ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 22 agosto 2020

Vandalismo o vero e proprio attacco alla Chiesa?

Rogo in chiesa: “Volevano distruggere, non sono vandali”

Hanno cosparso di benzina il portone del santuario di San Gaspare ad Albano e poi appiccato il fuoco. Il padre custode alla Bussola: «Satanisti? Chi lo ha fatto ha voluto attaccare la Chiesa perché questo è un santuario molto amato». Dalla cappella di porto San Paolo ai "bravi" di Lizzano, l'estate folle dei sacrilegi. Non si può più derubricare questi episodi a vandalismo: sono attentati e la Cristofobia è il motore scatenante. La persecuzione inizia lasciando impuniti questi casi. Ecco perché è urgente un Osservatorio sulla libertà religiosa. 



C'è un'emergenza cristianofobia in Italia? Gli ultimi episodi dell'estate sembrano rispondere affermativamente a questa domanda. Dopo la cappella estiva di Porto San Paolo devastata ed il Crocifisso distrutto a colpi di mazza da baseball tra bestemmie e risate a Lizzano in Belvedere, un'altra inquietante notizia arriva da Albano Laziale, comune dei Castelli Romani a 24 km dalla Città Eterna. La furia sacrilega di mani, per ora, anonime ha fatto una vittima illustre: il Santuario di San Gaspare del Bufalo, meta frequentatissima di pellegrinaggio mondiale.

La chiesa, infatti, che sormonta il centro storico della cittadina dell'hinterland romano, ospita le reliquie del fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Quello di ieri è stato un risveglio amaro per don Mario Proietti, rettore del Santuario, che ha documentato sul suo profilo Facebook quanto accaduto probabilmente nella notte tra giovedì 19 e venerdì 20 agosto. "Questa mattina non c'è la Messa - ha scritto il missionario - purtroppo hanno dato fuoco al portone della chiesa".

Dunque, stando a quanto riferito dal religioso, l'incendio si dovrebbe ad un atto doloso. Un gesto in odium fidei come ormai siamo abituati a registrare frequentemente in Paesi un tempo cattolicissimi come la Francia e l'Italia stessa. Le immagini delle fiamme che hanno avvolto il portone del Santuario, ritratte in un video pubblicato su Facebook da don Proietti, sono un pugno allo stomaco per i tantissimi fedeli che considerano familiare questo luogo di preghiera e di silenzio retto dai Missionari del Preziosissimo Sangue. Il santo canonizzato da Pio XII nel 1954 fu grande promotore della devozione al Preziosissimo Sangue di Cristo e sono migliaia i fedeli che ogni anno chiedono la sua intercessione per ricevere grazie per sé e per i propri cari, pregando al cospetto delle sue reliquie. Questo aspetto rende ancora più doloroso l'attacco subito, peraltro in tempi difficili, dalla chiesa di piazza San Paolo.

Il rogo poteva avere conseguente ben più gravi se non fosse stato per due coincidenze provvidenziali: «Il bussolotto interno rimane sempre aperto – ha spiegato alla Bussola don Proietti -. Se fosse stato chiuso il fumo si sarebbe condensato all’interno e si sarebbe sfogato sopra dove abbiamo la cantoria e l’organo antico».

La seconda coincidenza è legata a Notturno che don Mario recita con aggiunta di Rosario e Santa Messa tutte le notti alle 2.30. «E’ una particolare devozione che facciamo per i devoti di San Gaspare e che viene trasmessa in streaming sulla pagina di Pensiero cattolico. L’altra notte sono sceso alle 2 come di consueto e ho trovato il portone in fiamme, così ho dovuto cancellare la Messa».

Di fronte a episodi di questo tipo la prima domanda che sorge è: vandalismo o vero e proprio attacco alla Chiesa?

«No, non è assolutamente vandalismo – prosegue il missionario - il problema ci preoccupa perché, come abbiamo detto ai carabinieri stamattina, noi non abbiamo mai avuto un problema di questo genere. Non può essere una bravata perché chi l’ha fatto l’ha fatto con l’intento di dare fuoco e fare danni a cominciare dalla benzina sparsa. È stato un fatto intenzionale e doloso, ma sono fiducioso perché i carabinieri, che ringrazio, hanno capito immediatamente la gravità dell’episodio, inviando il Maggiore in persona a coordinare le indagini».

Un attentato, dunque. 

Chiediamo se è probabile che si sia trattato di una setta satanica. «Tutto è probabile, in passato ci sono stati episodi in zona, ma non saprei dire che il rogo al portone possa configurarsi come una sorta di rituale satanico. Di sicuro questo è un attacco alla Chiesa e alla fede perché questo è assieme al Santuario di Santa Maria Goretti, il luogo di culto più amato di Albano e della zona». Si tratta di una chiesa molto importante per la diocesi, dove si concentra buona parte della devozione non solo dei residenti, ma anche del turismo religioso laziale.

