ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 26 ottobre 2020

“A braccia conserte?”

“Così l’autorità della Chiesa è infranta, così tutto sta precipitando. Dobbiamo assistere a braccia conserte?”


Cari amici di Duc in altum, il testo che qui vi propongo è per palati forti. È del professor Antonio Caponnetto, storico e filosofo argentino, autore di numerosi saggi, che ha lavorato come docente in varie istituzioni pubbliche e private e come ricercatore scientifico presso il Conicet (Consiglio nazionale per la ricerca scientifica e tecnica). Nel contributo che potete leggere qui sotto, apparso nel sito adelantelafe e tradotto per noi da Valentina Lazzari, Caponnetto, scrivendo nella forma di una “lettera a un amico”, mette in luce quella che a suo giudizio è la vera portata del “fenomeno Bergoglio”.


***

Lettera a un amico

Caro amico, mi suggerisci di inviarti qualche riflessione sugli ultimi sviluppi bergogliani, già noti a tutti. A penna fresca e con una certa riluttanza – che non è colpa tua – consentimi di pensare ad alta voce.

La sostanza di ciò che è stato reso pubblico mercoledì 21 ottobre, sulla legittimità dell’unione degli omosessuali, e in generale la sua politica favorevole alla giustificazione benevola della sodomia, Bergoglio già lo pensava ed esprimeva pubblicamente quando era in Argentina. L’ho scritto nel capitolo 11 della mia opera La Chiesa tradita, quasi quattro anni prima che Bergoglio fosse nominato al soglio petrino. Mentre finisco queste righe, vengo a sapere che Tucho Fernández [il vescovo di La Plata Víctor Manuel Fernández ,detto Tucho, grande amico e sodale di Bergoglio, ndr], ha scritto un articolo che ha intitolato, appunto, Bergoglio ha sempre avuto questa opinione. Sono, Bergoglio e Fernández, ciascuno nelle loro bassezze, cupe incarnazioni dell’Anti-Testimonianza. Volti parodistici della lex credendi e della lex vivendi.

D’altronde, nei suoi anni alla guida del pontificato, sono innumerevoli le volte in cui Bergoglio ha avuto parole e gesti, atteggiamenti e comportamenti, di inammissibile compromesso e di approvazione dell’omosessualità; senza che, parallelamente, si sia mai avuta conoscenza di alcun suo rimprovero del vizio nefasto e del peccato contro natura. Tutto questo è registrato nei minimi dettagli. E fa schifo; non c’è altro modo suaviter per dirlo.

È un fatto concreto, insomma, che c’è un Bergoglio pro e filo-omosessuale (e anche pro-insegnamento della teoria “queer” nei seminari); così come non c’è un Bergoglio che, in una materia così delicata, ricordi e ratifichi la dottrina cattolica al riguardo. Secondo me, questo punto è già fuori discussione. Insisto: ciò che dico è confermato dalla registrazione di tutto quanto sostenuto da Bergoglio, incline a convalidare, se non a celebrare, ciò che è ripugnante alla morale cristiana e anche alla mera morale naturale.

Uno sforzo analitico da fare qui e ora sarebbe quello di cercare di chiarire due cose. La prima riguarda il motivo in base al quale Bergoglio attua inesorabilmente un piano sistematico di demolizione della Chiesa cattolica. Non lascia nulla al caso o all’improvvisazione. Non si ferma per un solo giorno. È instancabile nell’operare il male. C’è un intelligent design, come direbbero i gringos. Solo che questo disegno intelligente non risponde alla volontà divina, ma al male. Perché lo fa? Qual è la causa?

La risposta supera le mie capacità, certamente. Ho comunque provato a scrivere qualcosa in proposito in un testo, intitolato Non lo conosco, dove sostengo, in sintesi, che l’intera carriera ecclesiastica di Bergoglio si è svolta come un itinerario disastroso “dall’iscariotismo all’apostasia”. E che la spiegazione ultima di quanto fa si trova in quel tragico passaggio del Vangelo, in cui Nostro Signore dice a Pietro: “Vade retro Satana” (Mc 8, 33). Oggi governa la Chiesa il Pietro, ispirato dal demonio, della triplice negazione. Senza la presenza e la manifestazione del demonio, è impossibile chiarire la causa principale della perversione sempre più pubblica, insolente e provocatoria di Bergoglio.

Non nego il concorso di altre cause; da quelle che ci portano a verificare l’esistenza di un vecchio e rinnovato complotto, a quelle che indicano il compimento delle rivelazioni contenute nel Libro dell’Apocalisse. Ma ciò che il comportamento scandaloso di questo oscurissimo personaggio sta dimostrando obbliga necessariamente, a mio avviso, a tener conto di un fattore soprannaturale.

Non si può spiegare tutto con il fatto che Bergoglio è un “peronista di Buenos Aires” (e comunque questo conta parecchio, come ho scritto nel mio libro Da Perón a Bergoglio); né con il fatto che si sia sottoposto a un rituale di sangue segretissimo in qualche sinagoga. Secondo me ciò che conta veramente è che il diavolo è coinvolto in questa danza.

Di conseguenza, noi cattolici fedeli dovremmo avere una reazione appropriata e proporzionata. Come minimo dovremmo denunciarlo, senza troppi complimenti o eufemismi. Basta con “dubbi”, “correzioni filiali” o dissimulazioni diplomatiche. Occorre pregare che ci siano esorcisti retti in grado di svolgere il loro ufficio senza paura nei confronti del principale sospettato e nella sede in cui abita. Smascherare e ripudiare Bergoglio, come capo della Chiesa dei Traditori, è oggi il minimo che ci viene richiesto. Occorre poi pregare per la sua conversione. E, ancor di più, perché sia liberato dai legami demoniaci che chiaramente lo irretiscono.

