Lockdown modello cinese: nasce con Hobbes
il rifiuto di ascoltare le istanze dei cittadini e, più in generale, la gestione della pandemia a colpi di divieti da parte dell’attuale governo nasce da ed è assolutamente coerente con una radice ideologica che risale a Hobbes.
Al fine di sfidare le grida contiane i cittadini si stanno industriando in molti modi: dalla protesta in rete alla decisione di tenere aperti i propri esercizi commerciali, dai sit in presso sedi istituzionali del potere o presso le scuole alle lettere aperte al governo, etc. (purtroppo non possiamo imitare, dal punto di vista giuridico, gli elvetici: in Svizzera 90mila cittadini hanno votato a favore di un referendum che si vuole opporre al prolungamento dei poteri straordinari del Consiglio federale in materia di Covid).
Porteranno a qualcosa queste iniziative? Temiamo di no. Il risultato, ahinoi, non muterà anche nel caso in cui la partecipazione a simili forme di protesta fosse massiva e anche nel caso in cui si scegliesse, collettivamente, di aderire a manifestazioni colpevolmente violente. Conte, come da molti rilevato, ha adottato per la gestione della res publica il modello cinese, che nella sua intima struttura è un modello a carattere impositivo (NB: qui di seguito criticheremo il ceppo culturale da cui si è generato tale modello, non le singole disposizioni che, in ipotesi, potrebbero essere anche condivisibili).
L’aspetto più appariscente e sicuramente più incidente di questo assetto di governo coattivo è il lockdown il quale è stato elevato a nuova forma di convivenza (in)civile, a paradigma perfetto di una inedita socialità asettica, distanziata, sterilizzata negli affetti e monadistica, dove nessuno deve più lavorare perché lo Stato pensa a tutto (la quintessenza del comunismo e quindi la quintessenza dell’utopia ed anche della miopia governativa).
Ma il format cinese si declina anche nella volontà di non ascoltare più i cittadini una volta che si è preso il potere perché ormai non sono più persone ma solo sudditi, intesi come schiavi. I totalitarismi di ieri e di oggi trovano una loro radice ideologica nella concezione del contratto sociale di matrice pre-illuminista e illuminista. Thomas Hobbes (1588-1679) teorizzava nella sua opera Leviatano un patto tra tutti gli uomini che vivono nello stato di natura per uscire dalla condizione di insicurezza che derivava dalla guerra perpetua di tutti contro tutti. Tale patto prevedeva che ognuno si spogliasse di (quasi) tutti i propri diritti naturali e li affidasse al Leviatano, al monarca, allo Stato.
Sottolineiamo questo passaggio della tesi di Hobbes: tutti sono concordi che per garantire la propria sicurezza individuale, ossia per evitare soprattutto la morte, si debba limitare la libertà di ciascuno. Ognuno quindi decide di castrare la propria libertà per salvarsi la pelle: la libertà diviene moneta di scambio per vivere più a lungo. È ciò che sta accadendo oggi.
Nel Leviatano possiamo leggere: «Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ciò, la moltitudine così unita in una persona viene chiamata stato, in latino civitas. Questa è la generazione di quel grande Leviatano o piuttosto - per parlare con più riverenza - di quel Dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa». Conte è il nostro Dio mortale a cui, per paura di morire di Covid, ci sottomettiamo volentieri.
Però attenzione: parti del patto sociale sono tutti gli uomini di una certa comunità, non il Leviatano, non lo Stato. Quindi i primi sono tenuti a rispettare il patto, il secondo no. Perciò i primi non hanno più diritti, proprio perché hanno deciso di privarsi di tutti i diritti, il secondo ha tutti i diritti perché li ha ricevuti in gestione dai sudditi. Ergo lo Stato diventa onnipotente, gestisce un potere assoluto. Il suddito passando dal pactum unionis al pactum subiectionis rimane schiacciato dallo Stato. Esattamente quello che sta avvenendo da un po’ di mesi a questa parte in molti paesi occidentali. Ovviamente nessuno di noi ha deciso che fosse così: infatti questa tesi rimane un’astrazione intellettuale di Hobbes, ma, nei fatti, questa, con le correzioni che andremo a breve ad indicare, è stata la concezione politica che da cinquecento anni a questa parte si è progressivamente radicata nelle élite culturali di potere e dunque è questa l’intima struttura di ogni Stato moderno.
