L'orsa Gaia, Greta e altre digressioni. Mentre l'orsa Gaia per ora è salva, il mondialismo avanza e serve all’umanità occidentale il progetto della "disumanizzazione" mascherato da bontà, uguaglianza e un pizzico di animalismo
di Roberto Pecchioli
L’orsa Gaia per ora è salva. Il TAR trentino ha sospeso l’ordinanza provinciale che ne disponeva l’abbattimento. Il plantigrado aveva aggredito due persone nei boschi sul monte Peller, tra le valli di Non e di Sole. Non conosciamo le circostanze, ossia se l’orsa Gaia, censita dai servizi forestali con il codice JJ4 (non c’è privacy neppure per la fauna selvaggia) abbia abbandonato le sue remote vette o se siano stati gli esseri umani a disturbarla nel suo habitat. Nel promo caso, l’abbattimento è giustificato, nel secondo no. Non è questa, però, la riflessione che intendiamo svolgere, né ci preme prendere posizione nel merito.
Sconcerta – questo sì- il ricorso alle carte bollate, addirittura con l’intervento dell’Avvocatura dello Stato sollecitata dal governo, in una vicenda di questo tipo. Facciamo fatica a formarci un’opinione, figuriamoci a esprimere giudizi. Ha ragione lo storico inglese William James Froude nell’affermare che gli animali selvaggi non uccidono mai per divertimento. L’uomo è la sola creatura per cui la tortura e la morte dei suoi simili è spassosa in sé. Lo confessiamo: nutriamo una simpatia antica per gli orsi. Animali burberi e solitari, - ma non del tutto intrattabili – hanno in comune con lo scrivano l’amore per le vette, un forte senso territoriale e la naturale antipatia per gli ospiti- diciamo così - indesiderati. Gli orsi non amano gli immigrati clandestini – umani e non – che considerano invasori e li scacciano dal loro territorio con le cattive. Certi turisti sconsiderati, simili a cavallette armate di smartphone con bacchetta per gli inevitabili selfie da postare sulle reti sociali, non dovrebbero violare il diritto degli orsi e degli altri animali selvaggi a vivere secondo l’istinto della specie.
E, detto incidentalmente, rispettare anche i monumenti e le bellezze artistiche che osservano in genere con stolti gridolini di stupore, un occhio all’orologio e il dito pronto al clic. Tutto ciò, tuttavia, non può far dimenticare il primato dell’essere umano sugli altri viventi. Per questo colpisce l’azione del governo che affida la vita dell’orsa nientemeno che all’Avvocatura dello Stato, con relativo dispendio di risorse, professionalità e tempo. Non ci interessa il facile qualunquismo, ma in questo tremendo 2020 ci sembra che l’attenzione governativa dovrebbe volgersi in altre direzioni. Lasciamo da parte il contagio, ma ricordiamo che nel medesimo istante in cui l’Avvocatura dello Stato- seriosi giuristi al servizio delle istituzioni pubbliche - si occupa del diritto alla vita dell’orsa Gaia – per cui, ripetiamo, facciamo il tifo – nessuno attiva l’azione penale per le rivolte sanguinose nelle carceri, con morti, feriti e enormi danni materiali, avvenute all’inizio dell’interminabile emergenza.
Nessuno si domanda – la magistratura è in tutt’altre faccende affaccendata – se gli italiani stiano ricevendo cure adeguate nel gran calderone del Covid 19 per tutte le altre patologie che li affliggono. Silenzio assordante di fronte alla vicenda dei sedicenni ternani uccisi dal metadone spacciato a 15 euro da un tipaccio frequentatore di centri sociali e, dicono, musicista rap “antifà”. Come potrebbero, se tutti i messaggi vanno nella direzione dell’antiproibizionismo verso le droghe? Pochissimi, dalle parti del potere, si chiederanno in che cosa ha fallito la società del progresso, se la polizia postale ha individuato una rete informatica di minorenni venditori, protagonisti, diffusori e vittime di pornografia con immagini di inaudita violenza e ferocia nell’anno bastardo 2020. Non hanno fatto altro che imitare gli adulti e trarne profitto: sono i nostri figli.
Questo è l’anno in cui le “vite nere valgono”, (black lives matter) ma non si sa più perché, tra distruzioni, abbattimenti di statue e un nuovo autoritarismo che applica a se stesso l’etichetta del Bene.