Il secondo sforzo analitico che si potrebbe fare è relativo alla domanda ricorrente sulla nostra possibile, tempestiva e prudente azione. Ed è qui che la mia risposta è necessariamente più debole rispetto alla proposta precedente. Perché in quanto semplice laico, fedele senza parrocchia e parrocchiano errante, non mi sento nella posizione di tracciare una linea di condotta, né tanto meno di considerarla fattibile. Sono tra gli orfani, tra i naufraghi.

Tuttavia mi sembra di poter sinceramente credere (e sottopongo la mia opinione alla correzione o all’emendamento dei dotti) che, in tali circostanze, si potrebbe applicare, anche per estensione o figurativamente, l’ipotesi giuridica della Sede impedita, prevista dal canone 412 del Codice di diritto canonico. Ricordo che la Sede è considerata impedita per “prigionia, confinamento, esilio o incapacità” del titolare. Mi sembra che siamo proprio nel caso di Bergoglio, perché siamo di fronte a una incapacità radicata, profonda e insormontabile di essere cattolico. È anche evidente che egli è volontariamente prigioniero delle strutture giudaico-massoniche mondiali, a cui ha appena donato Fratelli tutti, tanto per citare l’omaggio più recente. Del suo altrettanto volontario esilio, ci sono anche prove dolorose e atroci. Si è auto-esiliato dalla barca di Pietro, una condotta che ricorda quella degli esiliati infedeli menzionati nel Libro di Esdra.

Dobbiamo considerare anche ciò che stabilisce il canone 194: “È rimosso dall’ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1) chi ha perso lo stato clericale; 2) chi ha abbandonato pubblicamente la fede cattolica o la comunione della Chiesa”. Qui c’è l’eco di san Paolo: “Che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile” (Cor 5, 1-2). E c’è la sicura dottrina sul diritto dei sudditi a ribellarsi all’autorità ingiusta, dannosa e corruttrice; tanto più se il suo esercizio è tirannico e la sua origine non ha una legittimità trasparente. Ricordiamo a questo proposito la “mafia di San Gallo”, che ha manovrato dopo l’abdicazione di Benedetto XVI.

Da tutto ciò emerge che non possiamo più andare avanti a braccia conserte. Aspettarsi una briciola di ortodossia da quest’uomo senza fede cattolica è una vana illusione. Accontentarsi è il principio della tiepidezza. Né possiamo trarre frettolose conclusioni, riparando sotto apparizioni private o il libero esame di certi testi venerabili. Non sarebbe neppure sensato ignorare che esiste il Libro dell’Apocalisse, e in esso la figura dell’Anticristo.

Fin qui la mia opinione. Con la speranza che coloro che sanno si affrettino a tracciare per noi una rotta tanto sicura quanto concreta e perentoria.

Non riesco a togliermi dalla testa le parole veritiere, curiose e perfino inspiegabili scritte da un uomo agli antipodi della nostra fede: “Un muro dopo l’altro [della Chiesa] è caduto. E la distruzione non fu molto difficile una volta che l’autorità della Chiesa fu infranta […]. Un pezzo è caduto dopo l’altro […]. Abbiamo lasciato crollare la casa costruita dai nostri genitori […]. Il Cielo è diventato per noi uno spazio fisico e l’empireo divino non è che un bel ricordo. Il nostro cuore, tuttavia, brucia e una segreta irrequietezza divora le radici del nostro essere”. L’autore è Gustav Jung, in Archetipi e inconscio collettivo. Non sembra vero, ma la storia dell’asina di Balaam sta succedendo. Le immagini sataniche dei templi cileni in fiamme e altri incendi simili nella vecchia Europa ci hanno sicuramente fatto ricordare queste parole scioccanti. Ma il fuoco materiale in cui sono state gettate le nostre amate chiese (senza la minima reazione virile da parte delle gerarchie ecclesiastiche) è niente in confronto alla paura e al tremore che proviamo vedendo che il crollo spirituale, morale e dottrinale è intenzionalmente causato da chi dovrebbe essere il Vicario di Cristo.

Amico, ti chiedo di unirti a me in questa semplice ma sincera supplica: Signore, non permetteteci di demolire la Tua casa impunemente. Non permetterci di rinunciare a conquistare il Paradiso. Non permettere che i nostri cuori smettano di bruciare per il Tuo amore. Non permettere che la Buona Battaglia sia solo un bel ricordo.

Antonio Caponnetto

Buenos Aires, 22 ottobre 2020

https://www.aldomariavalli.it/2020/10/26/cosi-lautorita-della-chiesa-e-infranta-cosi-tutto-sta-precipitando-dobbiamo-assistere-a-braccia-conserte/

