La Francia abbandona il cattolicesimo: l'islam avanza incontrastato
La Francia abbandona il cattolicesimo per sposare il laicismo. L'islam, invece, avanza nelle statistiche. E qualcuno ora spera nelle future scelte del Papa
La Francia abbandona il cattolicesimo per sposare il laicismo. L'islam, invece, avanza nelle statistiche. E qualcuno ora spera nelle future scelte del Papa
La Francia sta cambiando. La nazione transalpina si sta davvero "sottomettendo" all'islam? La parola "sottomissione" funge da titolo per un celebre romanzo di Michel Houllebecq. Poco dopo la pubblicazione del libro, si parlò di "profezia", soprattutto per gli attentati dei jihadisti in terra francese. La religione musulmana e le statistiche che la riguardano sono solo due fattori, peraltro collegati, di un processo che passa anche da tutt'altra parte, ossia per il relativismo.
La vandalizzazione delle chiese - ancora - è un sintomo del trionfo laicista. La distruzione delle statue e dell'iconografia cristiano-cattolica pure.
Alain de Benoist, che non è cattolico, sostiene che il compito storico del cattolicesimo sia ormai terminato. Eric Zemmour, ora politicamente in prima linea con Marion Le Pen, ritiene che l'Occidente, e dunque la Francia, si stia consegnando mani e piedi all'islam anche per via dei costumi adottati ('Sii Sottomesso", un pamphlet di qualche anno fa ma ancora attualismo, presenta questo sottotitolo: 'La virilità perduta che ci consegna all'islam'). L'elenco, tanto degli elementi esaminati quanto delle vere e proprie disamine, potrebbe continuare parecchio.
Un' istantanea così serve solo ad introdurre delle considerazioni su un mutamento che è in corso e che sembra comportare un risultato solo: il definitivo abbandono del cattolicesimo da parte francese. Dove Notre Dame che brucia - come sarà stato scritto altre volte - finisce col fare da allegoria ad un macro fenomeno dell'epoca contemporanea. Michel Onfray, per fare un altro nome di un intellettuale francese, lo ha chiamato "laicismo militante". Sempre De Benoist parlerebbe di "desacralizzazione". Sul perché, in un contesto di questo tipo, l'islam riesca a tenere botta ed anzi a crescere in adesioni, ci si interroga e non poco. In una recente intervista rilasciata a IlGiornale.it, l'imam Pallavicini ha risposto così ad una domanda sul perché le nuove generazioni, a causa del vuoto di senso, guardino soprattutto alla religione islamica: "Sì, decisamente. Può facilitare le conversioni a prescindere dalla forma della religione incontrata. La cosa importante per me è che sia una conversione alla religione ed alla ricerca della verità. Poi, questa religione può essere l'islam, la religione di nascita o ancora un'altra situazione. Ma io resto convinto che la fede, con la ragione, dà il senso alla vita, fornendo prospettive di metodo per trovare delle risposte e trovare il un modo di vivere attraverso delle coordinate serie e profonde. L'importante è che non si sposi una religione come un partito, di un vestito o di un'ideologia. La religione è un mezzo di scienza sacra, è un habitus, non un pezzo di stoffa alla moda dell’anima del momento".
Sarà per questo - un insito bisogno di sacro - che il 21% di coloro che sono nati Oltralpe nel 2018 ha un nome di origine islamica? E perché il cristianesimo non riesce più a riempire questo "vuoto di senso"? Qualcuno pensa che alcune responsabilità dipendano da Roma. Lo stesso luogo da cui lo stesso qualcuno si attende un colpo di coda.