Prospettano altri mesi di emergenza da coronavirus, sospendendo ulteriormente la libertà e le democrazia, totem intoccabili del passato prossimo, ma derogabili a giudizio dei superiori per fronteggiare focolai virali e nuove ondate annunciate con la grancassa. Impaurire, terrorizzare e governare: una gran bella società. A fin di bene, non dubitate. Nessuno, tranne qualche ozioso filosofo dileggiato, si chiede più se abbia senso tenere in vita un sistema il cui unico valore è la sopravvivenza biologica. Il parlamento si occupa di stabilire per legge ciò che si può o non si può dire o pensare (e si è sempre detto e pensato ovunque e in ogni tempo) su alcuni “orientamenti sessuali”: delitto di odio, carcere, se il pensiero espresso non collima con l’opinione ufficiale odierna. Mai un sentimento- presunto, indefinibile- è stato vietato dal codice penale. Eppure, applausi dal loggione, ed è voce di chi predica nel deserto il monito di uno scrittore come Arturo Pérez Reverte, il creatore del Capitano Alatriste: più latino e meno imbecilli. Eh, no, al potere servono gli ignoranti e gli imbecilli, per questo ne crea a milioni con lena quotidiana.
Beata l’orsa Gaia che attende inconsapevole la sua sorte, da decidere tra il fruscio della carta bollata da uomini e donne vestiti in toga, una mise decisamente inadatta alle foreste d’alta quota. “Siamo solo orsi” è una serie televisiva di cartoni animati che narra le avventure di tre orsetti perplessi alle prese con il complicato, contraddittorio mondo degli umani. Che penseranno della strano comportamento dei governi che lottano per salvare Gaia ma se ne infischiano della condizione dei conspecifici soli, deboli, vecchi, poveri? Un filmato è diventato virale in queste settimane: una persona anziana stremata sta in piedi in metropolitana mentre vari giovani sono tranquillamente seduti – con mascherina d’ordinanza- smanettando sullo smartphone. Indifferenza, certo, maleducazione, o meglio ineducazione, ma anche incapacità di vedere, guardare, troppo occupati in un solipsismo condito delle futili immagini che scorrono sullo schermo, trasformato in occhio, orizzonte, hortus conclusus di una sub umanità ebetizzata.
Chissà che ne pensano del rutilante mondo umano gli orsetti. Bei tempi quelli della nostra infanzia, in cui il bene e il male erano più chiari e l’irresistibile orso Yoghi dei cartoni di Hannah e Barbera sfuggiva al ranger Smith dopo aver sottratto il cestino della merenda a qualche incauto visitatore del parco di Jellystone. Che penseranno i tre simpatici orsacchiotti dei cartoni della convivenza con una specie – quella umana – che forse salverà Gaia, ma accetta che i suoi giovani si distruggano con la droga e altre dipendenze, che i depressi chiedano non terapie , ma il suicidio assistito, che gli anziani possano scegliere la morte, anzi la “buona morte” ( eutanasia) come soluzione, dopo una certa età; che i cuccioli- pardon i bambini- siano eliminati prima della nascita a richiesta della non-madre, non-genitore 1, nel silenzio del non-genitore 2. Anche i bombardamenti, nel meraviglioso universo progressista, sono “umanitari” e la guerra non si chiama più così, ma polizia internazionale. Le vittime sono danni collaterali, mentre i feti abortiti possono essere riciclati come componenti per l’industria cosmetica: non si butta via niente!
Gaia sta tra le cime dolomitiche, ma altri animali selvatici, i cinghiali, vivono ormai a decine nella città di Genova, in pieno centro, nell’alveo semi secco del torrente Bisagno. Non di rado si concedono un giretto nei quartieri adiacenti, con notevole pericolo per i cittadini e anche per i cani, più numerosi, nell’ex Superba, dei bambini. Nulla: nessuna decisione istituzionale; si teme la reazione degli animalisti, la finta “bufera” sulle reti sociali. Allontanarli o abbatterli selettivamente sembra una bestemmia. Temiamo che la società malata degli uomini non abbia la legittimità morale per applicare la pena di morte a Gaia, l’orsa che ha fatto ciò che ha fatto per paura, protezione del territorio o della prole. Legittima difesa, nel linguaggio giuridico della scimmia nuda e intelligente, che non ha più fede nella sua superiorità ontologica sulle altre specie. Forse perciò accetta di buon grado la riduzione a gregge– lo dimostrano i comportamenti di massa al tempo del Covid 19 e il consenso a pratiche zoologiche e zootecniche –e ha perduto, nonostante l’istruzione di massa, la consapevolezza di far parte della categoria delle prede nel mirino della parte dominante dell’umanità, i predatori.
