ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 21 luglio 2020

Un pò sì e un pò no..?

VITERBO
Sospeso il don alle "nozze" gay, c'è un vescovo a Civita

In provincia di Viterbo un parroco ottiene dal sindaco di "sposare" due lesbiche. Il vescovo lo sospende e lo manda in discernimento per un anno. E alla Bussola dice: «Temevo una messinscena del mondo gay, si è già dimesso, deve capire la fesseria che ha fatto». Ma ora gli attacchi di omofobia cadranno su questo pastore coraggioso che si è dimostrato vero padre con un suo prete. 



Mentre i giornali di mezz’Italia stanno parlando di lui come del prete sposa lesbiche, lui è già in un luogo segreto a meditare su quella che il suo vescovo ha definito senza mezzi termini «una fesseria che ha fatto». A Sant’Oreste, provincia di Viterbo e diocesi di Civita Castellana è successo davvero tutto in un lampo. L’11 luglio scorso don Emanuele Moscatelli ha chiesto ed ottenuto dal sindaco Valentina Pini di unire civilmente due donne lesbiche del Paese. Domenica sera il vescovo Romano Rossi – come annunciato da lui stesso alla Nuova BQ – era già nella parrocchia di San Lorenzo Martire per spiegare ai fedeli la decisione di sospenderlo dalla guida della comunità il sacerdote.

L’episodio è sintomatico di un attacco al sacerdozio che con l’approvazione della legge sull’omofobia sarà destinato a ripetersi. Chiederanno ai preti di celebrare le unioni civili nel nome della nuova religione omosessualista? E chi si rifiuterà verrà accusato di omofobia? Di sicuro il corto circuito Chiesa-Stato & diritti Lgbt è molto sospetto e rimanda a quanto accaduto in Diocesi di Gorizia, dove il cappellano degli scout partecipò convintamente al “matrimonio” dell’educatore Agesci e a rimetterci fu il parroco che si oppose a quella cerimonia: venne trasferito dal vescovo, che invece tiene ancora oggi al suo posto tanto il prete quanto “l’educatore”.   

Non conosciamo il livello di confidenza che don Moscatelli aveva con le due donne (al telefono con la Bussola ha più volte riattaccato), ma il sospetto che il movimento Lgbt si voglia servire di preti già fragili di loro e indurli a compiere spinte in avanti come quella di Sant’Oreste, è molto forte. Ed è un sospetto che ha avuto anche il vescovo di Civita Castellana che, raggiunto dalla Bussola, ha detto: «Temevo una messinscena del mondo gay, poi mi sono informato per capire come stavano le cose».

Ma alla fine a Civita il vescovo ha fatto il suo dovere, paterno, ma fermo. «Don Emanuele si è dimesso da parroco e prenderà un periodo di riflessione e di verifica personale, ieri sera l’ho accompagnato a salutare la parrocchia e mi ha ringraziato per avergli aperto gli occhi. Domenica prossima si insedierà il nuovo parroco».

Modi spicci e per nulla intimorito, i dettagli maggiori di questa storia arrivano proprio dal pastore della Diocesi come è giusto che sia dato che il sacerdote non ha risposto alle domande dei giornalisti che ieri l’hanno cercato.  

«Gli ho fatto capire la fesseria che ha fatto, posso capire che in certi momenti di fragilità entrino in gioco l’amicizia o lo spirito del tempo, ma celebrare un’unione civile è troppo. Da domani farà un periodo di riflessione fuori dalla diocesi, si tratta di un luogo, diciamo, “collaudato”, ma ora ho il compito di aiutare questo mio prete a vedere chiaro dentro di sé. E rilanciare su nuove basi la sua vita sacerdotale, credo ci sia spazio di recupero dopo l’errore fatto. Comunque, diamoci tempo un annetto e vediamo».

Monsignor Rossi, che ha celebrato Messa con don Emanuele, ha detto anche di essere pronto ad eventuali “ritorsioni” degli attivisti Lgbt: «Per la verità me le aspettavo – confida – invece per il momento non si è fatto vivo nessuno». Forse, gli facciamo notare, è perché la notizia delle dimisisoni del prete è ancora fresca e non è ancora arrivata a certe orecchie. «Bè, comunque se arriveranno attacchi, li affronterò, non ho mica paura sa?». 

