Pandemia, salute e libertà
La mia riflessione del periodo che stiamo vivendo, come nazione e come umanità tutta, parte dal chiedersi cosa sia più importante tra la salute e la libertà.
Ho sentito più volte porre questa domanda sui media e nei dibattiti televisivi e ho pensato che parte della risposta sia da ricercare nel senso e nelle caratteristiche di entrambi i valori.
Quindi che cos’è la salute?
Troppe volte ho visto passare il concetto che la salute sia solo la (presunta) negatività al COVID19. Come se quindi la salute si possa condensare nella mera capacità di respirare, ma è davvero così?
Mi pare invece, la salute, essere un complesso di stati psicofisici che riguardano tanto il corpo come la mente. Certo una persona può considerare di aver perso la salute qualora si ritrovi attaccato ad un respiratore in una stanza d’ospedale; ma può altresì considerarsi sano chi, pur potendo respirare al massimo delle sue capacità, indossi spontaneamente una mascherina chirurgica mentre viaggia da solo nella propria auto o percorra, in sella ad una bicicletta, una solitaria stradina di campagna?
Sono scene di quotidianità, queste, che si vedevano ben prima dell’obbligo legale (codificato in uno degli ultimi DPCM) di indossare la mascherina in ogni luogo. Obbligo che abbiamo imparato a rispettare senza quasi chiederci il perché.
Aspettando che questo periodo emergenziale passi del tutto abbiamo inoltre imparato a prorogare i nostri controlli diagnostici, rinviare le visite a parenti, amici e conoscenti così come rinunciare ai momenti di convivialità essenziali e “non essenziali” che invece prima occupavano buona parte del nostro tempo.
É utile per la risposta alla domanda di cui sopra, anche, chiederci se la salute sia per sua natura un valore che lo stato possa assicurare. A ben guardare risulta evidente che lo stato possa garantire delle cure ma non assicurare la salute in quanto tale. Obiettivamente l’unico che possa dare e togliere la salute risulta essere il Padre Eterno per chi crede, la dea bendata per tutti gli altri.
Sento spesso dai nostri governanti dire e sbandierare che si sta facendo di tutto per garantire la salute pubblica. Sulla base di questo intento ci chiedono, e ci obbligano di fatto, a rinunciare alla libertà. Un valore, questo sì invece, che lo stato può garantire o di cui può privare ciascun individuo.
Almeno in un primo momento, colti di sorpresa da tutto quello che stava accadendo, ci siamo lasciati convincere placidamente a negoziare la nostra libertà per una promessa di salute.
Grazie alla complicità dei media mainstream ci siamo per un periodo come ibernati, addormentati nella speranza che tutto passasse e si risolvesse per il meglio.
Da un po’ di tempo a questa parte invece, un numero sempre crescente di persone ha cominciato a considerare che forse la salute, anche se per ipotesi potesse essere del tutto garantita, non servirebbe a nulla se non accompagnata dalla libertà. La gente ha capito che di questo passo, anche immaginando un universo parallelo nel quale l’unico problema sanitario sia questo corona-virus, sarebbe forte il rischio di trasformarci tutti in vegetali atti unicamente ad ingrassare le grandi multinazionali un click alla volta.
Questa parte di popolazione è cresciuta ulteriormente quando ha cominciato ad integrare tutta quella gente che, da un giorno all’altro, si è ritrovata categorizzata come “non essenziale”, e ha visto messe a repentaglio la propria attività lavorativa e la propria stessa sopravvivenza.
É divenuto evidente, quindi, che questa tanto criminalizzata voglia di convivialità e aggregazione sociale fisicamente intesa, non è solo imprescindibile per ciascun essere umano, che non può rinunciarvi oltre un breve lasso di tempo, ma è espressamente vitale per tutta una parte di popolazione che basa il proprio sostentamento economico sulla interazione sociale diretta o indiretta.