Una concezione che però, tralasciando infiniti e doverosi distinguo che qui non si possono articolare, ha subìto nel tempo un aggiustamento in senso più liberalista da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778). Quest’ultimo, ne Il contratto sociale, parte da un problema: «trovare una forma di associazione che protegga, mediante tutta la forza comune, la persona e i beni di ciascun associato e per mezzo della quale ognuno, unendosi a tutti, non obbedisca tuttavia che a sé stesso e rimanga libero come prima». La soluzione è questa: ognuno, nessuno escluso, si deve spogliare dei propri diritti e darli, non al Leviatano, bensì agli altri, ai suoi pari. In tal modo ciò che ognuno perde lo riceverà dagli altri: «Non c'è associato sul quale non si acquisti lo stesso diritto che gli si cede su sé stessi, si guadagna l'equivalente di tutto ciò che si perde». Una forma ingenua – perché non tiene in conto del peccato originale – di responsabilità collettiva, che richiama fortemente quel «senso di responsabilità individuale» tanto evocato da Conte, Speranza, Mattarella nel rispettare le regole. Fallo per te e fallo per gli altri, ci viene continuamente ripetuto.
Questo intreccio simmetrico e speculare di volontà tutte uguali crea la comunità, la volontà generale che non cerca nient’altro che il bene collettivo. Il popolo, così inteso, sceglierà un Sovrano che non sarà altro che il rappresentante della volontà generale. Quindi, in questa astrazione completamente dimentica di come in realtà vanno davvero le cose, il Sovrano non potrà mai compiere un atto contrario al bene del popolo perché sempre espressione della volontà generale. Va da sé che il singolo cittadino riottoso, che non rispetta l’originario contratto sociale, si comporta così perché semplicemente egoista: è il cittadino che non mette la mascherina, quello che si trova con tre amici e fa assembramento, quello che alza la serranda del proprio ristorante, quello che si sposta da regione a regione addirittura dopo le 22 di sera, quello che non vuole vaccinarsi. Cosa fare con il nemico del popolo? «Chiunque rifiuterà di obbedire alla volontà generale vi sarà costretto da tutto il corpo, il che non significa altro che lo si forzerà a essere libero». Ti obblighiamo per il tuo bene (affermazione che potrebbe essere anche condivisibile, ma non in questi termini).
Quindi, al termine di questa sintetica ricostruzione elaborata più per suggestioni che per rigorose argomentazioni, il rifiuto di ascoltare le istanze dei cittadini e, più in generale, la gestione della pandemia a colpi di divieti da parte dell’attuale esecutivo nascono da e sono assolutamente coerenti con una radice ideologica che interpreta il potere politico come legittimato a limitare in modo assoluto - dunque sganciato da istanze superiori indicate dalla legge naturale - la libertà dei cittadini perché loro stessi si sono spogliati volontariamente dei propri diritti e li hanno conferiti in forma di rappresentanza allo Stato per il loro stesso bene. E quindi il capo del governo da Conte è diventato Re.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/lockdown-modello-cinese-nasce-con-hobbes
Ritratto di Conte
Due anni fa scrivemmo questo ritratto di Conte, che deve ora la sua durata alla paura del voto e alla paura del covid. Fummo facili profeti: tutto quel che dicemmo allora si è dimostrato nella realtà; oggi di più. Fino alle ultime evoluzioni: il mercatino del voto, Mastella come faro, il tradimento di Trump per Biden, la vergogna di restare inchiodato a ogni prezzo. Ecco il ritratto.
Giuseppe Conte non è. Non è un leader, non è un eletto, non è un politico, non è un tecnico, non è nulla. È il Nulla fatto premier. E lo conferma ogni giorno adattandosi come acqua corrente alle superfici che incontra. È la plastica rappresentazione che la Politica, dopo lo Scarso, lo Storto, il Pessimo, ha raggiunto lo Zero, la rappresentazione compiuta del Vuoto.
