Vaticano II: religione dell’uomo
Capitolo IV
Una nuova religione ?
Una nuova religione ?
Si può affermare che il concilio Vaticano II ha instaurato una nuova religione?
La vera religione rende il culto a Dio Uno e Trino (fine) tramite Gesù Cristo (mezzo).
Vediamo quindi se il Vaticano II ha cambiato questo mezzo, così da stabilire un nuovo fine.
Per far questo, vedremo successivamente:
- il capovolgimento conciliare della Rivelazione e della Tradizione con le quali l’uomo deve accedere alla vera religione del vero Dio.
- la falsificazione radicale del vero Sacrificio, centro della religione.
- La gravissima diminuzione fatta dal Concilio dell’Uomo-Dio che offre questo Sacrificio.
In questo modo potremo trarre la conclusione che si impone: il Vaticano II è esattamente una nuova religione: l’idolatria dell’uomo.- la falsificazione radicale del vero Sacrificio, centro della religione.
- La gravissima diminuzione fatta dal Concilio dell’Uomo-Dio che offre questo Sacrificio.
Rivelazione e Tradizione secondo il Concilio
La vera religione cattolica comincia per ogni uomo con l’adesione della sua intelligenza alla fede. Egli deve credere, anche prima di essere battezzato.
Qual è l’oggetto della sua fede? Dei misteri che superano la sua intelligenza, ma che sono rivelati soprannaturalmente da Dio. Dunque, la Rivelazione divina e soprannaturale si situa alla soglia stessa della vera religione.
Consideriamo dunque come il Vaticano II falsifichi la Rivelazione, dapprima in se stessa, poi nella sua continuazione con la Tradizione cattolica, infine nei mezzi per trasmetterla che sono la Fede, la Sacra Scrittura e il Magistero.
In conclusione, vedremo che la vera religione e la vera Chiesa si dissolvono in un carismatismo idolatra.
La Rivelazione «con la parola» e non con le parole
- Oggetto
Dal momento in cui il Concilio ha accettato il soggettivismo moderno, che nega ogni conoscenza umana dell’essenza oggettiva delle cose reali, la Rivelazione non potrà più avere per oggetto una dottrina, né dei dogmi espressi in forma oggettiva da questa conoscenza. La Rivelazione sarà solo più una esperienza soggettiva e diretta dei misteri divini, inesprimibile con parole umane.
- Mezzo
Secondo il Concilio, come avrà luogo questa Rivelazione?
Dei Verbum ci risponde che Gesù non si è rivelato con parole umane, ma essendo Lui stesso la Parola o il Verbo divino. In altre parole: Egli non ha svelato la Rivelazione, Egli è la Rivelazione, il segno efficace del mistero divino, dunque: sacramento di Dio.
In questo modo, il Concilio intende evitare il soggettivismo a oltranza, perché questo mistero è in se stesso oggettivo. Siamo di fronte al fatto che il Concilio rimpiazza il mezzo classico per raggiungere questo mistero con l’esperienza diretta e soggettiva del mistero rivelato. Ormai, ciò che so di Dio è quello che sento. E se non sento niente?
La Tradizione vivente
- TradizioneLa Tradizione assicura la continuità della Rivelazione lungo i secoli. Se ormai la Rivelazione non è più ricevuta con la proposizione oggettiva del mistero, ma solo per esperienza diretta della sua presenza nel sacramento, ne consegue che la stessa Tradizione non potrà più trasmettersi con delle parole umane presentate in dogmi o simboli, ma solo col prolungamento del sacramento rivelatore.
Ora, come Cristo è sacramento di Dio, così la Chiesa di Cristo (non limitata alla Chiesa cattolica) è sacramento di Cristo. E’ dunque con la mia esperienza sentita di questa Chiesa che la Tradizione mi rivelerà Dio e il Suo Cristo attraverso la presenza continua del loro mistero nel segno efficace che è questa Chiesa.
Questa nozione della «Tradizione» capovolge da cima a fondo tutte le nozioni cattoliche che scaturiscono dalla Rivelazione e dalla Tradizione.