L'atteggiamento di questo vescovo appare in contraddizione con le seduzioni del mondo e con il comune sentire odierno, anche ecclesiastico, dove spesso per comodità o per paura, si tende, a fare finta di nulla. Ma, affrontando la cosa di petto e denunciando l'errore chiamandolo col suo nome, questo vescovo ha dimostrato di essere il solo ad aver avuto a cuore il sacerdote, strumentalizzato da tutti, sindaco compreso, ma in realtà la prima vittima di questa storia destinata a ripetersi altrove e che apre una nuova breccia: con la legge sull'omofobia anche i preti dovranno stare ben attenti a dove schierarsi. 

Andrea Zambrano
https://lanuovabq.it/it/sospeso-il-don-alle-nozze-gay-ce-un-vescovo-a-civita

E ora il parroco sposa 2 donne: "Garantiamo i diritti di tutti"

Il parroco della comunità di Sant'Oreste, in provincia di Roma, ha celebrato il rito civile tra le due donne indossando la fascia tricolore

Un parroco celebra, in veste di sindaco, il matrimonio tra due donne e la notizia desta subito grande scalpore.
Una circostanza a dir poco singolare quella che coinvolge il prete della comunità cattolica di Sant'Oreste, piccola cittadina alle porte di Roma, alle prese con un evento a dir poco epocale.
Se non diventerà la consuetudine, di certo, queste nozze segneranno una svolta quasi storica per la Chiesa. Protagonista della vicenda è il sarcedote della parrocchia di San Lorenzo Martire che ha espresso la volontà di legittimare l'unione civile tra due donne vestendo, per l'occasione, i panni di primo cittadino del piccolo comune capitolino. Così, sull'abito talare, il presbitero ha indossato la fascia tricolore per officiare il rito con tutti i crismi del caso.
Stando a quanto riferisce l'Adnkronos, i fatti risalgono risalgono a domenica 11 luglio. Il matrimonio si è svolto a Sant'Oreste, comune della provincia di Roma con poco più di 3.600 anime. A pochi giorni dalla celebrazione, il parroco si è recato dal sindaco Valentina Pini, eletta con una lista civica, affinché gli concedesse la possibilità di esaudire il suo desiderio e per la gioia delle due spose che, si presume, abbiano formulato richiesta esplicita della celebrazione ''sui generis''.
A raccontare l'episodio è proprio il primo cittadino del cittadina capitolina. "Il parroco mi ha chiesto di potere avere la delega per sposare le due donne perché è prerogativa del sindaco concederla e, nella volontà di non ledere i diritti di nessuno, gliela ho data", spiega Valentina Pini all'agenzia stampa. "La cerimonia è avvenuta in Comune", conferma ancora il primo cittadino di Sant'Oreste tenendo a precisare anche che "avendo una certa confidenza col parroco ho detto pure di valutare l'opportunità di questa cerimonia. Ecco come sono andate le cose". Per la Chiesa, un conto sono i diritti, altro conto il matrimonio, sacramento riconosciuto in quanto tale solo tra un uomo e una donna. Le donne unite civilmente da un sacerdote sono cattoliche? "Non so se lo hanno fatto a titolo religioso o per amicizia - conclude Pini -. Io ho concesso la delega solo nella volontà di non ledere i diritti di nessuno"
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https://www.ilgiornale.it/news/cronache/parroco-fascia-sindaco-unisce-matrimonio-due-donne-1878499.html

CHIESA
«Nozze ed esequie, non c'è nessuna novità»
La nuova Istruzione della Congregazione del clero sulla conversione pastorale delle parrocchie è stata salutata da molti media come una svolta, per la partecipazione dei laici ai funerali e ai matrimoni. Ma in realtà nell'istruzione è contemplato solo quanto già in vigore, e l'intenzione dichiarata è invece quella di frenare certe libere interpretazioni.



Giornali e telegiornali hanno sparato ieri titoloni sul "sì a nozze e funerali celebrati dai laici" a proposito della nuova Istruzione curata dalla Congregazione per il Clero, parlando sensazionalisticamente di "svolta". Ma è davvero così? “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”, questo il nome del documento approvato da papa Francesco il 27 giugno 2020, nel capitolo dedicato agli "Incarichi e ministeri parrocchiali" investe il "il Vescovo, a suo prudente giudizio" della possibilità di affidare "ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco" alcuni compiti, tra cui "la celebrazione del rito delle esequie" e "dove mancano sacerdoti e diaconi", "previo il voto favorevole della Conferenza Episcopale e ottenuta la licenza dalla Santa Sede" la facoltà di assistere ai matrimoni.

