Stralci da un articolo di Rod Dreher, l’autore de L’Opzione Benedetto, pubblicato sul suo blog, nel quale riflette su questa pandemia di coronavirus. Ve li propongo nella mia traduzione.
Cara famiglia e amici,San Benedetto ci esorta: “Tenete la morte ogni giorno davanti ai vostri occhi”. In questo suggerimento tratto dal quarto capitolo della Regola del nostro patrono, ci viene ricordato che Dio è il padrone supremo della nostra vita, anche se la sua presenza non è sempre evidente. In modo paterno, San Benedetto ci chiama anche a piangere per i nostri peccati nel timore del prossimo Giudizio. La realtà della morte e del giudizio ci ricorda di confidare solo nella misericordia e nella giustizia di Dio, mentre l’essere dimentichi della morte può portarci a fare affidamento su noi stessi e sulle soluzioni del mondo ai nostri problemi.In mezzo alla pandemia di coronavirus, la vita dei monaci di Norcia (tutti sani al 30 marzo) continua come al solito, con poche eccezioni. Ogni mattina, durante l’alta messa solenne conventuale, abbiamo aggiunto preghiere contro la pestilenza. Nel pomeriggio, abbiamo percorso la proprietà con le reliquie della Vera Croce, pregando per la liberazione da “pestilenze, carestie e guerre”, come facevano gli antichi, che sapevano che queste tribolazioni spesso sorgono insieme. In particolare nelle nostre preghiere ci sono i molti medici e infermieri che stanno sacrificando molto – e rischiando molto – per mantenere in vita gli altri e restituirli alla salute. La popolazione della nostra regione dell’Umbria è geograficamente dispersa, quindi i casi di coronavirus che ci circondano sono meno numerosi che nell’estremo nord. Sappiamo che la situazione potrebbe cambiare rapidamente.(…)Diventa ogni giorno più chiaro che tutti noi soffriremo per qualche tempo le conseguenze fisiche, economiche, psicologiche e spirituali del coronavirus. Dovremmo essere disposti a imparare le lezioni che Dio vuole insegnarci. Una grande tentazione è quella di chiedere a Dio di restituirci ciò che abbiamo perso. Nel campo della tragedia, Dio semina semi di vita nuova. Tutti noi dobbiamo annaffiarli con le nostre preghiere (viste e non viste), con i nostri sacrifici e, forse, anche con la nostra vita. Ma la morte non ha l’ultima parola.
Dice Rod Dreher: ricordate le parole di Dom Benedict:
Una grande tentazione è quella di chiedere a Dio di restituire ciò che abbiamo perso. Nel campo della tragedia, Dio semina semi di vita nuova.
I monaci di Norcia persero la loro basilica e il loro monastero. Persero praticamente tutto, in pochi istanti di scossa 8del terremoto, ndr). Si trasferirono in una proprietà che possedevano sul versante della montagna che dominava Norcia, e partirono da zero. Ma, come mi disse più tardi dom Benedict, c’era una benedizione nascosta. Il loro precedente monastero era proprio nel centro della città, sulla piazza. Ricevevano molti visitatori. Il rumore di essere al centro delle cose rendeva più difficile la vita contemplativa. Non si sono resi conto di quanto avessero bisogno di un maggiore silenzio fino a quando il terremoto non gli ha portato via la loro casa e la loro chiesa. Dio non ha restituito loro ciò che avevano una volta, ma ha dato loro ciò di cui avevano veramente bisogno. Se avessero desiderato un ritorno alla vecchia chiesa, al vecchio monastero, al vecchio stile di vita della città, sarebbero ancora disperati. Scoprirono, però, che avevano già le cose più importanti per loro: la fede, la messa, la fratellanza, la Regola.
Sarà così anche per la maggior parte di noi, in un modo o nell’altro. Questo farà male. Ma se permettiamo che sia per la nostra stessa purificazione, per abbatterci in modo che possa costruirci nella fede, nella speranza e nell’amore, allora sarà stata una dura misericordia.
