ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 novembre 2020

Tra scientismo agnostico e testimoni di fede

 SEMI DI FEDE



Ai primi di novembre un vagito s’ è levato dalla culla della Francia, veniva da più stanze, da Nantes a Lione, da Versailles a Parigi, Orleans, Bordeaux, un gemito diffuso lungo il corpo della Gallia, una vocina assai strana, ormai inusuale, quasi il lamento innocente d’un bambino che pensavamo fosse diventato adulto, liberatosi dai valori “non essenziali” quali la fede, perché l’uomo contemporaneo, in occidente, da tempo ha abbandonato il tempio all’archeologia.


Quelle centinaia di fedeli cattolici dritti davanti ai sagrati delle chiese, rispettando maschere e distanze, chiedevano al Governo il rispetto della libertà di culto, volevano partecipare alle Messe, ricevere l’eucarestia, essere accarezzati dal mistero della grazia in continuità con le origini e i culti del cristianesimo. Comunità spontanee, oranti, quasi manifestazioni del silenzio nella fermezza di invocare la riapertura dei luoghi sacri snocciolando la corona del rosario, innalzando canti in luogo di striscioni senza grida sguaiate o lancio di petardi.

Quei manifestanti avevano e hanno fame di Dio, della sua parola ma ancor più del pane e del vino di suo Figlio. Incredibile a dirsi nell’epoca bulimica del progresso, chi sono costoro a importunarci per riavere le chiavi delle chiese, NON è la risposta del Consiglio di Stato ai vescovi, NON e guai a voi minaccia il Ministro dell’Interno tal Gérald Darmanin, manderemo i gendarmi a multare e disperdere i manifestanti, dimentico che i fedeli avevano le dovute autorizzazioni.

Quel che ci appare è un balzo in piedi dei cattolici d’Oltralpe, storicamente tosti a difendere le ragioni della propria fede nonostante il secolo dei lumi, le persecuzioni giacobine (la Vandea del 1793) la forzosa laicizzazione dello Stato che ha relegato ai margini il credo della Pulzella d’Orleans patrona della Francia.

Il punto caldo è là, nello scontro rinnovato tra scientismo agnostico e testimoni di fede, solo la scienza e la tecnica possono riscattare l’uomo dalla sua condizione di fragilità, rendendolo autore in toto del proprio cammino, immunizzato da fantasie trascendenti la realtà sensbile o, al contrario, è l’abbandono a Dio salus humanitatis, il primo atto dell’uomo nella tempesta della propria navicella, la scienza è un suo dono, un suo strumento ma non l’idolo d’oro che lo sostituisce.

Qui da noi le schiene sono rimaste ben piegate ai logorroici decreti del Governo quando imposero la serrata degli edifici sacri, un “obbedisco” di Teano in nome del bene comune nel contrastare la diffusione del killer invisibile. Ci furono rare eccezioni riportate dai media come l’interruzione poliziesca di una messa o le ferme e divergenti parole del vescovo di Ascoli Piceno mons. Giovanni D’Ercole coraggioso nell’apostrofare i lucchetti imposti alle chiese nella scorsa primavera, voce di uno che gridava nel deserto.

Cattedrale di Nizza

Nel lungometraggio noiosissimo, assai peggiore di quella cagata pazzesca della corazzata Potemkin, dove si snocciolano i dati di positivi, tamponati, ricoverati, intubati e dulcis in fundo morti, dove si alternano, come dice un amico, nani e ballerine cui vengono poste le solite domande ricevendo le solite risposte, in questo clima di guerra colorata interrotta solo dal miracolo farmaceutico della moltiplicazione dei vaccini, in questo pollaio nichilista è vero, Dio è morto o meglio, ricordando Heidegger, l’uomo l’ha ucciso o vorrebbe farlo, aggiungiamo noi.

Poco ci importa delle alchimie teologiche e curiali per essere nel mondo e del mondo, ad Assisi in questi giorni si cercherà di disegnare il progetto di un’altra economia più equa e sostenibile, d’accordo, ma la città senza Dio o con un Dio vago o peggio vagheggiato dall’uomo e parcheggiato in un vicolo cieco, quella città non ci interessa senza bisogno di giocare la partita stantia fra biechi tradizionalisti e illuminati progressisti.

Ecco quelle preghiere quasi monastiche davanti alle chiese di Francia ci richiamano i semi caduti nella buona terra, sono sementi giovani, sono quelle che porteranno frutto copioso, testimoniano cantando le fondamenta della nostra fede ancorate sulla roccia di un sepolcro vuoto.


di Emanuele Casalena

Fonte: Il Pensiero Forte.it

https://www.controinformazione.info/semi-di-fede/

L’Irlanda chiude le chiese per Covid: La Grande Bruttezza



C’era una volta l’Irlanda: un’isola di straordinaria bellezza posta agli estremi confini dell’Europa. Un’isola di guerrieri indomiti, di poeti, di santi. Un’isola dove l’annuncio cristiano era risuonato per la prima volta nell’anno 432, quando un uomo di Dio, venuto dalle coste scozzesi, Patrizio, aveva portato agli irlandesi la Fede in Cristo. Da quel momento la storia dell’Isola di Smeraldo cambiò per sempre, e vi nacque una civiltà cristiana che rifulse per secoli, per tutto il Medioevo, fino al XVI secolo, quando Enrico VIII prima e poi soprattutto la sua figlia illegittima Elisabetta I portarono nell’isola morte, persecuzione, distruzione.