Padre nostro che sei nella pampa


Ci eravamo proposti di tacere definitivamente sulle vicende delle chiesa cattolica. Troppo complicato seguire i cambiamenti, le giravolte e le prese di posizione della gerarchia; troppo triste, per un credente “bambino”, seguace della fede dei padri, veder scomparire una alla volta le tracce del “depositum fidei” bimillenario. Tuttavia, le modifiche alla liturgia della Messa, l’enciclica Fratelli tutti e i cambiamenti introdotti nella preghiera del Padre Nostro ci “inducono in tentazione“, per cui tentiamo una riflessione alla buona, senza pretese di teologia. Non abbiamo usato per caso l’espressione: infatti la variazione più significativa che andrà in vigore dal 29 novembre, prima domenica d’avvento, riguarda un passaggio cruciale del Padre Nostro.  Non chiederemo più a Dio di “non indurci in tentazione”, ma di “non abbandonarci alla tentazione”In più, la Conferenza Episcopale ha inserito nel testo la parola “anche”, nella parte che riguarda la remissione dei debiti. I novatori, per non farsi mancare nulla, hanno inoltre modificato l’atto penitenziale, il cui esordio, in ossequio alla moda dell’inclusione”, sarà “fratelli e sorelle”, probabilmente per non incorrere nel peccato di sessismo a causa del solitario “fratelli”. Infine, nella preghiera di elevazione, dopo aver reso “gloria a Dio nell’alto dei cieli” non si chiederà più pace in terra agli uomini di buona volontà, ma agli “uomini amati dal Signore”.

Chi ha un minimo di dimestichezza con le cose di chiesa, sa che le novità non sono da poco. La caratteristica più profonda delle religioni è di tendere all’Eterno, all’Assoluto. Hanno un sostrato che non può essere modificato senza gravi conseguenze dottrinarie e pratiche. Ciò vale innanzitutto per il Corano dei mussulmani, che è considerato increato, anteriore al tempo, intangibile opera e volontà di Allah. Il cristianesimo distingue tra Parola, tradizione e dottrina, ma i vangeli sono “parola di Dio”, come il sacerdote ripete solennemente ad ogni lettura durante i riti. Per dirla in parole semplici, i testi “sacri” vanno maneggiati con cura. La preghiera del Padre Nostro fu dettata dal fondatore stesso, Gesù Cristo, raccolta dal Vangelo di Matteo (6,9-13) e da quello di Luca (11, 2-4). In entrambe le versioni, figura la supplica relativa alla tentazione. Nella Vulgata dei testi evangelici l’espressione greca kài mé eisenènkes è resa in latino con “et ne nos inducas in tentationem. La versione ebraica e aramaica è tradotta rispettivamente con “non indurci nella mano del Nemico” e “non portarci nella tentazione “(fonte: <nostreradici.it>). 

Il lavoro di interpretazione è delicatissimo e di capitale importanza, poiché della Parola esistono testimonianze, ma non registrazioni (padre Sosa Abascal, Servus Jesus dixit). Al di là del significato letterale, sembra al credente di media cultura che il senso sia l’invocazione a Gesù di soccorrere l’uomo di fronte al male, al peccato, le “tentazioni”. Se è vero, come afferma il protagonista delle innovazioni, il vescovo e teologo Bruno Forte, che “Dio ci ama, non ci tende trappole per cadere nel peccato”, è dottrina perenne che egli permetta le prove per verificare il nostro essere o meno degni della vita eterna, che è la comunione con Lui. Inoltre, ammette Forte, “l’originale greco usa un verbo che significa letteralmente portarci, condurci, richiamato nella versione latina. Però, in italiano indurre vuol dire spingere a, in sostanza, far sì che ciò avvenga. E risulta strano che si possa dire a Dio non spingerci a cadere in tentazione”.

Giusto, ma il significato italiano del verbo indurre è antico, consolidato nel tempo. La chiesa ha eletto per secoli, sino al 1978, papi di nazionalità e madrelingua italiana, senza che alcuno eccepisse il Pater Noster. La ragione non è certo l’ignoranza linguistica, ma, immaginiamo, il legittimo timore di manomettere, attraverso modifiche del testo evangelico, il “depositum fidei”, la tradizione perenne. Spostare una pietra può compromettere l’intero edificio. In realtà, è stato Bergoglio in persona a sollevare il problema in diverse occasioni, forse perché la versione spagnola prega Dio di “non lasciarci cadere in tentazione “. Nel 2017 pronunciò una delle rare frasi in linea con la fede di sempre: “chi ti induce in tentazione è Satana, quello è l’ufficio di Satana.”. Conforta che il papa creda all’opera del Maligno. Certo non è Dio a indurre in tentazione, ma, attraverso il libero arbitrio, ha reso l’uomo responsabile delle sue azioni, a cui oppone la sua giustizia, unita alla misericordia. La neo Chiesa sorvola sulla giustizia – che giudica il bene e il male – e enfatizza la misericordia. Ci sarebbe un Dio “vecchio”, giudice arcigno, e uno “nuovo”, un buontempone che perdona tutti con una pacca sulla spalla. Misteri della pampa. La dottrina avvertiva che la misericordia occorre chiederla con umiltà dopo aver riconosciuto il male compiuto. Per il protestantesimo, invece, ci si salva per grazia e fede (sola fide, sola gratia, sola scriptura).  

Nello specifico, il cambiamento si giustifica per la distanza tra l’originario significato di “essere portati, condotti” e l’accezione italiana di indurre (provocare, spingere a qualcosa). Nessun fedele – e nessun pastore, crediamo – è mai stato “indotto” in errore dalla sottigliezza linguistica. Si cambia per cambiare, adeguarsi ai “segni dei tempi”, per inseguire la modernità facendosi dettare da essa persino il linguaggio della liturgia. Una posizione difensiva e perdente che sconcerta. 

L’aggiunta di “anche” nel passaggio della remissione dei debiti non convince del tutto. La preghiera tradizionale in italiano trascurava come ridondante il latino “et” e il greco “kài”. Diremo “rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.” Modifica non necessaria, un’inutile pedanteria frutto di un’ansia di novità a ogni costo che non rafforza i fedeli e lascia indifferenti gli avversari della chiesa. Le nuove formulazioni non porteranno un solo fedele in più alle funzioni e alla recita del Rosario. Ma già, lo scopo della neo-Chiesa non è più l’apostolato, sbrigativamente derubricato a proselitismo. 