L’homo sapiens (e soprattutto consumens et oeconomicus) postmoderno ha elaborato un elegante modello matematico (le equazioni di Lotka –Volterra) per definire il rapporto preda-predatore. Il predatore ha “diritto” alla preda (è l’economia liberista), ma, attenzione, non deve esagerare e distruggerla, altrimenti non ci saranno più prede! Splendida moralità: non lo sappiano gli orsi, specie Gaia in attesa di giudizio. Qui ci pare stia il punto fondamentale, la riflessione scaturita dal diritto o meno alla vita di un animale che ha “disturbato”: l’interrogazione rispetto ai limiti dell’azione umana sui propri simili, sui viventi e la natura. E’ un terreno minato, ma non possiamo sottrarci a un giudizio di merito. Sappiamo di scandalizzare qualcuno, ma siamo convinti che la nostra civilizzazione – entrata nella fase terminale – sia nata con un “buco nero” iniziale. Nel Genesi, la cosmogonia giudaica, il Dio unico creatore afferma “facciamo l’uomo a nostra immagine, come nostra somiglianza, affinché possa dominare sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame e sulle fiere della terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra “(Genesi, 1-26, La Bibbia, San Paolo, 2014). Nessuna civiltà umana, tranne la nostra nell’attuale fase agonica, ha mai dubitato della supremazia dell’uomo sul resto del Creato e della natura. Nessuna, tuttavia, ha così largamente praticato sfruttamento e dominio.
Ci volle Gesù per rovesciare la prospettiva. Il figlio del falegname di Nazareth (o del Padre celeste…) dichiarò solennemente che siamo tutti uguali davanti a lui; affermò che il suo regno non è di questa terra. Promise il cielo agli uomini di buona volontà, non la terra ai suoi prediletti. La civiltà che ne è scaturita, con la Terra come domicilio provvisorio, parla piuttosto di custodia, di responsabilità, di usufrutto del creato con obbligo di trasmissione alle generazioni seguenti da parte dell’uomo - essere razionale a immagine divina- piuttosto che di signoria incontrastata. Ma l’uomo è fatto di legno storto e dimentica volentieri la sua condizione caduca e imperfetta. Ad ogni generazione si è levato il grido di Herman Melville: “se io fossi il vento, non soffierei più su un mondo tanto malvagio e miserabile. Eppure, lo ripeto e lo giuro, c'è qualcosa di glorioso e di benigno nel vento.” Per questo, perché nel creato vi è qualcosa di glorioso e benigno, ha senso domandarsi se l’orsa Gaia ha diritto a vivere secondo natura e istinto nonostante abbia attaccato alcuni nostri conspecifici. E’ nostro diritto l’usufrutto del creato, ma è nostro dovere rispettarlo, custodirlo intatto nel tempo, riconsegnarlo.
Il dominio sulla natura del Genesi, se non sottoposto al tribunale della coscienza morale e al rispetto del limite, per i greci segno primordiale di civiltà, è un grave difetto: un peccato di superbia in senso cristiano, di hybris, arroganza, eccesso, secondo la tradizione classica. L’hybris produce inevitabilmente conseguenze negative. Nella tragedia greca, è altresì l’antefatto, la causa a monte che condurrà alla catastrofe finale, nel significato letterale di rivolgimento, capovolgimento negativo. Per il pensiero tradizionale cristiano, ogni male (peccato) può essere ricondotto all'hybris dell'uomo, all’ansia di dominio, giustificata dalla stessa volontà di Dio. Lo sfruttamento selvaggio delle risorse – umane, animali, naturali – da parte del predatore dalla stazione eretta è l’hybris più grande.
In questo senso, Greta Thunberg ha ragione. Fuori dal suo universo di incubi e dalla manipolazione che subisce dal potere a cui crede di opporsi, la ragazza svedese svela la scissione – schizofrenia - di un tempo in cui ci si preoccupa della vita di un singolo orso, ma si trascura la sopravvivenza del pianeta e manca il rispetto per la persona umana. Epperò, una volta di più, colpisce l’enormità della contraddizione di cui è protagonista: a fingere plauso e rendere omaggio all’adolescente Greta sono i potenti del mondo (occidentale), ovvero i maggiori responsabili delle catastrofi ecologiche. Se le credessero davvero, basterebbe poco per cambiare radicalmente l’agenda del pianeta. Impossibile: quel che interessa a lorsignori è che la richiesta di un cambiamento radicale parta dal basso, dalla moltitudine. Sapranno loro mettere a carico dei popoli i costi economici e i disagi civili ed esistenziali delle immense ristrutturazioni di cui conoscono più di ogni altro l’urgenza.
