“…dove non si crede che Cristo sia l’unica via verso Dio, l’unica verità su Dio e su di noi, e l’unico salvatore che dona la vita, c’è l’essiccamento ecclesiale. Un Cristo risciacquato sostituisce il Figlio di Dio che ‘è venuto a gettare fuoco sulla terra’ (Luca 12:49); la Chiesa cade nella trappola culturalmente seducente di essere un’organizzazione non governativa (ONG) nel campo delle buone opere; l’evangelizzazione appassisce; le Chiese locali muoiono.”
Ecco un articolo di George Weigel, scrittore, amico e biografo di San Giovanni Paolo II, pubblicato su The First Thing, che vi propongo nella mia traduzione.
Ho già avuto occasione di citare il bel libro di padre Imbelli, Rekindling the Christic Imagination: Theological Meditations for the New Evangelization ( Riaccendere l’immaginazione Cristica: Meditazioni teologiche per la nuova evangelizzazione). In quel piccolo gioiello, Imbelli ha fatto due considerazioni che ho cercato di fare, senza dubbio meno elegantemente, in Cattolicesimo evangelico: Riforma profonda nella Chiesa del XXI secolo e Il prossimo Papa: L’Ufficio di Pietro e una Chiesa in missione. Dove oggi l’evangelizzazione fiorisce nella Chiesa, è perché Gesù Cristo – crocifisso e risorto, l’unico salvatore del mondo – è al centro dell’annuncio, del culto e del servizio della Chiesa. E dove l’evangelizzazione ristagna o è moribonda, è a causa di un deficit di centralità di Cristo.
In “Nessun corpo decapitato”, un saggio corroborante pubblicato nell’attuale numero di Nova et Vetera, padre Imbelli sviluppa la sua argomentazione a favore di una Chiesa più radicalmente centrata su Cristo, getta luce su una serie di controversie e preoccupazioni cattoliche attuali, e lo fa con una calma d’autore che tuttavia trasmette la sua passione per Cristo e per il Vangelo. (L’articolo è disponibile online).
Perché la grande promessa del Vaticano II è stata frustrata così spesso? In una parola, secondo padre Imbelli, a causa dell’apostasia: una drastica dissoluzione della centralità di Cristo che la teologia ha cercato di recuperare nella prima metà del XX secolo e che il Concilio ha affermato. Il più grande dei documenti del Vaticano II, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa (la Lumen Gentium, ndr), ci ricorda Imbelli, inizia con la squillante affermazione, “Cristo è la luce delle nazioni”. E tutto il Concilio, suggerisce, deve essere interpretato attraverso il prisma di quella confessione di fede – “Per molti versi, la realizzazione del Concilio potrebbe essere letta come una prolungata meditazione sul significato e le implicazioni della confessione di san Paolo: “Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo ” (1 Cor 3, 11)”.
Questo mi sembra esattamente giusto. Si riallaccia all’intenzione di Giovanni XXIII per il Vaticano II. Ed è confermato empiricamente guardando la Chiesa del mondo di oggi. Dove il Concilio è interpretato in quel modo centrato su Cristo, l’evangelizzazione prospera e la Chiesa vive. Al contrario, dove non si crede che Cristo sia l’unica via verso Dio, l’unica verità su Dio e su di noi, e l’unico salvatore che dona la vita, c’è l’essiccamento ecclesiale. Un Cristo risciacquato sostituisce il Figlio di Dio che “è venuto a gettare fuoco sulla terra” (Luca 12:49); la Chiesa cade nella trappola culturalmente seducente di essere un’organizzazione non governativa (ONG) nel campo delle buone opere; l’evangelizzazione appassisce; le Chiese locali muoiono. Questo è dolorosamente ovvio in Germania e in altre terre di lingua tedesca, ma è vero in tutto lo spettro della vita cattolica.
Padre Imbelli esplora come questa dimenticanza di Cristo si manifesti in vari modi: nella liturgia che non parte dalla premessa che “il primo agente della celebrazione [è] il Capo del Corpo”, dal quale ogni atto sacramentale è totalmente dipendente; in un approccio da sala di dissezione alla Bibbia e alla predicazione che non trasmette la presenza viva di colui che è “il Verbo” (Giovanni 1, 1) nella Parola di Dio di ispirazione divina; nel tentativo di contrapporre la “dottrina” alla “pratica pastorale”. Alcune voci nella Chiesa danno erroneamente la colpa di tutto questo al Vaticano II. Eppure è stato il Concilio a insegnare che Gesù Cristo è colui che agisce nel Battesimo, nell’Eucaristia e negli altri sacramenti, ed è stato il Concilio a insistere sulla realtà dell’auto-rivelazione di Dio nella Scrittura. Per quanto riguarda la giustapposizione tra “dottrinale” e “pastorale”, o “verità e misericordia”, come ci ricorda padre Imbelli, il Sinodo del 1985 ha insegnato che “non è lecito separare il carattere pastorale [del Vaticano II] dal vigore dottrinale dei documenti”.
Di Sabino Paciolla
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