Luogotenente del Niente, Conte è oggi il fenomeno più avanzato della politica dopo i partiti, i movimenti, le ideologie, la politica e l’antipolitica, i tecnici e i populisti, le élite e le plebi. È la svolta avvocatizia della politica che pure è da sempre popolata di avvocati: ma Conte non scende in politica, non entra in un partito, assume solo da avvocato l’incarico di difendere una causa per ragioni professionali; ma i clienti cambiano e così le cause. Andrebbe studiato nelle università del mondo perché segna un nuovo stadio, anonimo e postumo della politica. Non si può esprimere consenso né dissenso nei suoi confronti perché non c’è un argomento su cui dividersi; lui segna la fine del discorso politico, la fine della decisione, la fine di ogni idea, di ogni fatto. È la somma di tante parole usate nel gergo istituzionale, captate e assemblate in un costrutto artificiale. È lo stadio frattale del moroteismo, il suo dissolversi. Ogni suo discorso è un preambolo a ciò che non accadrà, il suo eloquio è uno starnuto mancato, di cui si avverte lo sforzo fonico e il birignao istituzionale ma non il significato reale. Altri semmai decideranno, lui si limita al preannuncio.
Ogni volta che un tg apre su di lui, non c’è la notizia, è solo una presenza che denota un’assenza; si spalanca una finestra nel vuoto. I fatti separati dalle opinioni, si diceva; lui è nello spazio intermedio dove non ci sono i fatti e non ci sono le opinioni. Dopo che Conte avrà parlato lascerà solo una scia di silenzi e di buchi nell’acqua. Non darà risposte, sceneggerà un ruolo e dirà lo Zero virgola zero. Nelle sue citazioni saccenti vanifica l’autore citato, lo rende vuoto e banale come lui. Conte non rientra in nessuna categoria conosciuta, eppure abbiamo avuto una variegata fauna di politici al potere. Lui non è di parte, eccetto la sua, è piovuto dal cielo in una sera senza pioggia.
Conte è portatore sano di politica e di governo, perché lui ne è esente. È contenitore sterile di ogni contenuto. Non ha una sua idea; quel che dice è frutto del luogo, dell’ora e delle persone che ha di fronte. Parla la Circostanza al suo posto, la Circumstancia, per dirla con Ortega y Gasset; Conte è la somma dell’habitat in cui è immesso, traduce il fruscio ambientale in discorso.
Figurante ma senza neanche figurare in un ruolo, è l’ologramma di una figura inesistente, disegnato in piattaforma come un gagà meridionale degli anni 50. Un po’ come Mark Caltagirone, il fidanzato irreale di Pamela Prati; è solo una supposizione. Trasformista, a questo punto, sarebbe già un elogio, comunque un passo avanti, perché indicherebbe un passaggio da uno stadio a un altro. Conte, invece, è solo la membrana liquida che di volta in volta riveste la situazione, producendo un molesto acufema in forma di eloquio. Conte cambia voltura a ogni utente e rispetto a ogni gestore (non fu un caso nascere a Volturara).
Conte è fuoco fatuo, rappresentazione allegorica del niente assoluto in politica, ma a norma di legge. Quando apparve per la prima volta dissero che aveva alterato il curriculum e in alcune università da lui citate non era mai stato, non lo conoscevano; ma Conte è un personaggio virtuale, il curriculum può allungarsi, allargarsi, restringersi secondo i desiderata occasionali.
Conte non ha una storia, non ha eredità e provenienze, non ha fatto nessuna scalata. È stato direttamente chiamato al Massimo Grado col Minimo Sforzo, anzi senza aver fatto assolutamente nulla. Una specie di gratta e vinci senza comprare nemmeno il biglietto, anzi senza aver nemmeno grattato. Da zero a Palazzo Chigi. Come Gregor Samsa una mattina si svegliò scarafaggio, lui una mattina si svegliò premier. Kafka allo stato puro.