Questa è la funzione immediata di Greta. L’altra, più sottile, va nella direzione di estendere il consenso dell’agenda mondialista. Non c’è un pianeta B, afferma con ragione la propaganda ambientalista; dunque, il sottinteso, il non detto del falso sillogismo, è il seguente: se unico è il pianeta e comune il rischio ecologico, uno deve essere il governo, il potere “benevolo” ma assoluto che si fa carico della sopravvivenza. Greta diventa l’abile maschera dei piani oligarchici: funziona perché non lo sa e come lei lo ignorano i milioni di giovani mobilitati nel mondo. Diffonderà un programma “giusto” a vantaggio dei criminali che, insieme a tante altre schifezze, hanno ridotto il pianeta Terra a preda e discarica. Saranno costoro a decidere per tutti, a diffondere le parole d’ordine obbligatorie. A loro le scelte e i profitti, solo lievemente inferiori, nelle fasi iniziali della grande ristrutturazione, in ossequio all’equazione preda-predatore.
Subito dopo, scatterà l’opzione della “sostenibilità”, ovvero l’acrobatico tentativo, guidato dai soliti noti, di tenere insieme le esigenze dello sviluppo, della crescita infinita in un mondo finito, con il rispetto per l’ambiente, l’impronta ecologica, l’aria pulita, la biodiversità. Quel che conterà sarà girare il conto a piè di lista ai popoli continuando a privatizzare i profitti e tenendo saldo il timone del dominio. Per riuscirci, avranno bisogno di nuove forze politiche, ancora più fedeli alla linea. In quest’ottica, si comprende la forte ripresa, in Germania, in Francia, nell’Europa settentrionale e in Inghilterra, dei Verdi, una simil sinistra di cartone, light, multiuso, alla quale affidare un’agenda centrata sulla grande ristrutturazione industriale, su nuove fonti energetiche (l’elettricità, che si limita a nascondere l’inquinamento e i gas a effetto serra sotto il tappeto), sulla robotizzazione.
Giocherà un ruolo importante la paura, che sono riusciti a spargere a piene mani utilizzando il virus. Greta stessa, con la sua giovinezza spenta e lo sguardo allucinato, è l’efficace emblema di un futuro carico di apprensione. Il mondialismo avanza e serve all’umanità occidentale il progetto – privo di alternative, nessun piano B – della disumanizzazione mascherato da bontà, uguaglianza e un pizzico di animalismo. Una lacrimuccia per l’orsa Gaia, la facile menzogna della “sostenibilità”, il mondo unico da salvare tutti insieme, appassionatamente. L’internazionale, futura disumanità.
L’ORSA GAIA, GRETA E ALTRE DIGRESSIONI
di Roberto Pecchioli
Se “Chick Lives Matters” più delle vite umane, è finita per questa generazione
Vedo che è stata lanciata un’altra vasta campagna umanitaria globale
Se digitate “stop strage pulcini”, ne verrete informati da decine di siti. Come si legge nel sito “animal equality” ,
“Sono 300 milioni in tutta Europa e 40 milioni in Italia i pulcini che, ogni anno, vengono uccisi perché l’industria delle uova li considera solo come “scarti”. A poche ore dalla nascita, infatti, gli operatori procedono al “sessaggio”, un’operazione che permette di stabilire il sesso dei pulcini.
Soltanto i pulcini femmina vengono selezionati – saranno future galline ovaiole – mentre i pulcini maschi sono del tutto inutili all’industria, in quanto non depongono uova. I pulcini maschi, quindi, vengono brutalmente uccisi”.
“Si può nascere solo per… morire poco dopo?”, si domandano gli animalisti, convinti a ragione di muovere alla commozione più pura ed autosoddisfatta le moltitudini.
Adesso ho ricevuto un messagino whatsapp che mi invita a partecipare alla nobilissima lotta in questi termini, per loro la più urgente azione da chiedere al governo
“Ciao, ho appena firmato una petizione rivolta al governo italiano per fermare concretamente la strage dei pulcini maschi…Per favore, firma anche tu. Grazie di cuore!”
