GREEN APOSTASY O DELLA RESTAURAZIONE DEL PAGANESIMO
Uno dei pochi vantaggi della segregazione impostaci dalla pandemia è che ciascuno di noi si trova a disporre di molto tempo, da impiegare auspicabilmente per pregare, meditare, fare buone letture e conversare con le persone care. Il Lettore avrà quindi la bontà di seguire questa mia riflessione accordandomi la sua attenzione, perché credo che l’argomento sia molto importante.
Recordare, Virgo Mater Dei, dum steteris in conspectu Domini,
ut loquaris pro nobis bona et avertat indignationem suam a nobis.
Offertorio, Sette Dolori della B.V. Maria
Molti commentatori manifestano una grande preoccupazione per quel che accade in seno alla Chiesa da quando, il 13 Marzo 2013, una congiura ordita dai suoi nemici è riuscita ad imporre Jorge Mario Bergoglio dopo aver costretto Benedetto XVI alle dimissioni. L’opera della Mafia di San Gallo è stata ammessa dai suoi stessi componenti, evidentemente troppo sicuri del proprio successo per temere che questa confessione potesse pregiudicare i loro piani. Né si può dire che Bergoglio non abbia dato prova di essere perfettamente in linea con l’agenda mondialista, al punto da giungere quasi a precorrere i desiderata dei suoi mandanti. Non credo sia necessario stendere un elenco degli orrori cui stiamo assistendo, ultimo dei quali in ordine di tempo è consistito dell’abolizione - rectius, espunzione - dei titoli del Papa dall’Annuario Pontificio; sdegnoso atto con il quale Jorge Mario ha preso le distanze dal Papato cattolico e si è palesato - per chi ancora non l’avesse capito - come Deo et legibus solutus.
I numerosi interventi critici sull’operato del Sedicente - l’unico titolo che, a questo punto, davvero gli si confaccia - vertono quasi sempre su un’analisi dei suoi fumosi discorsi, del contenuto delle sue estemporanee omelie, dei discutibili atti ufficiali e non ai quali egli appone l’augusto chirografo, dei suoi gesti scomposti, dei suoi significativi silenzi e ammiccamenti, degli sconcertanti aneddoti che filtrano da Santa Marta. Questa mole di elementi viene sezionata, analizzata e commentata con un unico, sconsolante risultato: confermare l’intrinseca iniquità di qualsiasi cosa faccia Bergoglio, direttamente o per il tramite dei suoi cortigiani.
La prova ci viene da due fonti: anzitutto dagli “amici” di Bergoglio, sempre entusiasti ex omni verbo quod procedit de ore ejus. Non allo stesso modo agivano gli odierni corifei del Sedicente, quando sul Soglio siedeva Giovanni Paolo II, specialmente se parlava di morale coniugale o dell’impossibilità di conferire gli Ordini alle donne; o Benedetto XVI, non fosse che per il vituperato Motu Proprio Summorum Pontificum. L’altra fonte è il sempre più condiviso disappunto di tanti Prelati, teologi ed intellettuali; le loro perplessità - peraltro espresse in termini molto pacati e spesso accompagnate da accalorate proteste di “amore alla Sede di Pietro” e da stucchevoli attestazioni di fedeltà conciliare - nonostante appunto la loro relativa compostezza dinanzi alle enormità di Bergoglio, suscitano le ire furibonde dei difensori d’ufficio, dimentichi delle volgari e scomposte aggressioni di cui fecero oggetto il Predecessore.
Penso nondimeno che accumulare faldoni di prove circostanziali e dubia permetta di dimostrare l’eresia dolosamente sottaciuta in questo o quel documento, l’inopportunità di quella proskynesis al galeotto e l’irriverenza dello star seduto coram Sanctissimo; ma la somma di singole colpe lascia solo intravvedere per deduzione una mens, mentre è proprio questa intenzione generale che deve essere analizzata, senza parcellizzare l’attenzione ai singoli casi. E si deve avere l’onestà intellettuale di non considerare Bergoglio come uno sfortunato incidente di percorso lungo la via trionfale del Concilio, bensì come espressione coerente ed organica di un processo iniziato sin dal Pontificato di Giovanni XXIII.
Se si ha chiara la natura del processo, si vedrà che la fase presente assume una sua ben precisa connotazione tanto nel mosaico complessivo quanto nelle singole tessere che lo costituiscono. E si troverà conferma, purtroppo, che anche le più sconclusionate omelie di Santa Marta manifestano una ratio, facendo emergere dietro un’apparente sciatteria improvvisatrice una volontà perversa ed un’intelligenza lucidissima.
