La Chiesa si piega alla sinistra: ma i cattolici ora si ribellano
I cattolici e i loro temi stanno sparendo dalla politica. Temi caldi ce ne sono, ma manca il filtro tra la Chiesa e la base
I cattolici e i loro temi stanno sparendo dalla politica. Temi caldi ce ne sono, ma manca il filtro tra la Chiesa e la base
Certo è che la politica ed i cattolici hanno sempre camminato insieme, almeno in Italia. Il punto adesso è comprendere se quel cammino si sia interrotto o no. Proprio in Italia, dove San Giovanni Paolo II aveva individuato "un'eccezione", un unicum valoriale.
Le analisi post-voto, prescindendo dall'appartenenza partitica di questo o di quel cattolico, sono abbastanza impietose. C'è chi, in specie sui social, parla di sparizione "dell'orizzonte" per i "cattolici". La professoressa e bioeticista Assuntina Morresi è tra questi. E ha affrontato il tema su Facebook. Durante questi anni, abbiamo avuto modo di raccontare di come buona parte dei cattolici abbia guardato con favore ai partiti del cosiddetto fronte populista-sovranista. Ed è un tema ancora vero. Se non altro perché è una fotografia che dipende dalle statistiche.
Ma è difficile non notare come il fronte cattolico si sia spaccato tra l'opzione sovranista e quella cattolico-democratica, ossia quella che preferisce il Partito Democratico e più in generale il centrosinistra.
Nella fase successiva al lockdown, i vescovi italiani sembrano aver "aggiustato" il tiro, in particolare mediante le prese di posizione contro la "Zan-Scalfarotto". Un atteggiamento che per i conservatori e i tradizionalisti serve a chiarire quale sia lo spazio in cui i cattolici agiscono. Ma come stanno oggi i cattolici in politica della nostra nazione? Questioni da porre ce ne sarebbero. Dalla "Zan-Scalfarotto" al "pendio scivoloso" intrapreso in bioetica dai giallorossi, la base continua a mobilitarsi contro l'alleanza tra la Chiesa cattolica ed il centrosinista, grillini compresi. A mancare, più che altro, sarebbe la cerniera in grado di collegare le rimostranze del basso con l'alto delle gerarchie ecclesiastiche. Il cardinal Camillo Ruini, all'interno delle sue disamine, ha spesso invitato i cattolici a ritrovare il "coraggio". Anche nell'ultima intervista rilasciata per Tempi. La strada per il porporato è sembrata essere sempre la stessa: quella della cultura. Quella che la gestione attuale della Cei avrebbe in qualche modo abbandonato o comunque relegato ad una dimesione minore rispetto ai fasti del recente passato.
Come si muovono oggi i cattolici
I cattolici, tradizionalmente maggioritari in Italia, svolgono ancora un ruolo nella politica odierna? La Chiesa cattolica, e nello specifico la Santa Sede, ha da poco tuonato in relazione a due temi che stanno tornando d'attualità: l'aborto e l'eutanasia. "Tra poco benedirò una campana che si chiama 'La Voce dei non Natì, commissionata dalla Fondazione 'Sì alla Vità. Essa accompagnerà gli eventi volti a ricordare il valore della vita umana dal concepimento alla morte naturale", ha detto Jorge Mario Bergoglio in una delle sue ultime udienze generali, così come ripercorso dalla Lapresse. E ancora: ""La sua voce risvegli le coscienze dei legislatori e di tutti gli uomini di buona volontà in Polonia e nel mondo - ha aggiunto - Il Signore, unico e vero Donatore della vita benedica voi e le vostre famiglie". Il vescovo di Roma ha insomma ribadito ferma contrarietà a quelle iniziative legislative che aprono all'esistenza di un vero e proprio "diritto all'aborto", mentre sempre da piazza San Pietro è arrivato pure un monito diretto a coloro che considerano l'eutanasia un "diritto".
Il papa emerito Joseph Ratzinger avrebbe detto "nuovo diritto". Come si esplica la battaglia su questi ed altri temi da un punto di vista pratico? Il professor Eugenio Capozzi, che insegna storia contemporanea all'Università Sant'Orsola di Napoli, intravede una disgregazione complessiva del fronte. Intervistato da IlGiornale.it, Capozzi ci ha parlato di una "impressione", quella per cui "rispetto al periodo del partito unico e a quello del bipolarismo (cattolici sociali contro cattolici liberali o intransigenti sui valori non negoziabili) nell'era dell'antipolitica trionfante la parte di società che è ancora cattolica praticante si sia votata ormai a rapportarsi alla politica in ordine totalmente sparso, cercando volta a volta riferimenti su questo o quel tema, ma senza ancoraggi stabili". Una certa confusione, insomma, sarebbe alla base del comportamento politico dei cattolici.
