Proseguiamo con gli approfondimenti sul dibattito sul Concilio Vaticano II. Oggi pubblichiamo il contributo di padre Thomas G. Weinandy, OFM, cappuccino, un importante, stimato e riconosciuto teologo di fama internazionale. Esso è stato pubblicato su Inside the Vatican. Eccolo nella mia traduzione.
Recentemente, l’arcivescovo Carlo Maria Viganó e altri hanno espresso le loro preoccupazioni sullo stato attuale della Chiesa. Questo ha spesso assunto la forma di criticare il Concilio Vaticano II e di attribuire ad esso la colpa di molte delle attuali difficoltà ecclesiali.
Anthony Esolen ha persino suggerito che il Vaticano II dovrebbe essere “detronizzato”, perché il suo tempo è passato.
Comprendo molte delle preoccupazioni espresse e riconosco alcune delle problematiche teologiche e dottrinali elencate. Sono, tuttavia, a disagio con la conclusione che il Vaticano II sia, in qualche modo, la fonte e la causa diretta dell’attuale scoraggiante stato della Chiesa.
In questo breve saggio, voglio affrontare il duplice correlato lavoro dello Spirito nella Chiesa dopo il Vaticano II, perché solo nel discernere correttamente l’opera dello Spirito si può giudicare giustamente l’opera del Concilio.
In primo luogo, all’indomani del Concilio Vaticano II, sono accadute molte cose dolorose all’interno della Chiesa. Alcune di queste sono ancora in corso, altre sono sorte di recente. Sono ben note – molti sacerdoti hanno abbandonato il sacerdozio; i religiosi e le religiose hanno chiesto la dispensa dai loro voti, lasciando così decimato il loro ordine; quasi tutta la popolazione cattolica di alcuni Paesi ha interrotto la pratica della fede, l’Olanda e il Belgio sono stati i primi esempi evidenti; i teologi cattolici hanno espresso opinioni teologiche dubbie ed erronee, con intere facoltà teologiche che sono diventate baluardi di dissenso contro la dottrina e la morale cattolica. Questo elenco potrebbe essere ampliato, ma quanto sopra è uno scenario talmente ben comprovato che è diventato banale.
Il problema attuale è che tutti i suddetti mali che hanno afflitto la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, e continuano a farlo in vari modi, si dice trovino la loro causa all’interno del Vaticano II stesso, o più precisamente all’interno del cosiddetto “spirito del Vaticano II” – l’ermeneutica liberale che ha dichiarato che ciò che è importante del Concilio non è tanto ciò che ha detto, quanto piuttosto il nuovo spirito liberatorio che ha generato.
Tuttavia, spesso si giunge alla conclusione che se non fosse stato per il Concilio, la Chiesa avrebbe continuato a prosperare come apparentemente stava facendo prima del Concilio. Questo, sostengo, è un giudizio errato.
È ingenuo pensare che così tanti sacerdoti, prima del Concilio, fossero uomini di profonda fede, e poi, da un giorno all’altro, dopo il Concilio, siano stati corrotti dal Concilio o dallo spirito del Concilio, e così hanno abbandonato la loro fede e hanno lasciato il sacerdozio. I monasteri, i conventi dei frati ed i conventi delle monache non potevano essere pieni di religiosi ardenti che poi, dopo e a causa del Concilio, persero così rapidamente il loro fervore dei voti tanto da trascinarsi nel mondo, lasciando un resto che era spesso formato da persone teologicamente confuse e spiritualmente alla deriva. Le università cattoliche e le facoltà di teologia non potevano essere composte da uomini e donne che erano vivi nella fede e che comunicavano con entusiasmo questa fede ai loro studenti e che, tuttavia, alla fine del Concilio, così ansiosi, anche se spesso con le migliori intenzioni, nutrivano i loro studenti delle ultime mode teologiche, scrivendo libri che sembravano essere i più profondi e creativi dal punto di vista teologico. In realtà, si sono spesso rivelate versioni colorate e mimetizzate di varie eresie antiche e già disonorate.
Lo stesso vale per le popolazioni cattoliche di vari Paesi, come l’Olanda e il Belgio. Non avrebbero potuto essere saldi nella loro fede prima del Concilio e poi, dopo di esso, essere immediatamente usciti dalle porte della chiesa, per non tornare mai più.
Il mio punto è ovvio. Lo spirito del Concilio può aver fornito l’occasione per far emergere tutte le difficoltà della Chiesa attuale, ma esse erano già lì, profondamente radicate nella Chiesa, prima del Concilio. Tali mali non possono quindi essere attribuiti al Concilio stesso.
Tuttavia, ora voglio dichiarare quella che chiamerò la “grazia-severa dello Spirito”.
Mentre il Concilio non è la loro causa, il falso, il cosiddetto spirito del Concilio ha permesso allo Spirito di verità di rivelare alla Chiesa, e al mondo, quanto debole nella fede, quanto anemica nella vita, la Chiesa veramente fosse ed era stata.
Questa grazia-severa continua ad essere all’opera e si sta intensificando.
