MESSE NEGATE
Avvenire inneggia all'assassinio della liturgia
I vescovi sardi che rifiutano di riprendere le Messe con popolo? Bravi. E ottimo anche l'accordo - tuttora segreto - tra Stato e Chiesa sulla ripresa delle Messe anche se significa ritardare ancora di altre settimane. Motivo? Ce lo spiega Lutero. Così il quotidiano dei vescovi italiani ci porta verso un nuovo culto.
Messe senza popolo
«Due buone notizie»: così inizia l’articolo («Spiragli verso un autentico culto») di Giuseppe Lorizio, Ordinario di Teologia Fondamentale alla Lateranense, pubblicato ieri, 5 maggio, da Avvenire. Meraviglioso. Fantastico. Finalmente qualche buona nuova.
«La prima è la posizione cortese, chiara e decisa dei vescovi sardi sulla posizione del governatore della Regione circa l’apertura delle Messe ai fedeli in tempo di pandemia. In sostanza, hanno detto: “Decidiamo noi, e non siamo stati neppure consultati”». A leggerla così, sembrerebbe davvero la notizia tanto attesa: dei vescovi hanno preso posizione per rispristinare le Messe con il popolo di fronte all’illegittima invadenza dell’autorità civile. E invece... sorpresa! E’ esattamente il contrario.
Il governatore della Sardegna, Christian Solinas, nel suo programma di riapertura, ha pensato di inserire anche la Chiesa, raccogliendo quella richiesta dei fedeli che da mesi sono ingiustamente privati della Celebrazione Eucaristica. Ma ai vescovi non è piaciuta la cosa: si sono piccati di non essere stati consultati. Dunque, se il Governo non ti consulta e decide che tu delle Messe con 15 persone senza il morto non le puoi fare, se il Governo ti impone il suo niet, valicando abbondantemente le sue competenze, allora va benissimo. Se invece il Governatore, all’interno di competenze che gli sono proprie, mostra che una cerimonia religiosa non corrisponde ad una funzione religiosa, allora i vescovi si piccano perché non sono stati coinvolti.
E perché mai Solinas avrebbe dovuto coinvolgerli? Il Governatore sardo ha semplicemente rilevato (vedi qui) che «esiste nell'ordinamento giuridico italiano una netta distinzione tra cerimonia, funzione e pratica religiosa», e sulla base di questa distinzione giuridica «autorizziamo nel territorio regionale lo svolgimento delle funzioni eucaristiche ordinarie», purché si osservino le norme di distanziamento sociale.
Solinas ha preso le chiavi del diritto e ha aperto le manette che tenevano illegittimamente incatenati i cattolici italiani; ma loro, i vescovi, si indispettiscono. Non sia mai che qualcuno ci restituisca la nostra libertà senza consultarci.
Ecco, questa per Lorizio è la prima buona notizia: non che Solinas abbia ripristinato il diritto, ma che i vescovi abbiano trovato il coraggio di abbaiare contro il vicino, dopo aver fatto tranquillamente entrare in casa i ladri.
La seconda buona notizia sarebbe «l’intesa su un “protocollo di massima”, di un accordo Chiesa–Stato in Italia per la ripresa delle celebrazioni pubbliche». Protocollo ignoto, ma che probabilmente ci farà attendere ancora tre settimane. Ma per Lorizio è una grande notizia. Anzi, secondo lui, «risulta affetto da miopia teologica chi legge il precedente “disaccordo” dei vescovi col governo in termini di un braccio di forza fra poteri». Dunque, sostanzialmente, saremo stati tre mesi senza Messa, il Governo ci ha preso per i fondelli e ci ha detto che dentro casa nostra facciamo quello che dicono loro, la CEI è andata addirittura a chiedere se si possono fare i riti finali del funerale, ma per Lorizio deve andare dall’oculista chi pensa l’ovvio, ossia che qualche tensione ci sia stata, tensione che si è infine risolta per manifesta sudditanza della parte cattolica.
«D’altro canto, sarebbe teologicamente presbite chi reclama partecipazione al culto senza un orizzonte di senso e soprattutto senza adesione autenticamente credente», continua Lorizio, il quale ovviamente dev’essere l’unico detentore dell’orizzonte di senso, i cui punti salienti vengono snocciolati in un pistolotto di aria fritta.