L’epidemia di corona-virus ha creato il sorgere di due fazioni opposte nella popolazione: i fautori della chiusura totale e coloro che chiedono di poter continuare a lavorare per continuare a vivere. Sì perché la ricerca della salute a tutti i costi è viziata per sua natura, e fa sì che venga messo a nudo l’egoismo di ciascuno. Fra coloro che chiedono di chiudere tutto fino alla scomparsa del virus o almeno alla diffusione capillare di un vaccino risolutivo ci sono infatti, molto spesso, quelli che hanno la possibilità di lavorare da casa o che, comunque, sanno di percepire ogni mese uno stipendio fisso assicurato.
Nell’illusione che il sistema economico di una nazione possa funzionare a lungo bloccato e improduttivo ma anestetizzato da effimeri “ristori” e mancette, qualcuno può permettersi di pensare che chi non è così fortunato da avere un’entrata fissa debba portare pazienza ed accontentarsi di aver, almeno per il momento, salvata la pelle dal famoso “nemico invisibile”.
Così in questi tempi amari penso che abbiamo svenduto la libertà per un miraggio di salute. Libertà di cui abbiamo goduto a lungo grazie a qualcuno che ha combattuto per guadagnarla in tempi in cui c’era meno sanificazione e più preghiera. Tempi in cui la ragione, non obnubilata da deliri di onnipotenza, riconosceva la vita stessa come precaria, non solo la salute, e gli uomini sapevano che i beni “essenziali” non sono quelli che si comprano nei supermercati e nelle farmacie. E quegli uomini hanno dato la vita per conquistare e difendere la libertà che noi, oggi, stiamo tanto criminalizzando e addirittura disprezzando.
Penso anche a quel nonno nel Savonese che ha deciso di suicidarsi e a quanto valga davvero la vita se questa ha il prezzo della disperazione di qualcun altro.
Mi chiedo quindi se, come popolo, abbiamo semplicemente ceduto il passo alla paura.
Forse ci siamo dimenticati che siamo tutti pellegrini su questa terra e che il sentiero non ci può preoccupare più della meta.
Mi chiedo se abbiamo fatto come quel servo “malvagio e pigro” del Vangelo di domenica scorsa. Come abbiamo amministrato quanto ci è stato dato in custodia? Ci siamo premurati di compiacere il Padrone o ci siamo pavidamente ritirati nel buio delle nostre angosce?
Mi sembra che abbiamo scambiato la Fede per il Risorto con la speranza per il vaccino e ci siamo fatti vincere dalla paura e dall’assillo di preservarci. Come il servo a cui è stato affidato quell’unico talento siamo caduti nell’errata convinzione di dover esclusivamente restituire quello che ci è stato dato, così come l’abbiamo ricevuto, null’altro. E rischiamo quindi di perdere la possibilità di venire trattati come amici del padrone e di prendere parte alla Sua gioia, come è per i servi fedeli.
Facendoci vincere dalle trepidazioni della carne siamo diventati schiavi di quest’ultima e abbiamo perso la libertà vera, quella pura, quella essenziale.
Mi piace infine pensare che le persone che sono morte a causa del virus, nei paesi che hanno deciso di non attuare alcuna misura di restrizione liberticida, siano davvero degli eroi.
Oggi vari casi tra amici e parenti, ci insegnano che si può perdere la vita da un giorno all’altro, anche quando la salute sembrava essere un dato costante. Morire quindi, a causa di un virus contratto per garantire la libertà e la dignità del lavoro a tutti gli altri, mi sembra un modo da eroi di lasciare questo mondo.
di Matteo Paciolla
La mia riflessione del periodo che stiamo vivendo, come nazione e come umanità tutta, parte dal chiedersi cosa sia più importante tra la salute e la libertà.
Ho sentito più volte porre questa domanda sui media e nei dibattiti televisivi e ho pensato che parte della risposta sia da ricercare nel senso e nelle caratteristiche di entrambi i valori.
Quindi che cos’è la salute?
Troppe volte ho visto passare il concetto che la salute sia solo la (presunta) negatività al COVID19. Come se quindi la salute si possa condensare nella mera capacità di respirare, ma è davvero così?