Cuore! Cuore! Fanno l’appello al cuore, sapendo che nessuno resisterà: non solo perché tutti abbiamo un cuore, ma perché non rispondere all’appello e non firmare la petizione ci manifesta come cuori duri e spietati.
Non stupisce che i pulcinofili possano vantare i primi successi: hanno già superato le 23 mila firme per la petizione, ma soprattutto la COOP “si impegna a introdurre le tecnologie in-ovo sexing appena possibile, in modo da risparmiare la vita di milioni di pulcini maschi all’interno della propria filiera delle uova”. L’in-Ovo-sexing è una tecnica che determina il sesso dei pulcini mentre sono ancora nell’uovo, che consente di distruggere le uova prima che il pulcino maschio schiuda (in certo senso, un aborto) risolvendo alla radice “l’attuale problema etico con la produzione di uova”. La tecnica è olandese. Non c’è come gli olandesi per risolvere i problemi etici.
Agghiacciante. Gli aborti di feti umani sono almeno 56 milioni l’anno, e ciò anno per anno da quasi mezzo secolo, da quando l’aborto è stato legalizzato nel mondo; centinaia di milioni di bambini vengono fatti a pezzi nei ventri delle madri, con sofferenze certe di cui nessuno parla – e i cuoricini si mobilitano per la strage, e le sofferenze, di pulcini maschi.
E’ ormai solido patrimonio di questa umanità la riduzione della morale al sentimento, eccitato dai media, e il suo ulteriore scadimento al sentimentalismo; ed ora a questa distorsione si aggiunge anche l’aberrazione: di ergere la a moralità superiore, a nobile dovere, quindi ad obbligo legale, la commozione dei teneri cuoricini, che ovviamente resta di gelido acciaio per i milioni di bambini abortiti. Semplicemente perché i media non li mostrano. Non c’è censura più ferrea del silenzio sugli eccidi di feti tra sangue e muco, e la loro vendita in parti per qualunque business, dalle creme antirughe ai vaccini, ai mille usi degli organi e tessuti fetali che può escogitare la creatività capitalista.
Che sia un’aberrazione mostruosa del senso morale dei promotori dell’appello, lo rivelano loro stessi; esordiscono nel loro appello con questa frase: “Si può nascere solo per… morire poco dopo?”.
E ne fa un titolo:
No, non si può nascere per morire poco dopo; il fatto che – in perfetta buonafede, immagino – costoro non vedano che questo sentimento va applicato anche ai bambini non nati , e non vivano come una urgente priorità far cessare “la strage dei pulcini” umani soppressia decine di milioni l’aborto è la prima causa di morte nel mondo – , dice che essi hanno un enorme angolo cieco etico; non vedono il male dov’è, anzi negano che l’aborto sia un male, essendo “un diritto” costituito.
Orbene: è qualcosa di orribilmente analoga quella aberrazione del gusto che induce certi malati mentali ad essere ghiotti delle loro feci; con in più la pretesa politica e sociale di far diventare questo gusto pervertito “legge dello Stato”; e nuova moralità obbligatoria per i “bigotti” che, come noi, esprimono disgusto.
Da una parte, è l’emergere di qualcosa di ineliminabile, proprio della natura umana: la coscienza. Raggiunta la massima “liberazione” da ogni morale, per cui tutto è permesso, nasce la necessità di imporre obblighi e doveri verso ogni vivente; una nuova morale cogente da sancire con leggi; è comunque l’emergere della coscienza etica, per quanto deviata.
Cancellata la precedente nozione di bene e male, non è che le coscienze restano vuote (“libere”); adesso vige una concezione di “bene” e di “male”, come prima, solo di segno contrario: ciò che prima era peccato e perversione, oggi è approvato e devozione civile.
Sono i “valori UE” , i valori lanciati dalla rivoluzione americana in corso, dove i peccati non sono stati aboliti, ma sono soltanto cambiati: discriminare i gay è peccato e crimine perseguibile, come tutte le “minoranze”, gli “immigrati”, negri, … Tutte salvo una, i bigotti. Quelli che cercano di restare fedeli all’idea di Bene e di Male secondo Cristo. Eppure sono una minoranza; ma va repressa, cancellata proprio perché è “il passato repressivo” con cui il mondo ha chiuso.
A Indianapolis una giovane madre di 24 anni è stata uccisa per aver detto, contro Black Lives Matter, che All Lives Matters. E diversi professori sono stati licenziati in USA per aver postato la frase “all lives matter”, “tutte le vite contano”; quello è un riferimento odioso e peccaminoso al cristianesimo, ai vecchi valori da annichilire. E nulla garantisce che nel contagio psichico mondiale imperante, questo possa avvenire in Italia, dove – non c’è dubbio – la petizione pulcinofila sarà accolta.