Per tre secoli la Chiesa in Irlanda sopravvisse nella clandestinità, nelle catacombe, fino a quando nel 1829 un uomo coraggioso e indomito, Daniel O’Connell, riuscì ad ottenere dalla Corona inglese l’abrogazione delle Leggi Penali. Era la fine di una lunga persecuzione, era l’inizio di un cammino di libertà anche civile che ebbe il suo culmine molti anni dopo, nel 1916, quando la Nazione insorse grazie ad un pugno di eroi, tra cui i martiri Padraig Pearse, James Connolly, Joseph Plunkett, rivendicando davanti a Dio e davanti agli uomini il proprio diritto ad esistere come una nazione libera. Quella rivolta fu schiacciata nel sangue, ma il sacrificio di quegli eroi fu l’inizio di un’ inarrestabile marcia verso la libertà che avrebbe avuto compimento dopo qualche anno, con la nascita della Repubblica d’Irlanda.

Oggi, cento anni dopo, questa stessa Repubblica sta perseguitando la Chiesa, come avevano fatto Elisabetta, Oliver Cromwell, il massonico Ordine d’Orange e le truppe di occupazione britanniche. Il governo in carica, che tra l’altro è un governo di larghe intese, composto dai due partiti originati un secolo fa dalla spaccatura che avvenne all’interno dello Sinn Fein originale (il movimento indipendentista che aveva lottato per la libertà e che si era diviso di fronte alla scelta se accettare o meno il Trattato con la Gran Bretagna che riconosceva la libertà a ventisei contee ma che manteneva alla Corona il possesso di sei contee della provincia dell’Ulster), ha proibito la celebrazione delle Messe. Una proibizione praticata con un rigore e una durezza da Stato di Polizia.

In Irlanda le restrizioni per il Covid sono tra le più dure d’Europa, avendo raggiunto il livello 5, quello di massima allerta. Questa normativa prevede appunto il divieto delle Messe. La trasgressione al divieto viene sanzionata con multe di duemilacinquecento euro e la reclusione fino a sei mesi. Una misura di una durezza inaudita, ingiustificata. Una misura che riporta l’Irlanda agli incubi dei tempi delle persecuzioni britanniche. Gli agenti della Garda, la polizia irlandese, si aggirano come nuovi Black and Tans – gli squadroni d’assalto inglese che terrorizzarono l’Irlanda durante la guerra per l’Indipendenza – alla ricerca dei sacerdoti Recusants, coloro che rifiutano queste misure coercitive. La polizia è arrivata in molte parrocchie irlandesi minacciando i preti che contro di loro  la legge sarebbe stata applicata  “col il massimo rigore”.

Ma ci sono ancora eroi che non si arrendono, decisi a mantenere viva la Fede. Uno di questi è padre Patrick Hughes. Parroco a Mullahoran, nella contea di Cavan, una delle tre contee dell’Ulster che fanno parte della Repubblica, ha deciso di ignorare le misure del governo mantenendo le porte della sua chiesa aperte. Padre Hughes, un semplice curato di campagna, ha detto che l’imposizione della chiusura delle chiese è un atto inaccettabile, un insulto alle persone. Il sacerdote ha bollato i regolamenti COVID-19  del governo irlandese come  simili a quelli emessi “in uno stato di polizia”. Ha inoltre sottolineato che lui non obbligava nessuno ad andare a Messa, ma che la fede è un grandissimo e valido aiuto ad affrontare le malattie, Covid compreso. Una dichiarazione perfettamente in linea con le evidenze scientifiche neuro immunologiche. La depressione psichica stronca le difese immunitarie, ma al Castello di Dublino, come peraltro in tutta Europa, non la vogliono capire.

Così padre Hughes è stato “attenzionato” dalla polizia, così come dai media ufficiali irlandesi, che hanno cercato di ridicolizzarlo, secondo una tattica tristemente nota anche in Italia. Il sacerdote è stato minacciato dalla polizia, che gli ha intimato di “cacciare via” i fedeli dalla Messa della domenica. Uma Messa segnalata alle forze dell’ordine da un delatore locale, quel tipo di figura che non solo in Irlanda sta emergendo in tutto il suo squallore umano.

Ma padre Hughes non si è lasciato intimorire: ha dichiarato che continuerà a dire Messa “perché è nostro diritto costituzionale praticare la nostra religione”. La Costituzione d’Irlanda, nata dalle barricate di Dublino del 1916, cui padre Hughes si appella, nacque per garantire le libertà, prima di tutte la libertà di culto. In quella Pasqua 1916, il poeta William Butler Yeats scrisse una poesia, un omaggio commosso agli eroi che avevano dato la vita per la libertà, che si concludeva con queste parole: “una terribile bellezza è nata”. Si può dire che invece oggi in Irlanda sia stata imposta una terribile bruttezza. Un orrore che ha origini nel secolarismo che da qualche anno si è scatenato contro l’identità irlandese, contro le sue radici profonde, allo scopo di eliminare l’anima cattolica della nazione.

La battaglia di padre Patrick, che porta il nome del Santo Patrono dell’Isola, è la stessa dei grandi uomini che nel corso dei secoli fecero grande questa nazione: Per la Gloria di Dio e l’Onore di Irlanda.

Paolo Gulisano

Novembre 27, 2020


https://www.ricognizioni.it/lirlanda-chiude-le-chiese-per-covid-la-grande-bruttezza/

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