Le discusse scelte del Papa
L'arcivescovo di Parigi, Michel Aupetit, non è un cardinale. Il Papa non ha mai elevato alla porpora Aupetit. Certo, l'eccezione riguarda anche altre diocesi storiche per l'Ecclesia (l'arcivescovo di Milano ed il patriarca di Venezia, a loro volta, non sono cardinali), ma la Francia rappresenta, se possibile, una testimonianza ancora più palese di come Francesco abbia in parte modificato la tradizione della Chiesa. Se non altro perché Jorge Mario Bergoglio, che non guarda alla provenienza diocesana di coloro che sceglie per il sacro collegio, non ha mai creato un porporato transalpino. Il pontefice argentino, in Conclave, possiede ora quella che con qualche semplificazione è possibile chiamare "maggioranza", ma tra i cardinali nominati in questi quasi sette anni di pontificato non c'è un francese. "Bergogliano" o no che sia. Quando papa Francesco ha scelto Michel Aupetit per l'arcidiocesi della capitale è circolato un po'di stupore: l'arcivescovo di Parigi basa la sua pastorale sulla bioetica e sul contrasto al "pendio scivoloso" dovuto alla promozione dei "nuovi diritti", mentre i messaggi di Francesco sono per lo più di carattere economico-sociale. E il Papa, durante il suo regno, ha spesso selezionato pastori in linea con le sue sottolineature. Quella volta è andata in maniera diversa. Il Papa, insomma, è sempre in grado di stupire: la scelta di Aupetit come arcivescovo di Parigi ne è una prova. Ma in Francia il cattolicesimo vive una crisi che non conosce precedenti. Oltralpe ci si chiede pure come mai Bergoglio non abbia mai toccato la terra francese. Francesco non è andato neppure in Argentina, ma le motivazioni per cui Francesco non è ancora tornato in patria sono quantomeno discusse. Il perché il Papa non abbia mai varcato il confine tra Italia e Francia, invece, no: non è stato indagato con la stessa incidenza. Normale, dunque, che gli ambienti culturali si interroghino. Questo Papa ha di sicuro un rapporto diverso con l'Europa: i suoi due predecessori sono stati europacentrici. Il sudamericano guarda più alle periferie economico-esistenziali, così come le chiama: in specie all'Asia ed al Sud america. Il Vecchio continente è nel frattempo immerso in quella che Benedetto XVI chiama "dittatura del relativismo". Ecco che il Papa, nelle considerazioni dei conservatori, dovrebbe anzitutto concentrarsi sull'Europa (Francia compresa), per salvarla dalla "Sottomissione". Ma così - dicono sempre coloro che appartengono al "fronte tradizionale" - non è. Lo spazio per le critiche che arrivano dai ratzingeriani deriva pure da questo presunto mancato interventismo di Bergoglio eclissi occidentale. Tutto questo accade mentre la religione islamica sembra proiettata verso un futuro maggioritario in terra francese. Una recente edizione di Libero ha presentato una fotografia della situazione. Tra i virgolettati riportati, vale la pena citare quello di Antoine Colonna, che scrive per Valeurs Actuelles: "Dall'analisi delle statistiche, emerge che la pratica regolare del cattolicesimo è crollata a meno del 5% della popolazione francese. È un dato bassissimo. In questo 5% c'è una vasta porzione di persone anziane. È una situazione terribile per la Chiesa cattolica in Francia". Il combinato disposto tra i numeri dell'islam, che è in crescita, e l'infortunio statistico del cattolicesimo francese fa pensare. Anche in termini di contemporaneità. Francia ed Italia sono il cuore del cattolicesimo europeo. La Germania della riforma protestante - e ora del "concilio interno" dalla durata biennale voluto dall'episcopato progressista - è un'altra storia. Così come l'Inghilterra anglicana. La parabola spagnola, per quanto rilevante, è di sicuro meno lineare di quella italo-francese. La Chiesa cattolica dovrebbe guardare con naturalezza, e con un occhio di riguardo, alla nostra nazione ed ai nostri "cugini". Ma in questi quasi sette anni il Romano pontefice ha preferito altri lidi rispetto alla Francia, forse a causa di altre priorità. Rimane comunque molto probabile che Francesco, nel prossimo concistoro, crei un cardinale francese. Così com'è possibile che il vescovo di Roma scelga di andare in Francia, più o meno a breve, per una visita pastorale con tutte le ufficialità del caso. Ma che il cattolicesimo francese stia perdendo qualcosa in termini di "centralità politica", per così dire, è un dato che risulta non smentibile.
