Perché voterei (senza pensarci due volte) Trump
Non ho seguito il primo dei tre dibattiti tra Donald Trump e il suo sfidante democratico, Joe Biden, e non credo seguirò i prossimi. Però una cosa già la so: se nel 2016, pur non potendolo votare, ero trumpiano, oggi, pur essendo nella medesima condizione, lo sono ancora di più.
Infatti, pur riconoscendo tutti i limiti della sua presidenza – penso alla gestione dell’epidemia, rispetto alla quale le figure peggiori sono però state di gran lunga quelle inqualificabili dell’Oms -, col tycoon alla Casa Bianca l’economia americana è andata forte e, cosa ancora più importante, non sono stati innescati nel mondo nuovi conflitti.
Non è un dettaglio irrilevante: dai Bush a Clinton fino ad Obama scatenare guerre è stata una specialità della Casa Bianca. Invece Trump non solo non lo ha fatto, ma ha stabilito accordi importanti, alcuni epocali, penso in particolare all’incontro con Kim Jong-un. Non solo. Grazie al biondo e lampadato magnate, la cultura pro life, della difesa del più debole dei deboli, il bambino non ancora nato, ha fatto incontestabili passi in avanti sotto molti punti di vista, ultima la nomina alla Corte Suprema della pro life Amy Barrett. A queste obiezioni, si può rispondere che però Trump ha incoraggiato il razzismo e le violenze da parte della polizia.
Ora, a parte che la polizia dei singoli Stati non è sotto il potere presidenziale, annoto come purtroppo negli Usa i morti per mano della polizia siano tanti da anni (7.663 persone solo dal 2013 al 2019, oltre 1.100 l’anno, più di tre al giorno da anni). Siamo quindi sicuri che Trump possa aver peggiorato la situazione? Pensiamoci, senza comunque dimenticare che le proteste mosse contro di lui, per usare un eufemismo, non sono affatto state sempre pacifiche, a meno che non si simpatizzi per Black Lives Matter, che però è una sigla violenta ed iperideologizzata, tanto che tra i suoi scopi si propone la distruzione della famiglia nucleare: cosa c’entra col razzismo?.
A proposito di razzismo, Daniel J. Hopkins e Samantha Washington, due studiosi sociologi dell’Università della Pennsylvania, hanno deciso di «misurare» con un’indagine pubblicata nel 2019 gli effetti dell’elezione di Trump sui pregiudizi contro neri e ispanici, selezionando in maniera del tutto casuale un campione di 2.500 americani le cui opinioni sono state studiate e monitorate sin dal 2008. Risultato: dall’elezione trumpiana, il razzismo yankee è risultato in calo. Nota finale: dopo il dibattito delle scorse ore, Telemundo – emittente ispanica Usa non proprio trumpiana – ha effettuato un sondaggio: il 66% si è detto pro Trump. Un riscontro, insieme a molti altri, che dovrebbe far pensare.
https://giulianoguzzo.com/2020/09/30/perche-voterei-senza-pensarci-due-volte-trump/
video dell’intervista al card. Burke
Il cardinale Raymond Burke, esperto di diritto canonico e già prefetto del più alto tribunale della Chiesa, ha detto che i politici cattolici che sostengono l’aborto non dovrebbero ricevere la Santa Comunione, compreso il candidato alla presidenza cattolica Joe Biden.
Se ne parla in questo articolo dello staff del Catholic News Agency (CNA) che vi presento nella mia traduzione.
Il cardinale Raymond Burke, un esperto di diritto canonico e già prefetto del più alto tribunale della Chiesa, ha detto che i politici cattolici che sostengono l’aborto non dovrebbero ricevere la Santa Comunione, compreso il candidato alla presidenza cattolica Joe Biden.
Biden “non è un cattolico in regola e non dovrebbe avvicinarsi a ricevere la Santa Comunione”, ha detto Burke in un’intervista del 31 agosto con Thomas McKenna, che come capo di un’organizzazione chiamata Azione cattolica per la fede e la famiglia conduce periodicamente colloqui con il cardinale.