- Tradizione vivente
Questa nuova nozione viene detta Tradizione vivente, come se la Tradizione cattolica fosse cosa morta perché immobile, immutabile. Ma Dio stesso è perfettamente immutabile, e tuttavia è vivente, perché possedendo ogni perfezione, Egli non ha alcunché da acquisire muovendosi. Del pari, la vera Tradizione non ha bisogno di muoversi, ma solo di essere esplicitata dal Magistero e meglio approfondita dai fedeli.
Per contro, la Tradizione del Vaticano II è «vivente», innanzi tutto perché segnala direttamente una presenza vivente, poi perché chi la trasmette, la Chiesa, deve essere costantemente in movimento per annunciare a tutti gli uomini di tutte le culture e le epoche il mistero di Dio.
Ne consegue che la Chiesa ha, non solo il diritto, ma anche il dovere di cambiare costantemente la sua predicazione, la sua organizzazione, la sua liturgia, i suoi costumi, ecc.
Fede. Scrittura e Magistero
- La FEDE permette di interpretare il sacramento per sperimentare il mistero. In rapporto a Dio, la fede è esperienza. L’interpretazione si ottiene con la comunione vitale, perché è solo «vivendo con» che si può comprendere cosa significhi una comunità. I concetti che cercano di esprimere questa esperienza vengono solo dopo.
Qui si ritrova un errore condannato dalla Pascendi.
- La SACRA SCRITTURA è l’espressione scritta dell’esperienza fondante della prima comunità cristiana. Ogni esperienza comunitaria successiva vi si deve conformare per assicurare la continuità diacronica (lungo il tempo) del Popolo di Dio.
Come? Dio solo lo sa!
- Secondo il Concilio, la funzione del Magistero è assolta della COMUNIONE ecclesiastica. Questa conserva, trasmette ed interpreta il deposito rivelato, che non è una dottrina, ma una Presenza. La gerarchia serve all’unificazione delle esperienze per mezzo del dialogo.
Il solo eretico è lo scismatico, perché non pensa «in comunione».
- Noi credevamo che l’organo della Tradizione fosse il Magistero, ma il Concilio sostiene che è L’ASSEMBLEA CULTUALE, in cui si trova principalmente il segno di comunità e in cui si dà la Rivelazione; per questa ragione, l’organo per eccellenza della Tradizione sarà la liturgia. Da qui la necessità dell’inculturazione.
Conclusione
La nuova nozione di Rivelazione proposta dal Concilio dissolve i quadri dogmatici e disciplinari della vita cristiana e conduce ad una Chiesa carismatica; cosa che è notoria da quarant’anni.
Il mistero pasquale
La nouvelle théologie ha fornito al Concilio una reinterpretazione positiva della Redenzione, purgandola dalla negatività del Sacrificio di Cristo, odiato dall’umanesimo.
Questa nuova Redenzione è stata chiamata mistero pasquale (3) e ricentra tutto sulla resurrezione positiva.
L’abolizione della croce
- Il peccato non implica più un debito verso Dio
In realtà, il Sacrificio della Croce è stato la soddisfazione resa necessaria dal peccato. Per scartare la croce, l’umanesimo deve negare che il peccato ha reso l’uomo debitore verso Dio; è questo gli è facile, poiché, essendo Dio immutabile, nulla Gli viene tolto dal peccato.
- La salvezza non è un’opera di giustizia, ma d’amore
Non vi è più debito nei confronti di Dio, poiché il peccato non richiede più alcuna soddisfazione. Cristo è morto per solidarietà con gli uomini. La salvezza è un’opera della misericordia e non della giustizia di Dio. Del pari, tra gli uomini deve regnare una fraternità universale che non distingue i giusti dai peccatori.
Amore perverso, indifferente al bene e al male e corrispondente alla fraternità massonica.
- Il Salvatore non è Gesù Cristo, ma Dio Padre
Come non vi è soddisfazione dovuta al peccato, ma solo un semplice perdono, così non è più Gesù Cristo ad essere il Salvatore, ma Dio Padre (GS 22).
- La salvezza non si compie per mezzo della Morte, ma per mezzo della gloriosa Resurrezione
La nouvelle théologie rimpiazza il mistero della Croce col mistero pasquale, in cui la Pasqua è vista solo come un «passaggio» alla gloria della Resurrezione.