Mica per niente le ambasciate USA inalberano lo stendardo arcobaleno; il personale si proclama ufficialmente seguace della nuova fede e della nuova morale del sentimento – obbligatoria. In Europa, i media hanno commentato con ostilità il voto in Polonia, perché ha vinto Duda “l’ex chierichetto” (Corriere) che si è proposto come difensore della sovranità nazionale dalle ingerenze europee (e della Germania in particolare), difensore della famiglia dall’«ideologia gay», dall’aborto e dalla fecondazione assistita”. Libération ha preso il lutto perché i polacchi hanno azzerato le speranze “pour une Pologne plus ouverte, plus tolérante mais aussi plus européenne”
Impressionante la velocità con cui le moltitudini stanno adottando la nuova morale, la fanno propria, sorvegliano che venga obbedita , puniscono il non conformismo. Già vediamo tali moltitudini indossare la mascherina meno come improbabile prevenzione sanitaria, che sfoggio di virtù civica – e precisamente virtù progressista, come uno dei doveri della loro etica: tutt’uno con la difesa dei “diritti LGBT” (che nessuno minaccia), l’odio virtuoso per il “sovranismo” (qualunque cosa significhi per loro), la petizione per i pulcini e mai, mai per i bambini greci uccisi dalla miseria indotta; una caverna echeggiante di buoni sentimenti in cui risuonano il mangiare bio, Greta, l’antirazzismo che abbatte statue, il “Dio-patria-famiglia che vita di merda”, la “onestà onestà” pubblica come fosse compatibile con la promozione e approvazione di ogni trasgressione sessuale .
“Questa generazione” (uso il termine biblico) armata di questa sua “morale” aberrante come i gusti di certi psicopatici per le proprie feci, è condannata al disastro che già è su di noi con una rapidità spaventosa, distruggendo tutte le nostre illusioni di autosufficienza. Umanamente, non mi pare si possa fare nulla per farla tornare in sé; devo dire per farci, perché mi ci metto anch’io: anch’io ho goduto delle “libertà”; non mi sono opposto abbastanza, sono stato complice almeno per omissione, anche il mio gusto morale ormai si nutre di sterco trovandolo buono.
A Garabandal apparve la Vergine fra il 1961 e il 1965. Apparizione oggi semi-dimenticata, non approvata dalla gerarchia, ritenuta falsa da molti “buoni cattolici”. In essa ci è stato annunciato un evento, un ammonimento in cui “Interiormente vedremo la nostra coscienza di fronte alla giustizia di Dio; ciò che abbiamo fatto di male e ciò che abbiamo omesso di fare: in una parola, una specie di giudizio particolare in vita. Sarà un’esperienza terribile, ma avverrà per il bene delle nostre anime”.
Credibile o no, approvato o no, io so che di questo ho bisogno: di vedermi sotto lo sguardo tremendamente oggettivo del Padre, l’Occhio della Verità che ispira terrore (alcuni moriranno per la paura), nudo, pesato e trovato mancante – ma è l’estrema carità di cui abbiamo necessità, la generosità suprema dell’amore divino per la “generazione presente”, che Egli vuole salva.
Video della conferenza di Gambassi. 4-7-2020
Cosa manca culturalmente nel fronte anti liberista/globalista.
Mentre i media ci parlano di una inevitabile “Nuova normalità” ci siamo incontrati in un luogo dove l’emergenza sanitaria e quella autoritaria sono state lasciate fuori.
Per capire la minaccia costituita dalla cosiddetta nuova normalità è necessario ripartire da cosa sia la normalità e quando abbiamo iniziato a credere che fosse quella imposta come modello da una élite culturale. Ma analizzare come questo è iniziato non basta, quello che manca nella cultura, e nell’informazione indipendente, è un modello alternativo, una nuova proposta antropologica che possa essere opposta al modello darwiniano che tuttora è il riferimento condiviso.
E’ solo con una nuova antropologia che si potrà superare il modello liberista, l’antropologia del Quarto Dominio. (La parte terminale contiene un “fuori onda” che non è stato eliminato perché parte integrante dell’atmosfera e dello spirito dell’incontro che non era solo di comunicazione di contenuti ma di condivisione di esperienze in contrasto con l’atmosfera COVID-19)
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