“Questa non è una dichiarazione politica, non intendo farmi coinvolgere nel raccomandare un candidato alla carica, ma semplicemente affermare che un cattolico non può sostenere l’aborto in nessuna forma o modalità perché è uno dei peccati più gravi contro la vita umana, ed è sempre stato considerato intrinsecamente malvagio e quindi sostenere in qualche modo l’atto è un peccato mortale”.
Alla domanda specifica su Biden, Burke ha detto che “non solo ha sostenuto attivamente l’aborto procurato nel nostro paese, ma ha annunciato pubblicamente nella sua campagna che intende rendere la pratica dell’aborto procurato disponibile a tutti nella forma più ampia possibile e di abrogare le restrizioni a questa pratica che sono state messe in atto”.
“Quindi, prima di tutto, gli direi di non avvicinarsi alla Santa Comunione per carità verso di lui, perché sarebbe un sacrilegio, e un pericolo per la salvezza della sua stessa anima”.
“Ma anche che lui non dovrebbe avvicinarsi a ricevere la Santa Comunione perché darebbe scandalo a tutti. Perché se qualcuno dice “beh, io sono un cattolico devoto” e allo stesso tempo promuove l’aborto, dà l’impressione agli altri che sia accettabile per un cattolico essere a favore dell’aborto e naturalmente non è assolutamente accettabile. Non lo è mai stato e mai lo sarà”.
Buke è stato vescovo di La Crosse, Wisconsin e arcivescovo di St. Louis, prima di essere nominato nel 2008 prefetto del Tribunale supremo della Segnatura apostolica, il più alto tribunale canonico della Chiesa. Il cardinale è stato prefetto della Segnatura fino al 2014 e rimane membro del tribunale.
Nel 2007, Burke ha pubblicato sulla prestigiosa rivista canonica “Periodica” un articolo scientifico sull’ammissione dei cattolici in grave peccato pubblico alla Santa Comunione. L’articolo è considerato da molti giuristi canonici come il trattamento scientifico e tecnico definitivo dell’argomento.
Nell’intervista, concessa a CNA martedì, Burke ha affermato che è insegnamento storico della Chiesa che chi si trova in condizioni di peccato grave non deve essere ammesso alla Santa Comunione, citando l’ammonizione di San Paolo in 1 Corinzi, che “Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.” e “mangia e beve la propria condanna” (1Corinzi 11,27-29).
Il cardinale ha discusso la nozione di scandalo, dicendo che “scandalo significa che tu porti gli altri a pensare e ad agire in modo sbagliato con il tuo esempio”.
“Se le persone si stessero interrogando nella loro mente sull’aborto, e vedessero quest’uomo che si dichiara un devoto e promuove l’aborto nel modo più forte possibile, questo porterebbe la gente a sbagliare pensando bene che deve essere moralmente accettabile commettere un aborto e quindi la persona ha la responsabilità – non solo la persona che dà lo scandalo, non solo per le sue azioni sbagliate nel sostenere l’aborto, ma anche per aver indotto gli altri a pensare che l’aborto sia accettabile”, ha detto Burke.
“Non posso immaginare che un cattolico non sappia che l’aborto è un peccato grave, ma se non lo sa, una volta che gli è stato detto, allora deve smettere di sostenere l’aborto o accettare il fatto che non è un cattolico in regola e quindi non dovrebbe presentarsi alla Santa Comunione”, ha aggiunto.
Burke ha spiegato che quando lui, come vescovo diocesano, è venuto a conoscenza dei politici pro-choice (cioè a favore della scelta dell’aborto, ndr) nelle sue diocesi, era sua prassi contattarli “per assicurarsi che capissero”.
Se, dopo una conversazione sull’insegnamento della Chiesa sulla vita umana, essi “non fossero ancora disposti ad agire di conseguenza, allora dovevo semplicemente dire loro ‘non potete presentarvi per la Santa Comunione'”, ha spiegato il cardinale.
I commenti di Burke si rifanno ai canoni 915 e 916 del Codice di Diritto Canonico, che spiegano che una persona consapevole di un peccato grave non deve avvicinarsi alla Santa Comunione senza prima fare una confessione sacramentale, e che i cattolici “ostinatamente perseveranti nel peccato grave manifesto non devono essere ammessi alla santa comunione”.
