ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 17 agosto 2020

Una "Chiesa solo dell'oggi" non esiste

Viganò respinge citazione rimescolata di Ratzinger sul Vaticano II


L'arcivescovo Viganò ha criticato una vecchia citazione di Ratzinger rimescolata di recente dal vescovo ausiliario di Los Angeles Robert Barron.

Eccola: "Difendere la vera tradizione della Chiesa oggi significa difendere il Concilio. Dobbiamo rimanere fedeli alla Chiesa di oggi, non di ieri oggi domani. La Chiesa di oggi si trova nei documenti del Vaticano II" (The Ratzinger Report, 1985).

In tutta la sua vita, Ratzinger ha cambiato opinione così tante volte, che è improbabile che direbbe lo stesso oggi. Infatti, Viganò sottolinea che la dichiarazione contraddice quanto Benedetto XVI ha scritto nella sua famosa Ermeneutica della Continuità: "Se non esiste la chiesa di ieri, la continuità della cosiddetta ermeneutica conciliare a cosa fa riferimento? si chiede (RemnantNewspaper.com, 15 agosto).

Viganò osserva correttamente che il presente della Chiesa è intimamente legato al suo passato. Quindi, una "Chiesa solo dell'oggi" non esiste, perché "ciò che Cristo ha insegnato ieri viene ripetuto oggi dai suoi vicari, che lo professeranno anche domani.”

L'arcivescovo fa notare anche che il termine "Chiesa di oggi" è coniato "per cancellare il passato" e indica la contraddizione che il Cattolicesimo venga demolito il nome del Vaticano II, mentre si chiedono ossequiosa sottomissione e supporto incondizionato alle innovazioni del Concilio.

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Così Papa Francesco ha cambiato per sempre la Chiesa

Francesco Boezi
17 AGOSTO 2020

La Chiesa cattolica, dopo questo pontificato, non sarà più la stessa. Il “cambio di paradigma” interessa la dottrina, ma soprattutto la scelta degli uomini.

I “bergogliani” non sono solo una categoria di persone: si tratta di un gruppo più o meno omogeneo che abbraccia la linea del pontefice argentino. In qualche modo, si potrebbe parlare di un proprio blocco di consacrati che è stato incaricato da Jorge Mario Bergoglio. Una classe di ecclesiastici che è divenuta fondamentale per l’odierna gestione dell’Ecclesia, ma che giocoforza eserciterà un ruolo per l’avvenire. Può essere presentato anche il ragionamento inverso. Il successore di Benedetto XVI ha evitato, giusto per fare un esempio, di creare come cardinali alcune personalità provenienti da diocesi storiche: gli arcivescovi di Milano e di Parigi non sono porporati. Medesimo discorso vale per il patriarca di Venezia. Tradizionalmente parlando, le diocesi citate nella storia recente hanno quasi sempre espresso un cardinale. La sensazione è che quegli arcivescovi siano visti dal Santo Padre come conservatori o comunque come non in linea con gli accenti posti in questi sei anni e mezzo.

Detta così sembrerebbe quasi che l’ex arcivescovo di Buenos Aires abbia piazzato i “suoi” all’interno dei ruoli chiave: in parte è vero, ma la Chiesa cattolica non ragiona come un partito politico. Noto, però, è il caso di monsignor Luigi Negri: ratzingeriano doc, Negri, che è un conservatore, è stato sostituito nell’arcidiocesi di Ferrara-Comacchio con monsignor Perego, definito pure il “vescovo dei migranti”. Il cardinale Gherard Ludwig Mueller, un altro ratzingeriano, è stato sì nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ma poi non è stato confermato: l’attuale prefetto è monsignor Ladaria, un gesuita Di solito, un incarico di quel tipo dura almeno dieci anni, non cinque. Potrebbero essere elencate molte situazioni simili: in generale, i ratzingeriani oggi hanno un peso minore rispetto a qualche anno fa. Un pontificato può, e in qualche modo deve, modificare la linea della pastorale. Ma un papa non può – questa è la critica del “fronte tradizionale” – cambiare la dottrina.

La pastorale, però, non può non influire sul messaggio che un ente universale come la Chiesa cattolica inoltra al mondo intero. Studiando la pastorale di Francesco, si può comprendere il perché alcuni ecclesiastici siano stati elevati in delle posizioni chiave ed altri no. Il C9, il consiglio dei cardinali chiamato alla riforma strutturale della Curia romana, è composto da “bergogliani”. Il vertice è il cardinal Maradiaga, un sudamericano con cui Francesco è molto in sintonia. Il prefetto di Propaganda Fide è il cardinal Luis Antonio Tagle, un porporato asiatico che è considerato in posizione favorevole per la successione a Bergoglio. Quando papa Francesco ha deciso d’intervenire sulle finanze vaticane, ha optato per il cardinal Reinhard Marx, l’ex vertice della Conferenza episcopale tedesca che ha spinto per un “sinodo interno” della Chiesa teutonica che pare potenzialmente in grado di mutare alcune architravi decisive per la storia della dottrina cristiano-cattolica.