Poi arriva la specificazione: "L'elettorato cattolico ha largamente sposato, soprattutto nel Centro-Sud, l'ondata antipolitica del Movimento 5 Stelle, senza farsi molte domande su quanto l'appoggio a quel movimento fosse coerente con le posizioni della Chiesa su dottrina sociale o bioetica. E al tempo stesso, sulla questione dell'immigrazione, non ha esitato in molte sue parti ad appoggiare le posizioni di Salvini e della Meloni. In generale il comportamento politico dei cattolici, sia come elettori sia nella politica attiva, è sempre più umorale, polverizzato, sconnesso da una visione generale della società e delle istituzioni, e pienamente interno ad un processo compiuto di secolarizzazione radicale". Una difformità di vedute per cui sarà utile ricercare qualche "perché". Comunque la si veda, un accento andrebbe posto sull'universo pro family e pro life, unico vero fenomeno in crescita nel panorama cattolico nel corso di quest'ultimo decennio.
Il contributo dato dalle posizioni della Cei
La Conferenza episcopale italiana non è quella di qualche anno fa. L'ecologia, l'accoglienza universale dei migranti e la revisione delle logiche di distribuzione della ricchezza sono le tre architravi della pastorale di questo pontificato, dunque anche quelle dell'episcopato italiano. Difficile contraddire l'esistenza di quel trittico. A farne le spese, in qualche modo, è stata proprio la bioetica, che nonostante rappresenti un campo di battaglia decisivo, viene interessata sempre meno da riflessioni provenienti dal ceto ecclesiastico. O almeno questa è la sensazione che i conservatori ed i tradizionalisti dicono di avere.
Sempre il professor Eugenio Capozzi delimita il campo delle presunte responsabilità attribuibili alla Cei. Quelle che avrebbero contribuito al frazionamento del mondo cattolico, e dunque della sua progressiva irrilevanza in termini d'intensità elettorale: "La fine del 'ruinismo' e la linea imposta dal pontificato di Francesco rispetto alla politica - osserva lo studioso -hanno contribuito certamente ad accentuare questo processo di 'liquefazione'. In particolare, l'indirizzo della Chiesa verso grandi temi etico-politici globali come l'ecologia e le migrazioni ha ridotto ulteriormente la presenza delle Chiese nazionali - quella italiana in primis - nella dialettica politica nazionale, lasciando i fedeli senza orientamento e supporto su molte questioni cruciali. Ma questa tendenza è connessa ad una deriva di più lungo corso della Chiesa verso la 'solubilità' del cattolicesimo in società post-cristiane. Papa Bergoglio ha in qualche modo assecondato la deriva, mentre Benedetto XVI e Ruini avevano tentato di costruire ad essa degli argini". Anche le tipologie di messaggio scelte da Francesco durante il suo pontificato, insomma, avrebbero fornito un contributo decisivo. E i cattolici sarebbero sull'orlo della scomparsa da un punto di vista prettamente politico.
Una "gola profonda" racconta: sta per nascere un "partito dei cattolici"
Di partito dei cattolici si vocifera da anni, ma non se n'è mai fatto nulla. In principio, dovevano addirittura essere Romano Prodi ed Enrico Letta a guidarlo. La percezione diffusa in certi ambienti cattolici e democratici riguarda uno spazio al centro che sarebbe contendibile da una formazione neonata. Qualcosa che cerchi di replicare l'esperienza del Partito popolare italiano o di altre forze simili. Stando a quanto abbiamo raccolto in queste ore parlando con una fonte che preferisce l'anonimato, un contenitore politico starebbe per fare la sua comparsa nell'agone politico italiano. Ma siamo davvero sicuri della nascita di questo partito? "Nì, tecnicamente dovrebbe nascere ad inizio ottobre, ma non mi pare che questa cosa stia generando entusiasmi. Di sicuro questa è la prima legislatura dal dopoguerra senza un partito dei cattolici e la cosa sta pesando a livello di equilibri generali. Il problema è che ci sono un sacco di anziani signori ricchi di nobili aspirazioni, ma non un popolo a loro sostegno". L'idea esisterebbe, dunque, ma sarebbe priva di una base capace di garantire voti sufficienti.
Ma chi farebbe parte di questo "partito dei cattolici"? "Si partirebbe da un mondo cattolico sociale - ci viene risposto - , area Zamagni (l'economista Stefano Zamagni, che attualmente è anche il presidente della Pontificia accademia delle scienze social, ndr), in rotta col PD ma non integrabile in una coalizione a trazione Salvini. L'Opa è sui cattolici moderati del centrodestra. Al momento mi pare che manchi comunque l'entusiasmo. La formula è vecchia, il partito necessario ma non entusiasmante, l'aria stantia. Fuori c'è la tempesta, ma stare in quella casa non promette alcuna rivoluzione". L'operazione, insomma, non avrebbe prodotto grossi entusiasmi. Ma quale sarebbe l'aria politica di riferimento di questo "partito cattolico"? Il centrosinistra? "Il centro. In realtà, mi pare che le pregiudiziali contro entrambi gli schieramenti siano più forti contro la sinistra...Di sicuro non appare probabile una riconciliazione a breve col PD".