Mi pare invece, la salute, essere un complesso di stati psicofisici che riguardano tanto il corpo come la mente. Certo una persona può considerare di aver perso la salute qualora si ritrovi attaccato ad un respiratore in una stanza d’ospedale; ma può altresì considerarsi sano chi, pur potendo respirare al massimo delle sue capacità, indossi spontaneamente una mascherina chirurgica mentre viaggia da solo nella propria auto o percorra, in sella ad una bicicletta, una solitaria stradina di campagna?
Sono scene di quotidianità, queste, che si vedevano ben prima dell’obbligo legale (codificato in uno degli ultimi DPCM) di indossare la mascherina in ogni luogo. Obbligo che abbiamo imparato a rispettare senza quasi chiederci il perché.
Aspettando che questo periodo emergenziale passi del tutto abbiamo inoltre imparato a prorogare i nostri controlli diagnostici, rinviare le visite a parenti, amici e conoscenti così come rinunciare ai momenti di convivialità essenziali e “non essenziali” che invece prima occupavano buona parte del nostro tempo.
É utile per la risposta alla domanda di cui sopra, anche, chiederci se la salute sia per sua natura un valore che lo stato possa assicurare. A ben guardare risulta evidente che lo stato possa garantire delle cure ma non assicurare la salute in quanto tale. Obiettivamente l’unico che possa dare e togliere la salute risulta essere il Padre Eterno per chi crede, la dea bendata per tutti gli altri.
Sento spesso dai nostri governanti dire e sbandierare che si sta facendo di tutto per garantire la salute pubblica. Sulla base di questo intento ci chiedono, e ci obbligano di fatto, a rinunciare alla libertà. Un valore, questo sì invece, che lo stato può garantire o di cui può privare ciascun individuo.
Almeno in un primo momento, colti di sorpresa da tutto quello che stava accadendo, ci siamo lasciati convincere placidamente a negoziare la nostra libertà per una promessa di salute.
Grazie alla complicità dei media mainstream ci siamo per un periodo come ibernati, addormentati nella speranza che tutto passasse e si risolvesse per il meglio.
Da un po’ di tempo a questa parte invece, un numero sempre crescente di persone ha cominciato a considerare che forse la salute, anche se per ipotesi potesse essere del tutto garantita, non servirebbe a nulla se non accompagnata dalla libertà. La gente ha capito che di questo passo, anche immaginando un universo parallelo nel quale l’unico problema sanitario sia questo corona-virus, sarebbe forte il rischio di trasformarci tutti in vegetali atti unicamente ad ingrassare le grandi multinazionali un click alla volta.
Questa parte di popolazione è cresciuta ulteriormente quando ha cominciato ad integrare tutta quella gente che, da un giorno all’altro, si è ritrovata categorizzata come “non essenziale”, e ha visto messe a repentaglio la propria attività lavorativa e la propria stessa sopravvivenza.
É divenuto evidente, quindi, che questa tanto criminalizzata voglia di convivialità e aggregazione sociale fisicamente intesa, non è solo imprescindibile per ciascun essere umano, che non può rinunciarvi oltre un breve lasso di tempo, ma è espressamente vitale per tutta una parte di popolazione che basa il proprio sostentamento economico sulla interazione sociale diretta o indiretta.
L’epidemia di corona-virus ha creato il sorgere di due fazioni opposte nella popolazione: i fautori della chiusura totale e coloro che chiedono di poter continuare a lavorare per continuare a vivere. Sì perché la ricerca della salute a tutti i costi è viziata per sua natura, e fa sì che venga messo a nudo l’egoismo di ciascuno. Fra coloro che chiedono di chiudere tutto fino alla scomparsa del virus o almeno alla diffusione capillare di un vaccino risolutivo ci sono infatti, molto spesso, quelli che hanno la possibilità di lavorare da casa o che, comunque, sanno di percepire ogni mese uno stipendio fisso assicurato.
Nell’illusione che il sistema economico di una nazione possa funzionare a lungo bloccato e improduttivo ma anestetizzato da effimeri “ristori” e mancette, qualcuno può permettersi di pensare che chi non è così fortunato da avere un’entrata fissa debba portare pazienza ed accontentarsi di aver, almeno per il momento, salvata la pelle dal famoso “nemico invisibile”.
