Il cattolicesimo rivisto e corretto dal giudaismo. Il ricatto della colpa dei cattolici e le trame segrete al Vaticano II? Dai “fratelli maggiori” del B’naï B’rith, alla Nostra aetate: la nascita della "Religione dei 6 Milioni"
di Francesco Lamendola
Il 28 ottobre 1965 vedeva la luce la Nostra aetate, uno dei più importanti documento del Concilio Vaticano II, sottotitolo: Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, recante la firma del pontefice Paolo VI. A esercitare un ruolo cruciale nell’ideazione e nella stesura di questo documento, per certi aspetti il più importante del Concilio – basti dire che il documento firmato da Bergoglio ad Abu Dhabi sulla ”fratellanza umana” il 4 febbraio 2019 è figlio diretto di esso – è stato il B’naï B’rith, la supermassoneria ebraica fondata negli Stati Uniti nel 1843, che conta attualmente circa 500.000 affiliati, in pratica l’intera élite ebraica internazionale, compresi, nel XX secolo, nomi come quelli di Freud e di Einstein.
Per tessere la sua tela intorno al Concilio, prima ancora della sua convocazione, fu designato lo storico Jules Isaac (1877-1963), fondatore delle Amicizie Ebraico-Cristiane, il quale riuscì a farsi ricevere, grazie alle sue altissime raccomandazioni, sia da Pio XII, sia da Giovanni XXIII, che lo ascoltò con particolare benevolenza mentre questi gli chiedeva, nientemeno, di modificare l’insegnamento della Chiesa cattolica nei confronti del giudaismo. Si trattava di presentare gli ebrei non più come quelli che hanno rifiutato la Nuova Alleanza, e ne restano perciò esclusi, ma come i “fratelli maggiori” del cristianesimo stesso: il quale ultimo deve riconoscere di avere delle responsabilità precise nell’antisemitismo, culminato nel tentativo di genocidio nazista durante la Seconda guerra mondiale. In tal senso fin dall’agosto del 1947 si era tenuta un’importante conferenza interreligiosa nella città svizzera di Seelisberg, nella quale lo stesso Isaac aveva presentato un documento redatto di suo pugno, col quale si richiedeva appunto alla Chiesa cattolica, e anche alle altre chiese cristiane separate da Roma, di offrire una riparazione per l’insegnamento finora impartito ai bambini mediante il catechismo, che, a suo dire, creava pregiudizio nei confronti degli ebrei e non si conciliava con la “vera” dottrina di Gesù Cristo, e si sottolineava l’appartenenza di Gesù all’ebraismo (cfr. i nostri articoli: Gesù ebreo? No grazie, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 20/09/10 e su quello dell’Accademia Nuova Italia il 29/01/18; Ebrei e cristiani: dalla stessa radice?, rispettivamente il 09/01/18 e il 04/01/18; e «Hanno ucciso Gesù e sono nemici di tutti gli uomini», per l’Accademia Nuova Italia il 04/08/19).
Il documento firmato da Bergoglio ad Abu Dhabi sulla ”fratellanza umana” il 4 febbraio 2019 è figlio diretto della Nostra aetate! L’eresia da lui apertamente predicata si limitata, in questo come in tanti altri casi, a sviluppare i germi dell’errore presenti nella Nostra aetate!
Incredibile ma vero, questa inaudita pretesa di un esponente di una religione di modificare la catechesi e la stessa dottrina di un’altra religione, ottenendo che questa si ponga in un atteggiamento contristo e penitenziale, quasi in ginocchio, per domandare scusa di torti del tutto indimostrati, non solo non ha suscitato le reazioni che ci si sarebbe dovuti aspettare da parte del papa e del clero cattolico, ma è stata accolta con favore e ha segnato una svolta decisiva nelle relazioni fra le due religioni, sancendo, da allora in poi, l’inequivocabile superiorità psicologica e morale del giudaismo rispetto al cristianesimo, e specialmente al cattolicesimo romano. Ciò è stato reso possibile anche dal fatto che Isaac aveva degli ottimi amici all’interno della gerarchia cattolica, in particolare quel cardinale Bea che, ebreo lui stesso di origine, mise con zelo i suoi buoni uffici affinché le richieste del documento di Seelisberg trovassero calorosa accoglienza presso i padri conciliari. Da quel momento, i cattolici hanno introiettato un senso di colpa al quale non era certo estraneo il disinvolto sfruttamento ideologico del genocidio subito dagli ebrei da parte dei nazisti: era la nascita della Religione dei Sei Milioni, di fronte alla quale la Chiesa cattolica, oltretutto gravata dalla vergogna dei presunti “silenzi” di Pio XII, doveva accettare di porsi in un perpetuo atteggiamento di contrizione ed espiazione.