Il tradizionalismo come frutto indiretto della Rivoluzione francese
La Francia è stata considerata per anni la patria del tradizionalismo-cattolico. Il cardinal Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, non è francese d'origine ma è molto influente Oltralpe. E la sua è un'analisi che poggia sulla crisi dell'Occidente. Lo stesso arcivescovo Michel Aupetit è un teorico del fatto che la civiltà occidentale non debba adeguarsi a quella forma di buonismo che non tiene conto della sacralità della vita umana: "Spesso uno giustifica le sue cattive azioni con buoni sentimenti. Si sopprime una vita perché così non soffre; ci si divorzia, per il bene dei bambini; impediamo ai bambini con sindrome di Down di vivere perché sarebbero inevitabilmente infelici. No, davvero, la buona coscienza non è la pace di Cristo", ha tuonato durante una veglia di preghiera pro life, come riportato su Vatican News. Sempre in Francia non mancano gli istituti gestiti dai tradizionalisti. Monsignor Marcel Lefebvre era un francese del Nord. L'eco del tradizionalismo, nonostante la fase odierna, si fa ancora sentire. Pure questa fase vive la sua Vandea. Dal Cristo Re al Buon Pastore, passando per la San Pietro: le realtà tradizionali - come evidenzato da questo articolo pubblicato su Settimana News - sono quelli che possono vantare una certa tenuta per quel che riguarda le vocazioni annuali. Un segno di come la polarizzazione tra relativismo e visione spirituale dell'esistenza abbia avuto degli effetti pratici, con il ripristino di una certa modalità ortodossa di concepire la religiosità. Ma questa è una polarizzazione recente. La storia francese ne ha conosciuta un'altra ben più incisiva: la rivoluzione è stata il "momentum" anti-ecclesiastico per eccellenza. E non solo per la linea cronologica su cui si muove la Francia: tutte le nazioni che hanno provato a destrutturare la Chiesa hanno visto nel giacobinismo-rivoluzionario un esempio da seguire. Joseph Ratzinger stesso usava associare il relativismo alla Rivoluzione francese. La sintesi del pensiero ratzingeriano sui danni arrecati dall'eccesso di razionalismo che è sorto dopo il 1989 è rintracciabile in un ragionamento dell'emerito che Benedetto XVI ha esposto nell'agosto del 2009: "Se allora c'era la 'dittatura del razionalismo', all`epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di 'dittatura del relativismo'. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell`uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l`essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l`uomo 'mendicante di significato e compimento' va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi". La frase si legge ancora su Repubblica. L'ascesa del tradizionalismo in Francia può anche essere interpretata come una reazione alla "dittatura del razionalismo" d'illuministica memoria.
L'avanzata dell'islam durante i nostri giorni
Due fenomeni stanno attecchendo in Francia, e in parte d'Europa, secondo le analisi dei conservatori. Quelle che sono avvalorate da più di qualche statistica: la resa al laicismo - anche dal punto di vista legislativo - e la crescita del numero di persone che, o migrando da paesi a maggioranza islamica o convertendosi da altre religioni, professano la religione musulmana. Il super progressista Emmanuel Macron, in questo primo mandato, si è dovuto interrogare su come porre un freno al cosiddetto "islam politico". Le critiche di Marine Le Pen alla gestione degli esecutivi socialisti o macronisti sono conosciute. Nessuna nazione europea come quella francese si interessa d'islam con la medesima continuità al livello del dibattito pubblico. I rapporti a tema 'radicalizzazione'delle istituzioni parlamentari si sprecano. Un altro intellettuale transalpino può essere citato per comprendere meglio di cosa si stia parlando. Yves Mamou, parlandone con La Verità, ha raccontato come persino tra le forze dell'ordine dimorino delle persone radicalizzate. Il colonialismo può aver influito - come terriccio - in una prima fase, ma poi? Perché in Francia a destra e non solo non si fa che parlare di questa "Sottomissione"? Possibile che sia tutto strumentale? Eric Zemmour lo ha chiamato "Il suicidio francese", centrando però il discorso sulla mancata "assimiliazione" della cultura francese da parte dei musulmani e sulla identità perduta. Per dirla con il cardinal Robert Sarah, invece, "Dio o niente". Il "niente" è il nichilismo. Dio è Dio, ma quello verso cui la maggioranza dei francesi potrebbe rivolgersi di qui a breve tempo potrebbe non essere lo stesso in cui credono i cristiano-cattolici. Il tradizionalismo non sembra avere, almeno non da solo, la forza di contrastare i numeri che l'islam ha già iniziato ad esprimere da qualche anno.