L’impressione negativa riguarda la corsa al cambiamento affannosa ed affannata di chi si sente in ritardo, inadeguato, non all’altezza dei tempi. La Chiesa ha perduto la sua forza veritativa: è un’opzione tra le tante. Nella gara di decostruzione, spicca l’inserimento del femminile sorelle, accanto a fratelli: vacua cautela politicamente corretta, “excusatio non petita”, una giustificazione non richiesta per schivare accuse di maschilismo. 

Conta l’intenzione, vecchia di duemila anni: i cristiani, con il termine fratelli, non hanno mai inteso rivolgersi ai soli fedeli maschi, escludendo l’altra metà del cielo. Pesa doverlo ribadire. Sul piano dei contenuti, colpisce l’innovazione del “Gloria”. La vecchia formula è antichissima, elegante e venerabile, rivolta agli uomini “di buona volontà”. Il Gloria 2.0 (il linguaggio è volutamente poco clericale) corre verso un’ulteriore protestantizzazione della Chiesa. Il riferimento agli uomini (e alle donne, ripetiamolo a beneficio del femminismo) “di buona volontà” rammentava che l’adesione al piano divino è una scelta personale, un proponimento cui l’uomo aderisce con il cuore e l’intelletto, concretizzandolo nelle azioni e nella condotta di vita. Eliminare quel legame sembra un passo nella direzione di un ecumenismo a senso unico che fa proprie le tesi dell’altro. 

É l’intero impianto della chiesa contemporanea a lasciare perplessi. Conosciamo la preferenza di Bergoglio per la pastorale rispetto alla dottrina. Gli esiti non corrispondono agli sforzi: più la chiesa si apre (e assomiglia) al mondo, più il gregge si disperde e assottiglia. Sul piano teorico, inoltre, si tratta di un cedimento rovinoso alla più complessiva delle culture moderne, il marxismo, fondato sul primato della “prassi”. Il termine definisce l’azione pratica contrapposta all’attività teoretica o speculativa. La distinzione, introdotta da Aristotele, attribuiva la ricerca della verità esclusivamente all’attività teoretica. Fu ribaltata polemicamente da Hegel e soprattutto da Karl Marx, intendendo l’attività umana trasformatrice del reale e produttrice di storia. Nulla di più distante dalla religione e dalla sua pretesa di verità definitiva. Bergoglio ha proceduto risolutamente nella direzione della prassi – velata da pastorale – soprattutto con le encicliche Laudato sì e con la recentissima, logorroica Fratelli tutti, nonché ponendo il nucleo del suo pontificato nella questione migratoria. 

Con Laudato sì, ha sposato le tesi ecologiste con un’accesa difesa non dell’ordine e della legge naturale, ma dell’ambiente, con minimi riferimenti a Dio e al destino dell’uomo. In Fratelli tutti, approfondisce il solco con il passato in lunghe digressioni a tinte para marxiste intrise di un populismo in salsa sudamericana. In particolare, ci pare di individuare un debito culturale del papa argentino con un suo connazionale, l’intellettuale neo-marxista (fu lui a introdurre il termine) Ernesto Laclau, pressoché suo coetaneo – era del 1935- morto nel 2014. Per Laclau, autore del noto La ragione populista, non esiste un’oggettività del popolo, considerato una costruzione artificiale e non organica, addirittura un’invenzione. Il popolo è per Laclau un “universale vuoto” che viene occupato e risignificato nella lotta per l’egemonia tra i diversi populismi. Il popolo non esiste, si costruisce come identità politicaSignificativamente, nel paragrafo 158 di Fratelli tutti si afferma che “popolo non è una categoria logica. (…) É una categoria mitica.”  

Esisterebbe dunque solo l’equivoca umanità unica. Bergoglio si affretta a prendere le distanza dal populismo di destra, che “finisce in nazionalismo espulsivo, una nozione chiusa di popolo come qualcosa di omogeneo e dato.” Colpisce lo slalom attorno alla dottrina sociale della chiesa rispetto al tema della proprietà privata. Per la Chiesa, essa deve avere una “funzione sociale “, ma non ne ha mai negato la legittimità. Pensiamo al generoso tentativo di applicazione della dottrina sociale di G.K. Chesterton e Hilaire Belloc, il “distributismo” che proponeva un’organizzazione sociale fatta di proprietà privata diffusa, accusando il capitalismo e il comunismo di accaparrarsi la proprietà, il primo nelle mani di un’oligarchia, il secondo di una burocrazia. Bergoglio sembra avanzare – o meglio arretrare – verso una specie di destinazione universale dei beni, poiché i doni della creazione siano stati conferiti all’umanità nel suo insieme. 

Lo esprime nel paragrafo 120, con lo scudo di una dichiarazione di San Giovanni Paolo II, “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano affinché sostenti tutti i suoi abitanti, senza escludere nessuno né privilegiare qualcuno.” Su questa base teoricamente ineccepibile, Bergoglio ricorda che il principio dell’uso comune dei beni è “il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale, un diritto naturale originario e prioritario”. La proprietà privata è solo un “diritto naturale secondario e derivato del principio di destinazione universale dei beni creati”. Da ciò si inferisce che le risorse vanno utilizzate senza riguardo alle frontiere per “dare fondamento al diritto dei migranti ad essere accolti in condizioni degne dai paesi riceventi.” 

