CALIARI: UN TRISTE PAPATO CADE NELLA FOSSA CHE HA SCAVATO.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Gian Pietro Caliari ci ha inviato queste riflessioni, seguite alla polemica e allo scandalo suscitato dalle frasi del Pontefice regnante sulle unioni civili fra persone dello stesso sesso. Una riflessione severa e amara, ma a cui difficilmente si può dare torto. Motu in fine velocior, e non abbiamo ancora visto tutto, purtroppo…
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Ecce parturiit injustitiam; concepit dolorem,
et peperit iniquitatem.
Lacum aperuit, et effodit eum; et incidit in foveam quam fecit.
di Gian Pietro Caliari
Le recenti esternazioni dell’arcivescovo emerito di Buenos Aires, per quanto scandalosamente inopportune, in nulla – ovviamente – possono modificare né l’antropologia rivelata né il preciso insegnamento della Sacra Scrittura o la costante Tradizione della Chiesa Cattolica.
Come dogmaticamente afferma il Concilio Vaticano II: “A Dio che rivela è dovuta l’obbedienza della fede con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente prestandogli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà e assentendo volontariamente alla Rivelazione che egli fa” (Dei Verbum 5).
Di più, il Sacrosanto Concilio precisa che “la sacra tradizione e la sacra Scrittura costituiscono un solo sacro deposito della parola di Dio affidato alla Chiesa; nell’adesione ad esso tutto il popolo santo, unito ai suoi Pastori, persevera assiduamente nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nella frazione del pane e nelle orazioni, in modo che, nel ritenere, praticare e professare la fede trasmessa, si stabilisca tra pastori e fedeli una singolare unità di spirito” (Ibidem 10).
Come ha insegnato il Divino Maestro: “il di più viene dal maligno” (Matteo 5, 37), che riferito al “sì, sì, no, no” del linguaggio cristiano sarebbe più corretto dal testo greco – τὸ δὲ περισσὸν τούτων ἐκ τοῦ πονηροῦ ἐστιν – tradurre in “al contrario qualunque cosa al di là di questi – il sì e il no appunto – è del malvagio”.
Il malvagio è lo stesso πονηρός, che poco dopo insegnando ai discepoli a pregare, Gesù indicherà di chiedere al Padre: “ἀλλὰ ῥῦσαι ἡμᾶς ἀπὸ τοῦ πονηροῦ, ma liberaci dal malvagio” (Matteo 6, 13)!
L’identikit più completo del malvagio, nell’Antico Testamento, ci è offerto da un Salmo, che è al contempo un doloroso lamento ma anche un potente inno alla giustizia di Dio: “Ecco, il malvagio è in doglie per produrre iniquità. Egli ha concepito malizia e partorisce menzogna. Ha scavato una fossa e l’ha resa profonda, ma è caduto nella fossa che ha fatta” (Salmo 7, 14-15).
Il documentario “Francesco” di un regista israelo-americano – noto per aver diretto anche il film Oy Vey! My Son is Gay!, O che fortuna! Mio figlio è omosessuale! – a una prima visione appare un’opera a metà strada fra un documentario dell’Istituto Luce e una produzione del migliore realismo sovietico. Si badi non un’opera agiografica, ma volutamente propagandistica!
In essa, Jorge Mario Bergoglio è tratteggiato come un contemporaneo Conductador, a metà strada fra un Simon Bolivar e un Ernesto Che Guevara, che al grido Patria o Muerte! ha sostituito l’abbecedario del politicamente corretto.
Più che il documentario su di un personaggio reale, il filmato è una soap opera moralistica, persino urticante tanto è mielosa, dove non stupisce – come ha bene argomentato il filosofo Diego Fusaro – che “il politicamente corretto sia eticamente corrotto” e tenda inevitabilmente a imporsi come “una dittatura del pensiero unico”.
Al di là della produzione cinematografica – su cui ognuno sarà libero di farsi un’idea – c’è da chiedersi, tuttavia, perché ora e perché con questa enfasi, con un Pastore della Chiesa immortalato persino mentre festeggia, con tanto di torta, il compleanno del benamato regista?
Si tratta, innanzi tutto, più che di un’opera artistica di un’arma di distrazione di massa e a distrarre appunto serve il malizioso copia, incolla, cuci e scolla dei dialoghi e delle interviste rilasciate nel corso di questi sette anni dall’arcivescovo emerito di Buenos Aires.