L’apostasia che si sta verificando all’interno della Chiesa cattolica tedesca è ora l’espressione più concentrata di questa severa-grazia, perché è stata architettata non solo da molti della gerarchia tedesca, ma anche, in alcuni punti, apparentemente sostenuta dall’attuale pontificato.
Queste grazie post-Vaticano II sono severe, perché vederle è ripugnante per ciò che rivelano. Le si guarda con timore e tremore.
Fino a poco tempo fa, molti nell’episcopato si sono rifiutati di riconoscere la grazia-severa dello Spirito, fingendo che le cose all’interno della Chiesa non fossero poi così gravi. Solo pochi estremisti rumorosi la penserebbero diversamente.
Ora, con lo scandalo degli abusi pederastici, e altri scandali sessuali, sia eterosessuali che omosessuali, e l’insabbiamento venuto alla luce in così tanti luoghi, i vescovi sono stati costretti ad ammettere la grazia-severa dello Spirito.
Tuttavia, solo osservando questa grazia-severa, solo riconoscendo la decadenza all’interno della Chiesa, la Chiesa può affrontare adeguatamente la malattia che si trova al suo interno. Solo se lo Spirito avesse permesso all’oscurità del male di manifestarsi in modo evidente, lui, e la Chiesa, avrebbe potuto riconoscerlo colpevole di peccato e condannarlo.
In definitiva, dovremmo essere grati per la severa-grazia dello Spirito, perché ci chiama al pentimento e alla novità della vita.
La mia seconda osservazione ha a che fare con i frutti che il Vaticano II ha prodotto, in particolare per quanto riguarda i mali sopra descritti. Questo frutto potrebbe essere chiamato la “grazia-benefica dello Spirito”.
Il principio è che dove il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda. Ecco alcuni esempi.
Senza il Vaticano II, sarebbe difficile immaginare che Karol Wojtyla venisse eletto Papa. Il Vaticano II ha giustamente creato un clima in cui i cardinali, e la Chiesa nel suo insieme, potessero pensare fuori dagli schemi “italiani” ed eleggere un polacco e, soprattutto, un uomo di tale vitalità intellettuale e maturità spirituale.
Inoltre, Giovanni Paolo, attraverso le sue grandi encicliche, ha affrontato con forza, con chiarezza e con fantasia i mali dottrinali e morali che c’erano e che continuano ad affliggere la Chiesa.
Allo stesso modo, egli, con la forza della sua autentica personalità carismatica, si è assunto personalmente il compito della nuova evangelizzazione, specialmente tra i giovani – l’annuncio del Vangelo ai cattolici tiepidi nella fede e indifferenti nello spirito.
In mezzo alla grazia-severa dello Spirito, lo Spirito ha innalzato Giovanni Paolo II come una grazia-benefica, una grazia che diventerà adulta e maturerà man mano che la Chiesa si sforzerà di rinnovarsi.
Inoltre, quando gli ordini religiosi tradizionali erano in caduta libera, nuovi ordini religiosi, specialmente quelli femminili, hanno preso vita. Essi hanno attratto, e continuano ad attrarre, molte giovani donne. Una tale fioritura all’interno della vita religiosa sarebbe stata impensabile prima del Vaticano II.
Allo stesso modo, il Vaticano II ha creato un clima in cui nuovi movimenti di rinnovamento e nuove comunità hanno potuto nascere.
Il Rinnovamento carismatico all’interno della Chiesa cattolica non ha un fondatore umano, ma è stata l’unica opera dello Spirito Santo. Un fenomeno del genere non sarebbe mai entrato nella mente di nessun uomo o donna cattolico, ecclesiale (soprattutto) o laico negli anni Quaranta e Cinquanta, tanto meno nell’élite liberale post-Vaticano II.
Molti di questi movimenti non solo hanno portato una fede e una vita vibrante ai suoi membri, ma sono anche in prima linea nell’evangelizzazione.
Sì, ci sono stati dolori crescenti, ma anche il mio Ordine cappuccino è stato quasi soppresso dal Papa poco dopo la sua fondazione, essendo diventato protestante il suo Superiore Generale.
Il declino dei seminaristi dopo il Concilio è stato, e in qualche misura lo è ancora, problematico. Tuttavia, la nuova generazione di seminaristi porta speranza.
In particolare, le diocesi che hanno un vescovo solido nella fede per quanto riguarda la dottrina e la morale hanno più probabilità di attrarre giovani promettenti.
Che il vescovo faccia ora la differenza per quanto riguarda la vivacità della sua diocesi è anche il frutto del Vaticano II. Prima del Vaticano II, un vescovo era spesso uguale a un altro, e una diocesi era simile a un’altra. Ora, la vivacità pastorale di una diocesi e il frutto spirituale di una diocesi possono spesso essere attribuiti direttamente alla fede entusiasta e piena di Spirito del vescovo.