Tra i vescovi degli Stati Uniti, il disaccordo sul significato del canone, e la sua applicazione ai politici cattolici pro-choice (favorevoli alla scelta dell’aborto, ndr), è in corso dalla campagna presidenziale di John Kerry del 2004.
Nel 2004, il cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede della Chiesa, ha scritto un memorandum ai vescovi cattolici statunitensi, spiegando l’applicazione del canone 915 alla questione dei politici favorevoli alla scelta.
Il caso di un politico cattolico che sta “costantemente facendo campagna e votando per le leggi permissive sull’aborto e l’eutanasia” costituirebbe una “cooperazione formale” in grave peccato che è “manifesto”, spiega la lettera.
In questi casi, “il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la santa comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’eucaristia”, scrive Ratzinger.
Se l’individuo persevera nel peccato grave e si presenta ancora per la Santa Comunione, “il ministro della Santa Comunione deve rifiutarsi di distribuirla”.
Poco dopo che Ratzinger scrisse quel promemoria, i vescovi statunitensi concordarono che l’applicazione di quelle norme doveva essere decisa dai singoli vescovi, piuttosto che dalla conferenza episcopale, in gran parte sotto l’influenza di Theodore McCarrick (il cardinale che nel 2019 è stato ridotto allo stato laicale per gravi abusi sessuali, anche su minori, ndr), allora arcivescovo di Washington, che parafrasò la lettera, che non era stata ancora resa di dominio pubblico, ma non la presentò per intero ai vescovi. (in poche parole, McCarrick tenne nascosta la lettera del Card. Ratzinger ai vescovi americani, ma diede loro la sua versione che però non rifletteva quella del Prefetto Ratzinger. E’ da precisare che la lettera fu consegnata oltre che a McCarrick anche a Wilton Gregory, allora presidente della conferenza episcopale USA, e ora arcivescovo di di Washington, ndr)
Alcuni vescovi hanno proibito ai politici che sostenevano “leggi permissive sull’aborto” di ricevere la comunione, ma altri hanno smorzato, o hanno detto apertamente che non avrebbero negato l’Eucaristia a tali politici.
Alla domanda di un giornalista, il cardinale Timothy Dolan di New York ha detto in ottobre che non avrebbe negato la Santa Comunione a Biden. Prima di allora, nel gennaio 2019, Dolan aveva detto che non avrebbe negato l’Eucaristia al governatore di New York Andrew Cuomo, che aveva firmato una delle leggi sull’aborto più permissive della storia del Paese. (aborto fino al nono mese di gravidanza, ndr)
Il pastore di Biden, il vescovo William Malooly, ha detto in passato di non voler “politicizzare” la Santa Comunione negandola ai politici. L’ordinario di Washington, l’arcivescovo Wilton Gregory, ha detto che l’Eucaristia dovrebbe essere negata solo come ultima risorsa, e non è conosciuto se lo abbia mai fatto.
A Biden nell’ottobre 2019 è stata negata l’Eucaristia in una parrocchia della Carolina del Sud.
“La Santa Comunione significa che siamo uno con Dio, l’uno con l’altro e con la Chiesa. Le nostre azioni dovrebbero riflettere questo. Qualsiasi figura pubblica che sostiene l’aborto si pone al di fuori dell’insegnamento della Chiesa”, padre Robert Morey, pastore della Chiesa cattolica di Sant’Antonio nella diocesi di Charleston, ha detto alla CNA dopo che a Biden è stata negata la Santa Comunione.
CNA ha riferito dopo che a Biden è stata negata la Santa Comunione, che le indicazioni della diocesi di Charleston richiedono ai sacerdoti di negare il sacramento ai politici e ai candidati politici che sostengono la protezione legale per l’aborto.
“I funzionari pubblici cattolici che sistematicamente sostengono l’aborto su richiesta collaborano con il male in modo pubblico. Sostenendo la legislazione a favore dell’aborto, essi partecipano a un peccato grave e manifesto, condizione che li esclude dall’ammissione alla Santa Comunione fintanto che persistono nella posizione a favore dell’aborto”, dice un decreto del 2004 firmato congiuntamente dai vescovi di Atlanta, Charleston e Charlotte.