In buona sostanza, un pezzo di centrosinistra si starebbe muovendo verso la linea mediana, dove però troverebbe già Matteo Renzi e Carlo Calenda, magari in funzione dell'effettiva approvazione di una legge elettorale proporzionale. Siccome non è possibile ipotizzare che in Vaticano non sappiano di questo nuovo partito, domandiamo alla fonte quale sia la reazione per ora da parte della Santa Sede: "Fattiva attesa. Non aperta collaborazione, ma immensa simpatia. Per quanto "il Vaticano" sia in termini politici più una reliquia del passato che una forza fattiva in questo momento storico". Il Vaticano aspetta, ma per ora non si sbilancia.
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Ora il Pd censura pure le statue per non offendere i musulmani
La Camera, con i voti di Pd e M5s, ha ratificato ufficialmente la convenzione di Faro sul patrimonio culturale: sono previste limitazioni per non offendere le altre culture
La Camera, con i voti di Pd e M5s, ha ratificato ufficialmente la convenzione di Faro sul patrimonio culturale: sono previste limitazioni per non offendere le altre culture
Limitare la fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale per non offendere altre culture. È questo uno dei provvedimenti previsti dalla discussa convenzione di Faro, approvata ufficialmente ieri dalla Camera dei deputati con i 237 voti favorevoli della maggioranza giallorossa Pd-M5s , 119 contrari e 57 astenuti.
Nel febbraio del 2013 l’Italia firmava la "Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società" e oggi la sposa in pieno, rendendosi però responsabile di una resa culturale. Spieghiamo. L’accordo – "oltre alla conservazione dell’eredità culturale e il suo uso sostenibile per favorire lo sviluppo umano e la qualità della vita" (Articolo 2 del testo) - prevede anche uno strano meccanismo per il quale chi vi aderisce deve verificare far sì che il proprio patrimonio artistico non offenda altri popoli e altre culture. Insomma, nascondere un po’ di identità e un po’ di tradizione per non disturbare musulmani, buddhisti, induisti e così via. Ecco perché, allora, si può parlare di resa culturale.
Quello di censurare le statue non è purtroppo un vizio nuovo per il centrosinistra italiano. Come dimenticare, infatti, la pensata di coprire con dei teli alcune statue di nudi dei Musei Capitolini in occasione della visita in Italia – per incontrare l’allora premier Pd Matteo Renzi (era il 2016) – del presidente dell'Iran Hassan Rohani.
Una vera e propria censura dell’arte italiana per non turbare chissà chi. Peraltro, in caso di "turbamento" dovuto a un particolare monumento, la convenzione di Faro prevede l’avvio addirittura di una procedura di conciliazione e mediazione.
L’ultima pensata di Pd e M5s non poteva certo passare inosservata. Subito dopo il voto di Montecitorio, che ha ratificato la controversa convenzione, sia Fratelli d’Italia sia la Lega hanno sbottato, accusando il governo di sottomettersi e svendere la nostra arte dell’Islam. Andrea Delmastro, deputato di FdI, ha parlato di una Caporetto per la nostra civiltà. "Con l'approvazione alla Camera della Convenzione di Faro che introduce il concetto della necessità di porre limitazioni della fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale per non offendere altrui culture siamo alla più clamorosa resa culturale della nostra civiltà".
Il capogruppo meloniano in commissioni Esteri, dunque, ha aggiunto: "La nostra identità culturale e artistica non può essere oggetto di mediazioni. Ancora una volta il governo giallorosso rappresenta la punta più avanzata della cessione identitaria e della sottomissione culturale. Noi difenderemo sempre l'identità italiana e, se qualcuno si sente offeso dai simboli della nostra cultura, ha un solo modo per non sentirsi offeso: scegliere altre Nazioni dove vivere".
Alle parole dell’esponente di FdI si sono sommate quelle dei leghisti Lucia Borgonzoni e Paolo Formentini, che etichettano la convenzione di Faro come provvedimento "gravissimo e pericoloso", nonché come "un' arma geoculturale potentissima in grado, se utilizzata da alcuni, di cancellare la nostra identità e la nostra libertà". "La Lega non sarà mai complice di chi vuole calpestare la nostra cultura mettendo il velo islamista sulle nostre opere d'arte che tutto il mondo ci invidia. Maggioranza e governo, paladini del buonismo e del 'politicamente correttò, abbiano ora anche il coraggio di assumersene la responsabilità di fronte agli italiani", chiosano la responsabile Cultura del Carroccio e il vicepresidente della commissione Affari esteri della Camera.
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