Tra gli eventi di chiusura del Padova Pride Village, domani sera un incontro su "Chiesa e omosessualità" con il giornalista di Avvenire Luciano Moia, che da anni si batte per promuovere la causa gay all’interno della Chiesa, e il rettore del seminario di Padova, monsignor Giampaolo Dianin. Una presenza istituzionale importante alla più grande manifestazione nazionale dell'orgoglio gay, un nuovo importante passo nell'avanzamento dell'agenda gay all'interno della Chiesa. Ovviamente nel silenzio della presidenza CEI e dei vescovi italiani in generale.
Bisogna essere onesti: date le premesse e il processo avviato negli ultimi anni era solo questione di tempo. Ed ecco che finalmente Avvenire, giornale della Conferenza Episcopale Italiana, sbarca tra gli applausi in una manifestazione del Gay Pride. Succederà domani, 11 settembre, a Padova, “grande chiusura” del Padova Pride Village, definita come la più grande manifestazione gay in Italia: per tutta l’estate «musica, concerti ed eventi culturali all’insegna del divertimento e dell’affermazione dei diritti civili».
E domani sera a divertire il pubblico del Village non poteva esserci che lui: Luciano Moia, il giornalista di Avvenire che da anni si batte strenuamente per promuovere la causa gay all’interno della Chiesa. Da parte del Padova Pride è una sorta di dovuto ringraziamento per la sua attività, ed è invitato a parlare dunque di “Chiesa e omosessualità”, che è anche il titolo del libro appena pubblicato da Moia; ma è anche il riconoscimento ormai di una amicizia e di una alleanza, visto che fondatore e grande regista del Padova Pride Village, giunto alla XIII edizione è Alessandro Zan, il deputato del PD che ha dato il nome al disegno di legge contro l’omofobia, attualmente in discussione alla Camera, che vorrebbe chiudere la bocca per legge a chiunque non accetti il verbo omosessualista.
Zan infatti ha avuto il privilegio di una lunga intervista su Avvenire all’indomani della Nota della presidenza CEI che bocciava proprio il suo ddl. Intervista “in ginocchio”, tesa a rassicurare la CEI, ovviamente firmata da Moia. Insomma, uno scambio di cortesie che loro chiamano “dialogo”, ma che l’allora cardinale Ratzinger nel lontano 1986, da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, descrisse in un modo ben diverso: «Un numero sempre più vasto di persone, anche all'interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all'interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo» (cfr. Nota sulla cura delle persone omosessuali, no.8).
Dato l’evento in questione e il ruolo che gioca Moia all’interno di Avvenire, è chiaro che la sua presenza al Padova Pride Village non può essere a titolo personale, cosa peraltro confermata dal fatto che sul palco tra l’aperitivo e la cena avrà una compagnia pesante. A fargli da spalla è annunciato infatti nientepopodimeno che il rettore del seminario vescovile di Padova, monsignor Giampaolo Dianin, il che ci fa nascere anche qualche domanda sui criteri di ammissione a quel seminario (che per le leggi della Chiesa dovrebbe essere negata a candidati con radicate tendenze omosessuali).
Abbiamo dunque presente nella più importante manifestazione italiana dell’orgoglio gay i rappresentanti della Chiesa istituzionale, che ovviamente si batteranno il petto per le ingiuste discriminazioni a cui la Chiesa cattolica ha per tanto tempo costretto le persone omosessuali; ma ora, finalmente, con la Chiesa di Francesco tutto è cambiato e anche l’omosessualità (non solo le persone con questa tendenza) va vista in una prospettiva nuova, positiva. Insomma, più o meno quello che Avvenire dice ormai apertamente da un bel po’.
Malgrado ciò la presenza di Avvenire (e della diocesi di Padova) a una manifestazione gay di questo genere non può non suscitare pesanti interrogativi. Non stiamo infatti parlando di un luogo dove si incontrano semplicemente delle persone che vivono la condizione omosessuale e che cercano un aiuto, ma siamo nel cuore di un movimento che fa dell’orgoglio gay la propria bandiera, e lo esprime in modi estremi e molto spesso blasfemi (anche per il Padova Pride Village è possibile vedere una gallery fotografica molto eloquente). Curiosamente lo stesso Moia, pur difendendo la necessità del “dialogo” tempo fa metteva in risalto «quello che succede, purtroppo anche sguaiatamente e in modo urtante e persino offensivo per la religione, durante le manifestazioni del cosiddetto “orgoglio omosessuale” che punteggiano nostro malgrado l’estate italiana». Era il 20 luglio 2018; ora le manifestazioni «sguaiate e offensive per la religione» proseguono ma evidentemente non sono più un problema.