Polonia, l’attacco alla Chiesa passa (anche) da Repubblica
Un piccolo gruppo di cattolici polacchi compra uno spazio pubblicitario su Repubblica per un “appello” a Papa Francesco. Vi si chiede di “riparare” la Chiesa polacca accusando la gerarchia di nascondere gli abusi su minori. Un attacco pretestuoso poiché il fenomeno, per quanto doloroso, è marginale in Polonia: su mille condannati per pedofilia, 997 sono laici e 3 sacerdoti. Eppure, i media trattano la questione come se riguardasse principalmente il clero e non dicono che la maggior parte degli abusi è commessa su giovani maschi da sacerdoti con tendenze omosessuali. L’appello su Repubblica è solo l’ultimo di una lunga serie di atti, tra film e fondazioni, per denigrare la Chiesa.
Il giorno 29 giugno è per Roma una giornata particolare: si festeggiano gli Apostoli Pietro e Paolo. È la festa del Vescovo di Roma, perciò gli occhi di tutti i cattolici del mondo sono rivolti verso il Pontefice che celebra una solenne Eucaristia nella basilica costruita sopra la tomba dell’Apostolo Pietro. E proprio quel giorno particolare per la Chiesa cattolica è stato scelto da un piccolo gruppo di polacchi come data per la pubblicazione del loro appello a Francesco sulle pagine del giornale La Repubblica.
Di che cosa si tratta? Una signora di Danzica, Justyna Zorn, comincia ad organizzare delle proteste - già dal 2019 - perché accusa la Chiesa di non reagire abbastanza ai casi degli abusi da parte dei sacerdoti. Non contenta, vuole dare alla sua azione una dimensione mondiale: e così quest’anno, per la solennità dei Santi Pietro e Paolo, compra uno spazio pubblicitario su Repubblica per un “appello” rivolto a Papa Francesco.
È un attacco alla Chiesa in Polonia colpevole, secondo i sostenitori dell’appello, di nascondere i singoli casi degli abusi su minori. Come si legge sul sito in più lingue a cui rimanda il testo pubblicato su Repubblica, vengono tirati in ballo alcuni vescovi (Sławoj Leszek Głódź, Jan Tyrawa, Edward Janiak, nomi omessi nell’appello sul quotidiano) e il nunzio apostolico in Polonia (dal testo sul quotidiano italiano è scomparso anche il riferimento al nunzio). L’appello online originario, da cui era partita la campagna di raccolta fondi per comprare lo spazio su Repubblica, risulta firmato da appena 32 persone (per nascondere questo fatto imbarazzante, nel testo pubblicato sul giornale italiano si parla di 635 persone che hanno contribuito a pagare l’avviso). E queste poche persone, che si presentano come “cattolici impegnati”, hanno la sfrontatezza di scrivere come se rappresentassero tutti i cattolici polacchi! Tutto sotto forma di una “supplica” rivolta a Papa Francesco per “riparare” la Chiesa in Polonia.
L’appello pubblicato su Repubblica è l’ultimo di una serie di attacchi alla Chiesa in Polonia con il pretesto di combattere la pedofilia. La cosa più sorprendente è che il fenomeno degli abusi su minori tra i sacerdoti polacchi è marginale e non è in nessun modo paragonabile alla situazione negli Stati Uniti o in Irlanda. Si sono verificati casi dolorosi ma sono davvero dei casi. Su un migliaio di persone condannate per pedofilia, 997 sono laici e soltanto 3 sacerdoti.
Ma i media trattano la questione come se riguardasse principalmente la Chiesa, imponendo ingiustamente all’opinione pubblica l’idea che il fenomeno della pedofilia sia legato alla Chiesa e allo stato sacerdotale. E a causa di pochissimi casi, che non riguardano nemmeno l’1% del clero, 28.000 buoni sacerdoti sono presentati come potenziali pedofili. I media nascondono anche un altro aspetto della faccenda: la maggior parte degli abusi commessi riguarda sacerdoti con tendenze omosessuali che abusavano di giovani maschi, dunque non si trattava nemmeno di vera pedofilia. Ma parlare della “pedofilia nella Chiesa” colpisce di più, stigmatizza di più tutti i sacerdoti.