Volete ritornare legittimamente a Messa? Bene. Allora dovere avere il seguente orizzonte di senso.
Primo: con Lutero, dovete professare che «il vero sacrificio gradito a Dio non si trova al di fuori di noi o delle nostre cose [direi case], non è qualcosa di temporale e non dura un istante, ma siamo noi stessi». Per questo, se avete pensato che la liturgia della Chiesa, nella sua fonte e nel suo culmine, ossia la Messa, vi sia mancata, siete fuori strada; siete presbiti. Lorizio ci rassicura che «la liturgia [” latreia”] non è venuta mai meno, come mai meno è venuta la Chiesa, mai chiusa e sempre aperta».
Secondo: bisogna gioire del fatto che «possiamo annunciare (kerygma) la parola e proclamarla nella sua sacramentalità anche attraverso le espressioni multimediali, che la tecnica ci consente».
Terzo: vabbè, prima o poi bisognerà tornare anche ai sacramenti ed al culto, ma ricordandosi quello che diceva Pavel Florenskij: «All’esterno c’è il rito, ma per il tramite della parola: “Togli la parola, che cosa ne è dell’acqua? Resta semplice acqua. Unite all’elemento la parola e si ha il sacramento” [riferimento ad Agostino]». Essere cattolici, ci spiega Lorizio, «significa abitare una terra di mezzo (la via media di John H. Newman) fra esclusività della parola e oggettivazione del gesto».
Bene. Sarebbe però onestà spiegare anche che questa sintesi tra parola e gesto, non è qualcosa da raggiungere o da recuperare, ma è sic et simpliciter la liturgia cattolica. La Messa è già questa sintesi, ed è per questa ragione che il popolo vuole tornare in chiesa. Le espressioni multimediali, lungi dal permettere la proclamazione della Parola, finiscono per toglierla dal loro contesto proprio, che è quello liturgico. E liturgia significa gesto, spazio, tempo, materia.
A leggere con coerenza l’affermazione di Florenskij, si arriva a capire che questo tergiversare delle gerarchie, che hanno privato i fedeli della Messa, è stato un tentato assassinio della liturgia stessa, perché hanno permesso che la parola ed il gesto venissero disgiunti. Perché, certamente, se si toglie la parola che ne è dell’acqua, del pane, del vino, dell’olio? Ma se si tolgono questi elementi materiali, che ne è della parola? E che ne è della liturgia?
Luisella Scrosati
https://lanuovabq.it/it/avvenire-inneggia-allassassinio-della-liturgia
L'APPELLO DEL MISSIONARIO
No a Messe in streaming e culto vietato: c'è un diritto di Dio
Il Virus ha messo a nudo le nostre mancanze: Dio è assente. E' inammissibile che si vieti il culto dovuto a Dio e che anche alcuni prelati lo giustifichino. Diciamo con voce forte no a fare della Persona Divina una mercanzia. No alla chiusura delle chiese e all'imposizione di misure liturgiche da parte del governo civile. No alle Messe in streaming.
Questa pandemia ha almeno avuto il merito di portare alla luce tutta la fragilità della nostra vita individuale e sociale, così come altre mancanze e minacce più serie. Che la nostra vita sia fragile, anche se tendiamo a ignorarlo, è qualcosa che frequentemente constatiamo e per dimostrarlo basta un semplice mal di denti, che ci richiami a questa realtà. Pascal diceva che l’uomo è una canna, però una canna pensante. In realtà, non è soltanto la mente a fare grande la nostra vita umana, ma, soprattutto è il cuore, questa profondità della persona, la più intima, che quando è abitata dalla Grazia, diventa più elevato di essa.
Così è il mistero della vita dell’uomo, a un tempo fragile, passeggera, ma anche capace di Dio, di comunicarsi con Lui e di adorarlo.
Invece questo virus, oltre a renderci manifesti i nostri limiti, ha sconvolto la nostra vita sociale e improvvisamente tutti ci siamo visti confinati e limitatissimi nei nostri movimenti. Le relazioni con gli altri sono state severamente colpite e questo non solo per imposizione delle circostanze e delle motivazioni sanitarie, ma perché i governi sono intervenuti andando ben oltre i limiti abituali e prudenziali, tendendo in vari Paesi a imporre una dittatura che mira ad essere un disegno universale.
