ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 22 giugno 2020

Messacovid

Tre cose buone della messa in “rito virale”.
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Dio, come è noto, scrive dritto su righe storte e anche da situazioni un po’ sgangherate sa trarre del bene. La regola vale pure in campo liturgico, dove può accadere che delle piccole buone riforme vengano non dalle pensate dei liturgisti (che Dio ce ne scampi), bensì da inopinate circostanze sfavorevoli e da rimedi abborracciati come quelli che si son visti in questi tempi di epidemia virale.

Dal mio limitatissimo punto di vista (che si esaurisce in pratica nella mia parrocchia) vedo tre cose buone nella “nuova messa di rito virale” scaturita dal famoso protocollo (su cui peraltro mantengo qualche ironica riserva).
  • La gente arriva per tempo in chiesa. Per tempo vuol dire prima che la messa abbia inizio. E alla messa, prima si arriva, meglio è. La cosa più preziosa che ho reimparato nei mesi di sospensione della celebrazione pubblica è stata l’adorazione eucaristica, che nella mia parrocchia si è fatta tutti i giorni per un’ora dalle 18 alle 19. Stare in chiesa, in silenzio, davanti al Signore: cosa c’è di meglio? A me sembra che, specialmente oggi, sia l’esercizio spirituale più salutare. Purtroppo, con la ripresa delle messe cum populo, il mio parroco non ha aderito al suggerimento che mi ero permesso di dargli, cioè di continuare con l’esposizione quotidiana del Santissimo almeno per un’ora prima della messa, ma non importa: adesso io cerco comunque di andare prima in chiesa e di star lì davanti al tabernacolo. Senza far niente di particolare: star lì e basta. In silenzio e ora anche in attesa del sacrificio eucaristico. Bene, vedo con grande soddisfazione che adesso lo fanno in molti. Domenica sono andato alla messa delle 10. Quando sono entrato in chiesa, verso le 9.30, c’era già qualcuno e alle 10 meno cinque la chiesa era praticamente piena. Come mai? Prima non succedeva. La parola magica è «posti limitati»: sapere che arrivare all’ultimo momento o addirittura in ritardo potrebbe “avere una conseguenza” è sufficiente a compiere il miracolo. (A volte ci vuol poco per migliorare i comportamenti umani: un euro in pegno basta e avanza a far sì che nessuno lasci in giro i carrelli della spesa al supermercato). Dio solo sa quanto bene potrebbe venire se questa pratica si consolidasse e si mantenesse nel tempo. Dieci minuti di attesa silenziosa del sacramento, esposti alla presenza del Santissimo possono fare molto di più di tante belle omelie e di tante energie vanamente spese nella “animazione liturgica” (horribile dictu). Certo, la condizione imprescindibile è il silenzio. E il silenzio viene osservato quanto più si è coscienti che in chiesa ci si va prima di tutto per ascoltare e adorare Dio e non per “coltivare i rapporti umani”, come invece pare nella vulgata neo-cristiana.
  • È stato abolito lo scambio del gesto di pace. Ci vogliamo bene esattamente tanto (o tanto poco) quanto prima, ma in compenso è stata tolta di mezzo una distrazione proprio al momento in cui ci si prepara a ricevere il corpo di Cristo
  • Il nuovo modo di distribuire la comunione è migliore di quello precedente. Intanto perché richiede più tempo, il che vuol dire più attesa del sacramento da ricevere e/o più tempo di ringraziamento per il sacramento ricevuto. Poi perché evita un’altra manovra di distrazione di massa con la formazione (sempre un po’ disordinata, in Italia) della fila dei comunicandi, con l’intoppo di quelli che dalle prime panche si vogliono inserire nella fila già formata, quelli che sbagliano a tornare indietro e soprattutto il pernicioso “effetto gregge”: tutti si alzano, si mettono in coda, e in automatico mi ci metto anch’io, che stia o che non stia “pensando chi vado a ricevere”. Infine perché la comunione la dà solo il sacerdote, e non tutti quei laici che una cattiva prassi ha promosso da “ministri straordinari” dell’eucarestia ad ausiliarii in servizio permanente effettivo, senza che ve ne sia una sola ragione al mondo: se anche ci vogliono cinque minuti in più per distribuire la comunione,  che problema c’è? Cos’è tutta questa fretta di andar via? Rispetto a questi vantaggi, mi pare che passi in secondo piano l’obbligo di ricevere la particola sulla mano. Ritengo infatti che il contesto ora consenta una maggiore serietà e concentrazione nel compiere il gesto (io prima preferivo sempre ricevere l’ostia in bocca e non sulla mano, ma il problema non era la mano in sé – che è esattamente tanto degna quanto la bocca – ma l’attitudine che l’un gesto o l’altro favoriva). Anzi, il fatto che il sacerdote mi dia l’ostia mentre sono fermo al mio posto e non quando mi devo muovere per farvi ritorno mi consente di tenerla sulla mano per qualche istante e compiere un atto di adorazione prima di mangiarla.
Se il protocollo lo avesse previsto, si sarebbe potuto ottenere un altro vantaggio con la soppressione di tutti quegli orribili canti che infestano ogni celebrazione, anche la più sparuta. Visto che si era così preoccupati delle goccioline potenzialemente piene di virus, e così inclini a spaventare la gente, sarebbe bastato ammonire che cantando se ne emettono molte di più che tacendo, mascherine o non mascherine, e l’eliminazione della “colonna sonora”, che invece a quanto pare viene ritenuta indispensabile da tutti, avrebbe dato un altro piccolo contributo alla “riforma liturgica virale”. Ma non si può avere tutto.

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