L’appello pubblicato in Italia non è il primo tentativo di coinvolgere il Papa nelle faccende che riguardano la Chiesa in Polonia. Il 20 febbraio 2019, alla vigilia dell’incontro vaticano dei presidenti delle conferenze episcopali dedicato agli abusi sui minori da parte del clero, a Roma si sono presentati i rappresentanti della Fondazione polacca “Non abbiate paura” che dovrebbe occuparsi delle vittime dei preti pedofili in Polonia, anche per ottenere dei risarcimenti da parte della Chiesa cattolica. I rappresentanti della Fondazione sono venuti a Roma con un rapporto fasullo sulle violazioni della legge da parte dei vescovi nel contesto dei casi di abusi. La delegazione era composta da Marek Lisiński, presunta vittima degli abusi e presidente della Fondazione, e da due membri della Fondazione: l’onorevole Joanna Scheuring-Wielgus membro del partito liberal-libertino “Adesso!”, conosciuta per le sue prese di posizione contro la Chiesa, e Agata Diduszko-Zyglewska, una femminista militante legata al movimento dell’estrema sinistra radicale “Critica Politica”, organizzatrice delle Giornate dell’Ateismo, che si batte per eliminare l’insegnamento della religione nelle scuole. Questa particolare delegazione è riuscita perfino ad avvicinare il Papa durante l’udienza nell’Aula Paolo VI. Il problema è che Lisiński, presentato a Francesco come vittima di un prete pedofilo, è un imbroglione e ricattatore.
Nel 2013 veniva girato in Polonia il film “Silenzio all’ombra di Giovanni Paolo II” e nello stesso anno veniva istituita la Fondazione “Non abbiate paura”. Nel frattempo, dai media era partita una massiccia campagna di denigrazione del clero e della Chiesa indicata come un “covo di pedofili”. In passato Lisiński si era fatto prestare dei soldi da un sacerdote, Zdzisław Witkowski, e non voleva restituire il debito. Aveva piuttosto accusato il prete di averlo molestato 30 anni prima, e trovato un sito dove si spiegava come chiedere un risarcimento alla Chiesa. Per di più, in seguito ha cominciato la carriera nella Fondazione “Non abbiate paura”, divenendone appunto presidente. E si è scoperto che, da capo della Fondazione, pretendeva i soldi dalle persone che avevano ottenuto dei risarcimenti.
È stato Lisiński a mettere in contatto i fratelli Sekielski - registi che preparavano un film faziosissimo sugli abusi dei sacerdoti - con le presunte vittime di tali abusi. Per la sua comparsa nel film e per aver facilitato i contatti chiedeva tanti soldi. Alla fine, i registi hanno deciso di non pagare ed eliminare la testimonianza di Lisiński dal film per non compromettere il lancio della loro pellicola e per non far capire che dietro le accuse contro i sacerdoti ci sono tante speculazioni.
Non bastava un film: i Sekielski hanno prodotto una seconda pellicola che tratta degli abusi di un sacerdote della diocesi di Kalisz, che veniva spostato da una parrocchia a un’altra senza reazione adeguata del vescovo Edward Janiak. Un caso increscioso, criticabile, che non doveva verificarsi. Ma di questo caso i registi hanno fatto un evento nazionale, con una pubblicità martellante sui media che mira a confermare la faziosa e falsa equazione “Chiesa = pedofilia” e a devastare moralmente la Chiesa polacca. Per di più, il film è stato lanciato mentre in Polonia si celebrava il 100° anniversario della nascita di Giovanni Paolo II, e mentre Papa Francesco stigmatizzava il fenomeno degli abusi sui minori che solo in Europa riguarderebbe 18 milioni di bambini e ovviamente milioni di orchi che vengono ignorati da selettivi “difensori dei bambini” (è più conveniente vedere solo “i feriti nella Chiesa”).
Ma l’appello pubblicato su Repubblica segnala anche un altro aspetto della faccenda: in Polonia esiste un gruppo di cattolici critico con la gerarchia attuale. Vorrebbero una Chiesa più “democratica”, “aperta”, meno dogmatica, libera dal “clericalismo”. Anche per loro ogni caso di abuso sui minori diventa un pretesto per criticare la Chiesa, ovviamente con altre finalità da raggiungere. Per questo motivo la voce di questi pochi “cattolici impegnati” è stata rilanciata non soltanto dai media decisamente anticlericali ma anche da certi media cattolici che vorrebbero a modo loro “modernizzare” la Chiesa. Come ha detto in una delle interviste la stessa Zorn: “Alla Chiesa bisogna dare un bel calcio”. Purtroppo, con la pubblicazione dell’appello in Italia si tenta di coinvolgere in questo “gioco” lo stesso Pontefice.
Wlodzimierz Redzioch
È profetizzato
RispondiEliminaIn Francia sarà mattanza