Il sacerdote nel corso della giornata ha ricevuto anche la visita di alcuni esponenti politici, tra cui il candidato sindaco Matteo Orciuoli, che ha fatto visita ai missionari con il locale coordinatore della Lega Giovanni Cascella: «Non si può parlare di semplice vandalismo quando si attacca una chiesa, l'obiettivo è chiaro e non va minimizzato o generalizzato. Purtroppo, non è il primo episodio di questo tipo che avviene nei Castelli Romani ed ora la nostra comunità ne viene colpita direttamente», ha detto definendo il santuario «un orgoglio che dobbiamo difendere da questi atti di cristianofobia».

Ecco il punto.

Chiamare Cristianofobia questi che comodamente si cerca di derubricare come vandalismi, sarebbe già qualcosa. Per questo anche la politica può e deve fare qualcosa, ad esempio iniziando a pensare all’istituzione di un Osservatorio permanente che denunci e classifichi questi episodi. È il miglior modo per iniziare a guardare in faccia un problema che – ovunque si è presentato – è solo l’anticamera della persecuzione.  

Andrea Zambrano e Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/rogo-in-chiesa-volevano-distruggere-non-sono-vandali

Crocifisso distrutto, la lettera di scuse e quel che manca per riconoscere il male

Il video è per stomaci forti: in un vociare confuso e sconnesso si sentono bestemmie inframmezzate a brandelli di preghiere e avemarie maccheroniche. L’obiettivo è fisso sulla testa del crocifisso appena fatta saltare con un colpo di mazza. All’alba della domenica, di quel crocifisso non rimarranno che brandelli caduti a terra.

A Lizzano in Belvedere provincia di Bologna, la notizia ha fatto il giro delle case in un men che non si dica, i carabinieri sono intervenuti e il tutto ha fatto notizia sui media locali, ma col silenziatore giusto: “ubriachi”, “vandali”, “ragazzi disagiati”.

ll branco – dice il Resto del Carlino – è composto da almeno sei vandali: i carabinieri sanno chi sono, ma mentre tre – un minorenne, un diciottenne e un diciannovenne – sono già stati denunciati per danneggiamenti, per gli altri, tra cui altri minori, manca l’identificazione formale. Sono tutti turisti emiliani, anche di Bologna; nessuno ha precedenti.

Uno di loro ha anche scritto una lettera al parroco, don Giacomo Stagni. E il Timone ne è venuto in possesso.

Eccola:

«Ciao Don Giacomo, sono XXX. Scusami ti avevo cercato per scusarmi del mio gesto ignobile e vergognoso.

Non trovo le parole per esprimere l’umiliazione che provo, voglio dirti che non è un gesto di odio né di violenza, men che meno verso il Signore piuttosto una grandissima stupidata quella di aver bevuto con un gruppo di amici che non vedevo da tempo e perdendo il controllo della ragione ho accettato una stupida sfida di XXX.

La mia famiglia mi ha insegnato ben altri valori (il guadagnarsi da vivere onestamente, la sensibilità verso chi soffre, il conforto e l’aiuto verso l’anziano solo, l’attenzione verso un animale indifeso…).

Non ci sono parole sufficienti per scusarmi del mio gesto, non voglio sia coinvolta la mia famiglia, mi farò carico personalmente delle spese. Ti chiedo di farmi sapere il costo e come farti avere il tutto, oppure come recuperare la statua e portarla a far sistemare tutto a mie spese. Ti chiedo di porgere le scuse a nome mio a tutti i cittadini. Ti ringrazio per avermi letto.

Un abbraccio, XXX.

«Me l’ha mandata nel pomeriggio di domenica – spiega al Timone don Stagni -. È un ragazzo che sta facendo anche il servizio civile, ha una sensibilità. Vorrei però che non si criminalizzasse questi giovani: la nostra Montagna purtroppo non offre niente ai nostri giovani e noi adulti stessi non offriamo più niente, se non girare per i bar e drogarsi».

L’autocritica del sacerdote sembra più rivolta al mondo degli adulti che a mostrare ai ragazzi la radice del loro errore: «In questi anni, man mano che c’era un’edicola votiva che veniva spogliata non abbiamo protestato. Vede, a Fernè sono morti i vecchietti che abitavano vicino al tempietto e immediatamente sono state portate via le immagini religiose. Purtroppo, quello che è accaduto è frutto di quello che abbiamo insegnato a questi ragazzi. Le bestemmie non sono neanche più sanzionate».

Sicuramente con quel gesto, il ragazzo ha mostrato di avere una coscienza che si è ottenebrata solo nel momento della sbronza sacrilega, ma al mattino si è come riavuta. È una buona base su cui costruire. Ma della sua lettera colpisce il pentimento tutto orizzontale: bene chiedere scusa al parroco, ma perché non allargare lo sguardo e chiedere scusa anche al vero titolare di quel crocifisso? Il senso delle riparazioni non è meramente quello di ripagare materialmente il danno subito, e il ragazzo questo concetto lo ha capito bene. Ma è anche quello di ripagare il danno in termini spirituali a quel Signore che è stato pesantemente bestemmiato in una notte di piena estate.