Dalla possibilità di affidare alcuni compiti pastorali ai laici al commissariamento di alcune congregazioni “tradizionaliste”, passando per le selezione delle madri superiori e dei superiori genericamente intesi: quello di Bergoglio è, in qualche modo, una sorta di spoil system. Ma ogni pontefice ha disegnato una Chiesa a sua immagine e somiglianza. Il dato nuovo, al limite, è l’indebolimento delle voci contrarie: l’opposizione è sempre meno forte. E questo dipende strettamente pure da un fattore numerico: i conservatori pesano soltanto perché “tutelati” da alcune voci mediatiche.

Nel corso del pontificato di Benedetto XVI, all’opposizione è stato consentito di criticare con ampi margini d’interventismo. Probabile che queste persone siano destinate a continuare ad occupare quelle posizioni sino alla fine del pontificato e, stando alla fotografia “politica” inerente al Conclave, oltre. Bergoglio ha del resto scelto anche la “maggioranza” relativa dei porporati. La Chiesa, dopo Francesco, dovrebbe continuare ad essere “bergogliana”. O almeno questo è quello che raccontano gli equilibri odierni.
https://it.insideover.com/religioni/cosi-papa-francesco-ha-cambiato-per-sempre-la-chiesa.html

CARLIT PIC, PIRENEI ORIENTALI. CUCÙ! E LA CROCE È TORNATA SU!

17 Agosto 2020 Pubblicato da  8 Commenti

Marco Tosatti

Carissimi Stilumcuriali, ogni tanto ci sono notizie che fa piacere pubblicare. Per esempio questa: e cioè la dimostrazione che persino in un Paese spiritualmente devastato come la Francia ci sono ancora persone in grado di reagire, silenziosamente ma con efficacia alla quotidiana violenza dei supposti “tolleranti” verso la fede cristiana, i suoi luoghi sacri, i suoi simboli. Dal sito Francebleu abbiamo trovato questo articolato, che vi offriamo nella nostra traduzione. Buona lettura.

§§§


LA NUOVA CROCE SU CARLIT PIC. UNA METAFORA…
Nell’ondata di attacchi, profanazioni e aggressioni varie di cui sono vittima in Francia ormai da anni luoghi e simboli del cristianesimo, c’è una piccola storia che merita di essere raccontata. Anche perché è legata un mistero: chi ha rimesso una croce su Carlit Pic? Negli ultimi giorni, gli escursionisti che salgono sul punto più alto dei Pirenei orientali scoprono una croce che si affaccia su un paesaggio mozzafiato. Pesante diverse decine di chili, è stata portata a schiena d’uomo, sicuramente di notte, a 2.921 metri di altitudine. 
Sul Carlit Pic c’era una croce, da molti e molti anni; ma dal 2018, Carlit Pic non ha più avuto una croce, a seguito di un atto di vandalismo. La croce precedente era stata tagliata con una fresa e gettata nel vuoto da sconosciuti, dopo diversi mesi di polemiche. Alcuni escursionisti si lamentavano della moltiplicazione dei simboli religiosi sulle cime dei Pirenei.
La croce di un metro e quaranta centimetri, che era stata profanata, era stata installata nel 2015 dai soldati del Centro Nazionale di Addestramento del Comando Nazionale (CNEC) di base a Mont-Louis, utilizzando un elicottero. All’epoca, l’obiettivo era quello di sostituire una croce più antica, che era diventata vecchia e si era deteriorata.  Dopo questo atto di vandalismo, l’Esercito aveva deciso, d’accordo con il vescovado e la Prefettura, di non reinstallare una nuova croce, in uno spirito di cosiddetta “pacificazione”. Anche se, realmente non si capisce con chi si debba fare pace…vabbé…
Secondo diversi escursionisti abituali, la nuova croce installata negli ultimi giorni sembra stranamente simile alla vecchia. Stesse dimensioni, stessa forma, stesso design. Tranne che per un dettaglio: il logo dell’esercito è stato sostituito da uno stemma con l’artiglio catalano. Contattato da France Bleu, un alto funzionario della CNEC conferma: “non abbiamo nulla a che fare con l’installazione di questa nuova croce”.
Il Pic Carlit si trova certamente nel comune di Angoustrine, ma anche il nuovo sindaco Christian Pallares afferma di non essere “a conoscenza di nulla” e di non aver ricevuto alcuna richiesta di autorizzazione. Il vescovo di Perpignan monsignor Norbert Turini dice di non avere “alcuna informazione su chi abbia voluto reinstallare questo simbolo, ma sono certamente le persone che sono state ferite da questa assenza ancestrale profanata.  Personalmente, trovo questo gesto molto coraggioso”.
“Chi ha installato questa croce? Il mistero è completo”, ride Eric Charre, direttore della vicina stazione sciistica di Porte-Puymorens e assessore di Angoustrine. “Le persone che sono riuscite ad allestire una croce a questa altitudine mi ispirano con grande rispetto. C’è sempre stata una croce in cima. Il mio bisnonno, una guida d’alta montagna, si era fotografato davanti alla croce. Negli ultimi due anni, mancava qualcosa. Carlit Pic si ricollega alla storia e alla tradizione”.

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