Nell’intervista rilasciata questa settimana, Burke ha risposto a coloro che dicono che i cattolici non dovrebbero giudicare le disposizioni interiori dei politici pro-aborto, tra cui padre James Martin, SJ, che è stato menzionato specificamente da McKenna.
“Noi giudichiamo le persone sulla base di fatti oggettivi. Sulle loro azioni, sulle loro testimonianze pubbliche, sulle loro dichiarazioni pubbliche, e certamente, il vicepresidente Biden non ha lasciato dubbi su quale sia la sua posizione. Sa chiaramente qual è l’insegnamento della Chiesa”, ha detto Burke.
“Dio ha messo ordine nel mondo, uccidere, uccidere direttamente una vita umana non nata è un male, non importa come la si guardi…. e naturalmente la coscienza non può giustificarlo in alcun modo”, ha aggiunto Burke.
“Il nostro cuore non è qualcosa di nascosto, il nostro cuore si manifesta nelle nostre azioni. Come ha detto il Signore, conosciamo l’albero per i suoi frutti”, ha detto il cardinale.
Parlando di scandalo, Burke ha raccontato la storia di un funzionario governativo non cattolico che lui conosceva il quale si aspettava che l’insegnamento cattolico potesse cambiare, o che la Chiesa non dovesse prenderlo sul serio visto, ha detto Burke, il numero di cattolici al Congresso che hanno votato per una legislazione permissiva sull’aborto.
“I cattolici che vanno in giro ad annunciarsi [come cattolici], e poi d’altra parte sono al 100% a favore dell’aborto, o in qualsiasi modo a favore dell’aborto, danno un grande scandalo”, ha detto Burke.
“L’insegnamento della Chiesa sull’aborto non cambierà mai perché fa parte della legge morale naturale. È parte della legge che Dio ha scritto in ogni cuore umano, cioè che la vita umana deve essere salvaguardata, protetta e promossa”.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/il-cardinale-burke-biden-non-deve-ricevere-la-santa-comunione/
Biden prova a fare il Trump, e perde
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Partiamo dalla non-notizia: secondo i giornali e le tivù Donald Trump ha perso il dibattito. O comunque si è dimostrato per l’ennesima volta pericoloso e inadeguato, fa niente se parlano del presidente che ha ottenuto il riconoscimento di Israele da parte di due monarchie sunnite o di quello che sfoggiava i fondamentali economici record prima della pandemia, i titoli e le analisi sono precotte sia al di là che al di qua dell’Atlantico, quando finisce il primo scontro tra i due candidati alla Casa Bianca bisogna solo buttarle nella padella mediatica.
A tentare di guardare la realtà e non la sua sostituta politicamente corretta, la propaganda democratica, non è stato un dibattito memorabile. Il format è diventato quasi subito quello dell’interruzione, della battuta sarcastica o persino dell’insulto esplicito, comunque quello della rissa. Un format in cui dire che è più a suo agio Trump è un soave eufemismo. Non perché il presidente della più grande democrazia del globo sia un bifolco da saloon, come archiviano la faccenda i nostri (presunti) intellettuali. Ma perché è un format che frequenta di più, è il format con cui ha scalato da outsider assoluto un partito inizialmente ostile (nella nomenclatura, il popolo repubblicano era con lui come forse non accadeva dai tempi di Reagan), è il format con cui ha vinto le elezioni già date per perse in mondovisione contro Hillary Clinton.
E anche stavolta la Cnn sforna un 60% secondo cui avrebbe vinto Joe, la protesi di Obama, contro un solo 28% che dice The Donald. La Cbs prova a darsi un contegno, e si attesta su un 48% Biden- 41% Trump. La verità perfino ovvia è che la rissa in politica la spende meglio il sulfureo tycoon piuttosto che il superburocrate di partito. Così quando il primo interrompe sfacciatamente, sa che il giochino funziona se nel frattempo stani l’avversario anche sul contenuto. “Avevi un accordo con Sanders su un piano di medicina socialista!”, lo spauracchio del ceto medio conteso, mentre l’altro sta dipingendo le magnifiche sorti e progressive della sanità ultraliberal che ha in testa.
