protagonisti. Max è un onesto e laborioso borghese tedesco che discende nei gorghi della miseria a causa della spaventosa crisi economica che travolge il suo Paese; in controluce viene descritta con taglio realistico, ma accorato, l’intera società tedesca degli anni ’20 e dei primi anni ’30, alla vigilia dell’avvento del regime nazista. Ma quella domanda, e adesso, pover’uomo?, la si potrebbe porre a ogni essere umano il quale, soddisfatto e inorgoglito per i suoi successi, più o meno modesti, più o meno vistosi, ma pur sempre umani – troppo umani, come direbbe il buon Nietzsche - a un certo punto si trova di fronte al limite invalicabile di ogni cosa umana: lo scacco, l’impotenza, il naufragio. 

I cattolici lo sanno meglio di chiunque altro: l’uomo è una creatura magnifica, la più perfetta di tutte, ma è pur sempre una creatura; e quando si lascia prendere dall’orgoglio, dalla presunzione, dall’arroganza, e crede di essere il solo artefice del proprio destino e di avere il futuro nelle sue mani, va a sbatter inevitabilmente contro il proprio limite ontologico, la fragilità e la labilità della propria condizione creaturale. Perciò o egli accorda la sua esistenza secondo il disegno di Dio; o si rende docile strumento del Suo progetto; o confida in Lui e solamente in Lui, oppure verrà duramente punito nella sua pretesa di essere da più di quel che realmente è, di poter recitare una parte più grande di lui, e gettato dolorosamente nella polvere, a raccogliere i frutti amari della sua follia.

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 Ecco dunque, secondo il Vangelo, chi realmente si cela dietro le manovre della massoneria, fuori e dentro la Chiesa cattolica: il Principe di questo mondo. Possono dire quel che vogliono Ravasi, Paglia, Bergoglio, Spadaro e tutti gli altri: la verità è questa, limpida, cristallina, dalle parole stesse di Gesù Cristo!

Premesso, dunque, che queste considerazioni sono valide e attuali per ciascuno di noi, il pensiero non può fare a meno di andare a colui che, in questo momento storico, sembra incarnare meglio di chiunque altro il dramma dell’uomo che vuol salire in alto e si espone, così, a dover subire le più dure conseguenze della sua smodata brama di potere: il signore argentino che è stato innalzato alla dignità di vescovo di Roma e che si è insediato, non nel Palazzo apostolico, come tutti i precedenti pontefici, ma in una residenza privata del clero, Casa Santa Marta, diretta da un pezzo grosso dello I.O.R., un chiacchieratissimo presule di nome Battista Ricca, già nunzio apostolico in Uruguay, dove ha lasciato tristi memorie delle sue abitudini (omo)sessuali: un signore che tutti hanno visto salutare Bergoglio dandogli un buffetto sulla guancia. Lo stesso buffetto che gli ha dato anche il presidente francese Emmanuel Macron (altro personaggio dai gusti sessuali piuttosto particolari, oggetto di battute e allusioni in ogni angolo della Francia) al momento del loro incontro ufficiale, da capo di Stato a capo di Stato. Strano, vero?, e infatti lo avevamo già fatto notare a suo tempo (cfr. l’articolo: Perché lo fa? Perché l’hanno eletto per questo, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 26/06/19): da quando in qua l’inferiore fa un buffetto sulla guancia al superiore, o il più giovane lo fa al più vecchio? Ricca, nella gerarchia cattolica, è un semplice monsignore di secondo o terzo piano, uno dei tanti, almeno in teoria, benché sia molto, ma molto discusso per certi suoi trascorsi e certe sue abitudini (cfr. l’articolo di Sandro Magister, Il prelato della lobby gay, alla pagina www.chiesa.espressonline.it del 18/07/13).

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Battista Ricca, già nunzio apostolico in Uruguay, dove ha lasciato tristi memorie delle sue abitudini (omo)sessuali: ci si chiede cosa abbia di così speciale quest’uomo per permettersi di salutare il papa con un buffetto sulla guancia?

Rientrato a Roma dopo una carriera diplomatica non troppo edificante, posto alla direzione di tre residenze per cardinali e vescovi, infine elevato ad un posto di altissima responsabilità nello I.O.R, la banca vaticana, ci si chiede cosa abbia di così speciale quest’uomo per permettersi di salutare il papa con un buffetto sulla guancia, come potrebbe fare un vecchio parroco con uno dei suoi chierichetti, e questo in presenza di un seguito di personaggi vari e anche di giornalisti, i quali hanno immortalato la scena, ora visibile da chiunque sulle rete. Lo stesso discorso si può fare per l’incontro con il giovane presidente francese Macron: da quando in qua un capo di Stato si permette di salutare il capo della Chiesa cattolica prendendogli il viso con entrambe le mani e facendogli un buffetto? Perfino in questi tempi di sciatteria e di cafonaggine diffusa, nell’ambito della diplomazia internazionale esiste pur sempre un protocollo da rispettare, esiste un preciso cerimoniale da osservare scrupolosamente, studiato in base a tutti gli elementi in gioco: l’età anagrafica, l’anzianità di servizio, i rispettivi ruoli ricoperti da due uomini di Stato che s’incontrano in forma pubblica (e, anche stavolta, alla presenza di giornalisti, fotografi e cineoperatori): davvero qualcuno s’immagina che le cose possano svolgersi spontaneamente, come quando s’incontrano al bar due vecchi amici?