DIO E’ ASSENTE
Il virus è venuto a mettere a nudo le nostre mancanze e anche le minacce che incombono. Da una parte, è stato esaltato – giustamente – il lavoro delle persone che si prendono cura dei malati e che per i loro compiti mettono a rischio la loro salute. A loro vanno sicuramente riconosciuti meriti. Ma dall’altra parte, gli occhi sono rivolti alla scienza o al vaccino, mentre i media danno notizie e mostrano curve di infetti e di morti che moltitudini di osservatori seguono con ansia. E come se non bastasse, e per aggiungere ancora più tensione, per i media si preannuncia già una seconda e forse più temibile ondata di contagio per l’autunno europeo.
Se riproduco un quadro di cose che ben conosciamo è per risaltare la più grande delle mancanze alla quale alludevo all’inizio: Dio è assente. Per la gran parte della gente, dei media, Dio non conta nulla. Così, a causa del virus si mostra ora evidente la mancanza di fede e di speranza e di amore verso Dio e in compenso l’egoismo che sbarra il cammino all’altro. E questo non accade solo nel mondo, ma anche nel nostro mondo, cioè la Chiesa.
Nell’emergenza non vediamo che Dio sia presente, che venga menzionato, né invocato, Egli non conta e non c’è da stupirsi perché nemmeno prima Lui era presente tra i cattolici. O forse che lo era quando la proporzione di coloro che assistevano al culto era bassissima e coloro che partecipavano con devozione era ancora meno?
RITORNARE A MESSA
Pochi sono coloro che reclamano che si ritorni a riaprire le chiese e questi, sebbene non siano una moltitudine, devono essere ascoltati per un semplice motivo: sono membra vive della Chiesa di Cristo. Devono essere ascoltati perché sono coloro che hanno una necessità impellente della presenza del Signore nei Sacramenti, di poterlo ricevere nella comunione sacramentale, di ricevere l’assoluzione dei loro peccati nella confessione sacramentale, di poter partecipare ai funerali delle persone care che sono morte, di battezzare i loro figli, e di battezzarsi loro stessi, di sposarsi, di alimentare lo spirito di preghiera, di dialogare con il Signore presente nell’Eucarestia e soprattutto, di adorarlo nella Presenza vera e reale del Santissimo Sacramento.
È assolutamente inammissibile che si vieti il culto dovuto a Dio e si chiuda la strada ai mezzi di salvezza. La logica più elementare mostra in modo palese la contraddizione che esiste, da un lato, nel permettere di soddisfare le necessità della vita materiale come l’accesso ai supermercati, farmacie e altre cose non primarie e dall’altro lato nel porre ostacoli alla vita spirituale e alla salvezza eterna.
Questi impedimenti non solo si riferiscono alla chiusura delle chiese e alla proibizione del culto, ma si è arrivati, da parte delle autorità civili, fino a interferire nello stesso culto.
Per esempio, in Andalusia, si sta dicendo che quando verrà tolto il divieto, si potrà celebrare Messa, però non fare la comunione; in Italia che il culto non potrà durare molti minuti e in Germania che si dovrà impacchettare l’Eucarestia.
È irritante vedere come si contrapponga la salute corporale alla salute spirituale e in questo modo trattare coloro che invocano l’apertura del culto e l’accesso senza restrizioni ai Sacramenti, come fondamentalisti e incoscienti propagatori del contagio.
IL DIRITTO DI DIO
Questa sciocchezza si comprende perché siamo immersi in un mondo che, peggio che ateo, è indifferente a Dio. Senza dubbio, il colmo è che questi assurdi argomenti per giustificare la chiusura delle chiese e la proibizione del culto pubblico, non solo sono promossi dal mondo lontano dalla fede, ma anche da alcuni cattolici e persino prelati, i quali adducono la necessità di obbedienza all’autorità civile per presunte ragioni sanitarie.
Però - cari signori! - se prima non c’erano masse di persone che si avvicinavano alle chiese perché tanta paura? Le chiese per le sue dimensioni e la scarsità di partecipanti, possono soddisfare ampiamente le misure sanitarie e persino si può aumentare il numero delle funzioni come hanno dato possibilità di fare i vescovi polacchi.