Allo stesso modo, sulla scia degli scandali sessuali, i seminari diocesani hanno lavorato ardentemente per garantire che i loro seminaristi ricevano una formazione accademicamente fedele all’insegnamento dottrinale e morale della Chiesa. Ai seminaristi viene offerto anche un regime spirituale più intenso, che favorisce la santità della vita e lo sviluppo umano. Voglia [Iddio] che lo stesso possa essere confermato con entusiasmo in tutti i seminari condotti da ordini religiosi! Tuttavia, la nuova vitalità all’interno dei seminari è una grazia-benefica dello Spirito Santo, una grazia che contrasta la grazia-severa che manifesta le mancanze di molti sacerdoti precedenti.
Infine, in mezzo a una teologia post-Vaticano II meno che robusta, e spesso discutibile, all’interno di gran parte della comunità accademica cattolica, mi rallegro di assistere a un’autentica rinascita teologica, che non avrei mai pensato di vedere in vita mia.
Ho amici accademici e colleghi in tutto il mondo che insegnano la fede in modo chiaro e senza paura sia in aula che nei loro scritti.
Un tale rinnovamento non sarebbe avvenuto prima del Vaticano II, perché prima di esso i teologi erano fondamentalmente soddisfatti e a proprio agio nel loro mestiere. Ci sono stati alcuni segnali riguardo a un rinnovamento teologico, ma spesso sono stati accolti con sospetto e disprezzo.
Tuttavia, fondata sull’insegnamento del Vaticano II stesso e tenendo conto del triste clima teologico contemporaneo che aveva superato l’accademia, una nuova generazione di teologi è risorta dalle ceneri come una fenice. Da notare che l’insegnamento della teologia, prima del Vaticano II, era quasi esclusivamente di competenza dei chierici. Ora, molti dei migliori e più promettenti teologi sono laici, uomini e donne.
Il rinnovamento della teologia è molteplice.
La Scrittura è diventata sempre più, come il Vaticano II l’ha definita, l’anima della teologia.
Lo studio dei Padri della Chiesa non è più considerato una ricerca antiquaria, ma un’attività rilevante per le esigenze teologiche di oggi.
Allo stesso modo, teologi dogmatici o sistematici hanno tirato fuori dalla pattumiera gli scritti di Tommaso d’Aquino e li hanno impiegati con fantasia per affrontare le questioni teologiche contemporanee, rendendo così l’Aquinate accessibile a tutta una nuova generazione di giovani.
Anche gli studi di Bonaventura sono in crescita, e così si riaccende una buona vecchia rivalità, una rivalità “amichevole” che porterà buoni frutti per tutti gli interessati.
Inoltre, il Vaticano II ha chiesto un rinnovamento della teologia morale cattolica, una teologia che sia più scritturale nell’orientamento, e che promuova la giusta dignità di ogni persona umana.
Grazie ai teologi morali innovativi, fedeli e cattolici, la Chiesa post-Vaticana II è ora in grado di difendere con fiducia, e di professare più chiaramente, il suo autentico e tradizionale insegnamento morale su una serie di questioni morali controverse, così come di affrontare le nuove preoccupazioni morali che il progresso della tecnologia e della scienza ha portato alla ribalta.
Quanto sopra è la grazia-benefica che lo Spirito Santo ha riversato sulla Chiesa post-Vaticano II, una Chiesa che aveva un disperato bisogno di rinnovamento teologico.
Ho cercato di dimostrare che, mentre molti problemi pastorali, teologici e morali hanno afflitto la Chiesa sulla scia del Vaticano II, difficoltà che continuano a far conoscere la loro presenza, non sono state causate dal Vaticano II.
Piuttosto, erano le stesse questioni che il Concilio cercava di affrontare per rinnovare la Chiesa.
Che lo Spirito Santo abbia permesso che una tale triste situazione affliggesse la Chiesa è la sua grazia-severa – il suo rendere chiaro oltre ogni dubbio quanto la Chiesa avesse bisogno di essere rivitalizzata.
Lo Spirito della verità, tuttavia, non è solo lo Spirito della condanna; è anche lo Spirito della vita e dell’amore, e così contemporaneamente ha riversato la sua grazia-benefica di rinnovamento, e noi possiamo testimoniare, come ho cercato di mostrare, che il suo frutto è nato ai nostri giorni.
Sebbene alcuni frammenti di ciò che il Vaticano II ha insegnato possano necessitare di una revisione, esso ha portato frutti autentici, frutti che non sono ancora giunti a piena maturità.
La buona battaglia della fede deve essere ancora intrapresa, e perseguita con la fiducia che la fede vincerà.
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Riguardo all’autore: Padre Thomas Weinandy, O.F.M., Cap. ha conseguito il dottorato in Teologia storica al King’s College, Università di Londra nel 1975. Ha insegnato in diverse università cattoliche negli Stati Uniti e per 12 anni è stato Warden of Greyfriars, Oxford, e ha insegnato Storia e Dottrina presso la Facoltà di Teologia dell’Università di Oxford. Autore o redattore di 20 libri e numerosi articoli, le sue specialità sono la Cristologia, la Trinità, la Soteriologia e le nozioni filosofiche di Dio nei Padri, Tommaso d’Aquino e la teologia contemporanea. È stato membro della Commissione teologica internazionale. Papa Benedetto gli ha conferito il Premio Pro Ecclesia et Pontefice nel 2012.
Di Sabino Paciolla
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