Conte è di momento in momento di centro di destra di sinistra cattolico laico progressista, medieval-reazionario con Padre Pio, democratico-global con Bergoglio, fido del sovranista Trump e al servizio degli antisovranisti eurolocali; è genere neutro, trasparente, assume i colori di chi sta dietro. Un passe-partout. Il Conte Zelig, come lo battezzammo agli esordi, ha assunto di volta in volta le fattezze gradite a tutti i suoi interlocutori: merkeliano con la Merkel, junckeriano con Juncker, trumpiano con Trump, macroniano con Macron, chiunque incontra lui diventa quello; è lo specchio di chi incontra. In questa sua capacità s’insinua e manovra.
Conte non dice niente ma con una faticosa tonalità che sembra nascere da uno sforzo titanico, la sua parlata cavernosa e adenoidea è una modalità atonica, priva di pensieri o emozioni, pura espressione vanesia di un dire senza dire, il gergo della premieralità. Il suo vaniloquio è simulazione di governo, promessa continua di intenti, rinvio sistematico di azioni; è un riporto asintomatico di pensieri, la somma di più uno e meno uno. Indica con fermezza che si adatta a tutto e non comunica niente.
Dopo Conte non c’è più la politica; c’è la segreteria telefonica, il navigatore di bordo, la cellula fotoelettrica. Il drone. Conte però ha una funzione, e non è solo quella di cerniera lampo tra sinistra e M5S, punto di sutura tra establishment e grillini. È la spia che la politica non c’è più, nemmeno nella versione degradata più recente. Lui è oltre, è senza, è il sordo rumore del nulla versato nel niente.
MV, Panorama (2019)
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/ritratto-di-conte/
Boom di tentativi di suicidio tra bimbi e ragazzi causa del Covid-19.
Seconda causa di morte per i giovani italiani dai 15 ai 24 anni. Sui 4.000 suicidi l’anno registrati nel nostro paese, riferisce ISTAT, oltre il 5% è compiuto da ragazzi sotto i 24 anni.
A lanciare l’allarme, tramite La Repubblica, è Stefano Vicari, primario dell’unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza del nosocomio pediatrico romano. Per lui “è anche a causa del Covid-19 e di questo periodo (con o senza lockdown) se sono aumentati atti autolesionistici e suicidari che hanno segnato una crescita di disturbi mentali sia nei ragazzi che nei bambini: irritabilità, ansia, sonno disturbato”.
Da ottobre ad oggi, quindi dopo la prima ondata Covid, abbiamo registrato un aumento dei ricoveri del 30% circa. Fino ad ottobre avevamo il 70% dei posti letto occupati ( 8 in tutto), oggi il 100%. Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica, a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”, aggiunge.
Poi continua: “Tutto questo è assolutamente associato al periodo di chiusura, gli adolescenti vivono con grande preoccupazione questo periodo
Non il lasciano andare in bagno
La scuola un disastro…alle superiori…di nuovo in presenza…neppure in bagno possono andare…per un virus che muore (come tutti) con raggi UV…ma mettete due lampade in bagno (pare funzioni anche a Led)…e fategli fare tutte le normali funzioni fisiologiche…
Ma no…il vairus Cov2 è onnipotente…tutti prostrati ai suoi piedi…
“Vi mostro io chi dovete temere” Gesù aveva previsto anche questa follia collettiva
https://www.maurizioblondet.it/boom-di-tentativi-di-suicidio-tra-bimbi-e-ragazzi-causa-del-covid-19/
di Sabino Paciolla
Giuseppe Conte, che come ha scritto lo storico Ernesto Galli della Loggia, “è un signore assolutamente sconosciuto”, che “non rappresenta niente e nessuno”, ma che proprio per questo ha saputo passare da una maggioranza all’altra senza provare un senso di fastidio, che è stato capace di approvare un provvedimento con la prima maggioranza e ripudiarlo con la seconda senza manifestare alcun senso di vergogna, ora si appresta a costruire una terza maggioranza, l’ennesima, facendo appello a improbabili “costruttori” e “responsabili”.