Così in questi tempi amari penso che abbiamo svenduto la libertà per un miraggio di salute. Libertà di cui abbiamo goduto a lungo grazie a qualcuno che ha combattuto per guadagnarla in tempi in cui c’era meno sanificazione e più preghiera. Tempi in cui la ragione, non obnubilata da deliri di onnipotenza, riconosceva la vita stessa come precaria, non solo la salute, e gli uomini sapevano che i beni “essenziali” non sono quelli che si comprano nei supermercati e nelle farmacie. E quegli uomini hanno dato la vita per conquistare e difendere la libertà che noi, oggi, stiamo tanto criminalizzando e addirittura disprezzando.
Penso anche a quel nonno nel Savonese che ha deciso di suicidarsi e a quanto valga davvero la vita se questa ha il prezzo della disperazione di qualcun altro.
Mi chiedo quindi se, come popolo, abbiamo semplicemente ceduto il passo alla paura.
Forse ci siamo dimenticati che siamo tutti pellegrini su questa terra e che il sentiero non ci può preoccupare più della meta.
Mi chiedo se abbiamo fatto come quel servo “malvagio e pigro” del Vangelo di domenica scorsa. Come abbiamo amministrato quanto ci è stato dato in custodia? Ci siamo premurati di compiacere il Padrone o ci siamo pavidamente ritirati nel buio delle nostre angosce?
Mi sembra che abbiamo scambiato la Fede per il Risorto con la speranza per il vaccino e ci siamo fatti vincere dalla paura e dall’assillo di preservarci. Come il servo a cui è stato affidato quell’unico talento siamo caduti nell’errata convinzione di dover esclusivamente restituire quello che ci è stato dato, così come l’abbiamo ricevuto, null’altro. E rischiamo quindi di perdere la possibilità di venire trattati come amici del padrone e di prendere parte alla Sua gioia, come è per i servi fedeli.
Facendoci vincere dalle trepidazioni della carne siamo diventati schiavi di quest’ultima e abbiamo perso la libertà vera, quella pura, quella essenziale.
Mi piace infine pensare che le persone che sono morte a causa del virus, nei paesi che hanno deciso di non attuare alcuna misura di restrizione liberticida, siano davvero degli eroi.
Oggi vari casi tra amici e parenti, ci insegnano che si può perdere la vita da un giorno all’altro, anche quando la salute sembrava essere un dato costante. Morire quindi, a causa di un virus contratto per garantire la libertà e la dignità del lavoro a tutti gli altri, mi sembra un modo da eroi di lasciare questo mondo.
di Matteo Paciolla
La minaccia principale del Covid-19 non è la malattia
Paul Craig Roberts
paulcraigroberts.org
Negli Stati Uniti il Grande Inganno del Covid-19 è stato utilizzato per giustificare un fraudolento voto postale volto ad impedire la rielezione del presidente Trump. Il prossimo utilizzo del Covid-19 sarà quello di attaccare le libertà civili. Se lo scippo elettorale dei Democratici sarà coronato da successo, avremo probabilmente quel lockdown nazionale che tanto piace ai consulenti di Biden sul coronavirus. Ci sono pochi dubbi sul fatto che la vaccinazione obbligatoria sarà presentata come l’unico mezzo per uscire dal lockdown.
In Gran Bretagna e in gran parte dell’Europa ci sono state grandi manifestazioni contro i blocchi e le restrizioni alle libertà civili imposte in nome della salute pubblica. Il giornalista britannico Chris Sweeney afferma di non riconoscere più la sua Gran Bretagna. Il film “V per Vendetta” si era rivelato predittivo. Nel film, che era stato l’ispiratore delle famose maschere di Guy Fawkes, viene progettata una pandemia per facilitare l’instaurazione di una dittatura. Sembra che un maggiore controllo sulle persone, sulle loro possibilità lavorative e sui loro movimenti sia il futuro verso cui ci stiamo indirizzando.