Il paragrafo 124 dice: “La convinzione del destino comune dei beni della terra richiede che si applichi anche ai paesi, ai loro territori e alle loro possibilità. Se non lo osserviamo solo dalla parte della legittimità della proprietà privata e dei diritti dei cittadini di una determinata nazione, ma dal principio primario della destinazione comune dei beni, allora possiamo dire che ogni paese è anche dello straniero, in quanto i beni del territorio non devono essere negati a una persona bisognosa proveniente da un altro luogo”. L’agenda della nuova sinistra, per quanto Bergoglio cerchi di prenderne le distanze in maniera sottile, è la stessa. 

Bergoglio si impegna anima e corpo nell’agenda antirazzista (sarebbe almeno opportuno definire che cosa si intenda per razzismo) e al paragrafo 23 lamenta che resta molto da fare in materia di uguaglianza tra uomo e donna. Al 102 avverte che le politiche di identità non hanno altro esito che togliere forza all’unità del “popolo lavoratore” e finiscono per debilitarlo nelle sua ricerca della massima equità.  L’Unità di ieri e il Manifesto di oggi non avrebbero saputo dire di meglio. “Appaiono costantemente gruppi sociali che si afferrano a un’identità che li separa dal resto, e tendono ad organizzarsi in maniera che si impedisca ogni presenza estranea che possa perturbare quell’identità e quell’organizzazione protettiva e autoreferenziale“.

Invero, il paragrafo 13 attacca il tentativo di chi “ampliando il campo della libertà sino alla determinazione della propria identità [individuale] diventa funzionale alla logica di un mercato che abbatte ogni limite. (…) Si incoraggia una perdita del senso della storia che disgrega sempre più. Si avverte la penetrazione culturale di una specie di decostruzionismo in cui la libertà umana pretende costruire tutto da zero. Lascia in piedi solo la necessità di consumare senza limiti e l’accentuazione di molte forme di individualismo senza contenuti.” Esemplare ricostruzione degli ultimi trent’anni, ma qual è la terapia, materiale e spirituale? E’ ancora vigente la legge naturale? Dio, in tutto questo, entra o no? Qual è la risposta concreta del cattolicesimo, al di là del generico appello – non certo nuovo – alla fratellanza universale? Difficile capire in che cosa quella fratellanza differisca dalla “fraternité” massonica e rivoluzionaria.  Un alto esponente delle logge francesi afferma che la fratellanza enunciata nell’enciclica è la stessa teorizzata dai “venerabili fratelli”.  

Tra tanto sconcerto, in mezzo alla confusione, abbiamo il diritto di dissentire e criticare in profondità la neo-Chiesa in quanto sostenitrice “politica” di un’idea della vita e della società che poco ci appartiene. Vorremmo tuttavia tornare ad ascoltare la sua voce sul senso finale della vita, sul destino dell’uomo. La rivorremmo madre e maestra. In un tempo nel quale drammatiche sfide ci rendono prede della paura, dell’afflizione e della disperazione, la parola di Dio dovrebbe essere conforto, esempio e bussola. 

Parli di Dio, Santità, la preghiamo. Non si perda in traduzioni evangeliche, spirito del tempo (irreligioso) e intemerate alla Greta Thunberg. Lasci alla politica la destra e la sinistra e parli, finalmente, al cuore di un’umanità più che mai inquieta. Inquieto è il nostro cuore fino a quando non riposa in te, pregava Dio un padre della Chiesa, Agostino di Ippona. Un grande poeta cristiano del Novecento, Thomas S. Eliot, nei Cori della Rocca si chiese se fosse l’umanità ad aver abbandonato la Chiesa o viceversa, e mise in bocca a un uomo “moderno” la terribile alternativa: meno chiese e più osterie. Meno chiese e più gel igienizzante, missione compiuta. Fratelli tutti, ma nel Nulla.    

Roberto Pecchioli Ottobre 26, 2020

https://www.ricognizioni.it/padre-nostro-che-sei-nella-pampa/

Apostasia Verde: l'ecologismo di Papa Francesco e la distruzione della fede cristiana


Matteo D'Amico

https://www.youtube.com/watch?v=TGCdcKC8ogA

Marcello Pera: “Dio esiste, ma Bergoglio non lo vede più. Ormai vicini a uno scisma”

L’INTERVISTA

Marcello Pera: “Dio esiste, ma Bergoglio non lo vede più. Ormai vicini a uno scisma”

domenica, 25 ottobre 2020, 11:02

di Aldo Grandi

(Fonte: La Gazzetta di Lucca)


Il professor Marcello Pera, ex presidente del Senato, in questa interSvista esclusiva affronta la crisi dell’Occidente, la decapitazione di Samuel Paty a Parigi, l’incedere dell’Islam, l'”apostasia” di papa Bergoglio, gli italiani e il Covid, l’ipocrisia delle classi dirigenti progressiste e la dissoluzione della famiglia naturale:

Professore, a Parigi un 18enne islamista ceceno ha, letteralmente, tagliato la testa ad un insegnante colpevole, solo, di aver mostrato le vignette su Allah per spiegare la libertà di espressione. Non ci pare che l’episodio, a nostro avviso molto più che gravissimo e punto di non ritorno, abbia suscitato reazioni in Italia tutta impegnata a fronteggiare il Covid-19.