Geniale giuoco delle tre carte realizzato con l’inversione antropocentrica: il mistero della Croce è l’opera dell’uomo in Gesù Cristo per la glorificazione di Dio, mentre invece il mistero pasquale è l’opera di Dio in Gesù Cristo per la glorificazione dell’uomo.
La liturgia del fariseo
La nuova Messa non è più un sacrificio di propiziazione, perché l’umanesimo non si sente in debito con Dio. Essa non è neanche un culto di adorazione, poiché l’oggetto del culto è la stessa assemblea liturgica in cui è reso presente il Kyrios, il Signore di gloria. Glorificando l’uomo si glorifica Dio, poiché nell’uomo liberato brilla l’immagine di Dio, dato che la libertà è ciò che vi è di divino nell’uomo.
La nuova liturgia è una liturgia farisaica, in cui il pregare per ottenere (impetrazione) non ha più il suo posto (Lc. XVIII, 11); piuttosto, è Dio che dovrebbe ringraziare l’uomo!
Il mistero pasquale al Concilio
Nella Costituzione conciliare sulla liturgia, Sacrosanctum concilium, la dottrina del mistero pasquale è annunciata, ma senza essere sviluppata. Ma essa sarà più tardi l’anima della riforma liturgica.
Gesù Cristo, l’uomo perfetto
La fede cattolica insegna che il Figlio di Dio si è fatto uomo perché l’uomo divenga figlio di Dio. Ma l’umanesimo inverte l’affermazione: poiché l’uomo è tanto più divino in quanto è più umano; il Figlio di Dio si sarebbe fatto uomo affinché l’uomo diventasse vero uomo.
Così:
- il Concilio presenterà Gesù Cristo come l’uomo perfetto venuto ad umanizzare l’umanità;
- i documenti conciliari fanno aleggiare un dubbio sulla Sua divinità.
Gesù Cristo, uomo perfetto
Gaudium et spes definisce Cristo come «l’Uomo perfetto» (GS 22) e stabilisce come finalità dell’Incarnazione: «[lo svelare] l’uomo a se stesso»; poi, a guisa di mezzo, collega l’Incarnazione alla natura umana: «Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo».
Uniti «quodammodo» a Cristo, tutti gli uomini sono stati «mirabilmente elevati» in «intelligenza, volontà, coscienza e fraternità» (GS 61).
Dal momento che la Costituzione non distingue l’ordine naturale dall’ordine soprannaturale, vedendo nella stessa natura umana l’immagine di Dio, essa immagina che Cristo elevi l’uomo alla perfezione umana. Per giungere a questo occorreva un Uomo perfetto: Cristo incarnato.
Gesù Cristo, dio imperfetto
- L’omissione della professione di fede nella divinità di Gesù Cristo
La divinità di Nostro Signore Gesù Cristo è esplicitamente richiamata solo due volte dal Concilio (UR 20 e Ad gentes 3), in entrambe le volte di sfuggita e all’interno di contesti in cui non è esclusa l’interpretazione impropria dell’affermazione «Cristo è Dio».
Data l’abbondanza dei documenti conciliari, questa omissione è quantomeno sospetta.
- Un’aria di nestorianesimo
Gesù Cristo è costantemente distinto da Dio come si trattasse di due soggetti diversi (Dio [opera] in Cristo). Questa tendenza si prolunga nel magistero successivo e si accentua in maniera preoccupante nei documenti della Commissione Teologica Internazionale.
Questo errore nestoriano si trova anche implicato nella nozione di «Cristo, sacramento di Dio»
- Un’aria di arianesimo
Nei documenti del Concilio e in quelli del magistero successivo, «Dio» è detto simpliciter del Padre, ma non allo stesso modo del Figlio e dello Spirito Santo. Si dice «Dio Padre», ma mai «Dio Figlio» né «Dio Spirito Santo». Le capriole continuamente effettuate per evitare di affermare che il Figlio è Dio, emanano un odore di arianesimo.
Ma la realtà di queste deviazioni nestoriane ed ariane non può essere dimostrata a causa dell’ambiguità e dell’opportunismo del linguaggio conciliare, pronto ad adottare delle espressioni più o meno tradizionali in funzione del grado di cattolicità dei destinatarii.