“Ho dovuto chiudere l’economia più fiorente della storia del Paese!”, traslando il discorso dal Covid all’argomento americano per eccellenza, le imprese che fatturano e i posti di lavoro che girano, mentre l’altro sta impartendo una lezione tecnicamente puntellata ma priva di anima sulla gestione dell’epidemia. “Il problema è che i democratici come te che guidano quelle città non vogliono sentir parlare di legge e ordine!”, proprio così, law and order, il totem nixoniano a cui guarda da sempre la maggioranza silenziosa a stelle e strisce, mentre la tirata antirazzista dell’altro si infrangeva sul bilancio deficitario in materia del doppio mandato Obama.
Quando interrompe Biden, invece, è perché ha raggiunto la saturazione, perché non regge più le interruzioni e certo anche le palesi provocazioni altrui, non è tattica, è crisi di nervi. E quindi diventa subito “pagliaccio!”, “bugiardo!”, “perché non stai un po’ zitto?”. Intendiamoci, il mero sfregio, dentro un dibattito che ha subito deposto il fioretto per la clava, l’ha praticato spesso anche Trump. “Non c’è niente di intelligente in te, Joe”, “tuo figlio è stato congedato con disonore dall’esercito e non ha mai avuto un lavoro prima che fossi vicepresidente”, e via colpendo. Ma il repubblicano non è stato schizofrenico come l’avversario, non passava dalla seriosità impostata all’aggressione acefala, giocava i suoi cavalli di battaglia contenutistici dentro la cornice della rissa, come altrettanti ganci, non tirava pugni di frustrazione.
Ah sì, poi dicono e diranno che Trump non ha condannato le violenze dei “suprematisti” bianchi. Ecco, questa è una vera e propria fake news. Non solo perché il presidente ha detto a tutte le parti “state calmi e fermi, io voglio la pace”, ma soprattutto per l’overdose di ipocrisia doppiopesista sul tema. Nessuno, tantomeno il conduttore (Chris Wallace, uno dei meno “destri” è più eccentrici rispetto alla linea editoriale della Fox, chissà perché) si è sognato di chiedere al democratico analoga condanna delle violenze di massa, ben più diffuse e sistematiche, praticate dalla frangia picchiatrice dei Black Lives Matter (e no, non sono quattro estremisti isolati, ma una marmaglia in grado di mettere a ferro e fuoco città come Portland o Dallas).
Giovanni Sallusti, 30 settembre 2020
https://www.nicolaporro.it/biden-prova-a-fare-il-trump-e-perde/
Una devota cristiana al posto di un’ebrea liberale: la carta vincente di Donald Trump
Israel Shamir
unz.com
Trump non ha esitato. Per sostituire la strega defunta alla Corte Suprema ha scelto la bella Amy Barrett. Che differenza! Una devota Cattolica invece di un’Ebrea atea, una moglie e madre di sette figli invece di una megera prepotente e senza figli, con il pallino degli aborti e dei matrimoni omosessuali, l’estate al posto dell’inverno. Ha fatto questa scelta quando l’America liberal-femminista, singhiozzando forte, stava ancora piangendo Ruth Bader Ginsburg. Il suo funerale è stato impressionante, anzi, senza precedenti. Nella mia nativa Russia, solo Stalin era stato sepolto con tanto sfarzo. RBG era brutta come le sue gesta (bellezza e bruttezza contano, come aveva spiegato Oscar Wilde), probabilmente nessuno nella storia ha superato il suo contributo alla distruzione della famiglia, alla profanazione del matrimonio, al massacro degli infanti. Ha portato il femminismo al suo estremo radicale: dopo una recente visita in Israele (il paese non le piaceva) aveva detto che le donne israeliane erano discriminate come i neri sotto le leggi di Jim Crow. Si era sentita dispiaciuta per i giudici israeliani che vanno in pensione a 70 anni, invece di rimanere in servizio a vita, fino a 87 anni nel suo caso.