Da lungo tempo ormai, infatti, certa stampa mondiale, che aveva parossisticamente tirato la volata alla “rivoluzione bergogliana”, ha capito di aver creato un mito e raccontato una semplice falsità. Da settimane, poi, persino i più cauti opinionisti hanno dovuto prendere atto di scandali e malaffari, corruzione materiale e morale, che non datano dai tempi dei Borgia, ma che sono nati, sono stati alimentati e sono cresciuti in questi sette anni.
È, poi, una pura operazione di marketing o meglio come direbbero gli specialisti di restyling.
Alcuni anni fa, solo un anonimo Marcantonio Colonna – rivelatosi in seguito lo storico anglo-francese Henry Sire – aveva osato scrivere che Jorge Mario Bergoglio “era già conosciuto da tempo nella sua natia Argentina come un politico manipolatore e un abile promotore di se stesso. Dietro la maschera di affabile uomo del popolo, ha consolidato la sua posizione di dittatore che governa con la paura e ha stretto alleanze con gli elementi più corrotti del Vaticano (cfr. The Dictator Pope: The Inside Story of the Francis Papacy, 2017).
Un anno dopo, è stata la volta di Mauro Mazza che lucidamente scrive che i critici di Bergoglio l’accusano ”di aver commesso una serie di errori affidando grandi responsabilità a personaggi non meritevoli, puntualmente rivelatisi inadeguati, incapaci e, talvolta, corrotti. Imputano a Bergoglio anche di avere affidato dosi massicce di potere, in Vaticano, a esponenti di curia ambiziosi, intolleranti e vendicativi che hanno instaurato un insano clima di paura, sospetti e maldicenze” (Bergoglio e Pregiudizio, 2018, p. 5).
Negli ultimi tempi, infine, persino uno dei più autorevoli editorialisti italiani ha dovuto ammettere che “Bergoglio si è mostrato risoluto nel destrutturare un modello di Chiesa già in crisi” e che “sul piano del potere, avversari ma anche amici gli attribuiscono un modo di agire che non sempre coincide con la sua immagine pubblica” (Massimo Franco, L’enigma Bergoglio. La parabola di un papato, 2020, pp. 8 e10).
Non è, insomma, più un mistero per nessuno che Bergoglio sia un uomo iroso, vendicativo, assetato di potere e denaro e – come molti sussurrano – che tutto il trambusto a cui stiamo miserevolmente assistendo non abbia altra origine che dal maldestro tentativo di dare una spinta propulsiva, anche in termini economici, non alla Chiesa Cattolica, ma ad una sua personale creatura, ora divenuta papale.
Oltre le personali e umanissime ambizioni dell’arcivescovo emerito di Buenos Aires, tuttavia, è evidente che tutto è stato fatto – in questi quasi otto anni – per alimentare confusione e smarrimento fra i cattolici, discredito sulla Fede e la Chiesa Cattolica, sconcerto anche fra i non cattolici e profonde perplessità persino negli ambienti diplomatici più accorti.
Nella celebre Via Crucis del 2005, Joseph Ratzinger scrisse: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore”. E ancora: “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli!” (Stazione IX).
Il conclave del 2013, è stato detto e scritto, voleva ripulire il Vaticano. Se questo è vero, allora dobbiamo ammetterlo chiaramente: l’ambizione è stata vana, è stato scelto l’uomo sbagliato e il progetto è fallito!
C’è – di fronte al nuovo tentativo debordante di Bergoglio d’imporsi come leader di “un’altra Chiesa” – un aspetto ancor più dolorosamente preoccupante.
In questi tempi di chiacchiericcio costante sul nulla e sull’evanescente, Bergoglio ha imposto con veri atti d’imperio ai Pastori della Chiesa Cattolica la più totale afasia su quei temi cruciali – anche per la convivenza civile – per la quale i cattolici sono stati chiamati ad essere “sale della terra e luce del mondo “; e la Chiesa stessa dovrebbe essere la “città collocata sopra un monte” (Matteo 5, 13-14).
Se si escludono le isolate e coraggiose voci di alcuni valenti ecclesiastici e laici, quale voce si è alzata dal cuore stesso della Chiesa Cattolica mentre erano approvate leggi che estendevano l’aborto fino al nono mese o addirittura autorizzavano l’infanticidio post-nascita? O, mentre, si adottavano leggi di bioetica degne dei più folli sogni hitleriani? O, ancora, leggi liberticide del libero pensiero, che avevano e hanno per vero obiettivo di sopprimere la libertà d’insegnamento religioso e morale della Chiesa Cattolica?
Che dire, poi, dell’afasia che ha caratterizzato la Chiesa Cattolica di fronte all’attuale vera o presunta pandemia. La Chiesa ha avuto il coraggio di parlare dei misteri ultimi della Fede cristiana, senza la comprensione dei quali vana è la predicazione della Chiesa ed è vana anche stessa Fede cristiana (cfr. 1 Corinti 15, 14).