Registriamo dunque questo nuovo passo nella trionfale marcia catto-gay, in attesa dei prossimi, e registriamo ancora una volta il silenzio dei vescovi davanti a questa deriva che stravolge il magistero e punta esplicitamente a cambiare la dottrina della Chiesa in materia di sessualità e morale. Si potrebbe obiettare che Avvenire dipende direttamente dalla presidenza della CEI e che quindi altri vescovi non hanno voce in capitolo. Non è però esattamente così: c’è ovviamente una responsabilità diretta della CEI (e chissà a cosa sta pensando il presidente, cardinale Gualtiero Bassetti) - ma per esperienza diretta posso assicurare che quando un vescovo – anche della più piccola diocesi – vuole fare pubblicità alla propria iniziativa diocesana – che sia la lettera pastorale o un convegno – allora si ricorda benissimo di essere uno dei “proprietari” di Avvenire e lo fa pesare.
Restiamo dunque fiduciosi in attesa che qualcuno di questi pastori si alzi a dire “Non in mio nome”, che difenda anzitutto «la verità della persona umana», come diceva Ratzinger, e non la propria cattedra episcopale.
P.S.: in questi giorni il Padova Pride Village è stato al centro delle polemiche perché le immagini mostrano chiaramente che si fa allegramente festa senza mantenere il distanziamento previsto dalle norme anti-Covid e senza mascherine. Chissà che la direzione di Avvenire e della CEI non siano più sensibili a questo problema.
Riccardo Cascioli
https://lanuovabq.it/it/avvenire-sbarca-al-gay-pride-la-marcia-catto-gay-va-avanti
AGGRESSIONE A SALVINI E ALTRO: CLERICALISMO MARCIO DI AVVENIRE
Giovedì 9 settembre Matteo Salvini è stato aggredito a Pontassieve, dove si trovava per la campagna elettorale in vista delle regionali toscane. Fatima, una trentenne congolese che collabora con il Comune, gli ha strappato la camicia e i due Rosari al collo, rompendoli. Anche ‘Avvenire’, come larga parte dei media, si è distinto nel minimizzare l’episodio, utilizzando il metodo del clericalismo marcio che gli è congeniale.
La bacheca dell’odio politico rosso contro Matteo Salvini si è arricchita giovedì 9 settembre 2020 di un’altra medaglia al valore. Ormai di medagliette ce n’era già a bizzeffe, le ultime guadagnate dagli odiatori che - minacciando pesantemente ristoratori presso i quali il leader della Lega aveva prenotato il pranzo – avevano ottenuto quel che democraticamente volevano.
La medaglia di giovedì mattina a Pontassieve (dove Salvini era per la campagna elettorale in vista delle elezioni regionali del 20-21 settembre) è però molto pesante, frutto del gesto eroico di una trentenne congolese, di nome Fatima, che collabora con il Comune per un progetto di servizio civile (“La scuola, l’ambiente e la comunicazione istituzionale”). La donna ha pensato bene di concretizzare l’esternazione della sindaca Monica Marini (Pd) che aveva condiviso un post in cui si definiva Salvini “ospite non gradito”. E ci ha anche messo del suo: occhi spiritati, un buon augurio ripetuto (“Ti maledico”) a corredare l’aggressione fisica, da cui l’ex-ministro dell’Interno è uscito con la camicia sbrindellata e i due rosari che aveva al collo spezzati (uno gli era stato donato da un parroco di Cava dei Tirreni, l’altro da un frate francescano). Da notare che la sindaca, dopo l’aggressione, ancora una volta non si è trattenuta (a dimostrazione che da quelle parti la mentalità sovietica ancora trionfa, dichiarando: “Si è trattato di un gesto isolato. La donna ha sbagliato, ma è necessario riflettere sul clima che può generare simili gesti”. Insomma… la colpa in fin dei conti è di Salvini.
La corazzata degli odiatori rossi, cioè Repubblica, ha trovato subito modo di scusare Fatima, presentandola come “ragazza mite e molto riservata”, “conosciuta per l’impegno in progetti umanitari”, “ben inserita nel contesto quotidiano di Pontassieve”, dove “lavora con profitto”. Insomma Fatima, come dice lei stessa, ha reagito “in un momento di rabbia”, “è stato uno scatto d’ira”.
Larga parte dei media – ça va sans dire - ha, se non ignorato, almeno minimizzato l’accaduto, perfino riducendolo a breve fototesto in una pagina interna, la 7 (come ha fatto Il Messaggero cartaceo, che invece ieri - in veste di Il Messaggero.it – aveva addirittura aperto l’home page con un titolone…). Immaginate se qualche leghista avesse scompigliato il ciuffo a Conte (e/o gli avesse strappato la pochette dal taschino) oppure avesse, che so, spruzzato uno spray maleodorante o al peperoncino contro qualche dignitario/cortigiano della scombiccherata ditta al potere… si sarebbe evocata subito con gran fragore mediatico la violenza di destra, frutto di quella che la nota e illustre filosofa Chiara Ferragni (congiunta dell’altrettanto noto pensatore Fedez) ha chiamato “cultura fascista” (tirata in ballo – a sproposito – per l’omicidio bestiale di Colleferro).