E’ assai peggio. Quel crimine non ha suscitato alcuna reazione fra gli islamici in Francia o altrove. E finché non vediamo una manifestazione di massa di islamici contro l’uso violento della loro religione, possiamo dire che l’islam non si integra in Europa o che l’islam è contrario alla civiltà europea. Una notizia pubblicata qualche giorno fa su ItaliaOggi dice che oltre il 50% degli insegnanti francesi si astengono dal trattare in classe temi che possano suscitare reazioni nelle famiglie islamiche. È un segno che stiamo alzando le mani per paura. E siccome ne abbiamo un po’ vergogna e conserviamo un po’ di pudore, ribattezziamo questa resa con belle parole: “dialogo”, “tolleranza”, “fraternità”. Questo veleno lo stiamo ingurgitando tutti i giorni, anche nelle università, che dovrebbero essere il luogo di esercizio del pensiero critico. Qualche anno fa, l’ultima volta che stavo negli Stati Uniti, i miei colleghi della Johns Hopkins a Washington mi dicevano che, all’inizio dell’anno accademico, avevano l’obbligo di avvertire gli studenti che, in certi classici, avrebbero potuto trovare concetti non graditi o, come si dice “non corretti politicamente”. Il risultato era che i passi venivano soppressi. Censurati Tucidite, Dante, Machiavelli, ecc. Bel dialogo, vero?

Samuel Paty aveva 47 anni ed era padre di un figlio. Loro tagliano le teste, noi facciamo le marce e indossiamo le magliette con su scritto Je suis… Non le pare un sintomo di decadenza dell’Occidente? Sì, è un sintomo di resa. Meglio di chiunque lo disse Benedetto XVI qualche anno fa: “l’Occidente non ama più se stesso: della sua storia oramai vede soltanto ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro”.

Tutti bravi a sfilare dopo l’omicidio, ma nessuno che, prima, abbia manifestato in difesa del docente francese che, sui social, era stato pesantemente preso di mira. Inoltre, per tagliare radicalmente la testa con un coltello ci vuole un po’ di tempo. Possibile che nessuno si sia sentito in dovere di fare qualcosa?

E’ possibile, perché è accaduto, ahimé. Ma la paura è tanta e prevale. Si preferisce non vedere il problema oppure blandire l’avversario, con la speranza che non tocchi anche a noi o che noi saremo risparmiati. Oppure ci si rinchiude in recinti. Le classi colte e abbienti francesi si avvalgono delle loro scuole di élite e lasciano esposti al fenomeno islamista i cittadini più poveri delle periferie. Dai loro recinti protetti i borghesi francesi predicano solidarietà e tolleranza e sopportazione a carico degli altri. Nobili sentimenti sulla pelle altrui.

E il silenzio in proposito del papa non la sorprende?

Non mi sorprende affatto. Gli ultimi due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, avevano ben chiaro il pericolo dell’islam e non mancarono di segnalarlo nelle dovute maniere. Bergoglio pensa diversamente. Pensa che ci sia un Dio solo uguale per tutti e, se esistono vari nomi per questo Dio indistinto e vari messaggeri, uno vale l’altro. Jahvè come Allah, Cristo come Maometto. Che Cristo abbia detto “io sono la verità e la vita” per Bergoglio è una frase imbarazzante. Così Bergoglio contribuisce a decristianizzare l’Occidente e a depotenziarlo. La sua posizione è figlia del relativismo. Legga l’ultima Enciclica “Fratelli tutti” al paragrafo 50: “possiamo cercare insieme la verità nel dialogo, nella conversazione pacata o nella discussione appassionata. È un cammino perseverante, fatto anche di silenzi e di sofferenze, capace di raccogliere con pazienza la vasta esperienza delle persone e dei popoli”. Che cosa vuol dire? Vuol dire che la verità si scopre col dialogo, che il dialogo è conversazione, che anche la conversazione può portare sofferenze, cioè violenze e martirio. In questa prospettiva che ne è più della Rivelazione, della missione di Cristo, della Verità che si è fatta carne?

Domenica all’Angelus papa Bergoglio ha invitato i fedeli a pagare le tasse. Professore, ma non dovrebbe, ogni tanto, occuparsi anche di trascendenza e salvezza dell’anima? A noi pare un ministro di questo Governo.

D’accordo sulle tasse: è un precetto dei vangeli sinottici: “a Cesare quel che è di Cesare”. Ma, stabilito il principio, quanto e come Cesare si prende da noi è còmpito della politica, non della Chiesa. Il guaio è che questo Papa parla da politico di cose politiche. Di ecologia, di ambiente, di economia, di giustizia sociale, di accoglienza, ecc. ecc. Pensa di applicare alla lettera princìpi evangelici (“beati i poveri”, “amatevi l’un l’altro”, “assistite il samaritano”, ecc.), ma di fatto assume posizioni politiche e entra prepotentemente nel dibattito politico. E questo non è còmpito della religione cristiana. Per anni ho pensato, detto e scritto che il cristianesimo è una religione della salvezza, non della liberazione dalla povertà o dalle miserie umane. Di questa liberazione si occupa la politica. E il cristiano sa che, anche al meglio di sé, la politica non risolve mai definitivamente e con piena soddisfazione i problemi politici, né, soprattutto, ci avvicina di un passo alla salvezza. Per sua natura, la politica è secolare, e il secolo è lo spazio e il tempo storico dell’uomo caduto e punito perché si è ribellato a Dio. Nel secolo, sempre ci saranno miserie e ingiustizie e sofferenze di ogni tipo, e da queste miserie e ingiustizie e sofferenze del secolo non saremo mai guariti finché si vive nel secolo. “I cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo”. Qualche giorno fa ho letto uno scritto di monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, che mi ha ripagato delle mie insistenze. Crepaldi dice che oggi “la salvezza è stata spesso ridotta alla salute”. È una critica pesante, come dire che il cristianesimo è stato ridotto ad un prontuario sociale.