La religione dell’uomo
Il bene supremo: la dignità umana
- L’uomo come fine
Il Concilio ha ricercato la «promozione dell’uomo» (Paolo VI) come fine in se stesso. Non si tratta dell’uomo cattolico, poiché l’ecumenismo trova della dignità in tutte le religioni; né dell’uomo onesto, poiché il peccato è divenuto qualcosa di più o meno indifferente; si tratta dell’uomo in quanto tale, poiché la condizione umana possiederebbe in se stessa la dignità. E questa finalità non è transitoria, né invocata con una sorta di strategia apologetica, poiché la Chiesa conciliare ha già più di cinquant’anni. E neanche si tratta di un’esagerazione verbale passeggera, poiché tutte le riforme successive confermano questa vera e propria finalità.
- Dio subordinato all’uomo
L’egocentrismo conciliare vuole mettere l’universo e il Creatore al suo servizio, e per giustificare dottrinalmente questa inversione antropocentrica, basta considerare Dio come un artista umano. Questi si realizza, si perfeziona nella sua opera d’arte, la quale, in una certa maniera, lo supera, poiché essa partecipa all’Idea esemplare di Dio.
Così, l’umanesimo conciliare vuole considerare il Creatore che si realizza, si perfeziona nell’uomo, immagine ideale nella quale Dio si supera. A questo punto, Dio può sparire, poiché l’uomo è il meglio di Dio. Per questa ragione, Paolo VI non vede opposizione tra il suo umanesimo e l’umanesimo ateo.
- La libertà come valore supremo
La coerenza di un tale sofisma esige che il valore supremo non sia né l’Essere, né la Verità, né il Bene, ma la LIBERTA’. Il che comporta due conseguenze:
1. Dio non sarebbe perfetto per il Suo Essere necessario, ma per la creazione, Suo unico atto libero.
2. Dio si supera nella sua immagine, perché se la libertà è il valore supremo, essa non deve essere subordinata al bene, alla verità, all’essere; e solo l’uomo raggiunge la perfetta libertà di scegliere il male, l’errore e il niente. Ed è qui che si rivela l’aspetto satanico dell’umanesimo: Dio invidierebbe la libertà che possiede la Sua creatura al punto di dirle: «non seviam».
2. Dio si supera nella sua immagine, perché se la libertà è il valore supremo, essa non deve essere subordinata al bene, alla verità, all’essere; e solo l’uomo raggiunge la perfetta libertà di scegliere il male, l’errore e il niente. Ed è qui che si rivela l’aspetto satanico dell’umanesimo: Dio invidierebbe la libertà che possiede la Sua creatura al punto di dirle: «non seviam».
L’idolatria dell’uomo
Ogni valore supremo, vero o apparente, irradia ogni cosa e tende a costituirsi quale oggetto di culto e a formare una religione. E’ così che Nostro Signore Gesù Cristo è il nostro bene supremo e la nostra religione si chiama cristiana. Il Concilio ha proposto come nuovo fine ultimo «l’Umano», inteso come la «Libertà» in tutte le sue forme che sussiste nell’«Uomo». Questo nuovo valore ha irradiato ogni cosa: la grazia non è più una partecipazione alla natura divina, ma la liberatrice della natura umana; Gesù Cristo non è l’Uomo-Dio che ci divinizza, ma l’uomo-Uomo che ci umanizza; La Santa Messa non è più il Sacrificio reso dall’uomo alla gloria di Dio, ma il riconoscimento della gloria dell’uomo da parte di Dio.
In breve, il concilio Vaticano II ha sostituito la religione cristiana con una nuova religione: la religione dell’Uomo. E siccome esso ammette che l’uomo è solo l’immagine di Dio, si deve riconoscere che esso ha instaurato una nuova idolatria.
Mistero d’iniquità
La dottrina di questa nuova religione è assurda. Essa non può bastare a spiegare che migliaia di vescovi riuniti in un concilio cantino le glorie dell’Umanità, mentre quest’ultima sprofonda a vista d’occhio nell’abisso. Bisogna quindi cercare oltre.
- Nella sua origine, in cui bisogna vedere l’opera di Satana che cerca di recuperare il Regno che la Croce di Gesù gli ha fatto perdere.