Il cardinale Augustin Bea, qui nella foto con il rabbi Abraham Joshua Heschel durante il meeting del 1963 con la rappresentanza dell'American Jewish Committee, fu uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, impegnandosi in prima persona alla stesura della dichiarazione Nostra aetate.
Citiamo qualche passo dal libro di Emmanuel Ratier (1957-2015), Misteri e segreti del B’naï B’rith (titolo originale: Mystères e Secrets du B’naï B’rith. La plus importante organisation juive internationale, Paris, Facta, 1993; traduzione dal francese Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia, 1999, pp.104-108):
Nel 1947, con l’appoggio di personalità come padre Daniélou, Henri Marrou, l’abbé Vieillard, segretario dell’Episcopato ecc., Jules Isaac redasse una tesi in diciotto punti su “Riparazione dell’insegnamento cristiano riguardo a Israele”. Lo stesso anno partecipò a Seelisberg, in Svizzera, a un’importantissima conferenza internazionale nel corso della quale s’incontrarono settanta personalità religiose provenienti da diciannove paesi, tra cui il gran rabbino Jacob Kaplan (30 luglio 1947). In seduta plenaria, la conferenza adottò i “Dieci punti di Seelisberg” suggerendo alle chiese cristiane le misure da prendere per purificare l’insegnamento religioso riguardo agli ebrei. “Questa riunione era posta sotto l’evocazione del genocidio hitleriano di sei milioni di ebrei presente in tutti gli spiriti. Il lavoro della commissione religiosa, destinato a valutare la parte di responsabilità della Chiesa nella Shoah, si basava su proposte di Jules Isaac che doveva poi pubblicarle nel suo libri “Gesù e Israele”. La commissione lanciò un “Appello rivolto alle Chiese” che ricevette l’approvazione delle autorità religiose cristiane nonostante l’opposizione del R.P. Calixte Lopinot” (“Tribune juve” 10 luglio 1987). In effetti il comunicato finale indica che “è lo stesso Dio che parla a tutti nel Vecchio come nel Nuovo Testamento”, insistendo sul fatto che “Gesù è nato da una madre ebrea”. (…) Nel 1949 Isaac è ricevuto in udienza privata da Pio XII e sostiene la causa del giudaismo. Gli consegna i “Dodici punti di Seelisberg”. Nel 1959 Isaac è in contatto con diversi prelati della Curia romana, in particolare col cardinale Tisserand, il cardinale Ottaviani e soprattutto col cardinale Bea. Il 13 luglio 1960 è ricevuto da Giovanni XXIII, grazie all’intervento del presidente francese Vincent Auriol a sua volta sollecitato da Jean-Pierre Bloch che fin dal 1953 era un sostenitore di Isaac. All’incontro col Papa, Isaac è accompagnato da George Jacob e da Gaston Kahn, responsabile francese del B’naï B’rith” (J. P. Allalie H. Musicant, “Histoires extraordnaires de la L.I.C.R.A. (…)
Lo scopo del Concilo Vaticano II era quello di rivedere e correggere il cattolicesimo a misura del giudaismo, sfruttando l’emotività dei cattolici e i loro sensi di colpa per la Shoah, e fu pienamente raggiunto!