E qui viene la parte importante. La chiave di lettura degli eventi dev’essere individuata nel processo di restaurazione del paganesimo, dopo il trionfo della Cristianità sugli idoli. Mi spiego meglio. Il demonio si è visto esautorato nella sua signoria sui pagani conquistata dalla caduta di Adamo fino alla venuta di Cristo; il Principe di questo mondo è stato sconfitto da Cristo Re, e dalla servitù del peccato i singoli e le nazioni sono stati riscattati sotto il giogo soave del Rex pacificus. Ma questa vittoria sulle tenebre del paganesimo e dell’immoralità si è combattuta nella persuasione che la Verità non tollera l’Errore, che il Bene non ammette la coesistenza col Male, che la Virtù non può cedere diritti al Vizio. Compendio visibile di questa militia - nel senso latino dell’esercizio ordinato di un servizio in armi - fu la distruzione degli idoli infernali, la conversione dei templi pagani in basiliche cristiane, l’abolizione delle superstizioni, sostituite dalla pietà e dalla devozione, la riforma dei costumi sulla corruzione. Una inimicizia biblica, di cui è modello la Vergine Santissima che schiaccia il capo dell’antico Serpente. Non dimentichiamo che l’odio verso il Male risponde non solo ad un dovere sacro di Giustizia, ma anche ad un principio soprannaturale di vera Carità, perché non è possibile amare il Bene senza detestare il Male che ad esso si oppone.
La Chiesa, ad immagine della sua Augusta Patrona, non è mai scesa a compromessi col Male, proprio perché nella sua saggezza e forte dei precdetti della Sacra Scrittura è conscia che nemmeno le potenze infernali accettano la sconfitta, né si rassegnano a non attaccare i singoli e le società, pur sapendo che la vittoria finale appartiene ontologicamente a Cristo: ego vici mundum. Questa ostilità è inevitabile e non può conoscere tregua né compromessi, perché obbedisce alla natura stessa di Dio ed alla natura irrimediabilmente decaduta dell’avversario, che dal Non serviam odia il suo Creatore e Vincitore. Lo odia per l’eternità, con tutte le sue forze.
Questa secolare guerra di Satana contro la Chiesa di Cristo ha conosciuto una particolare recrudescenza nel momento in cui, con un piano davvero diabolico, i suoi servi sono riusciti ad infiltrarsi all’interno della Cittadella, per ascendere con malizia fino ai vertici della Gerarchia. Un’opera infernale preannunciata e voluta dalla Massoneria, che fin dalla sua fondazione ha avuto come proprio scopo quello che l’empio Voltaire compendiava nel motto «Écrasez l’infame». Ma mentre le Nazioni cristiane erano già assediate dall’azione demolitrice delle Logge sin dalla Rivoluzione Francese, l’assedio della Chiesa riuscì con il Vaticano II, che ghigliottinò in effigie l’ancien régime grazie a congiurati astutissimi.
Cosa si propone Satana? La restaurazione del suo regno, per preparare l’avvento dell’Anticristo. Un regno infernale, peggiore di quello ch’egli era riuscito a costruirsi prima della venuta del Salvatore. Un regno in cui l’idolatria, la superstizione, la corruzione dei costumi e l’ingiustizia siano ripristinati nella loro gloria; dove la fedeltà al vero Dio, il culto della divina Maestà e la santità di vita siano banditi, perseguiti dalla legge, considerati come una forma di sedizione e di insubordinazione all’Autorità religiosa e civile. Con questa differenza, però: che mentre il paganesimo antico nasceva dall’ignoranza della Verità rivelata o dalle sue perdute tracce, il neopoaganesimo sorge da una deliberata apostasia.
All’inizio dell’era cristiana i Martiri erano mandati a morte con l’accusa di empietà e lesa maestà. E per quale motivo i Cristiani erano considerati nemici di Cesare, ossia dell’Autorità Imperiale? Perché essi non accettavano il pantheon pagano, non potevano tollerare di essere una tra le tante opzioni cultuali che si offriva ai cittadini romani, né di dover riconoscere nell’Imperatore una divinità cui bruciare incenso, da affiancare al vero Dio. Non erano, insomma, ecumenici.
Oggi, da ormai settant’anni, assistiamo al procedimento inverso. Da una Chiesa che si poneva come unica arca di salvezza e che estendeva la propria missione salvifica convertendo il mondo intero, siamo progressivamente passati ad una chiesa che si rende imbelle dinanzi al Comunismo ateo, rinunziando a condannare quello che i Papi fino ad allora avevano giustamente denunciato come il braccio secolare di Satana e giungendo oggi a stipulare un patto con la dittatura cinese; poi questa chiesa si è fatta dialogante con gli scismatici d’Oriente e gli eretici Protestanti, contro i moniti dei Predecessori; in seguito ha chiamato alla preghiera comune anche la Sinagoga, l’Islam e le altre religioni monoteiste, con l’incontro di Assisi; infine è giunta a celebrare, in nome di una presunta valorizzazione delle tradizioni ancestrali, i culti pagani di idoli infernali. Un gradino alla volta, essa ha pregiudicato l’unità alla Sede di Pietro con l’accoglienza degli scismatici; la fedeltà a Cristo con l’accettazione degli eretici; l’adorazione della Santissima Trinità con la legittimazione di un generico monoteismo e la stessa esistenza di un Dio unico e personale con l’adorazione degli idoli e della natura. Un processo coerente dal quale si manifesta una mens che eccede i limiti umani, con un fine ben preciso: la restaurazione del regno del Male.