Forse RBG era la santona segreta di Washington, la risposta al Papa di Roma, il vero sovrano dell’Impero Statunitense celato all’interno di una gerarchia giudaico-massonica, il rettiliano supremo, il vertice dello Stato Profondo, mentre il presidente è solo un prestanome. Per molti anni si è aggrappata strenuamente alla vita e al potere, godendo di tutto il sangue dei non nati per causa sua. Voleva sopravvivere alla presidenza Trump, vedere la sua fine, la fine di quell’uomo, passare il potere al rettiliano successivo, formalmente nominato da Biden, ma Dio l’ha fermata e ha dato all’umanità un’altra chance. Con RBG alla Corte Suprema, Trump non avrebbe avuto la benchè minima possibilità di vincere le elezioni. Ogni decisione dei giudici sarebbe stata contro di lui. Sarebbe stato dichiarato un occupante illegale della Casa Bianca molto prima del termine del conteggio dei voti. Adesso ha una possibilità.
L’entourage di RBG aveva sfidato Trump: “Che non ti venga in mente di nominare un nuovo giudice della Corte Suprema al suo posto! Il nuovo giudice sarà nominato dal futuro presidente, il signor Biden!” Questa è stata la prima sfida a Trump. Il magrepha dei media tradizionali, quest’organo dal suono penetrante (così potente che a Gerusalemme una persona non poteva neanche parlare con il suo vicino a causa del suono del magrepha, come dice il Talmud) è stato alzato al massimo volume, al grido di “non provarci!,” o “è illegale nominare un giudice in un anno elettorale!” Questo è il mantra del Transition Integrity Project: “Trump perderà le elezioni e lotterà per rimanere al potere, ma, alla fine, si arrenderà e creerà il suo canale TV, MAGA TV.” Lo scopo di questa campagna mediatica è sfiancare Trump e demoralizzare i suoi sostenitori.
Se Trump avesse ceduto alle grida isteriche dei media, oggi sarebbe un’anatra zoppa, pronta per essere spennata. Ma non si è arreso. Ha deciso di scegliere subito un nuovo giudice, prima delle elezioni.
Perché è importante la cosa? Per i giovani, così come per i non Americani, è difficile comprendere come mai sia così importante la personalità di un giudice della Corte Suprama. Gli altri paesi sono governati da un re/presidente/primo ministro, moderato da un parlamento. D’altra parte, gli Ebrei sono per tradizione governati dai giudici. Negli Stati Uniti, con l’ascesa al potere degli Ebrei, lo stile ebraico ha preso il sopravvento e la Corte Suprema ha usurpato le prerogative della democrazia. I giudici della Corte Suprema possono, in pratica, annullare qualsiasi decisione del Congresso o del Presidente.
Seguendo l’esempio degli Stati Uniti, anche la Corte Suprema israeliana ha rivendicato questo ruolo e, lo scorso anno, anche la Corte Suprema britannica, di recente istituzione, aveva interferito con il normale funzionamento del governo e aveva cercato di far deragliare la Brexit. Così, nei paesi con forte presenza ebraica, si è arrivati ad essere governati dai giudici, come nella miglior tradizione ebraica.
Negli Stati Uniti, i tribunali sono diventati fortemente politicizzati, adottano un approccio militante, emettono sentenze e ignorando l’opinione della gente comune. Molte decisioni importanti, dai “matrimoni” omosessuali all’immigrazione, sono prese dai giudici, non dai rami legislativi o esecutivi. Si può essere d’accordo o in disaccordo con queste decisioni, ma non c’è dubbio che vengano prese per aggirare le leggi americane; è il governo dei giudici, non del popolo degli Stati Uniti. Di conseguenza, la democrazia statunitense è stata distrutta. L’elezione del Presidente dei Deplorabili, Donald Trump, è stata sistematicamente avversata dai giudici. Praticamente, tutte le sue decisioni più importanti sono state annullate o ribaltate. Per far sì che la sua elezione abbia un qualche significato, deve prima domare la bisbetica Corte Suprema. È un lavoro che difficilmente può essere svolto in due mandati e potrebbe essere impossibile in un unico mandato, ma sta facendo del suo meglio per ripristinare la democrazia. Se Amy prenderà posto alla Corte Suprema, questa rapida conquista dell’egemonia da parte dei liberali potrà essere fermata, e forse anche invertita.