Il ragazzo ha compiuto il primo passo per un pentimento che però, per portare davvero frutto, dovrebbe contemplare anche un atto pubblico di riparazione. Anzitutto chiamando le cose col loro nome: nascondersi dietro la “bravata”, la scusa del branco ubriaco, la giustificazione del vandalismo della porta accanto e della povertà di risorse che offre ai giovani l’Appennino, è un modo per non vedere le cose in faccia e continuare a ingannare quei ragazzi: i quali non hanno solo vandalizzato una statua, ma hanno profanato il sacro.

Non basta sentirsi in pace con la coscienza perché si ha attenzione verso un animale indifeso: bisogna chiamare il male, male. E qui il male è che il Cristianesimo è sempre più pesantemente preso di mira, ma tutto si nasconde e si anestetizza dietro la “bravata”. Qualcuno aiuti quei ragazzi a vederlo senza dare la colpa alla società. Questo lo fanno anche i sociologi atei.

di Andrea Zambrano
http://www.iltimone.org/news-timone/crocifisso-distrutto-la-lettera-scuse-quel-manca-riconoscere-male/
Italiani gente di poca fede


Ha un titolo evangelico e statisticamente molto attuale, l’ultimo libro del sociologo Franco Garelli, intitolato, appunto, Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio (Il Mulino 2020, pp. 264). Un titolo che a ben vedere contiene un paradosso – come può esservi «sentimento religioso» laddove c’è incertezza «di Dio»? -, che tuttavia torna utile per descrivere la condizione religiosa del nostro Paese.

Assistiamo infatti da un lato alla forte crescita di quanti pensano che Dio non esista (il 30%: 25 anni fa erano il 10%) e che credere sia da ingenui e illusi (23%, contro il 5% di un tempo) e, dall’altro, declinano pure i praticanti (oggi fermi al 22%); ciò nonostante – ecco il paradosso – il «sentimento religioso» permane e forse persino cresce.

Lo prova il fatto che il 67% degli italiani siano favorevoli all’esibizione del crocifisso nei luoghi pubblici e che i «cattolici culturali» – ossia coloro che aderiscono al «cattolicesimo come deposito di tradizione e valori» – siano negli ultimi anni cresciuti dal 27 al 43%; allo stesso modo, si è registrato un incremento di chi crede che vi sia una potenza maligna in «campo» contro l’umanità: un quarto di secolo fa quelli con queste convinzioni erano il 15%, oggi sono il 40%.

Quest’interessante indagine nazionale di Garelli, finanziata dalla Conferenza episcopale italiana, traccia insomma un quadro che vede il sentimento religioso «in grande movimento», ad evidenziare che scristianizzazione non fa per forza rima con laicizzazione. Da questo punto di vista, pur senza negare il declino anche italiano del cattolicesimo – che viene anzi confermato -, si approda alla conclusione che tuttavia occorre andarci piano, quando si parla di secolarizzazione.

Perché se anche la religione organizzata perde terreno e i valori religiosi sembrano scomparire dai radar della discussione pubblica, ecco, questo non significa necessariamente che stia avanzano l’ateismo.  A tal proposito, anche la ricordata crescita di quanti pensano che Dio non esista – che oggi si aggirano, come detto, sul 30% – andrebbe presa con le pinze dato che non è da escludere che chi, da un lato, si riconosce in questa posizione, dall’altro poi possa considerare l’esistenza comunque di «forze soprannaturali», angeli, fantasmi o spiriti. Ciò non toglie, per tornare a leggere questi dati da un’angolazione cattolica, che di fatto la fede cristiana sia in arretramento.

Da dove dovrebbe ripartire, allora, l’evangelizzazione? Pur essendo quello di Garelli un testo sociologico e non ecclesiale, un’indicazione emerge dal fatto, osservato appunto nell’indagine, secondo cui ancora oggi maggioranza degli italiani dichiara di avvertire la presenza e la protezione di Dio nella propria vita, con circa la metà di essi che – nonostante tutto – ancora tende a «leggere» in chiave religiosa alcune vicende dell’esistenza. Significa che, per quanto affievolito, confuso e segnato da un certo anticlericalismo (a questo riguardo si segnala la crescita dei contrari all’8×1000, oggi pari al 46%), davvero il sentimento religioso resta «in grande movimento». Ne consegue come per evangelizzare occorra intercettarlo, stanarlo e incanalarlo, questo sentimento.

D’accordo, ma come? Bella domanda. La grande sfida odierna, dopotutto, sta proprio nella risposta che si dà a tale domanda. Quel che è certo – e che altre indagini sociologiche internazionali confermano – è che all’uomo di oggi il «prodotto religioso» interessa ancora, eccome se interessa. Bisogna fare attenzione quindi quando, a livello pastorale e di comunicazione, si preferisce camuffare un certo tipo di messaggio dottrinale, teologico o morale allo scopo di apparire più in sintonia con il mondo – o meno lontano da esso: perché forse è proprio quel messaggio dottrinale, teologico o morale, apparentemente superato e fuori
di Giuliano Guzzo
http://www.iltimone.org/news-timone/italiani-gente-poca-fede/

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