Non è corretto, però, parlare di "svolta in Vaticano": infatti, come appare evidente anche nei rimandi, già nel n.9 dei Praenotanda compresi nell'Ordo Exsequiarum del 1969 viene disposto che le "esequie nella Liturgia della Parola possono essere celebrate dal diacono" e, "se la necessità pastorale lo esige, la Conferenza Episcopale può, con il consenso della Sede Apostolica, designare anche un laico". Una circostanza confermata nel 1997 nell'"Istruzione Ecclesiae de mysterio su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici al ministero dei sacerdoti", dove si legge che "i fedeli non ordinati possono guidare le esequie ecclesiastiche solo nel caso di vera mancanza di un ministro ordinato ed osservando le norme liturgiche in merito", precisando che "a tale compito dovranno essere ben preparati, sia sotto il profilo dottrinale che liturgico".

Dando un'occhiata a quest'ultimo documento, redatto 23 anni fa dalla Congregazione per il Clero insieme ad altri 7 dicasteri della Curia romana, è possibile smontare il sensazionalismo utilizzato da buona parte dei media per commentare la nuova Istruzione anche a proposito delle nozze: infatti, nell'articolo 10 dedicato proprio al "L'assistenza ai matrimoni", ci sono due capoversi che fanno riferimento alla "possibilità di delegare fedeli non ordinati ad assistere ai Matrimoni può rivelarsi necessaria, in circostanze molto particolari di grave mancanza di ministri sacri", specificando, però, che essa "è condizionata al verificarsi di tre requisiti: Il Vescovo diocesano (...) può concedere tale delega unicamente nei casi in cui mancano sacerdoti o diaconi e soltanto dopo aver ottenuto, per la propria diocesi, il voto favorevole della Conferenza episcopale e la necessaria licenza della Santa Sede".

Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, con il documento approvato lo scorso 27 giugno: questa eventualità per le nozze, infatti, è già prevista nel Codice di Diritto Canonico nei canoni 1112 e 1116 laddove si dice che, in mancanza di sacerdote e diaconi, il Vescovo diocesano può delegare a presiedere anche un "laico idoneo" che sia "capace di istruire gli sposi e preparato a compiere nel debito modo la liturgia del matrimonio".

Piuttosto, va sottolineato il carattere di eccezionalità di questi casi non certo occultato nell'ultima Istruzione - differentemente da quanto fatto in molti titoli ed articoli giornalistici - con la conferma di quella che è la regola generale che, in quanto tale, può ammettere eccezioni pur col consenso della Conferenza Episcopale ed in accordo con la Santa Sede.

Il documento, al contrario, sembrerebbe voler mettere un freno a certe libertà interpretative che talvolta si concedono alcuni vescovi in merito alla partecipazione dei fedeli laici alla missione della Chiesa. Monsignor Andrea Ripa, infatti, nella presentazione d'accompagnamento all'Istruzione, scrive che "non è raro (...) che la visione della comunità parrocchiale e della cura pastorale proposti dal Magistero ecclesiale, dal Concilio Ecumenico Vaticano II fino all’insegnamento di Papa Francesco, e di conseguenza naturalmente entrati nella normativa canonica, diventino un quid troppo soggettivo, un vero 'secondo me', a discrezione del singolo Vescovo o del singolo gruppo, con interpretazioni non di rado improprie della vita di una comunità e del ministero dei pastori".

In questo stesso testo, il sotto-segretario della Congregazione per il clero ribadisce che il presente documento non contiene "novità legislative". E non a caso, in ambienti ecclesiali che potremmo semplicisticamente definire progressisti, l'uscita di "La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa" è stata accolta con grande amarezza e delusione, non senza critiche al pontefice accusato nemmeno troppo velatamente di aver esaurito definitivamente la sua spinta propulsiva riformatrice.

Ma d'altra parte, l'eredità del Concilio Vaticano II sulla collaborazione del laicato al ministero dei sacerdoti è riassunta in quanto disse San Paolo VI agli Uditori laici in un discorso del 1963: "la Chiesa è articolata in persone, organi e istituti che hanno distinte funzioni".
L'Istruzione divenuta pubblica ieri si colloca in questo solco, contrariamente a quanto sostenuto dai delusi. Quando denuncia il "clericalismo", molto spesso papa Francesco fa riferimento proprio alla "tentazione di clericalizzare i laici" presente in tanti preti, così come a quei "tanti laici (che) in ginocchio chiedono di essere clericalizzati". C'è da sperare che il modo fuorviante e superficiale con il quale buona parte dei media hanno annunciato novità - che in realtà non sono novità - su nozze ed esequie non esponga da domani i parroci alle richieste di chi vorrebbe farsi celebrare il matrimonio in chiesa dal migliore amico o dal capo ufficio. 

Nico Spuntoni

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