E’ evidente che l’Occidente sta perdendo la sua identità: religiosa, politica, sociale e, financo, sessuale. Cosa ne pensa, lei, della teoria Lgbtq?

Assieme ad alcune decine di persone abbiamo pubblicato qualche giorno fa un appello contro la legge sull’omofobia attualmente in discussione alla Camera. Con la scusa di punire l’odio per motivi di genere, questa legge intende introdurre la teoria del genere. Che vuol dire questo: non Dio (o la Natura) li creò uomini e donne, piuttosto la cultura, storicamente, decide chi è uomo o donna. Non si riflette abbastanza che, abbattuta la distinzione naturale di genere e ridotta la famiglia a mero contratto, la società decade. Sta già accadendo. Noi facciamo violenza subdola ai bambini delle elementari (non gli si racconta neppure la storia di Gesù). Consideriamo bravi ragazzi i giovani ubbidienti alla dittatura del pensiero comune, unico, acritico, conformista. Come ho detto altre volte, la teoria del genere non è un capitolo della storia dei diritti dell’uomo ma della storia della lotta al cristianesimo. Abbattuto questo, dopo, non c’è maggiore libertà o maggiore tolleranza o fratellanza. C’è il deserto che provoca perdita di senso e riferimento. Abitare in una società siffatta è come entrare in Piazza San Michele senza più la chiesa: ci resta solo il buccellato.

Lei sa che pseudo scienziati stanno cercando di ottenere una gravidanza senza bisogno dell’utero, ossia la donna non sarebbe più indispensabile alla nascita di un figlio, bensì sarebbe sufficiente ricostruire un ambiente ideale dove riprodurre la specie. Qual è il suo pensiero in proposito e quali, a suo avviso, sarebbero le conseguenze?

La tecnologia biologica e genetica, alimentata dalle rispettive scienze di base, ci porrà in futuro sfide sempre maggiori. Alcune, come quelle da Lei citate, saranno inaudite. Magari arriveremo persino a creare la vita in laboratorio. Quel giorno l’uomo sarà indotto a pensare di essere “sicut Deus” o “faber sui”. In realtà, soffriremo come prima e senza la consolazione di prima. E così saremo avvolti in un paradosso tragico: l’uomo che si costruisce da sé è un Superuomo, ma se il Superuomo continua a soffrire sarà un’infima creatura.

Perché la Chiesa non si inalbera e si altera di fronte a queste bestemmie contronatura?

Che siano contro natura lo dice Lei. La Chiesa oggi non sembra pensarla così e perciò non può alterarsi. Tutt’al più, pensa che quelle che Lei chiama “bestemmie” siano opinioni da tollerare e tutelare.

Noi crediamo che l’attuale pontefice stia distruggendo la sacralità della Chiesa riducendola ad una sorta di istituzione laica di beneficenza e, comunque, a senso unico, ossia verso i clandestini che da ogni parte del mondo sbarcano e invadono le nostre coste. Qual è la sua opinione?

Ho anche io il timore che il cristianesimo stia subendo una torsione fatale. Centrato più sulle miserie terrene che sulla salvezza dell’anima. Si sta perdendo un insegnamento fondamentale di Paolo ai romani “Nolite conformari huic saeculo”. Se il secolo diventa il nostro unico orizzonte, Dio non serve più, e la Chiesa può ben essere trasformata in una Pia Casa.

Nella sua ultima enciclica ‘Siamo tutti fratelli’ Bergoglio azzera ogni differenza in nome di una fratellanza universale che, ci perdoni, solo i cattolici e i cristiani portano avanti visto che, sul fronte musulmano, essi non solo non rinunciano alle proprie tradizioni, ma nemmeno rispettano le nostre. Questo papa sta annullando l’identità di millenni di storia cristiana.

Perché vuole mettermi in cattiva luce? Già ho i miei problemi: mi avvicino alla Chiesa e i sagrestani mi guardano con diffidenza, dico di essere un laico cristiano e i laicisti mi massacrano. Gli uni e gli altri mi cacciano dai loro templi. E però penso che il Papa stia ponendo le basi per uno scisma.

In giro per il mondo migliaia di cristiani che hanno aderito alla fede cattolica vengono trucidati ogni anno senza che il Vaticano apra bocca e condanni apertamente questa strage degli innocenti. Cosa deve succedere per sentire Bergoglio inalberarsi?

Beh, questa è semplice: deve succedere che Salvini vinca le elezioni!

Professore il papa ha ‘aperto’ non solo alle unioni gay, ma ha parlato, addirittura di famiglia dicendo che gli omosessuali hanno diritto ad avere una famiglia il che vuol dire anche figli che, però, potranno essere solo o adottati o, come accade e accadrà, con l’utero in affitto. E dopo i gay perché non anche i transessuali? Lei ha scritto su Il Foglio: “Se la sopravvivenza dell’occidente è legata alla salute della chiesa cristiana, allora Papa Bergoglio ci manda tutti a fondo”. Sarò provocatorio: allora meglio l’Islam…

No, meglio il cristianesimo. Per mille ragioni. Una dovrebbe essere cara a tutti: la nostra Scrittura dice “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”, non dice “Andate e sottomettete ogni creatura” o “Punite gli infedeli”.

Quando Lei dice che Bergoglio è un papa gesuita e, in più, nato e cresciuto in America Latina, che cosa intende?