Certo che tutti dobbiamo evitare il contagio e adottare le misure precauzionali più adeguate, ma se c’è un luogo in cui possiamo stare al sicuro, per ragioni esclusivamente di ordine naturale, questo è proprio la chiesa, dove si possono ottenere facilmente tutte le coperture di sicurezza.
Il grido dei sacerdoti e dei fedeli deve essere ascoltato: che niente, assolutamente niente, privi i fedeli di poter assistere alle Messe. Che siano restituite, che si riapra il culto e che i Sacramenti siano accessibili a tutti, con tutte le precauzioni del caso, ma che si riaprano i templi.
Lo esige il diritto di Dio, affinché gli si tributi il culto di lode e di adorazione, che si offra il Sacrificio unico del Figlio perpetuato nella Messa per il bene dei fedeli. Lo esige il diritto del fedele di onorare, rispettare, adorare e rendere culto a Dio; lo esigono le ragioni soprannaturali di coloro che si sentono protetti dalla Presenza del Signore, in cui cercano rifugio e la stessa salute spirituale della Chiesa di Cristo e lo esige il bene della società che si vedrà beneficiata per le suppliche che il popolo fedele di Dio eleva a nome di tutti in ogni celebrazione eucaristica.
UNA VIOLENZA AI FEDELI
Per renderci conto che la più grande emergenza non è sanitaria, ma di fede, teniamo presente che per la prima volta nella lunga storia della Chiesa, da quando l’Impero romano accettò il Cristianesimo, mai era accaduto che si proibisse la celebrazione pubblica dell’Eucarestia nella Santa Pasqua di Resurrezione. E quante voci si sono alzate a protestare?
Il virus ha messo allo scoperto la tristissima realtà che ci sono cose imprescindibili che giustificano l’uscire momentaneamente dall’isolamento, ma tra queste non rientra il culto a Dio e nemmeno ricevere i Sacramenti.
Infine, il virus ha messo allo scoperto la considerazione indegna che si sta dando all’Eucarestia, la sua banalizzazione, la sua cosificazione. Adesso, con la scusa del contagio si nega ai fedeli la comunione in bocca e si esige che ci si comunchi in mano. Il paradosso è che coloro che stanno andando nei pochi luoghi in cui possono ancora ricevere la Comunione o assistere alla Messa, gli stessi fedeli che non possono vivere senza Eucarestia, sono coloro che per la maggior parte sono soliti ricevere la comunione in ginocchio e in bocca, però adesso si ritrovano nel lacerante dilema di non comunicarsi o di farlo come viene imposto, nella mano, pena di non potersi comunicare.
Questa decisione di non comunicarsi o di farlo sulla mano violenta le coscienze dei fedeli che ritengono e a ragione che ricevere l’Eucarestia con le mani non sia il modo in cui si debba trattare il Corpo del Salvatore e che meriti tutta la riverenza come l’ha inteso la Chiesa per più di mille anni.
DICIAMO NO
L’Eucarestia è il dono infinito di Dio, di se stesso e questo lo abbiamo dimenticato. Lo scrivo con grandissimo dolore perché percorro il mondo e vedo come si celebra e come si riceve la Comunione nella grande maggioranza dei luoghi, con totale mancanza di riverenza, senza segni di adorazione, con il disconoscimento della presenza reale, con indifferenza. Questi divieti dell’Eucarestia dovrebbero farci riflettere sul dono infinito che ci è stato tolto. C’è il timore, senza dubbio, che con la scusa della pandemia le cose non potranno che peggiorare e che imporranno per sempre la comunione in mano e altre cose peggiori e aberranti.
Non possiamo restare come muti testimoni che zoppicano nella fede e nell’amore verso il Signore, verso la Chiesa e verso i Sacramenti. Diciamo con convizione e voce forte no a continuare ad aggravare la banalizzazione dell’Eucarestia, no a fare della Persona Divina di Cristo una cosa, una mercanzia. No alla chiusura dei templi e all’imposizione di misure liturgiche da parte del governo civile. Assolutamente no! No alle messe in streaming o in tv come supplettivi delle messe principali. Per sempre no.
Justo Lo Feudo*
*Missionario della Santissima Eucarestia (leggi l'intervista della Nuova BQ)
Traduzione di Andrea Zambrano
https://lanuovabq.it/it/no-a-messe-in-streaming-e-culto-vietato-ce-un-diritto-di-dio
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