E come dopo l’Editto di Costantino fu inevitabile giungere alla distruzione degli idoli, alla soppressione dei culti pagani, alla chiusura della Scuola di Atene; così si rende necessario a chi vuole ripristinare il paganesimo vietare la predicazione e l’insegnamento cattolico, abolire la vera Messa e la liturgia tradizionale e interdire il Sacerdozio istituito da Cristo. E questo non avviene per opera dell’Autorità civile, ma con l’usurpazione dell’autorità di una Gerarchia traditrice.
Nel pensiero bergogliano secondo cui il mondo, la natura, la gioventù [sic] sono eretti assurdamente a luogo teologico, il precipizio verso l’abisso si spalanca ineluttabilmente: la regola della Fede e della Morale è spostata da un riferimento immutabile e divino a un’apparenza mutevole e fluida. Poco importa che la setta infeudata in Vaticano rivendichi a sé i copyright del marchio “Chiesa Cattolica”: essa non lo è più, quantomeno nei suoi più alti vertici. Quanti tra i Principi della Chiesa e i Prelati assistono attoniti e impotenti, continuano a deplorare i singoli episodi, senza voler comprendere che essi fanno parte di un unicum infernale iniziato col Concilio Vaticano II. Negare ciò significa rendersi complici della congiura e - cosa ancor più grave - dei suoi effetti devastanti nei confronti di Dio e delle anime.
Arriverà un giorno in cui i buoni Pastori e quanti sono fedeli alla Tradizione - ossia i Cattolici veri, le vere membra del Corpo Mistico - si troveranno scacciati, additati come nemici dell’unità della neochiesa, seminatori di scismi, odiatori dell’umanità e colpevoli di empietà per non volersi prostrare dinanzi alla pachamama. I traditori di Cristo ci diranno che, se solo accettiamo di bruciare un grano d’incenso all’idolo, potremo continuare a dire le nostre Messe in latino e a cantare i nostri salmi in gregoriano. L’ostracismo non si fermerà a chi conserva la vera Fede: esso si estenderà anche al Dio Trino, espulso dal pantheon ecumenico perché considerato rigido e dogmatico, inconciliabile con le divinità buone e compassionevoli già accolte in Vaticano. Non dimentichiamo che il concetto ereticale di un Dio vendicativo e assetato di sangue dell’Antico Testamento cui si contrapporrebbe un Dio misericordioso del Nuovo Testamento è ampiamente condiviso dalla setta conciliare. Nostro Signore diverrà un simbolo, un uomo profetico, e la Sua Santissima Madre sarà assimilata alla Madre Terra che genera un’umanità redenta dal rispetto per l’ambiente.
«La Madonna non ha voluto togliere a Gesù alcun titolo; ha ricevuto il dono di essere Madre di Lui e il dovere di accompagnare noi come Madre, di essere nostra Madre. Non ha chiesto per sé di essere una quasi-redentrice o una corredentrice: no. Il Redentore è uno solo e questo titolo non si raddoppia. Soltanto discepola e Madre. E così, come Madre noi dobbiamo pensarla, dobbiamo cercarla, dobbiamo pregarla. È la Madre. Nella Chiesa Madre. Nella maternità della Madonna vediamo la maternità della Chiesa che riceve tutti, buoni e cattivi: tutti» (omelia di Jorge Mario Bergoglio nella festa dei Sette Dolori di Maria Santissima, qui).
Un Cattolico - e a maggior ragione un sacerdote - che sente parlare con tanta vergognosa impudenza dell’Immacolata Corredentrice non si stupirà se l’ira del Cielo si scatena su una pseudo-chiesa che bestemmia la Madre di Dio. In riparazione di queste empie parole, facciamo nostra la voce della Chiesa nella festa dell’Addolorata: «Ricordati, Vergine Madre di Dio, quando starai dinanzi al Signore, di intercedere per noi perché distolga la Sua indignazione nei nostri confronti».
Sia chiaro: non parlo della fine dei tempi, ma di un futuro prossimo che ogni giorno si avvicina e scopre sempre di più il suo vero volto. Siamo ancora in tempo per fermare questa corsa verso l’abisso, rifiutando con sdegno e fortezza ogni compromesso con chi vuole imporci come inevitabile una resa incondizionata al Male, quando sappiamo e crediamo che Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera.
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