Soren Korsgaard considera la presunta pandemia di Covid-19 un altro assalto alle libertà civili, proprio come le misure da stato di polizia introdotte dopo l’11 settembre:
“Con il pretesto del coronavirus e tramite un’operazione terroristica/propagandistica senza precedenti, i governi stanno conducendo con successo il più grande esperimento umano della storia. Le conseguenze sono incredibili e diventeranno ancora più tangibili nel corso dei prossimi mesi ed anni. Finora, con un tratto di penna, i governi (non il virus) hanno ridotto gli esseri umani al rango di ovini e bovini: miliardi di persone sono state costrette agli arresti domiciliari o al confino, le attività non essenziali sono state chiuse e milioni di individui hanno perso di colpo le loro possibilità di sostentamento, la capacità di muoversi e di viaggiare liberamente è stata eliminata e l’economia globale è andata in picchiata, provocando indicibili sofferenze nei paesi del primo e, sopratutto, del terzo mondo. Come se non bastasse, sono stati lanciati spyware distopici ed estremamente intrusivi per tracciare e monitorare la popolazione (ma non i funzionari governativi). Lo stress derivante dal blocco globale, dalla disoccupazione e dalla propaganda ha scatenato una vera e propria pandemia di suicidi e di overdose. In Inghilterra e nel Galles, il tasso dei suicidi ha toccato il massimo degli ultimi vent’anni, nel frattempo si stima che oltre 75.000 Americani potrebbero morire per suicidio e overdose a causa del peggioramento delle loro condizioni di vita.”
“Le leggi antiterrorismo approvate dopo l’11 settembre erano state considerate da molti come estreme, incostituzionali e lesive dei diritti umani fondamentali; tuttavia, i provvedimenti atttualmente in fase di attuazione in numerosi paesi le fanno letteralmente impallidire. I cittadini australiani sono stati completamente privati dei loro diritti civili. Nello stato di Victoria è stato imposto uno lockdown di tipo 4, il che significa che, al di fuori della propria abitazione, si deve sempre indossare la mascherina (in caso di inadempienza è prevista una multa di circa $ 1.000). I cittadini possono fare attività fisica all’esterno solo per un’ora al giorno, non possono allontanarsi da casa per più di 5 km, devono uscire da soli per fare la spesa o per motivi medici ed è previsto il coprifuoco dalle 8 di sera alle 5 del mattino. Chi lo infrange è sanzionato con una multa di circa $ 5000. Se questa non è una prigione, allora vuol dire che non ne è mai esistita una.”
“In Danimarca è pronto per essere approvato un disegno di legge di 227 pagine molto dettagliato e complesso. Secondo il documento, lo scopo della legge è quello di ‘proteggere la società e gli individui contro le malattie di cui al § 2 eradicandole o riducendole, prevenendole e limitandone la diffusione.’ Il documento specifica poi che il provvedimento riguarda ‘malattie infettive, malattie generalmente pericolose e malattie socialmente critiche…. Per malattia socialmente critica si intende una malattia generalmente pericolosa, la cui diffusione causa o rischia di causare gravi disturbi a importanti funzioni della società.’”
“Lo stesso documento specifica inoltre che ‘una malattia socialmente critica è, a differenza di una malattia esclusivamente contagiosa o generalmente pericolosa, più difficile da classificare in anticipo, perché la categorizzazione non dipende unicamente dalle valutazioni degli operatori sanitari sulla mortalità o sulle possibili conseguenze individuali, ma anche dalle valutazioni politiche sugli aspetti sociali di detta malattia.’ Traduzione: tutti quelli che contesteranno le spiegazioni ufficiali o andranno contro la versione degli eventi dell’establishment saranno considerati malati e ridotti al silenzio. La definizione estremamente ampia di ‘malattia socialmente critica‘ significa che l’élite può definire qualsiasi comportamento problematico come una malattia di cui occorre immediatamente arrestare la diffusione.”