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Un uomo di paglia, messo lì dalla mafia di San Gallo? Nel 2016, Bergoglio ha ricevuto con soddisfazione il Premio Internazionale Carlo Magno, che tutti sanno si tratta di un’alta onorificenza concessa agli amici della massoneria!

E dunque: che cosa ha dato al giovane Macron l’ardire di fare quel gesto quando si è trovato innanzi al romano pontefice ottantenne? Non avrebbe dovuto lui, semmai, baciargli l’anello? Evidentemente sia nel caso di Ricca, sia nel caso di Macron, quel che ha dettato le regole del cerimoniale non è stata la parte visibile dei loro rispettivi ruoli istituzionali, ma quella invisibile. La massoneria ha voluto ricordare a colui che si trova ad un grado inferiore che deve obbedienza e rispetto a quelli che si trovano ad avere dei gradi superiori. Ricca e Macron, infliggendogli quella piccola ma significativa umiliazione, mortificando in pubblico il suo orgoglio (e sappiamo quanto sia grande, per non dire smisurato  l’ego del signore argentino, e quanto pronto agli scatti d’ira, allorché gli sembra di non essere obbedito a dovere, o che qualcuno si ribelli alla sua volontà), hanno voluto ricordargli perché è stato eletto, a chi deve obbedienza, e che il potere gli può essere tolto in qualsiasi momento, se si rivelasse un burattino indocile. Del resto, si osservino le fotografie dei due rispettivi incontri: balza all’occhio che Ricca e Macron hanno un’espressione di superiorità (più bonaria il primo, più altera il secondo) mentre Bergoglio, di solito così suscettibile (se qualcuno dice una parolaccia alla mia mamma, gli do un pugno), pare un cagnolino che stia subendo un rimprovero dal padrone e speri, tutto mortificato e con le orecchie basse, di ricevere il suo perdono e di rientrare quanto prima nelle sue grazie.

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Il buffetto del giovane presidente francese Macron al "capo" della Chiesa? Da quando in qua un capo di Stato si permette di salutare il papa prendendogli il viso con entrambe le mani e facendogli un buffetto?

Tutto questo per ricordare a ciascuno, noi compresi, una semplice verità: che se vogliamo salire più in alto di quel che non ci spetti legittimamente; se vogliamo farci strada a ogni costo, prendendo delle scorciatoie; se puntiamo su mezzi inconfessabili per raggiungere il nostro scopo, potremo anche apparire grandi agli occhi della gente comune, ma qualcuno, al di sopra di noi, saprà sempre come stanno le cose, e non avrà alcun riguardo nel ricordarcelo in qualsiasi circostanza: e cioè che noi abbiamo fatto strada mettendoci a disposizione di chi ha il potere vero, e quindi il potere non lo esercitiamo realmente, lo subiamo, e sia pure dietro false apparenze che altri possono anche invidiare, ma solo perché non sanno come stiano realmente le cose. Quei massoni travestiti da cardinali e da vescovi che si sono infiltrati nella Chiesa per operare all’interno di essa standosene bene al coperto, e portando avanti il progetto massonico di smantellamento e dissoluzione della Chiesa stessa, altro non sono che degli esecutori, o se si preferisce dei burattini; e lo stesso Bergoglio, pur se può vantarsi dell’appellativo altisonante di capo della Chiesa cattolica (che peraltro nei primi giorni dopo la sua elezione, lo si ricorderà, diceva di non volere, contentandosi di quello di vescovo di Roma), altro non è che un uomo di paglia, messo lì dalla mafia di San Gallo per distruggere quel poco che di realmente cattolico restava nei posti-chiave della chiesa, silurando o pensionando i personaggi meno docili, come il cardinale Müller, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, o addirittura imprigionando quelli considerati irriducibili, come è capitato al fondatore dei Francescani della Immacolata, padre Stefano Maria Manelli, classe 1933 e perciò ottantasettenne, che dal 2013 è irreperibile, probabilmente costretto a soggiornare in qualche convento, e ciò dopo che sono emerse delle accuse di violenze sessuali a suo carico, riferite a supposti episodi di mezzo secolo prima. I giornali a grande tiratura, specie quelli asserviti alla contro-chiesa di Bergoglio si sono guardati bene dal diffondere adeguatamente la notizia che nell’aprile scorso il tribunale ha dato ragione ai parenti e agli amici di padre Manelli, i quali avevano intentato una causa legale contro l’attuale direzione dei Francescani, passata in mano a un commissario pontificio, per difendere il suo buon nome. Ma intanto la sua reputazione è stata ugualmente distrutta. Oppure che dire di quando Bergoglio, nel 2016, ha ricevuto con soddisfazione il Premio Internazionale Carlo Magno, mentre tutti sanno che si tratta di un’alta onorificenza concessa agli amici della massoneria? E che dire della lettera indirizzata dal cardinale Ravasi, sempre nel 2016, ai cari fratelli massoni, sul giornale Il Sole 24 Ore? Una pubblica e clamorosa iniziativa che certo non avrebbe preso senza il semaforo verde di Bergoglio, pur sapendo che sulla massoneria pesa tuttora la scomunica lanciata fin dal 1738 da Clemente XII e mai ritirata, anzi più volte rinnovata dai successivi pontefici, compresi Pio IX, Leone XIII e san Pio X, i quali l’hanno definita figlia del serpente satanico e intenta a scalzare e distruggere le fondamenta dell’ordine sociale e spirituale eretto dalla civiltà cristiana.

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Questo incredibile personaggio è il gesuita James Martin: anche lui fido di Bergoglio, si è spinto a dire che molti Santi erano certamente gay!

E adesso, pover’uomo?

di Francesco Lamendola


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