E, infine, non appare significativo che proprio la strategia di questo papato appaia come la più potente realizzazione di quel dramma evocato da Paolo VI all’amico Jean Guitton: “Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talora dominare un pensiero di tipo anti-cattolico e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia” (Jean Guitton, Dialogues avec Paul VI, 2nd, 2001).
Il papato di Jorge Mario Bergoglio, con l’ambizione di una “Chiesa in uscita”, ma in realtà con il non tanto segreto di “andare oltre la Chiesa Cattolica”, rantola fra smarrimento dottrinale, nequizia morale e perdita di ogni credibilità.
Questo ben triste papato – direbbe il salmista – “Ha scavato una fossa e l’ha resa profonda, ma è caduto nella fossa che ha fatta”.
Più che affidarsi a un ben miserevole e propagandistico filmato, l’autore di questo risultato dovrebbe prenderne coraggiosamente atto.
In scienza e coscienza trarne davanti a Dio e al suo Santo Popolo le doverose conseguenze.
Marco Tosatti
https://www.marcotosatti.com/2020/10/27/caliari-un-triste-papato-cade-nella-fossa-che-ha-scavato/
DEL POZZO: LA CHIESA TORNI A DIRE AL MONDO CIÒ CHE DIO VUOLE.
Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, un post al volo per condividere con voi quello che Luca Del Pozzo scrive oggi nelle lettere al Direttore de il Foglio, e che mi sembra, ahimè, pienamente condivisibile. Buona lettura.
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Al direttore – Correva l’anno 2000 quando l’allora Pontificio consiglio per la famiglia pubblicò il documento “Famiglia, società e unioni di fatto” che, letto ora, dà la misura di quanto in soli due decenni, ma con una decisa accelerazione in questi ultimi anni, la chiesa abbia progressivamente aperto, anzi spalancato le porte all’Anticristo più che a Cristo, come invece auspicava Wojtyla.
Per dire, difficilmente oggi capita di leggere sull’argomento paragrafi tipo “Gravità maggiore dell’equiparazione del matrimonio alle relazioni omosessuali” (n. 23), oppure “La società e lo stato devono difendere la famiglia fondata sul matrimonio” (n. 29).
Men che meno testi, come questo di Wojtyla tratto da un suo discorso al Tribunale della Rota romana del 21 gennaio 1999, citato appunto nel par. 23: “Si rivela anche quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione tra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano. E’ di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarietà interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina”.
E’ fin troppo facile constatare come in relativamente poco tempo la chiesa abbia abbandonato questa impostazione per arrivare addirittura a sostenere, secondo quanto si è appreso nei giorni scorsi, la necessità di una copertura legale per le unioni samesex, ciò che rappresenta un’oggettiva rottura rispetto al passato.
Non solo. Si è anche appreso che una coppia di omosessuali – i quali hanno incidentalmente avuto tre figli tramite la pratica dell’utero in affitto e che più in generale ritengono la madre “un concetto antropologico”, ossia ultimamente un qualcosa di astratto (anche chi ha partorito quei bambini era un “concetto antropologico”?) – tale coppia, dicevamo, è stata incoraggiata ad andare tranquillamente in parrocchia affinché quei bambini possano ricevere un’educazione cattolica.
Che poi i due, come è lecito supporre, continueranno a vivere anche fisicamente la loro unione, questo per la chiesa della caritas sine veritate sembra evidentemente non costituire alcun problema per i fini educativi che si sono dati.
Ma, si dice, i tempi cambiano. E la chiesa deve stare al passo con i tempi. Vero. Ma non siamo sicuri che lo “stare al passo con i tempi” debba necessariamente tradursi nella semplice “presa d’atto”, sospendendo cioè ogni giudizio sulla storia come se il cambiamento in sé fosse un fatto positivo (e per come sono andate le cose solo nell’ultimo mezzo secolo direi che ce n’è abbastanza di che discutere).
Tra il rendere più accattivante il “look&feel” del cristianesimo con una mano di storicismo, e il fare del Vangelo un qualcosa a misura d’uomo il passo è breve. Oggi la chiesa, come Aronne, dice al mondo ciò che il mondo vuole sentirsi dire anche a costo di dire ciò che non piace a Dio. Torni piuttosto, come Mosè, a dire al mondo ciò che piace a Dio anche se ciò che dice non piace al mondo.
Luca Del Pozzo
https://www.marcotosatti.com/2020/10/27/del-pozzo-la-chiesa-torni-a-dire-al-mondo-cio-che-dio-vuole/
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