Il popolo italiano negli ultimi 15 anni anni ha visto vari governi non espressi direttamente dal popolo. Nell’ultima votazione, quella del 2018, esso non è riuscito ad esprimere una maggioranza chiara, generando una impasse. Allora si è pensato che una temporanea soluzione basata sui numeri, una maggioranza posticcia giallo-verde (M5S-Lega) potesse temporaneamente risolvere la difficoltà. Un disastro. Quella scommessa si è rivelata solo l’inizio della vuota strategia delle alchimie numeriche, dei governi fatti di soli numeri, senza una visione politica e strategica condivise. Alchimie astruse, estranee al popolo, che nascono e si risolvono nel Palazzo. Infatti, a quella prima pseudo maggioranza ne è seguita una seconda, giallo-rossa (M5S-PD), che ha visto uniti coloro che pubblicamente e ripetutamente (vedi Di Maio, Zingaretti, ecc.) si erano sbertucciati a vicenda, giurando e spergiurando che mai e poi mai avrebbero fatto una maggioranza insieme. Invece, si è visto come è andata a finire. Ed è su questa fragilità politica che Conte ha astutamente approfittato per galleggiare al di sopra e dentro maggioranze variabili e instabili, finendo per essere un muro di gomma nei confronti di chi lo ha sfiduciato, oggi Renzi, ieri Salvini.
La cosa risibile, se così si può dire, è che tutto questo viene chiamato senso di responsabilità. C’è infatti un appello ai “responsabili”, ai “costruttori”, contro gli “sfasciacarrozze”, una chiamata a venire in soccorso di un decadente e rissoso governo in agonia. Conte lancia un appello a mantenere in terapia intensiva un governo che è stato colpito dal “Coronavirus” delle decisioni contraddittorie, mentre il paese affonda. Un appello contro i presunti irresponsabili, gli ipotizzati “distruttori”, contro coloro che semplicemente hanno abbandonato la maggioranza perché si sono resi conto che se un governo pasticcia, soprattutto in un momento difficile come questo, è bene trarre le dovute conseguenze e restituire, come ultima ratio, la voce al popolo che, secondo la Costituzione, è sovrano.
E non si dica che in periodo di pandemia non si possa andare a votare, perché è una barzelletta. Lo hanno appena fatto gli Stati Uniti, lo ha fatto la Francia, lo faranno nei prossimi mesi vari paesi europei. E se lo possono fare gli altri, lo possiamo fare anche noi.
E chi saranno mai, se vi saranno, questi fantomatici “responsabili”? Non lo sappiamo ancora, ma non interessano i nomi, quanto la sostanza della questione. È ragionevole pensare che questa pattuglia di “responsabili”, questa “task force” dell’ossigeno terapeutico da iniettare nei polmoni sempre più asfittici e fibromatosi di un governo intubato e collassato da un virus della inconcludenza, sarà costituita per la maggior parte da personaggi marginali di vari partiti, probabilmente signori e signore che nella loro storia personale sono già passati più di una volta da un partito all’altro, persone insoddisfatte, poco considerate dalla dirigenza di partito cui appartengono, e probabilmente per questo timorose di affrontare le urne con una legge elettorale che taglierà un sacco di poltrone. Personaggi a volte evanescenti, con una storia poco brillante, pronti a tutto pur di ricevere un incarico o un ricandidatura, o semplicemente di mantenere uno stipendio da parlamentare per altri due anni. Gente fortemente insoddisfatta, pronta a vestire l’abito del “responsabile” per antonomasia, un abito che assomiglia più ad un alibi che ad una vera ragione, che pur di continuare a campare su una poltrona in Parlamento sceglierà la strada più comoda per il bene….personale. E tutto questo alla faccia del partito in cui si trovano, e da cui probabilmente usciranno, o più probabilmente saranno cacciati, e alla faccia del gruppo novello e raccogliticcio in cui entreranno, costituito apposta per sostenere una nuova maggioranza altrettanto posticcia.
Nel caso il progetto dovesse andare in porto, avremo un governo con a capo sempre il sig. “Sconosciuto”, che continuerà a galleggiare, che cambierà di colore, dal giallo-verde, al giallo-rosso, al giallo-rosso-turchino…., proprio come continuamente cambiano di colore le regioni e l’Italia tutta, nel mentre gli italiani continuano a soffrire e a non capirci più nulla nel cangiante cromatismo sanitario, geografico e politico.