Una cosa che questa crisi sta rendendo chiara è la mancanza di una vita spirituale nascosta in molti di noi. Sto scoprendo quanto io abbia trattato la liturgia domenicale come una stampella, e ho lasciato che la mia vita spirituale quotidiana si allentasse. Non è che avessi smesso di pregare, ma, senza rendermi conto di ciò che stava accadendo, mi ero lasciato andare alla pigrizia, e a dipendere più di quanto avrei dovuto dall’esercizio esteriore del culto domenicale, invece di coltivare anche la preghiera quotidiana come avrei dovuto fare.
(…)
Quando dom Benedetto dice che il nascondimento che è così emblematico di questo virus, e la crisi che ha provocato, può insegnarci a riscoprire il mistero, penso che questo sia ciò che intende. Non riusciremo a capire perché Dio ha permesso che ciò accadesse. Ma è successo, e Dio rimane Dio. Dobbiamo imparare a cercare Dio nella quiete delle nostre case la domenica mattina e nella solitudine del nostro cuore. Quando i predicatori della Parola tacciono la domenica, dobbiamo ascoltare la Sua voce pronunciata in luoghi meno ovvi, specialmente nelle azioni coraggiose e compassionevoli di medici, infermieri e operatori sanitari. Non aspettatevi di comprendere. Chi potrebbe mai capire perché un buon Dio permette che una malattia come questa si diffonda in tutto il mondo. I teologi hanno le loro teodicee (spiegazioni del perché un Dio onnipotente e buono per eccellenza permetta il male e la sofferenza), ma chi è veramente convinto da argomenti aridi, anche se sono veri? È qui che entra in gioco la fede.
Penso ad Alexander Ogorodnikov, un cristiano ortodosso russo inviato dai sovietici nel gulag negli anni Settanta, a causa della sua fede. Lì ha subito terribili torture e privazioni, ma ha continuato la sua evangelizzazione tra i detenuti. Una notte, soffrì la disperazione, sopraffatto dal suo dolore e dalle sue fratture. Perché, si chiedeva, Dio ha permesso che questo gli accadesse? Quella notte, Dio gli mandò la prima di una serie di visioni, che rivelarono al prigioniero agonizzante che, poiché lui (Ogorodnikov) era lì in prigione, raccontando ai condannati a morte di Gesù, alcuni di quegli uomini – quelli che risposero all’appello della conversione – andarono incontro alla morte come credenti, e ora erano con Cristo in paradiso. Quelle rivelazioni fecero capire a Ogorodnikov l’opera nascosta dello Spirito, attraverso la sua sofferenza nel suo corpo.
Vi chiederete: Dio non avrebbe potuto fare questo in un altro modo? Perché ha dovuto mettere Ogorodnikov in prigione a soffrire per il bene di quei condannati a morte? Ebbene, tanto vale chiedersi perché Dio ha dovuto prendere la forma di un uomo e soffrire e morire per il bene di tutti noi. È un mistero che possiamo esplorare, ma che non possiamo comprendere appieno. Arriviamo a conoscere questo mistero non risolvendolo in modo logico, ma prendendolo nel nostro cuore, e vivendolo, sapendo per fede che Dio è presente, Dio è con noi, e non ci abbandonerà mai.
Dio ci è stato manifestato in chiesa la domenica per tutta la nostra vita – nell’annuncio della sua parola, alla presenza della comunione dei credenti e, per molti di noi, nell’Eucaristia. Ora questo ci è stato tolto per un periodo indefinito. Crediamo che anche Dio ci sia stato tolto? Che ci sia stata rubata la Sua parola? Che la comunione con gli altri nella Chiesa abbia cessato di esistere? Certo che no! Queste cose ora sono nascoste. Siamo nel deserto. Anche Dio è lì. “Apriamo gli occhi alla luce che viene da Dio”, dice san Benedetto, nel prologo della sua Regola. La luce è nascosta ora nelle tenebre, e nell’assenza. Questo è un mistero.
Non posso dirvi di più. Ma posso mostrarvi questo passaggio del film di Terrence Malick To The Wonder. La voce che sentite è quella di Javier Bardem; egli interpreta Padre Quintana, un sacerdote che sta avendo una profonda crisi di fede, e che cerca la presenza di Dio… e lo trova nel volto delle persone povere e sofferenti che serve.
(se il video non si carica fare il refresh di questa pagina o cliccare qui)
Di Sabino Paciolla
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