Isaac era chiaramente inviato dal B’naï B’rith come riconosce il Dr. Ernst Ludwig Ehrlich, direttore del distretto XIX dell’Organizzazione il quale insiste sul fatto che la sua organizzazione si augurava di influire, ed ha influito con tutto il suo peso, sullo svolgimento del Concilio: “Fin dall’inizio del Concilio, ci si è posto un problema capitale: sarà possibile fare delle catechesi e delle omelie qualcosa che non sia più fonte di pregiudizio verso gli ebrei dal momento che la catechesi cristiana, fatta in senso positivo e in una certa misura anche in senso negativo, è necessariamente legata ai Giudei e al Giudaismo (…). Ora noi desideriamo che ciò si faccia affinché le anime dei fanciulli non siano subito predisposte contro gli ebrei. È in questo senso che abbiamo operato dall’inizio del Concilio e se Jules Isaac si è recato da Giovanni XXIII è stato perché vi era una svolta decisiva nel pensiero tradizionale dei cristiani. Sotto diversi punti di vista ciò è stato fatto grazie al documento conciliare (…). Non vi è dubbio alcuno che questo documento sia di tale fatta da provocare profondi cambiamenti. (…) (Discorso al congresso del B’naï B’rith di Firenze, 1966).
L’inviato del B’naï B’rith, Isaac, domandò in effetti al papa la condanna dell’”insegnamento del disprezzo” e suggerì la creazione di una sottocommissione destinata a tale scopo. Il dossier conteneva un programma di revisione dell’insegnamento cristiano nei confronti di Israele, un esempio di mito teologico (la diaspora, castigo provvidenziale), estratti dal catechismo del Concilio di Trento intesi a mostrare che l’accusa di deicidio era contraria alla tradizione della Chiesa. La proposta fu consegnata, per essere studiata, al suo amico, il cardinale Bea. Quest’ultimo creò allora, in seno al Segretariato per l’unità dei cristiani, un gruppo di lavoro particolarmente incaricato di studiare i rapporti tra Israele e la Chiesa. I lavori terminarono al momento del Concilio. nell’evoluzione dei rapporti giudeo-cristiani, l’incontro tra Isaac e Giovanni XXIII è considerato basilare ed essenziale, almeno dal punto di vista giudaico; il 20 novembre 1964, l’Assemblea di vescovi, arcivescovi e cardinali del mondo intero, riuniti in concilio a Roma (terza sessione) votarono con 99 no, 651 sì e 242 sì con riserva lo schema concernente l’attitudine e la posizione della Chiesa cattolica nei confronti degli ebrei e del giudaismo, in seno alla “Dichiarazione sulle religioni non cristiane”. (…) Globalmente, il testo adottato, sotto l’apparenza dell’unità ecumenica, della riconciliazione delle Chiese e della carità cristiana, seppelliva duemila anni di pratica religiosa e, in buona parte, l’identità cristiana…
Il cardinale Augustin Bea ebreo lui stesso di origine, mise con zelo i suoi buoni uffici affinché le richieste del documento di Seelisberg trovassero calorosa accoglienza presso i padri conciliari!
Da parte nostra, avevamo già evidenziato la pressione decisiva esercitata sul Concilio dal giudaismo per mezzo del ‘B’naï B’rith, nel quadro di un più vasto disegno mirante a sfruttare l’effetto emotivo della rivelazione del genocidio nazista per colpevolizzare i cattolici riguardo alle loro presunte omissioni e addirittura complicità con i carnefici, ed esercitare così su di essi una sorta di ricatto morale (cfr. i nostri articoli: Come il B’nai B’rith ha infiltrato e condizionato il Concilio Vaticano II, e Un segnale di resa preciso e inconfondibile, pubblicati sul sito dell’Accademia Nuova Italia rispettivamente il 01/02/18 e il 17/06/18; e Il mito del “silenzio” di Pio XII fu creato per fare pressioni sulla Chiesa cattolica, sul sito di Arianna Editrice il 17/02/17 e su quello dell’Accademia Nuova Italia il 26/01/18).
Nella Nostra aetate, al § 4 si afferma testualmente:
Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.
La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.
Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili. La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della sua stirpe: « ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo la carne» (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.
Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne della Chiesa, e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il Vangelo di Cristo.(…) La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.
Il cattolicesimo rivisto e corretto dal giudaismo. Il ricatto della colpa dei cattolici e le trame segrete al Concilio Vaticano II? Da quel momento, i cattolici hanno introiettato un senso di colpa al quale non era certo estraneo il disinvolto sfruttamento ideologico del genocidio subito dagli ebrei da parte dei nazisti: era la nascita della Religione dei Sei Milioni, di fronte alla quale la Chiesa cattolica, oltretutto gravata dalla vergogna dei presunti “silenzi” di Pio XII, doveva accettare di porsi in un perpetuo atteggiamento di contrizione ed espiazione!
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