Intendo che papa Bergoglio è di cultura sudamericana, e che il contributo dei gesuiti alla civiltà politica sudamericana è stato inferiore a quello dei protestanti al liberalismo e alla democrazia nordamericana. Più che dittature e colpi di stato militari, io non ricordo molto altro nell’America del Sud. Questa differenza fra protestantesimo e cattolicesimo dovrebbe essere studiata e meditata. C’è un dato storico: quando il primo professava la democrazia, l’altro era ancora fermo alla teocrazia.

Lei è stato in stretto contatto con monsignor Ratzinger l’ultimo papa che ha abdicato lasciando via libera a Bergoglio. Gli ha mai chiesto perché ha abbandonato e, soprattutto, gli ha mai spiegato che il successore sta distruggendo la Chiesa?

No, lo rispetto enormemente. Gli ho solo detto più volte che ci manca. Manca anche ai suoi avversari, i quali ai suoi tempi si attrezzavano per rispondere alle sue domande e crescevano intellettualmente, ora invece, privi di stimoli intelligenti, si riducono ad essere banali. Ratzinger è stato un faro e noi gli siamo grati perché manda ancora luce.

Lei è uno strenuo difensore della Chiesa, del cristianesimo e dell’Occidente. Tutti elementi in manifesta decadenza. Cosa si può fare per salvarli?

Non lo so. Se esistesse ancora la vecchia famiglia, direi che dovremmo cominciare da lì. E se la nostra scuola non fosse diventata il dopolavoro di Cgil, Cisl, Uil, Cobas, Gilde, eccetera, da lì si potrebbe proseguire. Ma i tempi sono cambiati in peggio e io penso che il fondo dobbiamo ancora toccarlo.

Ida Magli, antropologa, era contraria agli organismi sovranazionali che cancellano le identità nazionali. Lei ci pare abbastanza

europeista nonostante rivendichi una identità per la Chiesa. E per l’Europa e l’Italia cosa dice?

L’Europa ha avuto bravi architetti che l’avevano progettata in un modo, ma il lavoro è stato proseguito da mediocri geometri e muratori che l’hanno trasformata in un altro. Nessuno si dice soddisfatto dell’attuale Unione Europea, e tutti ne lamentano il “deficit democratico”. E però la storia non è reversibile. L’Unione Europea può solo essere corretta. L’euroscetticismo è come il pessimismo morale: un dovere che ci consente di migliorare.

L’Islam è una minaccia concreta non solo per l’Occidente, ma per le nostre abitudini di vita. Come saremo, professore, fra 50 anni? Ovviamente, non ne ho idea. Mi piacerebbe pensare che avremo vinto la guerra di civiltà. Ma forse, fra i due litiganti, sarà il terzo a godere. Suggerisca ai Suoi nipotini di studiare il cinese.

Coronavirus: lei cosa ne pensa e come vive questa emergenza?

Mi pesa sull’umore, che tende al nero. Per il resto, cambia poco. Sto in casa e cerco di fare qualche lavoro. Alcuni mesi fa ho fatto uscire un mio libro sul cristianesimo di Kant che mi è costato dieci anni di fatiche. Leggo poco i giornali e rifuggo dai dibattiti televisivi più che posso. Troppo faziosi e qualcuno anche becero.

Da giurista, secondo lei, è giusto sospendere le libertà costituzionali a colpi di provvedimenti governativi e in nome di una presunta pandemia che i dati, a quanto pare, sembrano smentire?

Non è giusto. Ma stia attento ai sentimenti del popolo italiano: fra la presunta sicurezza nelle mani protettive dello Stato e i rischi della libertà individuale, molti preferiscono la prima. Il biberon ci piace ancora tanto. Temo avesse ragione, anche se avrebbe fatto bene a non dirlo, Boris Johnson quando ai Comuni ha dichiarato che gli Inglesi a differenza degli Italiani amano la libertà più della sicurezza. Oltre a ciò, a noi italiani piace anche protestare. Se ciascuno diventasse più libero e più responsabile del proprio destino, con chi potrebbe prendersela?

Lei è sempre stato un conservatore. Non crede che se si vuole andare avanti bisogna avere il coraggio di tornare indietro? Questa è precisamente la definizione del conservatore! In dottrina, il conservatore è colui che si affida alla tradizione cui appartiene, la quale gli fornisce una identità e un’agenda, e risolve i problemi che di volta in volta gli si presentano nei termini di quella tradizione. Il conservatore può anche essere un riformista radicale, ma non un rivoluzionario, perché questo vorrebbe dire disfarsi di ogni tradizione. Il conservatore è realista, il rivoluzionario è utopista. Per il conservatore, si può andare avanti solo se non si dimentica o distrugge ciò che sta dietro. Ha ragione Lei.

Ultima domanda: la Sinistra, in Italia, si aggrappa all’antifascismo nonostante il fascismo non esista più.

Eppure pagherebbe chissà cosa per vederne qualche traccia così da poter giustificare la propria inettitudine e strumentalizzazione politica. Concorda?

Lasci perdere il fascismo. Non c’è più e abbiamo la prova che non è rinato: se davvero lo fosse, i nostri intellettuali già sarebbero fascisti. Come l’altra volta, esattamente un secolo fa. È per questo che avevo organizzato un bel programma di studio e memoria nel centenario del quadriennio 1919-1922. Ma con questo Governo non era aria e ho preferito dimettermi dalla presidenza del Comitato degli anniversari.

https://www.vanthuanobservatory.org/ita/marcello-pera-dio-esiste-ma-bergoglio-non-lo-vede-piu-ormai-vicini-a-uno-scisma/

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