La lista dei candidati di Trump era ridotta a due persone: Amy Coney Barrett, o Lagoa, figlia di immigrati cubani. Prendi la Cubana, avevano detto i consiglieri di Trump, e i Cubani della Florida voteranno per te. Inoltre, anche i Latini voteranno per te! Prenditi cura delle minoranze e vincerai! Ma Trump ha scelto Amy. Ha dato una possibilità ad una Americana normale, senza grilli per la testa, una nativa cisessuale, non immigrata, non nera, non latina, non gay, non trans, non ebrea e nemmeno Ivy League. Per anni, queste persone sono state le meno privilegiate, sempre rifiutate da quell’alta società che preferisce la politica dell’identità di minoranza, ma Trump ha messo tutto da parte e ha scelto un’Americana tradizionale.
Questo è molto importante. Oltre alle implicazioni ideologiche, la scelta di Trump riflette le sue pratiche di assunzione. I Democratici, il partito del Nuovo Ordine Mondiale, fanno affidamento sulle minoranze perchè sono più facili da modellare e da piegare. Di regola, sono obbedienti. Gli Americani normali, la maggioranza, sono stati rimossi dalle posizioni importanti e gli incarichi più prestigiosi affidati a gay, persone di colore, Ebrei e Indù. Ora Trump ha iniziato a compensare questo squilibrio. Kevin MacDonald ha osservato che il problema di “chi ottiene l’incarico” è il più importante nella lotta per il potere. La Chiesa, una volta, era uno strumento per riservare gli incarichi migliori ai Cristiani, mantenendo gli Ebrei sui gradini più bassi. Con la Chiesa ormai ridimensionata, sono gli Ebrei che ora ottengono gli incarichi importanti e tengono alla porta gli Americani normali.
Il primo articolo ad attaccare Amy è stato pubblicato su The Nation. È stato scritto dal sempre allegro Elie Mystal, che si autodefinisce “nero.” È un “nero di professione,” come suo padre prima di lui, un avvocato della Ivy League dalla pelle chiara, che, forse, ha qualche antenato nero e lo sfrutta al massimo per mantenere il suo “privilegio nero.” Se ciò non bastasse, pone rimedio alla sua mancanza di identità genere (non è una donna o un trans) “ammettendo con orgoglio e gioia che è sua moglie a portare i pantaloni in famiglia.” Gli attacchi successivi ad Amy sono stati portati da persone con un background simile, persone che rivendicano lo status di minoranza privilegiata.
Si dice che Amy Barrett voglia cambiare la legge sull’aborto. In verità, vuole renderlo nuovamente legale. La legge americana sull’aborto basata su Roe v. Wade, (1973), è “una decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti in cui la Corte ha stabilito che la Costituzione degli Stati Uniti protegge la libertà di una donna incinta di scegliere di abortire.” Questa decisione è una delle tante delibere, ovviamente illegali, stabilite dalla Corte Suprema. Il punto principale della questione è che la Costituzione degli Stati Uniti non protegge o nega tale libertà. Tale diritto potrebbe essere aggiunto come emendamento alla Costituzione, se i vari stati fossero d’accordo (secondo me non lo faranno). Ma, attualmente, non c’è nulla nella Costituzione, o negli statuti, che consenta alla Corte Suprema di aggirare gli stati e il popolo e di pronunciarsi sul tema dell’aborto.
Allo stesso modo, non c’è nulla nella Costituzione degli Stati Uniti che consenta o vieti il “matrimonio” gay. Nel 2015, la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva decretato con una votazione 5 contro 4 (decisa dal voto di RGB) che il Quattordicesimo Emendamento richiede che tutti gli stati permettano i matrimoni omosessuali e riconoscano i matrimoni omosessuali celebrati in altri stati. Questa è un’evidente falsità: il 14° Emendamento era stato emanato nel 1868 e, per cento anni, nessuno si era accorto che avesse qualcosa a che fare con il matrimonio gay. I sostenitori di questo genere di unione potrebbero fare pressioni per ottenerla nel solito modo, attraverso le leggi dei vari stati, ma hanno ritenuto più opportuno averla per direttissima tramite la Corte Suprema, anche se questo tribunale non ha assolutamente il diritto di aggirare il normale sistema legislativo.