E AVVENIRE ESIBISCE ANCORA UNA VOLTA IL SUO MARCIO CLERICALISMO IN MATERIA DI POLITICA ITALIANA
Come si è mosso al riguardo Avvenire, l’ex-quotidiano cattolico, oggi ormai ruota di scorta - anche se con velleità da primadonna – della sgangherata carrozza del politicamente corretto? Ieri Avvenire.it ha minimizzato… infatti per ritrovare la notizia si doveva scorrere ben bene l’home page. E oggi il quotidiano - che con titoloni a caratteri di scatola aveva accusato Salvini di sequestro di persona in riferimento al traffico di schiavi bloccato tra Libia e Sicilia - relega l’accaduto in un taglio basso di pagina 11, con il titolo “Una donna aggredisce Salvini: ‘Ti maledico’. E gli strappa la camicia”. Solo nell’occhiello Avvenire cita anche la rottura del Rosario (che invece, a ben guardare, è il fatto più grave): si comprende – ma non si giustifica - tale atteggiamento se si pensa alle critiche feroci e velenose insieme rivolte dal quotidiano cattofluido al capo della Lega a causa dell’esibizione del Rosario in precedenti manifestazioni.
Il meglio però si trova nell’incipit dell’articolo scritto dal turiferario di turno, Matteo Marcelli: “Ha giurato di non voler usare l’accaduto come strumento per la campagna elettorale in corso; di fatto, però, poco dopo l’aggressione subita ieri a Pontassieve, Matteo Salvini è andato in onda su Facebook, mostrando ai suoi fan i danni ricevuti a seguito dell’attacco”. Capito? Avvenire ha subito trovato in Salvini una colpa da mettere in evidenza per attenuare in qualche modo l’innegabile aggressione: “Ha giurato”…ma non ha mantenuto il “giuramento” fatto! Questo sì che è grave, questo sì che è da scrivere subito, così da orientare nel giusto senso – politicamente corretto – il lettore.
L’incipit rivela di quanto clericalismo marcio sia intriso Avvenire quando scrive di politica italiana. Proprio quel clericalismo contro il quale papa Francesco scaglia fulmini continui (quasi come contro il ‘chiacchiericcio’).
Un clericalismo marcio frutto della scelta di evidenziarsi come politicamente corretti: un altro esempio clamoroso lo si è avuto martedì 8 settembre, quando l’editoriale di Eraldo Affinati (già tristemente noto in materia) sull’assassinio bestiale di Colleferro portava come titolo: “Tutti a scuola nel nome di Willy”…, il giovane pestato a morte. Che pretende Avvenire? Un minuto di silenzio all’inizio dell’anno scolastico, un inginocchiarsi collettivo a somiglianza di gesti grotteschi e pappagalleschi in diversi ambiti (non solo sportivi) relativi a tragedie statunitensi, una mega- manifestazione a piazza San Giovanni sotto il segno dell’abusato “Je suis…”?
E ancora: un clericalismo marcio che Avvenire pratica scientemente aprendo dibattiti in cui la dottrina cattolica sull’aborto può essere – a parità di giudizio dell’organo della Cei – approvata o negata; e il testo della legge Zan contro “l’omotransfobia” può essere parimenti contrastato o condiviso. Del resto a tale ultimo proposito la sera di venerdì 11 settembre – un orario privilegiato – il noto Luciano Moia approderà come relatore al Gay Pride di Padova (quello di cui è il motore il piddino Alessandro Zan, padre del testo di legge già citato). E’ l’occasione per parlare di “Chiesa e omosessualità”(titolo, guarda caso, di un recente libro di Moia) nell’ambiente certo più adatto, insieme con il rettore del seminario di Padova monsignor Giampaolo Dianin. Grazie a La Nuova Bussola Quotidiana per aver scoperto (vedi edizione odierna, a firma di Riccardo Cascioli) quest’altro incontro pubblico che conferma la liaison significativa tra Avvenire e il mondo lgbt.
Naturalmente la Cei tace. Sarebbe ormai sorprendente se accadesse il contrario… ma il politicamente corretto è più conveniente. Vuoi mettere i vantaggi economici che comporta? (pur se accompagnato da orrori morali come ad esempio quello della complicità oggettiva con il traffico di schiavi nel Mediterraneo).
AGGRESSIONE A SALVINI E ALTRO: CLERICALISMO MARCIO DI AVVENIRE – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 10 settembre 2020
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.