- Nell’influenza massiccia che essa ha esercitato sui fedeli del mondo intero, e in cui la televisione e i media hanno svolto una parte importante.
- Nei dirigenti, appartenenti alla élite modernista, perfidi e contemporaneamente ingannati dalla nouvelle théologie.
- Nel collegamento occulto fra questi dirigenti e Satana: collegamento massonico, già denunciato dai papi, e senza il quale una soperchieria così assurda e universale come questa del Vaticano II sarebbe inesplicabile (4).
- Nell’influenza massiccia che essa ha esercitato sui fedeli del mondo intero, e in cui la televisione e i media hanno svolto una parte importante.
- Nei dirigenti, appartenenti alla élite modernista, perfidi e contemporaneamente ingannati dalla nouvelle théologie.
- Nel collegamento occulto fra questi dirigenti e Satana: collegamento massonico, già denunciato dai papi, e senza il quale una soperchieria così assurda e universale come questa del Vaticano II sarebbe inesplicabile (4).
di Mons. Richard Williamson
NOTE
1 – DON ALVARO MARTIN CALDERÓN, Questioni disputate sul magistero conciliare, in quattro articoli: (1) «Un dilemma: Si può criticare il Vaticano II senza erigersi a giudici del Magistero? (Le Sel de terre, n° 47); (II) Il magistero conciliare può essere messo in questione? (n° 55); (III) Il magistero conciliare ha qualche grado di autorità? (n° 60); (IV) L’infallibilità delle canonizzazioni e delle leggi universali (n° 72). Si veda anche in Le Sel de la terre n° 63 (pp. 47-58), la risposta dell’autore alle critiche e alle obiezioni di Don Bernard Lucien – Don Calderón è professore di filosofia e teologia al seminario della Fraternità San Pio X di La Reja, in Argentina.
2 – Il libro di Don Alvaro Martin Calderón, ultimato il 17 gennaio 2010, è stato stampato a Buenos Aires (Ediciones Oeste) nel marzo 2010; esso è composto di 324 pagine.
3 - Si veda l’opera collettiva: Il problema della riforma liturgica, Edizioni Piane, Albano Laziale
https://edizionipiane.it/prodotto/il-problema-della-riforma-liturgica/
4 - Si veda Mons. Henri Delassaus, Il problema dell’ora presente, Ed. Effedieffe,
https://www.effedieffeshop.com/product.php~idx~~~1894~~
Il+problema+dell_ora+presente+_vol_+I~.html
L'articolo verrà pubblicato in 4 parti, corrispondenti ai 4 capitoli che lo compongono.
Presentazione di Le Sel de la terre
Don Alvaro Calderón (FSSPX), che ha già scritto diversi articoli per Le Sel de la terre, fra cui uno molto notevole: Questioni disputate sul magistero conciliare (1), ha pubblicato nel 2010 a Buenos Aires, uno studio sui principii guida e la coerenza interna del concilio Vaticano II.
Intitolato in modo chiaro: Prometeo, La religión del hombre. Ensayo de una ermenuéutica del conclio Vaticano II (Prometeo, La religione dell’uomo. Saggio di ermeneutica del concilio Vaticano II), questo studio non si accontenta di recensire e di analizzare i diversi punti di rottura del magistero conciliare con la tradizione cattolica. Esso mostra in maniera impressionante la logica che tiene insieme queste novità in un tutto coerente e che costituisce veramente una nuova religione, erede della rivoluzione umanista e del «cattolicesimo liberale», ma dotata di una fisionomia e di caratteristiche proprie.
Uno studio di questa qualità non potrà mancare di essere tradotto e pubblicato in francese. Ma poiché questa edizione si fa attendere già da dieci anni, noi siamo felici di offrire ai nostri lettori il riassunto dettagliato che Mons. Williamson ha voluto fare di quest’opera magistrale (2).
Noi lo ringraziamo per averci voluto affidare questo lavoro.
Capitolo I - Cosa fu il Vaticano II
Capitolo II - L'uomo nuovo
Capitolo III - La nuova Chiesa
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3414_Williamson_Vaticano_II_Religione_dell-uomo_Cap_IV.html
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