Insomma, come si è capito, non saremo di fronte ad una azione di responsabilità ma davanti al più becero trasformismo gattopardesco tutto italiano, sempre e solo tutto italiano.
Che responsabilità è mai quella manifestata da forze politiche che per affrontare la più grande emergenza sanitaria ed economica della storia italiana mettono in campo un governicchio posticcio, traballante, provvisorio e fragile perché basato sul sostegno fondamentale di personaggi da transumanza? Non ci era stato detto che era necessaria una maggioranza solida, un patto di legislatura, una squadra di governo di qualità, “a-cinque-stelle”? E invece, da un governo che butta irresponsabilmente i soldi negli inutili banchi a rotelle, ci troveremo probabilmente di fronte a un governo sulla sedia a rotelle, con bombola di ossigeno annessa, spinta dal signor “nessuno” di turno che si finge operatore sanitario “responsabile”, pur di mantenere il suo…. stipendiuccio.
Come si vede, non un progetto di ampio respiro, ma una manovra di palazzo, un’operazione, come si dice, da “mercato delle vacche”, un intervento da terapia intensiva politica, visto che quello che manca è proprio l’ossigeno della nobile politica.
E in tutto questo gioco di palazzo cosa c’entra la Chiesa Italiana? “Che ci azzecca”, direbbe un mitico personaggio della giustizia di qualche decennio fa? Perché il presidente della Conferenza Episcopale Iitaliana, card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, lancia una ciambella di salvataggio al malato grave rappresentato dal governo Conte? Bassetti ha detto: “«Sono ore d’incertezza per il nostro Paese. In questo momento guardiamo con fiducia al presidente della Repubblica che con saggezza saprà indicare la strada meno impervia. Trovo un forte stimolo nelle parole pronunciate proprio dal presidente Mattarella nel messaggio di fine anno: “Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori”. Aggiungo: questo è anche tempo di speranza!”.
Un intervento, quello di Bassetti, decisamente politico, quindi di schieramento, di presa di posizione per una parte politica piuttosto che per l’altra, in un momento politicamente delicato della vita italiana. Mai come oggi le posizioni e le soluzioni alla pandemia sono così diverse tra maggioranza e opposizione. Soluzioni che, certo, sono del tutto opinabili, da verificare nella realtà, ma i cui effetti sanitari ed economici ricadono, ed impattano, sui cittadini e sulle imprese, una parte dei quali sta soffrendo pesantemente. E nella sofferenza matura la voglia di cambiare squadra di comando. Del resto, che vi sia uno scollamento tra governo e popolo italiano è chiaramente indicato dai sondaggi, tutti negativi per la compagine governativa. E allora perché la Chiesa italiana si schiera?
Già, una bella domanda.
Avremmo voluto sentire dalla Chiesa italiana una continua protesta contro la liberticida legge Zan sulla omofobia proposta da questo governo, e non solo un comunicato, caduto rapidamente nel dimenticatoio, quasi un minimo sindacale per dire: io la mia parte l’ho fatta. Una proposta di legge che per essere approvata definitivamente deve passare dal Senato. Caduta questa maggioranza, diventerebbe più difficile far approvare la legge Zan.
Avremmo voluto sentire la voce di Bassetti tuonare contro questo governo che, per opera del ministro degli Interni, Luciana Lamorgese (qui e qui), sta procedendo all’abrogazione della carta di identità delle parole “padre” e “madre” per sostituirle con “genitore 1” e “genitore 2”. E invece nulla, Bassetti, al contrario, aggiunge la parola “speranza” a quella di “costruttori”. Amen.
Intorno al governo Conte pare che la Chiesa stia alzando muri di protezione. Ma non si era parlato di costruire ponti?
Che strani tempi stiamo vivendo!
https://www.sabinopaciolla.com/conte-il-card-bassetti-e-i-costruttori-non-di-pace-ma-di-governo/
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