“Per anni, una delle massime priorità dell’élite è stata quella di vietare le versioni dei fatti contrarie alla narrativa ufficiale, etichettandole come ‘fake news’ e ‘teorie del complotto.’ Il concetto orwelliano di fake news comprende tutto ciò che minaccia gli interessi del potere centrale, ma non, ad esempio, le bugie sulle guerre di Washington, come le ‘armi di distruzione di massa [di Saddam],’ la ‘bomba atomica iraniana, ‘l’utilizzo delle armi chimiche da parte di Assad,’ ecc. Sfruttando la crisi del coronavirus, in tutto il mondo sono state rapidamente proposte e promulgate leggi totalitarie con un alto grado di coordinamento e con pochissime varianti. In diversi paesi, ora è un crimine diffondere informazioni contrarie alle torie ufficiali. Nello Zimbabwe, le persone che spacciano informazioni ritenute false dal governo rischiano fino a 20 anni di carcere, una multa salata o entrambe le cose. In Thailandia, il governo ha avvertito che ‘chiunque farà battute sul virus potrebbe rischiare fino a cinque anni di prigione.’ Negli Stati Uniti, i social media e gli organi di informazione censurano le notizie che mettono in dubbio l’utilità delle mascherine e i dati secondo cui il test per il Covid-19 produrrebbe un alto tasso di falsi positivi e che la maggior parte dei nuovi casi sarebbero in realtà dei falsi positivi.”
[Guardate anche “Sta succedendo qualcosa di estremamente dubbioso” – Musk dice di essere contemporaneamente positivo e negativo per il Covid-19, dopo aver fatto 4 test nello stesso giorno].
“Se osserviamo attentamente le tecniche usate dagli organi di stampa e dai funzionari addetti alla sanità pubblica durante la crisi del Covid-19, sembra che, attraverso l’uso segreto delle stesse tecniche di condizionamento psicologico usate dai militari, [i governi] abbiano condizionato le masse ad accettare il totalitarismo come unica soluzione al problema. Nell’esercito, una parte dell’addestramento delle nuove reclute viene condotto con l’utilizzo di metodiche fisiche e psicologiche assai intrusive. L’addestramento militare prevede reclusione e soppressione, controllo e conformità, spersonalizzazione, stress, punizione ed altro ancora. Con queste procedure, la personalità e il carattere delle reclute vengono rimodellati per far sì che, ad esempio, obbediscano sempre agli ordini dei superiori. Per quanto riguarda il coronavirus, le masse sono state terrorizzate, represse, isolate, sottomesse, impoverite e demoralizzate. Il Covid-19 viene forse utilizzato per rimodellare e risocializzare le masse, allo scopo di prepararle a cambiamenti massicci, come una dittatura digitale transnazionale?”
I media occidentali non ammettono discussioni su questi argomenti.
Questa presunta pandemia viene utilizzata anche dal World Economic Forum, un’organizzazione dell’élite, per assumere il controllo dell’agricoltura e della produzione alimentare globale. L’agenda è quella di promuovere le colture geneticamente modificate e gli alimenti prodotti in laboratorio e di completare la trasformazione delle agricolture diversificate dei vari paesi in monocolture da esportazione. Le nazioni ora autosufficienti dal punto di vista alimentare dovranno dipendere dalle importazioni. Il controllo dei generi alementari da parte delle multinazionali aumenterà il potere centrale sulle persone ed eliminerà la biodiversità geografica. Potete leggerlo qui.
La paura è un mezzo efficace per distruggere la libertà e trasformare la società. L’11 settembre e il Covid-19 sono entrambi serviti a ridurre la libertà, comprometterne la difesa e ampliare i poteri del governo e delle multinazionali sulle popolazioni. Di conseguenza, sta scomparendo la possibilità di obbligare i governi a rispondere del loro operato e, con essa, la democrazia.
Paul Craig Roberts
Fonte: paulcraigroberts.org
Link: https://www.paulcraigroberts.org/2020/11/13/the-main-threat-from-covid-is-not-the-disease/
13.11.2020
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
https://comedonchisciotte.org/la-minaccia-principale-del-covid-19-non-e-la-malattia/
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