Amy Barrett, come ogni altro rispettabile cittadino statunitense amante della democrazia, vuole che il paese sia governato secondo la Costituzione; non riconosce a nove laureati della Ivy League il diritto di dire alla nazione cosa è meglio per lei, aggirando la legislatura. È anche contraria alla tendenza dei tribunali ad annullare le decisioni del ramo esecutivo. Se il presidente decide di limitare l’immigrazione di persone che probabilmente avranno bisogno di assistenza sociale, questa è una sua decisione. Il popolo può eleggere un altro presidente con idee diverse, ma il tribunale non dovrebbe interferire nella gestione dello stato. L’idea di Amy Barrett è che la Corte Suprema non dovrebbe essere il dittatore supremo. Sente che dovrebbe ritornare a dimensioni normali.
Nel gergo americano moderno, questa è considerata una “visione conservatrice.” Ovviamente non lo è. Vladimir Lenin non era certo un conservatore, ma era un avvocato ed era sempre stato contrario a permettere che avvocati e giudici prendessero decisioni per il popolo. Aveva scritto che la professione legale si sarebbe sempre pronunciata contro gli interessi del proletariato. Proprio come la signora Barrett, riteneva che fosse il popolo a dover decidere, mentre la magistratura avrebbe dovuto occuparsi di casi isolati, senza cercare di sovrascrivere leggi o crearne di nuove. Non bisogna essere conservatori o liberali per sostenere le idee della signora Barrett: basta capire che le leggi dovrebbero essere cambiate o promulgate con i normali mezzi democratici, attraverso il voto popolare, non da un ridottissimo numero di persone scaltre.
I tribunali statunitensi sono attualmente dominati da giudici di nomina democratica dediti all’ingegneria sociale, che vogliono guidare il paese nella direzione che preferiscono, e al diavolo la legge e la volontà popolare. Ecco perché non sarà facile ottenere l’approvazione del Senato alla nomina di Amy Barrett. Se entrerà in carica prima delle elezioni, potrebbe benissimo diventare la katechon, la persona che “impedisce al potere segreto dell’illegalità di farsi strada” (2 Tessalonicesi 2: 6–7). E i senza legge lo sanno.
Gli oppositori di Trump al Senato sono abili nel lanciare fango contro gli incaricati del presidente populista. Il vergognoso spettacolo dell’udienza di Brett Kavanaugh si ripeterà, senza dubbio, con secchiate di bugie e diffamazioni rovesciate sulla testa di Amy Barrett.
Gli Ebrei sono particolarmente insoddisfatti della scelta di una personalità cattolica, perché i Cattolici non sono ancora stati completamente saturati dal Sionismo cristiano, a differenza dei Protestanti, e perché i Cattolici credono in Dio. (Oh sì, anche gli Ebrei credono in Dio, ma considerano inadatta per i Gentili una fede con propri sacerdoti. I Gentili dovrebbero unicamente servire gli Ebrei e saranno gli Ebrei ad occuparsi di tutti i contatti con l’Onnipotente). I Cattolici hanno assorbito con il vino della loro comunione la conoscenza del bene e del male, del morale e dell’immorale. Quando Amy Barrett era stata confermata giudice della corte d’appello, i politici ebrei l’avevano tormentata, in modo particolare Dianne Feinstein della California: “Sì, mia cara, suppongo che lei creda in Cristo? Come può fare il giudice con tali pregiudizi?” (Aveva usato un linguaggio più studiato). Amy non aveva battuto ciglio ed era stata nominata. Forse sopravviverà al plotone d’esecuzione dei Democratici al Senato.
Questa non è una cosa sicura. I Democratci hanno promesso di morire, piuttosto che lasciarle prendere il posto di Ruth Bader Ginsburg, poiché questo posto, secondo loro, appartiene di diritto ad un’Ebrea liberale. Una posizione meno di prestigio potrebbe andare ad una “persona di colore” privilegiata o al rappresentante di una minoranza di genere, ma la posizione al vertice deve rimanere nelle mani degli Ebrei. Molto dipenderà dai giudici della Corte Suprema: è molto probabile che le elezioni vengano decise in quella sede. Ma il fatto che Trump abbia colto l’occasione e abbia scelto una normale donna bianca americana, madre di parecchi figli e che crede in Cristo, è già una gran cosa. Questo potrebbe essere un punto di svolta nella storia dell’America.
Israel Shamir
Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/ishamir/trump-did-not-flinch/
28.09.2020
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
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